In arte non si deve partire dalla complicazione.
Alla complicazione bisogna arrivarci.
Non parlare della favola d'Ulisse simbolica, per stupire, ma partire dall'umile uomo comune e a poco a poco dagli il senso di un Ulisse.
23 agosto 1949 - Cesare Pavese
New York
Tempeste e caldo opprimente occupavano le giornate, le ore scandite dalla guardia ai forzieri, i controlli al contenuto dei sacchi, di volta in volta ispezionati, le monete contate ad una ad una.
Tutto all'apparenza casuale, in realtà tutto stabilito in base a un rigido protocollo, che però nessuno avrebbe potuto decifrare.
E ciò che pareva lasciato al caso era in realtà prestabilito, così che il dubbio d'essere scoperti a sottrarre monete aveva assunto grado di ragionevole certezza.
E chiunque avesse tentato di sottrarre il denaro sarebbe stato su quella nave e siccome soltanto membri scelti dell'equipaggio avevano il permesso di accedere alle cabine con i forzieri, il difetto di denaro sarebbe stato subito scovato.
Nessuno avrebbe potuto portarsi via una sola moneta.
Non era stato sempre così.
Monsieur Lemonde, nelle ore dedicate al desinare, si prodigava a raccontare alla platea degli ospiti, ristrettissimi e curiosi, delle precedenti traversate, il denaro affidato a segretari e qualche volta persino ai soldati, i tentativi d'arrembaggio da parte di velieri sconosciuti o, il più delle volte, battenti bandiera inglese o corsara, ch'era poi la patente inglese concessa a bellimbusti che anziché rubare in terra lo facevano per mare.
E poi c'era la verifica delle ronde, i segnali scambiati con le altre imbarcazioni per dare conto che ogni equipaggio seguiva le sue istruzioni di navigazione.
I gesti quotidiani, sempre gli stessi, erano scanditi dalla compagnia di branchi di delfini che scortavano le navi, precedendole o seguendole, a tessere una sorta di dialogo muto fatto di spruzzi e piroette, oppure dalla visita di qualche raro e timido gigantesco cetaceo, guardingo, che mostrava il dorso e poi spariva, inabissandosi nella sicura eternità del mare più fondo.
I gesti quotidiani, sempre gli stessi, erano scanditi dal silenzio più cupo, pieno dell'unica voce, quella del mare, lo sciabordio contro lo scafo, le onde più alte a infrangersi l'una sull'altra, il vento insinuato tra gli alberi, a gonfiare le vele, sbattere bandiere e banderuole, scompigliare capelli e stropicciare pensieri.
Nessun altro suono, strida di uccelli, calpestare di zoccoli, rimestare di fronde e rami a sfidare la brezza del mattino, solo il susseguirsi variegato di forme bizzarre di nuvole, alle volte appiattite dall'umidità respirata dall'oceano, alle volte gonfie, ricamate di saettanti guizzi gialli.
Nella somma dei gesti quotidiani, uno era venuto a mancare, via via che le ore erano scorse.
La mano scivolava al viso, al collo, a scostare i capelli, scoprire la pelle da baciare piano…
Mancava quel buio colmo dell'incedere fondo…
Da quando la nave era ripartita da Ponta Delgada, lui non s'era più avvicinato.
Victor Girodel non l'aveva più toccata, se non di sfuggita, una sorta di carezza ai capelli, distratta e forse nostalgica, mentre sul ponte, alla sera, lui si sedeva appoggiato al groviglio di sartie da rammendare e lei, Lua Pietra Incandescente, si sedeva lì, davanti all'altro, appoggiando la schiena a lui, attendendo, muta, che la mano scorresse a lisciare la pelle, come era stato fino ad allora.
Lua Pietra Incandescente s'era nutrita del disprezzo dei coloni e poi del disprezzo della gente di Francia.
Monsieur Benjamin Franklin l'aveva salvata, portandola via dalla sua terra e lei s'era lasciata salvare, immaginando che nella sua terra non ci sarebbe stato modo di sopravvivere
Così, senza più una terra dove poggiare i piedi, senza più un paesaggio a cui anelare, dentro di sé, sotto la pelle, senza più un luogo da cui fuggire o a cui sperare di tornare, aveva accettato di diventare lei stessa una sorta di terra vuota ove lui – Victor Girodel – poteva ritrovare se stesso, o almeno quella parte di sé che quell'uomo bello, un poco severo, d'una severità sprezzante, non amava esibire troppo.
Victor Girodel aveva amato molte donne, forse anche loro l'avevano amato, di quell'amore fuggevole, notturno, lavato via dai primi raggi di sole o dalla nebbia d'una giornata invernale, un amore un poco sudicio, appiccicoso e che mai sarebbe stato degno di avanzare innanzi alla platea dei pari e dei benpensanti.
Fino ad allora quel genere di amore era stato sufficiente, quasi necessario, ma ormai non più bastevole.
Lua era stata il rifugio dell'altro, l'alcova di quell'amore nero e notturno, non era importante immaginare che sarebbe stato per sempre o che lei sarebbe stata l'unico rifugio, ma nell'istante in cui Victor Girodel aveva scorto d'essere e poter divenire egli stesso terra di approdo, riposo, e confine e baluardo, a proteggere i passi di Oscar François de Jarjayes, in quell'istante, Lua Pietra Incandescente era tornata a essere terra vuota, terra di nessuno, arida e senza più alcun passo desideroso di accarezzarne i solchi e percorrere i meandri.
Così che nessun torto potesse essere inflitto alla donna a cui Victor Girodel ambiva.
E un'amante, per quanto incapace di rappresentare un pericolo o un danno, non era più nemmeno degna d'essere tale.
E questo risultava più o meno pensiero sorprendente per la giovane indiana che fino ad allora mai s'era immaginata di ritrovarsi addosso il desiderio d'essere complice dell'amore di un uomo, mai aveva chiesto d'essere unica e sola, così come mai fino ad allora aveva desiderato che un solo uomo solcasse il sentiero scuro della sua vita.
Victor Girodel l'aveva, seppur in modo un poco contorto e utilitaristico, elevata al rango di amante unica e sola e lei aveva ammesso la volontà d'essere tale.
Ora non lo era più. Non era più neppure amante. Non era nulla…
Impossibile d'accettare…
Impossibile ritrovarsi di nuovo solitaria terra di nessuno.
La mano a cercare la mano…
Le dita giocavano a lisciarsi e Lua chiuse gli occhi accettando quell'unico prezioso contatto, seppur nascosto entro la stoffa rigida del pastrano, ch'era quasi sera inoltrata, e sul ponte l'umidità afosa spezzava il respiro.
Strinse la mano, l'altro allora sgusciò via, infastidito, sorpreso dall'incedere dei passi poco lontani.
"Non andare!" – sussurrò d'impeto Lua, che Victor quasi la trafisse seppur solo con lo sguardo…
"Ne abbiamo già parlato!".
"Ebbene io te lo chiedo ancora…".
"Ti ho permesso di stare sulla stessa nave. Una concessione di cui adesso mi sto pentendo…ti ho detto quali sono le regole…" – che fece per alzarsi Victor, che l'altra si alzò anche lei…
Era piccola Lua, magra e guizzante…
Non avrebbe ceduto d'esser messa da parte, non avrebbe accettato d'esserlo per via di una donna che mai avrebbe amato Victor Girodel.
Quella era la convinzione di Lua.
"Ti ostini a respingermi!" – saltò su, quasi attaccandosi al collo – "E più mi spingi lontano e più io leggo la disperazione nelle tue mani…".
Victor si stupì, fece per attaccarsi alle braccia dell'altra, stringerle la consistenza magra sino a far male, che voleva staccarla da sé, non tanto per via dell'esile resistenza, quanto per le dannate parole che parevano colpire nel segno.
"Mi fai pena!" – sputò Lua incandescente – "Quella donna non vuole nulla da te…mentre tu credi che lei sia solo fredda…che non accetti facilmente la compagnia di alcuno! E ti illudi che sia per questo che finora ha accettato di sé solo una stupida carezza dalla tua mano!".
"Come…ti sei messa a spiare adesso? Come lo sai?".
"Lo so…".
Rimase lì Lua, occhi ficcati agli occhi dell'altro.
Victor avrebbe voluto liberarsi della dannata verità. S'immaginò che le parole fossero solo bieca gelosia, tentativo vano di mantenersi nelle grazie del nobile ufficiale. Ammetteva l'errore, che aver lasciato avvicinare l'altra così tanto forse non era stato un bene.
Si scontrava la fermezza del proprio sentire verso Oscar François de Jarjayes, granitica convinzione d'essere il solo a poter accogliere il sentire dell'altra, contro la furiosa idea di rischiare d'innamorarsi davvero e di non avere scampo dal pensiero che, finendo per amarla, lui avrebbe finito per tradire se stesso, e dunque anche lei, incapace allora d'accoglierla, qualunque fossero stati i sentimenti che lei avesse provato verso di lui.
Scansava l'amore Victor Girodel, come la più impura delle contaminazioni, come la più subdola delle follie, mutevole, livido, blasfemo…
Lo scansava, mentre Lua glielo rinfacciava, pungolava quella parte di sé, insinuando il tarlo orrendo che in fondo anche lui avrebbe desiderato perdersi, finanche a restare trafitto dalla dolce fiamma che brucia e muta la sostanza delle cose.
Amare era troppo pericoloso…
Lua si spinse alla bocca, piano senza foga, lambendo il labbro, leccando piano la pelle un poco arida e screpolata per via della salsedine…
Passi alle spalle, Victor strinse le braccia dell'altra, fino a far male, che l'altra morse il labbro, come a rimbalzargli contro l'impulso doloroso, chiuso tra loro adesso, come se la solitudine reciproca fosse imprigionata lì e soltanto loro, anime affini e reiette, sarebbero state capaci di accoglierla e ammansirla.
Senza alcuna ambizione di salvezza, senza immaginare alcun futuro, se non quello immediato e fuggevole, istintivo e rozzo, di ritrovarsi l'una dentro l'altra,
Il passo…
Scivolava il vento, scompigliando i capelli liberi, la vista un poco ostruita scorse al guizzo intenso dei corpi che danzavano immobili, il bacio lieve, combattuto e poi d'improvviso ricambiato, come se quel bacio fosse dannazione e salvezza al tempo stesso.
Victor Girodel era un uomo…
Puro a suo modo…
Limpido come sa esserlo il demonio che mostra di non temere la propria avidità e anzi ne fa vanto e vessillo.
Desiderava amare…
Desiderava tutto…
Un buon bicchiere di vino…
Una partita a scacchi…
Il vezzo d'una seta pura da lasciarsi scivolare addosso come una carezza fredda d'ammansire con un bacio…
Una giornata di vuoto riposo, pensieri scacciati via, angoscia relegata nei meandri dell'inutile affanno d'una via che non porta a nulla.
Tanto nulla al mondo si può davvero modificare.
Oscar rimase lì, un istante, mentre osservava Victor staccarsi dalla giovane amante, e quella a sua volta scivolava giù, più piccola e pungente, i pugni chiusi, la rabbia gelida dapprima rivolta verso l'uomo e poi, nell'istante in cui scorgeva lei, contro di lei, e lei restava altrettanto fredda, colpita dal sentimento puro e furioso, come lo era quello che sempre, ogni notte, infuriava nella testa, combattendo contro quel pensare ideale e sicuro dettato dall'amore calmo e candido, senza voce e senza vibrazione alcuna.
Lua Pietra Incandescente si scostò e fece per andarsene scegliendo proprio la direzione che cozzava contro il passo di Oscar François de Jarjayes, come a sfidarla, e che, secondo le mute regole dell'amore calmo e candido, senza voce e senza vibrazione alcuna, avrebbe dovuto mantenersi ferma e imporre all'indiana di mutare strada, che l'indiana era solo amante…
Si ritrovarono una contro l'altra, un poco più bassa la giovane indiana, ritta e sottile Oscar François de Jarjayes, che scorse al volto, intuì rabbia, ritrovò la propria stessa rabbia, ch'era via via sorta nello scorrere dei tre anni che l'avevano via via separata dalla partenza di André.
L'unica differenza era che Lua sapeva chi fosse la ridicola rivale…
Lei stessa, da che oramai Oscar François de Jarjayes aveva compreso il crescente affetto di Victor verso di sé, di contro al desiderio fuggevole e scuro che lo legava alla giovane amante.
Lei no…
New York, janvier 1779…
Ma chère grand-mère…
Sono passati mesi da quando ci siamo lasciati. La nostalgia per tutti voi è grande, ancora di più il desiderio di tornare ad assaggiare i tuoi deliziosi manicaretti.
Spero che la tua salute sia ottima, spero che avrai perdonato questo nipote scapestrato che purtroppo ha poco tempo per scriverti.
Abbiamo atteso diverse settimane per sbarcare.
Anche se non è stato possibile in realtà. New York è ancora sotto il controllo degli inglesi. Siamo riusciti a mettere piede in terra a White Plains.
Ebbene, ti sorprenderai!
Qui inglesi e gente d'America fa e disfa la guerra quartiere per quartiere, la città si snoda entro strade ritte che s'incrociano con altrettante vie, edifici di tre o quattro piani, in legno, tutti uguali, semplici, gli uni di seguito agli altri, senza un albero o un giardino posto a confine.
La gente è abbigliata allo stesso modo, così che tutti sembrano appartenere a un unico popolo.
E siccome mi è stato consentito di abbigliarmi allo stesso modo, senza divisa, affinché non venissimo catturati, ti sono debitore per le camicie che mi hai fatto avere.
E' strano come quando non ci sono differenze tra gli esseri umani, ognuno di essi può vivere come più preferisce e dunque è diverso da tutti gli altri.
Altro per ora non ho da aggiungere…
Ci sono giorni in cui mi pare d'essere ancora in Francia.
E dunque alla fine è come se l'avessi portata con me in fondo, ogni giorno.
Mentre cammino, mi sovviene d'osservare il cielo, da lontano si odono le strida dei gabbiani, lo sciacquio del mare e tornando con lo sguardo avanti a me, è come se lei fosse lì, soltanto che io sono mezzo passo dietro a lei.
Riprenderemo presto il viaggio per i paesi interni.
Sarai stupita di ciò ma questo spero ti conforterà. Tuo nipote non imbraccerà fucili o baionette, almeno per qualche tempo.
Sono stato comandato di recarmi verso la regione dei Grandi Laghi, così viene chiamata in quanto si distendono specchi d'acqua degni di mari ampi e cristallini.
E' necessario portare aiuti e conforto ai soldati che stanno di presidio alle zone già strappate agli inglesi, perché le battaglie sono ormai combattute a sud.
Spero così di sollevare un poco il tuo cuore.
Scriverò ancora, appena possibile.
Sempre nel mio cuore
Tuo nipote André Grandier
Mezzo passo…
Mezzo passo…
Mezzo passo…
Mezzo passo era incidente troppo grave, indizio troppo spaventoso per ritenerlo davvero reale.
Dunque lei non sapeva nulla.
O forse non aveva sufficiente intelletto per comporre la visione.
Semmai l'avesse davvero scovata - quella donna - comprendendo chi fosse, l'avrebbe disprezzata, forse finanche odiata, - esattamente come accadeva a Lua, lo sguardo trasudava disprezzo verso di se, che Lua sapeva forse ciò che lei stessa stentava a comprendere.
Lei avrebbe mai amato Victor Girodel?
Di quell'amore calmo e candido, senza voce e senza vibrazione alcuna, che protegge dalla solitudine e dagli affanni della vita?
Forse Lua Pietra Incandescente lo sapeva già che lei – Oscar François de Jarjayes – mai avrebbe amato Victor Clement de Girodel.
Forse lo sapeva, così come lei stessa sapeva che quella donna non amava e non avrebbe mai amato André Grandier.
E allora la rabbia giungeva da lì…
E semmai l'avesse davvero incontrata - quella donna - e se davvero fosse stata bella e pura e migliore di se stessa, che sarebbe accaduto?
Avrebbe provato la stessa rabbia, immaginando che quella era riuscita a strappare André dalla sua vita, da lei, che forse quella donna nemmeno l'amava André e nemmeno l'avrebbe mai amato?!
Oppure si sarebbe rifugiata entro le braccia di un altro uomo?
Avrebbe a tal punto disprezzato il suo essere creatura così inconsueta e intransigente che mai nessun amore sarebbe stato capace di scalfire l'anima e la coscienza?
Amare era troppo pericoloso…
André s'era perduto per amore…
Victor si avvicinò, senza profferire parola, immaginando che Oscar avesse veduto e oramai non ci fosse più necessità di nascondere nulla.
Il sole morente e malato illuminava le debolezze…
La propria e quella dell'altra…
Reietti entrambi, nella pura luce della dannazione di un amore senza speranza.
Victor si limitò a osservare il mare, così fece Oscar, in silenzio, in ascolto delle reciproche dannazioni, mentre l'ultimo raggio scompariva inghiottito dall'approssimarsi d'una coltre grigio rosata.
Erano dispersi ma vicini e per un istante il vuoto si colmò d'un vago senso d'appartenenza – a compensare l'orrida vastità dell'oceano - seppur declinata nell'ultima mossa dell'alfiere, nel passo obliquo d'un improvvisato duello, nella verifica delle rotte verso nord e di quelle verso sud.
Parole rese con circospezione, argomentazioni vaghe, tessere d'un componimento che non era visibile, fatto del muto accordo dell'anima.
Victor Girodel si stirò lo spalle, forse per la prima volta avvedendosi d'aver fallito, per via d'esser stato colto assieme alla giovane indiana.
Forse lui stesso non attendeva altro, che se Lua non era nulla, non v'era pericolo che lui venisse visto accanto a colei che non era nulla.
Per una volta sarebbe stato bene saggiare lo stato delle cose, che la paura più fonda – quella che nemmeno lui osava dettare a se stesso - non era che Oscar François de Jarjayes si fosse dimostrata oltremodo gelosa…
Quanto, non lo sarebbe stata affatto.
Lui invece lo era.
Geloso s'intende.
L'aveva ammesso alla fine e s'era persino ritrovato a disprezzarsi d'essersi ritrovo geloso d'un uomo, ch'era stato solo un servo.
Ma finché l'aveva veduto accanto a lei, insomma…
Non ci aveva fatto caso.
Lui – Victor Girodel - non era estraneo a ritrovarsi a Parigi, di tanto in tanto…
E nemmeno l'altro, quel servo…
Un uomo qualunque…
Un uomo è sempre un uomo insomma!
E in un certo senso con quello accanto, Oscar François de Jarjayes non correva pericoli, quello sempre mezzo passo dietro a lei, sempre silenziosamente presente, in accordo muto a ciascuno dei gesti dell'altra, senza essere servo ma intuendo ogni debolezza, ogni piega scura dell'anima.
Dio…
Come si amava una donna del genere?!
Gli pareva fosse davvero l'unico uomo che lei avrebbe mai potuto accettare accanto a sé.
Perché André Grandier non l'avrebbe accolta l'altra, non l'avrebbe curata, non l'avrebbe ammansita, come invece si ritrovava a fare lui e ogni volta era come osservare l'orlo d'un baratro.
Una sfida continua…
Una sfida che stava minando intelletto e forze.
Poi era accaduto che l'altro se n'era andato, era finito in America a combattere, l'aveva lasciata.
L'unica domanda plausibile…
Perché?
Perché separarsi da lei?
Madame Roma…pensate che mademoiselle cerchi l'amore!?
Semmai fosse così, monsieur…per voi sarebbe la fine…
Inaudito…
Da allora Victor Girodel aveva veduto Oscar François de Jarjayes sola.
L'altro era solo un servo, un attendente, chiunque sarebbe stato capace di prendere il suo posto, svolgere le stesse mansioni, persino camminare mezzo passo dietro a lei.
Eppure da quel giorno, dal giorno in cui André Grandier non era più mezzo passo dietro all'altra, Victor Girodel aveva scorto e riconosciuto una sorta di aura incombente, lì, nel gesto dell'altra di guardarsi le spalle, nel silenzio dell'altra a osservare un tramonto, nella scelta di aiutare quella giovane, Amalie Jenevieux e sua figlia Victoire.
Come se André Grandier fosse ancora accanto a lei.
E nonostante quello fosse morto, languiva nella coscienza una sorta di sorda vibrazione che s'allargava incosciente a disturbare la quiete della rassegnazione.
Era geloso d'un servo…
Era geloso d'un servo morto.
Non tanto per quello ch'era stato André Grandier.
Piuttosto per ciò che non era stato.
"Ebbene…quella giovane…" – esordì Victor per imbastire un dialogo che spazzasse via ogni dubbio, che Oscar lo prevenne, sollevando leggermente la mano, come non avesse necessità o desiderio di sapere nulla.
A dimostrazione che non le importava o che le importava davvero?!
"Non mi devi spiegazioni…ho intuito che lei prova affetto per te…".
Affetto…
Parola piccola e sorprendente…
Declinazione gentile, capace di nascondere il più sordo dei desideri.
"Ammettiamo sia affetto…lo troveresti disdicevole?" - forzò l'altro, che alle parole preferiva il senso delle stesse.
"Se lo fosse davvero – affetto s'intende - non spetterebbe a me giudicarlo. Sei tu colui verso cui Lua prova affetto. Tu troveresti disdicevole l'affetto tra un uomo e una donna?!".
Victor Girodel non voleva più girarci attorno - "Temo allora d'aver commesso un errore…" – ammise laconico tornando a osservare il mare.
"Lei prova affetto e allora temi d'aver illuso quella giovane indiana a credere che tu ne provassi per lei?".
"E' possibile…spesso accade che i sentimenti siano incontrollabili dalla ragione e che si liberino del giogo imposto dalle regole…".
"Quali…" - chiese Oscar, severa – "Regole?!".
"Ma quelle dettate dall'intelletto o ancora quelle generate dalla quiete a cui esse stesse dovrebbero condurre l'anima, quelle imposte dallo sforzo d'immaginare e dunque operare sempre per il bene dell'altro!".
Elenco stringente e integerrimo.
"Il bene dell'altro…" – ripeté Oscar, stupita, l'unica parola ove s'addensasse un minimo consenso alla dialettica di Victor Girodel - "Potrebbe allora giungere dal rispetto e forse anche dalla sincerità che si dovrebbe professare…il bene dell'altro intendo?! Non vedo come poter ambire al bene di alcuno, se non offrire sincera onestà, ove potrebbe nascere fiducia e…".
Non lo disse.
Non sapeva neppure lei se dalla fiducia avesse pregio di scaturire la muta adesione dei sensi, la forza che congiunge tutto di sé e dell'altra anima…
La scarna spiegazione scivolò sulla pelle, umida e salata, impregnata della salmastra e amara convenzione sociale.
La sincerità era tutto…
Inevitabile fosse così…
La sincerità feriva e annientava, separava per sempre le esistenze ma poi le univa.
"Lo sono stato…" – ammise Victor contratto – "Sincero s'intende!".
Si riferiva a Lua…
Si riferiva a colei che aveva dinnanzi…
"Sì…è possibile…" - abbozzò Oscar, stringendosi nel pastrano scuro – "Mi domando allora se in realtà accada d'illudersi d'essere sinceri…".
"Illudersi…dunque io mi sarei illuso?".
"E che immaginando d'essere sinceri, ci si illuda della convinzione d'esserlo verso gli altri…" – sussurrò, quasi non l'ascoltasse più Victor, mentre lo sguardo si colmava del cobalto nero e iridescente delle onde ormai orfane dell'aggressivo calore del sole - "Quando invece si finisce per esserlo solo con se stessi. Si crede di fare il bene altrui quando in realtà si anela soltanto al proprio. Il bene è effimero…il bene dell'altro non sempre coincide con il nostro…la presunzione d'essere stati sinceri illude che tutto sia concesso…".
"Dunque il vero bene…".
"Immagino che il vero bene non coinvolga se stessi che in minima parte…".
Il baratro nero s'aprì lentamente, il solco dettato dal bene dell'altra diveniva voragine della propria inconcludente vanità, Victor Girodel pieno di sé, aveva illuso se stesso, esibendo sincerità cafona e bislacca…
"Non intendevo…" – tossicchiò Oscar François de Jarjayes – "Deplorare ciò che hai fatto. La sincerità è un bene tanto prezioso quanto sfuggente…io stessa…".
S'avvicinò Victor, la faccia sulla faccia.
Forse era davvero il momento di declinare sincerità, la più pura, la più rozza, l'estremo opposto di ciò ch'era sempre stato…
"Fa freddo…" – si schermì Oscar, che però si mantenne sul viso di Victor, come persa nello sguardo dell'altro, ch'era sempre stato sfuggente ma a poco a poco cessava di nascondersi, per rivelarsi per ciò che era.
Né bastevole, né utile, né ultimo baluardo dei passi dell'altra…
Nulla se non se stesso…
"Preferisco rientrare…" – concluse Oscar – "Penso che più che esibita, la sincerità vada taciuta…".
Un passo indietro…
Le mani ritratte, le braccia abbandonate…
Nel buio incombente, il filo tornava libero di ondeggiare al vento, senza timore e senza alcun appiglio a ritrovarsi legato a nulla.
§§§
New York, août 1781…
La città era ancora assediata.
Gl'inglesi mantenevano il controllo dei quartieri, del porto, degli approvvigionamenti, delle armi. Era così, ininterrottamente dal 1776.
Come diavolo aveva fatto André a descrivere la città se quella era sotto assedio ormai dal 1776?
Come aveva fatto da entrare?
"De Grasse e Rochambeau avevano già esplorato tutte le possibilità…" – sentenziò il Capitano Lemonde, esaminando la pianta nautica distesa sul tavolaccio della saletta di comando, là dove l'oceano andava ad arginarsi contro Long Island – "I dispacci che ci sono giunti non prevedevano la possibilità di entrare dentro il porto della città. Una manovra troppo pericolosa. Da quello che si sa, per entrambi giungere sin alle porte della città di New York è stato solo un diversivo, per far sì che gl'inglesi non s'immaginassero che la flotta si sarebbe poi divisa e una parte sarebbe ridiscesa giù, in Virginia, per tenere in scacco i dannati sudditi della Corona! Anche noi rischieremmo l'affondamento della flotta e il sequestro del carico…".
"Eppure…" – si morse il labbro Oscar, parlare sarebbe equivalso a rivelare ciò che sapeva, ciò che avrebbe voluto fare.
Un raggio di sole, invadente e feroce, scorse lungo la carta istoriata, a dirigere lo sguardo, come a tracciare la strada, quella a cui, nei mesi ch'erano scorsi, nel silenzio della navigazione, la mente era approdata, quella che coincideva in parte con gli ordini che le erano stati impartiti in Francia, quelli ufficiali, ossia portare aiuti e denaro alle avanguardie francesi al confine con il Canada, e quelli ufficiosi, cercare il Conte Hans Axel von Fersen, che di lui non s'era saputo più nulla.
In tutto ciò s'annidava il pensiero fisso.
Oscar François de Jarjayes doveva sapere.
Le lettere erano giunte persino dopo che il suo nome…
Il suo nome…
Girodel la osservò.
Aveva imparato ad ascoltare i suoi scarni discorsi, i silenzi, lo sguardo fisso a un obiettivo seppure, per ragioni sue, impossibile da rivelare.
"White Plains…" – sussurrato, gli occhi alla carta.
"Prego!? Colonnello…che intendete?" – chiese Lemonde.
"Ecco…" – tentennò Oscar scegliendo le parole adatte – "Non rammento in quale dispaccio…ma ho letto che sarebbe possibile aggirare l'isola e approdare più a nord…" - l'indice puntò Port Chester.
Lemonde e gli altri ufficiali osservarono la zona.
Un dispaccio simile doveva per lo meno essere noto a tutti, difficile ch'esso fosse passato inosservato.
Dispaccio o meno che fosse in effetti, aggirare l'isola di Long Island avrebbe permesso d'arrivare a New York, solo, non dalla baia del fiume Hudson ma alle spalle.
"Non sapevo di questa possibile via. A White Plains si è combattuta una dura battaglia nel '76. Gl'inglesi volevano tagliare la via di fuga all'esercito di Washington che era appena stato sconfitto a New York. Ma il generale riuscì a scamparla. Resta che la mia flotta è stata comandata di dirigersi a sud, in Virginia, come rinforzo a de Grasse che dicono sia già di fronte alle coste di Chesapeake…" – rimarcò il capitano lisciandosi la barba corta e grigia – "E non dimentichiamoci che siamo alle porte della stagione degli uragani…non sarà facile scendere…io non posso aggirare Long Island. Perderei troppo tempo".
"Gli ordini erano di suddividere la flotta in modo da andare in aiuto all'Ammiraglio de Grasse e al tempo stesso tenere in scacco New York…" – rincarò Girodel che vedeva già prefigurarsi la scissione della flotta in due raggruppamenti più piccoli.
"Ebbene…signori…" – sibilò piano Oscar François de Jarjayes – "Nonostante i vostri ordini…io ho necessità di eseguirne altri…ma non imporrò alcuna modifica alle vostre strategie!".
"Cosa?" – sussultò Girodel, rendendosi conto che la strategia veniva messa in subbuglio. E lui non comprendeva, se non che l'altra di nuovo gli aveva taciuto quegli ordini.
"Ho il compito di recare una parte del denaro…" – l'indice indicò l'area in prossimità dei grandi laghi, un'area vastissima, solo, un po' più su, verso il Canada.
"Come sarebbe a dire? Quando…" – intervenne Lemonde, che però in quel caso non aveva potestà di conoscere nulla né di obiettare alle necessità dell'altra.
Era una donna l'altra ma era anche il Colonnello della Guardia Reale. Se lei non poteva avere voce sul viaggio in mare, lui non ne avrebbe avuta sull'approdo e sulla strada da scegliere a terra.
"Mi servirà una sola imbarcazione…" – proseguì Oscar – "Non eccessivamente grande. In fondo, il carico è estremamente ridotto ed è bene non rischiare di dare troppo risalto! Gli ordini che ho ricevuto sono questi. Ovviamente si tratterà di una minima parte del denaro…il resto è destinato agli eserciti che stanno combattendo a sud. Andrò sola…mi saranno sufficienti pochi uomini…non appena saremo sbarcati, la vostra preziosa imbarcazione potrà rientrare al vostro servizio!".
Si, il Capitano Lemonde era abbastanza avvezzo ad affrontare bordate d'acqua o palle di cannone ma quella chiosa lo lasciò alquanto stupito.
"Monsieur…" – gracchiò incerto – "E come intendereste proseguire?!".
"A cavallo! Non credo che questo paese difetti di cavalli e carri! Ve l'ho detto…non ho necessità di avere alcun seguito…e le mie necessità saranno ampiamente soddisfatte dalla presenza di pochi uomini…".
"Non…" – digrignò Girodel – Se ne parla…
Il respiro troncato, Victor Girodel doveva di nuovo recuperare il filo che credeva d'aver tessuto entro lo spazio ristretto della Aiace, entro il tempo affogato e sbilenco della navigazione, nelle ore silenziose a osservare lo stesso tramonto, negli intermezzi concitati a disquisire di strategie militari e approdi, vittorie e sconfitte.
In quel tempo l'aveva avuta vicina l'altra, aveva sorvegliato lei, la sua calma, i suoi silenzi, la sua voce, i suoi sguardi, rari, sfuggenti, eppure bastevoli, perché in fondo nello spazio ristretto d'una imbarcazione era difficile sfuggirsi.
Girodel era soddisfatto e al tempo stesso no, non lo era. Lo spazio ristretto d'una imbarcazione era pur sempre una costrizione e non appena il viaggio avesse condotto a un approdo, la vera natura dell'altra sarebbe riemersa, come dalla profondità dell'oceano che avevano appena attraversato.
La vera natura dell'altra…
Chi era davvero Oscar François de Jarjayes?
Una caparbia contessa costretta nei panni d'un soldato dal sogno del padre, dunque devota al rigore e alla costrizione, oppure una donna che mai avrebbe abdicato all'incredibile vita che aveva avuto la fortuna – o sfortuna, dipendeva dai punti di vista – di vivere, una vita così diversa da quella di qualsiasi altra donna e dunque incapace e insofferente a qualsiasi controllo!?
Lemonde tirò un respiro fondo, lisciandosi la faccia rugosa: "Io dovrò dirigermi a sud…mentre una parte della flotta dovrà restare davanti alle coste, qui, così da dar l'impressione agli inglesi di voler coltivare l'assedio a New York. Mi spiegate come ci arriverete…da sola?!".
Punse la declinazione…
Monsieur Jonas, silenzioso e sgraziato alle spalle dei superiori, fece un passo che questa volta le sue regole le avrebbe imposte ad ogni costo - "Capitano…se dobbiamo far rotta a sud…io…non accetto donne a bordo! Un conto è navigare in mezzo all'oceano…un conto è finire cannoneggiati…tre donne a bordo non ce le voglio!".
Monsieur Lemonde fece un sorrisetto di convenienza - "Nemmeno mia moglie immagino!".
"Nossignore!" – digrignò Monsieur Jonas stropicciando la berretta di lana tra le mani – "Perdonate…".
"Ebbene…come potete constatare signori…a discapito del mio grado e del mio rango…sono e resto pur sempre una donna!" – chiosò Oscar con una punta di velata rassegnazione mista a sollievo.
In fondo, per una volta, la spocchia dei marinai nei confronti delle donne avrebbe giocato a suo favore.
Quegli ordini…
Non ne aveva mai fatto parola con nessuno.
Quegli ordini venivano da Sua Maestà la Regina Maria Antonietta, la quale, pur avendo sobria voce nelle questioni di guerra ben avrebbe potuto averne nelle questioni di pace.
Alimentare i buoni rapporti tra gli abitanti delle terre d'America e i francesi, seppure questi ultimi avevano appoggiato i coloni americani, sarebbe servito ad avere comunque appoggi discreti ma profondi nelle future conquiste del suolo d'oltre oceano,
Monsieur Jonas ritorse la povera berretta, innervosito sulla chiosa. Non voleva passare per uno a cui le donne non piacevano e neppure uno che non avesse apprezzato le grazie femminili ma lì, di grazie ve n'erano davvero soltanto spiccioli, forse solo Madame Lemonde declinava un briciolo di saggezza femminile.
Insomma donne e battaglie marine proprio non dovevano avere nulla a che fare.
Oscar François de Jarjayes si voltò, un misto di compassione e di rassegnazione verso Monsieur Jonas - "In fondo è un bene per tutti che io abbia altri ordini!" - un sorriso mesto…
"L'accompagnerò io…" – Madame Aleksandra Roma Lemonde fece un passo correndo con lo sguardo al marito – "In fondo Monsieur Jonas ha ragione…nessuna legge del mare consentirebbe a una donna di restare su una nave da guerra…e…" – lo sguardo si fece a quello di Oscar – "Con tutto il rispetto…voi siete…".
"Madame…lo so chi sono…" – sibilò Oscar François de Jarjayes – "Non è necessario ripeterlo! Ma non è nemmeno necessario che mi accompagnate. Temo che anche il mio viaggio non sarà del tutto privo di rischi".
"Beh…tra i due…direi che si mostra di certo meno rischioso che restare qui, in rada, ad attendere i cannoni inglesi puntati sull'Aiace! E poi, questa è la prima volta che mettete piede in America. Immagino avrete necessità di una guida…ebbene…almeno io so a chi potremmo rivolgerci…e in ogni caso…se debbo rischiare di portare alla disfatta la flotta di mio marito…preferisco non sollecitare troppo la sorte…le convinzioni del mare sono dure a morire!".
Victor Girodel attese che i commenti si articolassero sulla nuova disposizione delle navi, la suddivisione degli equipaggi, la spartizione di armi e denaro.
Per quanto fosse furioso, il rischio che avrebbe corso l'altra faceva parte della sua natura, era il marchio vivo dell'educazione ricevuta. Stimava Oscar François de Jarjayes anche per ciò che era e non avrebbe mai potuto imporre rettitudine di vedute e parsimonia nel dosare le forze.
Però…
Victor Girodel attese.
La saletta di comando prese a svuotarsi.
La piccola fregata Dauphine avrebbe accolto lo sparuto equipaggio che si sarebbe spinto ad aggirare Long Island per arrivare sulle coste americane e sbarcare il carico.
"Questi ordini…" – s'impuntò Victor parandosi davanti all'altra, una volta rimasti soli, lo sguardo fisso, scintillante di rabbia, che se avesse potuto l'avrebbe trafitta al pari di prenderla e baciarla e al diavolo le perfette maniere da nobiluomo francese…
Non credeva alla storia degli ordini, non si capacitava che tali ordini avrebbero dunque avuto pregio di dividerli.
Non ne sapeva nulla e lei era stata brava a tacerli, per tutto il viaggio.
E se invece fossero stati una sua invenzione?
No, Oscar François de Jarjayes non avrebbe mai disatteso a quelli che erano gli scopi della spedizione.
Dunque…
Al diavolo tutto. Dannazione, lei gli sfuggiva sempre e le parole di Madame Roma sbattevano nella testa come pietre che rotolavano giù da una scarpata senza incontrare alcun ostacolo.
Si sarebbero schiantate prima o poi, infrangendosi in mille schegge, non prima d'aver distrutto tutto quanto esse avessero incontrato nella dannata strada.
Lei gli sfuggiva e, dannazione, non avrebbe potuto amarla se lei non fosse stata così.
"Ti capisco…" – annuì Oscar, mesta ma al tempo stesso ferma nella propria decisone – "Non te ne avevo parlato prima. Non sapendo se la situazione a Long Island fosse ancora quella della partenza…speravo che nel tempo del viaggio la città sarebbe stata liberata dall'assedio così da raggiungere direttamente l'approdo. Sarebbe stato semplice proseguire. Ma così non è…".
Un respiro fondo…
Che idiozia!
La chiosa parve attraversare silenziosa la mente di entrambi.
Oscar François de Jarjayes lo sapeva che quell'ordine era semplicemente una sorta di mediazione del cuore, difficile da inquadrare in un contesto di guerra.
Un ordine che non veniva da Sua Maestà Re Luigi XVI ma dalla Regina Maria Antonietta.
La richiesta di una donna fatta a una donna…
Nessuna strategia militare, nessun calcolo, nessuna finalità che non fosse quella di dare una risposta alla sovrana.
E forse anche a se stessa.
André Grandier si era arruolato al seguito del battaglione dei Dragoni di Svezia, comandati dal Conte Hans Axel von Fersen.
Fersen dove saperlo che poteva essere accaduto…
Oscar distolse lo sguardo ogni volta che la coscienza cozzava contro l'amara verità.
Non l'accettava…
Forse…
Non l'avrebbe mai accettata.
"Come vedi…" – respirò piano Oscar come a scacciare il peso della menzogna, eludendo la responsabilità, illudendosi d'aver scansato il bene dell'altro – "Non sono stata del tutto sincera con te. Rammenti?!"
Esigeva sincerità ma poi lei stessa non era in grado di professarla.
Un tempo Victor Girodel avrebbe alzato gli occhi al cielo accusando l'altra di avergli mentito, di avergli taciuto ordini che prima o poi, li avrebbero divisi…
"Va bene…".
Fermo ma non rassegnato…
Istintivo ma morbido…
Va bene significava ti credo.
Va bene significava accetto e non perché tu abbia necessità della mia approvazione ma perché è così che devi agire.
Va bene significava…
Vorrei venire con te…
Oscar strinse i pugni. Intuì che l'altro si costringeva a pesare le parole, moderare lo sfogo.
Intuì che lo sforzo era tutto in suo onore, perché Victor Girodel aveva imparato che lei era Oscar François de Jarjayes.
Né uomo, né donna, né colonnello, né contessa.
Lei era Oscar François de Jarjayes…
Un nome…
Anzi, ormai neppure quello.
Nella sorprendente visione di sé, solo un nome, senza declinazione di genere, senza affettuosità capace di soffocare gl'intenti, Oscar François de Jarjayes intuì la sorprendente piega che regalava la libertà di agire.
E più diveniva libera, più s'intuiva sorprendentemente legata all'altro.
Sollevò lo sguardo, per la prima volta lo fece, incontrando la declinazione verde grigia dell'affetto, del timore, della rabbia…
Intuì il desiderio morbido, lieve e intenso al tempo stesso.
Contratto e impetuoso, come tempesta che monta ma non sa bene ancora dove il vento la spingerà.
Si ritrovò libera e prigioniera…
Si ritrovò al sicuro.
Seppure, se non avesse prima messo ordine in quel dannatissimo passato, ingombrante e oscuro, non sarebbe mai stata davvero libera.
Libera da lui…
Libera da André!
Ma voleva esserlo?
Se André era morto…
Lo stomaco, dopo settimane d'ammaestramento a tenere a bada i sontuosi capricci del mare, si contrasse. Accadeva così ormai ogni volta che il nome rimbombava nella testa assieme alla constatazione che ribolliva e accecava,
Se André era morto davvero…
No…
No…
No!
C'era stato un errore. Doveva essere così. Le lettere erano giunte a destinazione…
Anche dopo…
Dopo che…
Lo scarto del respiro…
Era così ogni volta…
Girodel tese la mano, afferrò la mano e Oscar si lasciò afferrare questa volta, come se d'improvviso l'assurda solitudine che martellava il cervello e stracciava gli intenti si fosse fatta troppo intensa e fonda.
Era sola…
Sola, com'era stata sola nell'immensa, splendente, fulgida, maleodorante, bigotta Reggia di Versailles.
E poi anche lì, sull'Aiace, a poche miglia dalle coste di Long Island, circondata da ufficiali, ammiragli, marinai, addetti alle polveri, mozzi…
Come lo era stata nella breve e sorprendente vita, costretta ad esserlo per non rivelare la vera natura, la pura debolezza, la tenera piega d'un sorriso complice.
Ondeggiò come canna piegata da una folata di vento più intensa delle altre.
Gli occhi si chiusero immaginando di trovarsi sul ciglio d'un burrone.
Il corpo in balia del nulla si lasciò afferrare e chiudere in un abbraccio teso che, istante dopo istante, si sciolse a stringerla, come se il corpo dell'altro avesse voluto racchiuderla e trascinarla dentro di sé.
Implose la volontà.
Oscar François de Jarjayes rimase lì.
Eppure fu l'altro a staccarla da sé, a non disperdere l'istante imploso.
"Avrai cura di te?" – domandò, quasi sussurrando.
Annuì l'altra.
"Ti affido Lua…non potrò portarla con me…credo che verrò comandato di restare a presidiare New York mentre Lemonde scenderà con il resto della flotta in Virginia. Dunque, non appena le condizioni saranno favorevoli proveremo a forzare il blocco inglese e a riprendere la città…ci saranno staffette che manterranno le comunicazioni tra di noi ma…".
Annuì di nuovo Oscar…
"Ascolta…vorrei…" – tentò di farsi promettere Victor…
"Vorrei che anche tu ti prendessi cura di te…" – l'interruppe lei, sussurrato, di colpo, mentre la mano si lasciava stringere, che Victor per un istante si ritrovò perduto, che avrebbe voluto chiedere e sapere che avesse significato quella dannata richiesta ma poi…
Che altro senso se non prenditi cura di te?
Che fosse stato per correttezza, gentilezza oppure…
Victor Girodel non volle comprendere.
Non volle rubare all'altra una sola parola in più, né volle rubare a se stesso l'illusione che le parole venissero da uno scarto superiore al tenero affetto.
Oscar François de Jarjayes era persona educata certo ma non affettuosa, non affettata a spiegare i propri sentimenti.
Dunque…
"E se avrai sue notizie…" – riprese Victor forte della sorprendente mitezza di Oscar, forte del fatto che parlare di ciò che le dannava l'anima, gli avrebbe consentito di avvicinarsi ancora di più a lei, dato che il dolore sarebbe stato anche suo – "So che vuoi proseguire per sapere che cosa è accaduto…ebbene vorrei che provassi almeno a essere prudente…".
Victor Girodel era stato il silenzioso latore delle lettere di André Grandier per quasi due anni e mezzo.
Non le aveva mai aperte ma di certo aveva letto i timbri.
Nonostante la guerra, le lettere dei soldati, forse l'unico baluardo di sacralità di fronte alla durezza della morte che falciava intere guarnigioni di cui non restavano che uniformi da recuperare e corpi da seppellire, emanavano la straordinaria aura del rispetto, odioso requisirle, e dunque a chiunque appartenessero e verso qualunque direzione fossero inviate, esse meritavano d'essere spedite, trasportate, recapitate.
Victor Girodel aveva dunque seguito il viaggio dell'altro, seppur solo attraverso miseri timbri postali e la grafia conosciuta dell'indirizzo. Sempre la stessa la prima, sempre lo stesso il secondo.
Lo sguardo s'abbassò - "Lo sarò…".
Oscar François de Jarjayes non mentiva sul fatto che desiderasse l'incolumità dell'altro, solo, non assicurava di tenere in cura la propria vita.
Non sapeva perché, non sapeva perché di quella vita in quel momento non le importasse poi tanto.
La propria vita aveva uno scopo. Lei aveva un obiettivo…
"Ti affido Lua…" – sussurrò Victor afferrando anche l'altra mano, dubbioso che la scelta fosse sensata, sentendosi un poco idiota.
Fuori s'udivano brontolii bassi, il cielo s'era chiuso minacciando forse la prima tempesta che avrebbe sferzato le coste per poi raggiungere e inondare le terre di rivoli fangosi d'acqua e colate di fulmini.
Nemmeno il tempo d'annuire…
L'altra non aveva perso il vizio d'ascoltare i dialoghi altrui.
La porta s'aprì di colpo - "Io vengo con te!" – gridò Lua, lo sguardo sbarrato, l'espressione ferma ma un poco folle.
Victor si contrasse, contrariato.
Non poteva accettare la ribellione della giovane amante, tanto più di fronte alla donna che gli aveva appena chiesto di non morire.
Anche restare in rada di fronte alle coste di New York infatti non avrebbe significato aver salva la vita.
I cannoni delle fregate inglesi erano comunque puntati verso il mare aperto…
Sarebbe bastato un solo colpo…
"Vi lascio…" – Oscar fece per andarsene.
"No!" – gridò Victor Girodel stizzito – "Non è necessario! Puoi ascoltare. Non c'è nulla di segreto nelle mie parole…questa giovane verrà con te…".
Lua si avvicinò, il piede pestato a terra, gli occhi febbrili, i pugni chiusi - "Lei lo sa chi sono! Non accetterà mai di avermi attorno! Ed io non accetterò…".
Victor sollevò la destra…
La mano aperta calò vigorosa, arrestandosi a pochi pollici dal viso della giovane indiana.
Oscar trasalì, intuendo la rabbia del giovane ufficiale, il disprezzo per la reazione isterica di Lua.
Il tuffo del cuore…
La ribellione all'incedere del destino come alle decisioni altrui…
"Non puoi venire con me!" – gelido – "Non puoi…mettitelo in testa…".
"…" – lacrime agli occhi…
Victor appoggiò le mani alle spalle, l'altra ondeggiò.
L'intuito avrebbe detto che il giovane tenente avrebbe abbracciato l'altra.
La ragione dettò diversamente.
Non era più neppure amante. Non era nulla…
Impossibile d'accettare…
Impossibile ritrovarsi di nuovo solitaria terra di nessuno.
Victor Girodel spinse indietro Lua.
"Sei una capricciosa…una bambina viziata!" – l'apostrofò indietreggiando a sua volta – "Potrebbe essere pericoloso…ti affido a una persona che terrà la tua vita al sicuro…".
I pugni s'abbassarono, non perché fosse convinta ma perché opporre l'isteria e le lacrime alla logica e al rigore impersonati dal Tenente Victor Clement de Girodel, sarebbe equivalso a perderlo per sempre.
Lua Pietra Incandescente chinava la testa, avrebbe fatto ciò che l'altro chiedeva.
L'unica speranza, che Victor la volesse fuori dal pericolo e l'affidasse a una persona integerrima.
Ridicolo…
"Lo fai solo per te stesso…" – disse piano Lua – "Il bene dell'altro non sempre coincide con il nostro. Giusto? E la presunzione d'essere stati sinceri illude che tutto sia concesso…".
"Smettila! Non pretendo che tu apprezzi ciò che faccio e se pensi che io non sia sincero…".
"Sì…lo sei. Ma lo sei solo verso te stesso…".
Lua aveva osservato spesso il volto dell'altro contratto e perduto nell'implosione dei sensi, nello scemare della forza dispersa dentro il corpo della giovane amante.
Nello sguardo chiuso non aveva scorto amore per sé ma patetica fuga al volto dell'altra, di colei che ora si ritrovava davanti.
E' morto…
E' morto…
E' morto!
Se lo disse Victor Girodel, se lo ripeté più volte e d'improvviso si chiese come avrebbe fatto a combattere contro un morto - che André Grandier era morto - piuttosto che contro un uomo vivo.
Dunque se avesse voluto avere per sé almeno la speranza, doveva accettare che l'altra andasse in cerca di quel morto, che magari trovasse una tomba, peggio ancora un'uniforme perforata dalle pallottole e un moschetto spezzato da una palla di cannone.
Carne maciullata dalla guerra e così Oscar François de Jarjayes prima o poi se ne sarebbe fatta una ragione.
Dunque Victor Girodel strinse i pugni, negò all'altra dal proseguire e Lui sferzò un'occhiata di compassione, come a sputargli in faccia, all'altro, che quella donna, quella ch'era lì a guardarli, non l'avrebbe degnato che d'uno sguardo di patetico affetto.
Lua Pietra Incandescente sapeva bene che Victor Girodel del benevolo affetto non se ne sarebbe fatto un accidente di niente.
Le mani giunte…
"Esci adesso!" – sibilò Victor, tirando un respiro fondo, massaggiandosi una tempia per tenere le mani a posto, per…
La giovane uscì…
Oscar non guardava più nessuno, né l'altra, né Victor…
La mente era lontana, immersa nell'agitata calma che precede la sera, una sera dolce, in temporale ad approssimarsi a scompaginare i pensieri, senza impegni, senza ricevimenti, ore da assaporare in silenzio, in ascolto del docile frusciare del vento tra i rami, ronzii d'insetti e impalpabili voli di gufi, immersa nel chiarore tenero d'un tiepido fuoco.
André alle spalle, intento a pulire una lama…
Il fuoco catturato dall'acciaio riflesso in aloni freddi sul mobilio buio…
Aveva incorniciato quegli istanti nella mente, associati a un tempo indefinito, alla vanagloria della propria saldezza interiore, forte di certe passate convinzioni, avvolta da un'uniforme capace di tenerla al sicuro dalla folla molesta di sentimenti e occhiate lascive.
Aveva incominciato ad accorgersi di André, di ciò che lui faceva, di ciò che lui era, ora che lui non c'era più.
Lo cercava sempre dentro di sé perché sapeva che fuori, fuori, lontano…
Lui non c'era più.
Victor si mise davanti…
Non riuscì a sopportare quella sorta d'amnesia, lo sguardo perso. No…
Lo sguardo cercava altrove una specie di rifugio dell'anima, una sorta di bozzolo ove curare la smania…
Le mani sulle spalle…
Oscar sollevò lo sguardo…
Non comprese o forse ammise che il vuoto era drammaticamente oscuro e per un istante impose a se stessa d'accogliere quella stretta, farsela bastare, come un naufrago che trova un misero asse su cui poggiare le braccia stanche d'annaspare nell'oceano più fondo.
Si chinò Victor Girodel perchè questa volta non poteva accettare d'essere messo da parte, non poteva accettare la fuga dell'altra, anche se lui stesso l'avrebbe lasciata andare.
Oscar François de Jarjayes sarebbe stata lontano, chissà per quanto, chissà dove…
La bocca sfiorò la guancia fin quando la guancia s'appoggiò alla guancia.
Il contatto morbido e sorprendente percorse il corpo, inanellando strani cerchi di lente vibrazioni, miele e fiordalisi, rose e ciuffi d'erba umidi di rugiada, sentori teneri e intensi, sinuosi e insinuati nella testa fino a far capitolare la ragione.
L'abbracciò.
Senza stringerla e senza abbandonarla…
E lei si lasciò abbracciare, senza ritrarsi ma senza cadere nelle braccia dell'altro.
Ammise che la chiusura di un corpo dentro un altro, nella consapevole adesione delle menti, era piacevole, quasi una sorta di antro tiepido in cui riposare le membra e persino la coscienza.
"So che non è ciò che vuoi…ma se potrò esserti utile…" – disse piano Victor – "Se potrò accogliere su di me il peso della tristezza e della sofferenza che porti nel cuore…se vorrai lasciarle a me, assieme alle lacrime che durano da tempo…".
Oscar rimase immobile, in ascolto delle parole. Che fosse amore quello, lei non lo sapeva e ammise che forse nessuno avrebbe potuto dire o spiegare cosa fosse l'amore ma si sarebbe tentato solo di provarlo, ascoltarlo, rifletterlo nella resa di sé ai propri sensi.
Non a quelli dell'altro.
Che l'altro non sarebbe mai stato in grado di penetrare nel fondo scuro dell'anima.
Il corpo, forse quello sì, penetrato e sollevato in un gioco di amplessi riflessi, di perdute speranze, di sgranata tristezza, forse il corpo avrebbe dettato un giorno, cos'era davvero l'amore.
Victor Girodel per la prima volta ammise che forse non c'era un unico modo di amare ma un modo unico per ogni essere amato.
Lei era amante…
Lei era amata.
La bocca sciolse il suo respiro adagiandosi sulla bocca…
Dischiusa l'una…
Impietrita l'altra…
Oscar François de Jarjayes era tanto statica e fredda fuori, quanto mobile e distrutta dentro.
Ciò che avrebbe potuto vedersi come una conquista nei suoi confronti, il giorno dopo si sarebbe trasformato in una disfatta senza appello.
Oscar François de Jarjayes non poteva essere amata per ciò che era, perché lei non era mai, mai uguale a se stessa, nemmeno nella sequenza di due istanti, neppure se, all'apparenza, appariva sempre identica a se stessa, devota alle regole, al rango e alla solitaria alterigia di essere perfetto.
Victor Girodel avrebbe dunque dovuto imparare ad accettare la mutevole forza dell'altra, declinata in silenziose debolezze come aliti recati dal vento della sera, spiranti da colline mute e verdi e spente.
Un passo in avanti sarebbe stato accolto con lo stesso amore dei successivi passi indietro.
Che forse sarebbero stati due, tre, forse anche dieci.
Fino a che i passi non avrebbero ricondotto al baratro.
Accettare dunque Oscar François de Jarjayes, persino nell'eterna fuga dagl'infiniti abiti che ogni giorno indossava, pur abitando il suo corpo sempre negli stessi modesti panni maschili.
Oscar François de Jarjayes…
Ossia…
Nulla di stabilito.
Tutto declinato nella mutevolezza degna del più mutevole cielo…
Il bacio caldo e lieve scorse…
Lei l'accolse mutevole…
Lui l'appoggiò piano sulle labbra, com'esse si schiudono addentando un frutto morbido che potrebbe sprigionare succo rosso e colare e…
André Grandier era morto.
Oscar François de Jarjayes sarebbe scivolata giù, all'Inferno, sino al punto più oscuro della sua coscienza, là dove albergava il volto dell'altro, che a quel punto sarebbe diventato ricordo dolce e terribile al tempo stesso.
Oscar François de Jarjayes in fondo era tale anche grazie ad André Grandier, che le aveva guardato le spalle.
Ora dopo ora, giorno dopo giorno…
Mezzo passo dietro a lei…
No…
Uno scarto istintivo…
Oscar si staccò eludendo la caduta dei sensi. Victor Girodel si morse il labbro.
No…
Oscar si ritrasse e solo per pudore e per non offendere l'altro si trattenne dal passarsi il palmo sulle labbra…
No…
Non sono queste le labbra che conosco…
Quelle che conosco erano più calde…
Più morbide…
Quelle che mi hanno baciato teneramente…
Può il dolore essere dolce?
Può lo strazio spaccare il cuore?
Victor Girodel avrebbe voluto cogliere Oscar François de Jarjayes nell'atto di voltarsi, almeno un istante, mentre la piccola fregata Dauphine scompariva all'orizzonte, riguadagnando il mare aperto capace d'inghiottire il minuscolo carico e l'esiguo equipaggio.
Quella guerra era iniziata alla fine.
Una guerra silenziosa…
Il sibilo perforò l'aria e i pensieri…
Il grido della vedetta si sovrappose al secondo sibilo.
La flotta prese a distanziarsi così da scansare le cannonate esplose dalle fregate inglesi, all'erta all'imbocco dell'Hudson, avvedute dell'arrivo della flotta francese, nel tentativo d'affondarla, contrattaccando.
Victor Girodel osservò ancora…
A nord ovest la fregata era ormai scomparsa nell'umida coltre respirata dell'oceano.
Di fronte, spiccavano i pennacchi di fumo sputati dalle bocche di fuoco…
Oscar…
Lei non si era voltata…
Victor Girodel si calcò il tricorno sulla testa.
Che poteva farci se l'ammirava e la stimava ugualmente?
Anche se sapeva che mai lei si sarebbe voltata.
§§§
Nel buio, la fregata un poco sbattuta dal vento avanzava silenziosa, tenendo la rotta che l'avrebbe riportata al largo, seppur a vista della costa.
Di tanto in tanto, il bordo scuro di Long Island occhieggiava di flebili chiarori ondeggianti, che a tratti apparivano e poi scompariva.
Fuochi, ronde, bracieri…
L'isola era un groviglio di drappelli avversari…
Americani e nativi…
Inglesi…
Spagnoli…
Assiani…
Oscar osservò il buio scorrere negli occhi. Il vento ancora caldo gonfiava le vele e sferzava i pensieri.
Era tutto assolutamente nuovo e misterioso.
Eppure, nella testa, tutto era come già visto, come se gli occhi che avevano osservato quei luoghi non fossero i suoi ma quelli dell'altro, che in qualche modo aveva comunicato a lei le sensazioni e l'implosione dei sensi e della coscienza.
Mordeva il bacio concesso…
Sussurrava la brezza, abbracciando la pelle umida, inducendo quasi freddo, tempra simile al brivido che scorre mentre…
Le mani strinsero la balaustra.
Si ritrovò disarmata di fronte a se stessa, all'incertezza e al contempo all'unica certezza.
Il passato martellava nella testa…
Il bacio…
Quel bacio…
Dissolto in una miriade d'istanti trascorsi a rammentarlo…
Augurami buona fortuna…
No!
Sei testarda!
Un guizzo…
André si sporse….
Che lei si ritrovò chiusa…
Catturò le labbra, dolcemente chiuse e poi di colpo lambite piano, morse…
Liberamente baciò la bocca…
Rigida, si ritrovò chiusa e come ammansita dal gesto…
Liberamente accolse l'abbraccio dell'altro…
Madame Roma arrivò alle spalle.
In silenzio.
Oscar François de Jarjayes non disse nulla mentre l'altra accostandosi, ritta e severa, aveva chiuso gli occhi.
Un respiro fondo - "Tanto tempo fa ho conosciuto una persona. Aveva lo sguardo simile al vostro…cupo e al tempo stesso severamente intenso, fiero, quasi intransigente. Era un uomo che pensava di avere ragione…sempre…".
Silenzio…
Oscar François de Jarjayes non era solita abbozzare curiosità…
"I vostri occhi si…mi rammentano i suoi…" – sussurrò Madame Alexandra Roma Lemonde.
Il tempo di voltarsi - "Rientriamo…è bene per noi riposare…poche ore di sonno potranno fare la differenza domani…".
"Non appena sbarcheremo…non sarà necessario che veniate con me…" – sferzò Oscar silenziosa –"Ho accettato solo per tranquillizzare il tenente e vostro marito…".
"E sia…l'avevo compreso. Ebbene…non ve la cavereste senza qualcuno che conosca questi luoghi. Ho intuito che il vostro viaggio non si arresterà a White Plains…sapete…solo quattro anni fa lì si è combattuta una delle battaglie più sanguinose. Ora però…è vero quello che ha detto mio marito…le battaglie si stanno spostando a sud, dunque che motivo avete di addentrarvi a nord?".
"Devo cercare…una persona…per consegnare il denaro e le armi…".
"Avreste potuto incaricare qualche valente sottufficiale…".
"Avrei potuto…" – insolente e smargiassa – "Come potrei proseguire da sola. I rischi sono tanti…questa è la mia scelta…".
"Ho compreso…non siete di molte parole. Lasciatemi venire con voi. Vi potrò essere d'aiuto…e…non farò più domande…".
"Madame…" – che Roma tornò ad osservare l'interlocutrice che osò - "Quell'uomo…".
La domanda sospesa, sorrise Madame Roma - "Immaginate bene, quell'uomo non era Monsieur Lemonde. Ho imparato ad amare mio marito come si ama la calma di una giornata di tiepido sole, la muta carezza del grano appena maturo, una folata di vento dopo giorni di pioggia…".
Comprese Oscar François de Jarjayes.
O meglio, aveva iniziato a comprendere come si muoveva l'animo umano.
Dunque è vero che l'amore è indescrivibile, perché mutevole per ciascun essere umano.
Di qui le infinite declinazioni, i muti accordi, gli esaltanti riflessi neri, le onde feroci e le carezze lievi…
Per ciascuno un solo accordo, una sola declinazione tra mille.
§§§
La ricerca di un approdo…
Non la fine ma l'inizio del viaggio.
Il paesaggio grandioso inondato della luce nera del sole ch'esultava seppur ormai non più all'apice, incuteva il timore di ciò che seppur conosciuto nelle estrinsecazioni esteriori non lo è più nella disposizione e nella variabilità.
Il grigio opaco delle boscaglie fitte, ricamato d'intarsi verdastri, odorosi di resina e legno arso, screziato da pennacchietti di fumo, interrotto di tanto in tanto da gruppi di case basse, ammassate una sull'altra, come a proteggersi dalla vastità dei luoghi, si spandeva a perdita d'occhio infondendo lo strano senso di smarrimento che precede la calma della sera, il buio della notte, quando nulla è visibile e la solitudine di ciascuno si somma a quella eterna della natura.
L'approdo era avvenuto poco prima dell'alba, al terzo giorno di navigazione, dopo la separazione dal gruppo più numeroso dei vascelli da combattimento, dopo che l'Aiace e la Destin erano scomparse all'orizzonte, e lei non s'era voltata, non era riuscita a farlo, gli occhi si erano fissati al pavimento di legno della piccola fregata che avrebbe ospitato l'esiguo equipaggio, un solo piccolo forziere e almeno una quarantina di baionette con altrettanta fornitura di polvere da sparo, e l'abbraccio di Victor, il contatto tra le labbra, come subitanea vertigine, inghiottita nell'istante successivo, dalla smania della ricerca.
Tre donne…
Tre sottufficiali e otto marinai congedati in fretta, che persino Madame Roma s'era stupita della sorprendente arroganza e persino quelli s'erano stupiti, chissà dove voleva arrivare quella donna, assieme a una anziana viaggiatrice e a una giovane indiana, che per tutto il tempo del viaggio non aveva fatto altro che guardar in cagnesco la prima.
Che più numerosi fossero stati e più sarebbero stati visibili.
Tre donne e un misero sottufficiale, recuperati quattro cavalli e un carro, sarebbero stati più che sufficienti per proseguire.
Una pazzia, avrebbe sentenziato Monsieur Malente!
"Ho solo una necessità…chiedervi chi state cercando…" – riprese Madame Roma, mentre il drappello si snodava lento lungo il sentiero che conduceva lontano dalla costa – "Ho ammesso che non vi avrei più fatto domande, ma se debbo comprendere come aiutarvi…mi sarebbe utile…".
"Il Conte Hans Axel von Fersen…Colonnello dei Dragoni di Svezia…" – rispose secca Oscar François de Jarjayes.
Il nome altisonante, seppur pronunciato con rassegnato contegno, rimbombò nella testa dell'accompagnatrice e quella, forse colpita, forse perché dell'uomo qualcosa s'era saputo, tacque, ridiscendendo nel silenzio che accompagnava il drappello.
Sì, Madame Roma a quel punto comprese che il percorso scelto da Oscar François de Jarjayes aveva una sua logica, una precisa direzione.
Lei stessa aveva accompagnato il marito in diverse traversate, non esattamente quella di cui avevano fatto parte i vascelli su cui era imbarcato il Conte di Fersen, ma lei sapeva chi era quell'uomo, quello ch'era stato additato come amante di Sua Maestà la Regina Maria Antonietta, un uomo affascinante, così che, di pari passo alle notizie sulle vittorie e sulle sconfitte degli schieramenti, avevano viaggiato novelle più leggere, storie di mare e di marinai, racconti di amanti e di fughe da amori impossibili, come da terre troppo avvezze ai pettegolezzi e alle malelingue.
Madame Roma aveva compreso anche molto altro.
Madame Roma aveva in mente gli occhi di un uomo, grigi e chiari, le stesse impercettibili venature infuocate scorte negli occhi del giovane Colonnello della Guardia Reale.
"Rammento che i drappelli del conte erano effettivamente diretti a nord ovest ma non ho certezza se riusciremo a trovarli…" – concluse Madame Roma arrestando il cavallo – "Quello che so è che il Generale Lafayette si è concentrato ormai a sud da diversi mesi…se il conte lo avesse seguito…".
Tutto portava a sud…
Anche la flotta che aveva attraversato l'Atlantico era diretta a sud, se si escludevano un paio di sparuti vascelli rimasti in rada, di fronte alla citta di New York.
L'istinto dettava diversamente…
L'istinto e le poche informazioni che Maria Antonietta le aveva riferito.
Sì, Fersen era arrivato in America al seguito di Lafayette. Fersen aveva scritto pressoché regolarmente alla regina. Poi le lettere erano giunte sempre più di rado mentre i dispacci di guerra davano le truppe francesi impegnate a sud.
Oscar François de Jarjayes si concesse di rallentare la furia dei pensieri.
Accusava una sorta di ancestrale stanchezza, come se quel viaggio lei l'avesse fatto ormai mille volte e ogni volta approdava in una strada chiusa, entro un vicolo cieco.
Quel paesaggio così grandioso che non si riusciva a mettere a fuoco e l'occhio incapace di contenerlo tutto, incuteva il sordo dubbio che tutto sarebbe stato vano e inutile.
Cercare il Conte di Fersen, neppure di lui s'era saputo più nulla.
Ma quando anche lei l'avesse trovato…
Era davvero Fersen colui che cercava?
L'esiguo drappello si ritrovò verso la sera del primo giorno di cammino ai confini di una cittadina che pareva meno fatiscente e meglio organizzata di quelle ch'erano state lambite durante il viaggio.
Il percorso seguiva una strada prestabilita, la stessa percorsa dai drappelli ch'erano sbarcati tre anni prima.
New York, una delle prime colonie, scivolava nera e muta alle spalle.
Era l'imbrunire…
Lo sguardo corse agli edifici semplici, non eccessivamente alti, uno o due piani, balconi in legno su sporgenze in travi, forse più simili alle contrade più a nord della Francia, seppure i contorni delle case non s'aggrovigliavano su per stradine erte di ciottoli e neppure s'intravedevano svettare torri o castelli come nelle terre del continente.
"Dovremo attraversare l'Hudson…da lì proseguiremo verso nord…" – stabilì Madame Roma mentre scendeva da cavallo, riponeva le redini e si stropicciava l'ampio vestito a pantalone, sollevando un'impalpabile nuvoletta di polvere – "Si tratterà di mediare la traversata…ci sono chiatte che trasportano merci e persone".
Sì perché anche se il centro della città era lontano, non era detto che gl'inglesi non avessero le loro brave spie sparse per i quartieri più periferici.
Il drappello scelse l'unico edificio che pareva degno latore dell'appellativo di locanda o albergo. Una stamberga dalla facciata ampia e scura, d'assi di legno nero, incisa da finestrelle piccole, oscurate da tendaggi giallastri, che svettava sin quasi a scomparire nel cielo severo della sera, il tetto acuto tappezzato di coppi rabberciati e comignoli sparsi a fumare pennacchi grigi.
L'unico vezzo, mazzi d'erbe secche, appesi a testa in giù assieme a cordami d'aglio e altri strambi tuberi. Nessuna insegna, se non svariate candele che ondeggiavano lascive al vento della sera, in mostra s'un tavolaccio all'ingresso, assieme a una brocca di vino vuota e alcuni bicchieri sbrecciati.
La staticità del paesaggio cozzava contro il subbuglio dell'anima.
Oscar François de Jarjayes obbedì all'istinto di non lasciare incustodite né le armi, né le monete, il carico affidato all'unico uomo che faceva parte del gruppo, con l'accordo di riposarsi a turno.
La bisaccia issata sulla spalla, tutto nella quota della più anonima messinscena.
La stizza però continuava a ricacciare la coscienza all'indietro, ai tempi in cui lei, sola, doveva ammettere che non lo era mai stata.
Era sola adesso e mai come in quel momento sentiva imperioso il desiderio di averlo accanto, che però nemmeno sapeva se lui era vivo.
Ed era come se lui non fosse mai partito, come lui non fosse mai entrato nella sua vita ma ne avesse fatto sempre parte.
La luce chiara della grande sala che fungeva da atrio, salone, cucina e forse nelle lunghe giornate d'inverno anche da rifugio per i viandanti colti in scacco dalle bufere di neve, ferì un poco gli occhi e la mente implose, cadendo giù, dentro di sé, lì, dove lui era, dove era sempre stato.
Oscar François de Jarjayes ammise che ovunque fosse giunta e qualsiasi terra avessero solcato i piedi, non avrebbe mai trovato André Grandier, mai più.
Perché lui era lì, dentro di sé, e da lì non se n'era mai andato.
Che…
Assurdità!
La testa bassa…
Le dita a stringere il bicchiere…
Lo sguardo un poco ebbro…
Che piacevole distorsione evocava il vino, unico mezzo estraneo a sollevare i sensi dalla pesantezza della colpa, ad allentare per qualche ora la morsa dell'assenza.
"Allora è inteso…".
Le parole giunsero alle spalle…
Oscar sollevò lo sguardo e vide arrivarsi incontro Madame Roma seguita da due persone, l'abbigliamento simile al proprio, seppure screziato d'intarsi in pelle non conciata, fibbie e corde a reggere foderi per coltelli e pistole, l'origine non puramente occidentale.
Erano indiani, l'espressione un poco fredda e severa declinava quella sorta di disincanto che connota l'esistenza di chi non ha più scampo, ormai rassegnato all'inevitabile scorrere del tempo, senza più appartenere ad alcuna terra e anzi consapevole della propria terra ormai occupata senza speranza, se non forse per un brandello di fierezza che scintillava nello sguardo, abilmente nascosto dalla cinica inerzia a concludere un affare qualunque.
"Ci guideranno ad attraversare l'Hudson…" – accennò Madame Roma, severa, senza prodigarsi in presentazioni o salamelecchi.
L'altra, seduta, si alzò e fissò i due. Avrebbe voluto chiedere, presentarsi.
Lua Pietra incandescente si avvicinò a sua volta e guardò i due uomini, uno scambio di occhiate silenzioso, come se i discendenti di un unico popolo, seppur disperso in centinaia di tribù, avessero capacità di riconoscersi e dirsi quanto necessario.
Nessuna presentazione, nessun nome venne speso.
Oscar non declinò il proprio e i due indiani non salutarono neppure quando si allontanarono.
"Domani all'alba…" – concluse Madame Roma – "Sarà bene muoversi con il buio. Mi è stato riferito che i soldati inglesi non sono soliti restare confinati a New York ma spesso si spingono a pattugliare le rive dell'Hudson in cerca di indiani, francesi, spagnoli…".
"E noi siamo un po' di tutto questo!" – sferzò Oscar mandando giù l'ultimo sorso di vino mentre le gambe tremavano un po'.
Si pulì la bocca col palmo della mano.
Se non fosse stato per i lineamenti incandescenti d'oro, cesellati dalla mano degli dei, chiunque l'avrebbe di certo scambiata per una specie d'avanzo di galera, uno dei più rozzi per giunta.
Era come se, lei stessa, calata in quella parte, si fosse ritrovata al sicuro dalle occhiate e dai dubbi che le scivolavano addosso – che fosse stata a Versailles come lì, in America - serpi che strisciano a chiudere la preda nelle proprie spire.
Madame Roma chiese conto della strada che avrebbero dovuto ancora percorrere.
L'altra parlò, quasi per inerzia - "Conoscete il Lago Oneida?".
Annuì Madame Roma - "Ci sono molti laghi in quella zona…tutti simili…Fingers Lakes…si dice siano come dita d'una gigantesca mano. L'Oneida è simile al Cayuga, al Seneca…".
"Cayuga è una delle Six Nations…la nazione degli irochesi…volete arrivare fin là?" – chiese Lua un poco stranita dallo strano percorso.
"Uh…" – convenne Madame Roma – "Ma perché proprio in quei luoghi? Non mi pare si sia mai combattuto lì, non credo troverete la persona che state cercando…".
"Non intendo giungere sino a Cayuga ma la zona è quella. Secondo dispacci di qualche tempo fa…a Fort Awegen dovrebbe essersi accampato un contingente di soldati francesi…" – ammise Oscar con un sorriso un poco sghembo – "Non per proseguire nell'offensiva contro gl'inglesi ma per mantenere il controllo del territorio. Nonostante si trovino su fronti contrapposti, i francesi hanno sempre intrattenuto buoni rapporti con le tribù indiane…".
Oscar François de Jarjayes intuiva l'inevitabile mutamento del cuore che non smetteva di contrarsi – doveva esser così sennò sarebbe morta – come se dita nere e ossute l'avessero in pugno e poi stretto e poi tentato di strappare dal petto. Non aveva certezza di nulla. Semplicemente aveva messo l'una accanto all'altra, a ritroso, le lettere ch'erano giunte dall'America e, proprio a ritroso, quelle conducevano là, a Fort Awegen.
Le pareva allora d'esser, lei, una specie d'Ulysses che anziché volgere i passi verso la propria casa, per assurdo, se n'era allontanata per migliaia di miglia, e continuava ad allontanarsene, come se quella casa non fosse più tale da quando…
Un guizzo…
Implosero i sensi…
Si voltò di scatto, uno schiocco delle dita e l'inserviente un poco ripiegato s'avvicinò lisciandosi le mani.
Madame Roma non batté ciglio mentre l'altra chiedeva altro vino, dunque la mistura si rivelava necessaria per annegare chissà quale pensiero.
"Non so se Fort Awegen sarà la nostra metà finale…" - tentò di concludere Oscar – "Dispacci giunti qualche tempo fa davano quei territori ormai in mano ai francesi e dunque non dovremmo temere di ritrovarci in qualche agguato…ma potrebbe essere necessario proseguire…".
"Sono territori indiani…non sarà facile anche se siamo francesi…ci sono paludi…boschi…" – obiettò Roma.
"Posso aiutarvi io…" – ammise Lua severa – "Non conosco quelle terre ma so come entrarci…".
Tre donne dentro i territori indiani.
Terre concesse – seppure appartenevano a loro - agli indiani perché le tribù più importanti potessero viverci in pace, anche se, di fatto, il disaccordo più severo era proprio annidato lì, nell'esser le tribù costrette a scendere a patti tra di loro e con i coloni e con quelli ch'erano venuti a dar manforte ai coloni e con coloro che a quei coloni s'opponevano.
"Sentite…" – saltò su Lua – "Io vi aiuterò solo perché Monsieur Victor mi ha detto di starvi accanto. Io volevo stare con lui ma lui non ha accettato. Voglio rivederlo e se per rivederlo dovrò scendere a patti con voi…lo farò…".
Il tono era contratto, il discorso aggrovigliato a lacrime trattenute.
Oscar si stupì. L'uomo di cui stavano parlando si era insinuato nella vita di entrambe, seppur attraverso strade diverse.
Lesse negli occhi dell'altra il desiderio folle di amare Victor Girodel qualunque decisione lui avesse preso, qualsiasi scelta le avrebbe imposto, chiunque egli fosse stato.
Per Lua Pietra Incandescente, Victor Girodel non era né nobile, né santo, né ricco, né solo.
Non era nessuno eppure per lei era tutto.
Un brivido corse lungo la schiena.
Victor Girodel…
Lei non lo amava eppure…
Non amava nemmeno André Grandier eppure…
"Questo ve lo offre il mio padrone!" – la voce cinguettò alla destra, mentre una graziosa mademoiselle appoggiava con sgraziata baldanza una brocca sul tavolaccio. Il vino traboccò e si spanse, che Oscar ritrasse la mano, non in tempo per impedire che alcune gocce di caderci sopra.
Quello tracannato s'era già fatto adeguata strada tra le vene. Quello sulla mano…
D'istinto se la portò alla bocca…
Quasi tre mesi di navigazione nell'Oceano Atlantico avevano avuto la meglio sulle disgraziate buone maniere.
Succhiò il palmo…
"Siete molto bello monsieur…" – trillò la giovane servetta…
Già, si poteva essere a migliaia di miglia da Parigi ma i toni e i modi e soprattutto le neppur tanto velate moine si elargivano sempre alla stessa maniera.
Oscar sollevò lo sguardo, l'altra era una giovane in carne, la faccia rosa e paffuta, nulla a che vedere con le magre giovani che s'aggiravano tisiche e pallide per le strade di Parigi.
"Chi siete?" – chiese d'istinto.
Madame Roma rimase in silenzio, come rapita dall'ennesimo volto rivelato dalla compagna di viaggio che ad ogni occasione pareva smentire se stessa e mostrarsi a volte sensuale come la più audace delle donne, insidiosa e bella ma di poche parole, a volte impetuosa e gelida come il più arrogante degli uomini.
Oscar François de Jarjayes in questo, forse per l'educazione ricevuta, forse per innato dominio dello spazio e del tempo che la circondava, aveva la straordinaria capacità d'essere uomo e donna allo stesso tempo, pur mantenendo distinte e ben visibili le prerogative dell'uno e dell'altra, così da non esser davvero né l'uno né l'altra.
"Miss Donovan…" – sussurrò gioiosa l'altra – "Mademoiselle Donovan…Irys…come preferite monsieur…e voi…".
"Oscar François de Jarjayes…".
"Oh…" – l'altra arrossì e fece un inchino che chissà quando e dove le avevano detto che chiunque avesse declinato un doppio nome con annessa desinenza di famiglia non potesse ch'essere nobile e in quel caso, per di più francese.
Oscar afferrò la mano di Miss Donovan, la pelle era morbida, per nulla abbruttita dal lavoro di sguattera. La giovane dunque doveva avere altre mansioni.
"Siete…francese?" – balbettò quella…
"Lo conoscete…il francese intendo?" – ribatté Oscar continuando a tenere la mano, lisciando l'incavo un poco sudato.
Con la sinistra si versò il vino, ne bevve ancora, Madame Roma si contrasse come rapita da quella specie di recita.
Oscar François de Jarjayes era divenuta improvvisamente un uomo, come se in quei panni, nei panni di un uomo, avesse avuto modo di proteggere la parte più pura di sé, la parte più debole e nobile al tempo stesso. Se si fosse compreso che lei era una donna sarebbe stato pericoloso, dato che Madame Roma e Lua già avevano destato l'attenzione dei pochi clienti della bettola.
Gl'indiani portavano i capelli lunghi, intrecciati, Lua avrebbe potuto essere un giovane indiano ma il corpo smagrito e guizzante deponevano per altro e così Madame Roma, trasandata a dovere, anche se i lunghi capelli bianchi erano acconciati in una treccia che addolciva il volto un poco provato dal viaggio e dal tempo e lo sguardo guizzava d'infuocata bellezza.
L'altra invece…
L'altra poteva essere chiunque avesse voluto. Maschio, femmina…
"Monsieur…da qui sono passati molti francesi…diversi anni fa…ora non più. Voi siete il primo dopo tanto tempo…".
Un sussulto…
Oscar strinse la mano, tirò a sé la giovane, cingendo un poco i fianchi…
Ribolliva il sangue mescolato al vino…
Impresso nella mente c'era il timbro postale di White Plains…
Chissà se anche lui…
"E com'erano questi francesi?" – domandò fingendo disinteresse – "Miss Irys Donovan?!".
"Belli monsieur!" – ammise quella, un sorriso aperto e luminoso abbastanza accondiscendente – "Belli come voi! Non avevo mai veduto uomini così belli come quelli che ho conosciuto tre anni fa…ce n'era uno…si…oh monsieur…arrossisco ancora al pensiero!".
"Chi…" – la domanda strozzò la gola…
Avrebbe potuto essere chiunque, un francese qualsiasi…
I soldati francesi, quelli che s'arruolavano in marina o nell'esercito non erano particolarmente attraenti…
Un uomo bello…
"E assieme a lui ce n'era un altro…ecco…un altro che…".
Oscar strinse davvero la mano, che la giovane abbassò gli occhi…
"Ho compreso fosse nobile…come si dice da voi…in Europa…si sono fermati per qualche giorno e poi hanno ripreso la via dei Fingers Lakes…".
"E che è accaduto quando erano qui?" – gli occhi erano ridiscesi al bicchiere, la mano dell'altra ancora stretta ma lisciata piano, la mente ebbra…
Non era sincera, non era sincera con se stessa e non lo era stata nemmeno con lui.
Ma neppure lui lo era stato con lei…
Un respiro, la scelta delle parole, come se il ricordo un poco sbiadito dovesse esser messo sotto una lente che lo rivelasse nei dettagli più intensi e corretti - "Mi hanno raccontato com'era la Francia. Uno di loro mi ha detto che il re e la regina abitano in un grande palazzo…un po' come in Inghilterra ma almeno…ecco il re francese non sembra così matto come quello inglese…".
"Se ti hanno parlato di Versailles allora erano nobili…".
"No…uno dei due mi ha detto che non lo era…quello un poco più triste ci ho parlato poco…".
"…".
"Monsieur…" – la giovane si chinò, incoraggiata dall'incedere dell'altro, accarezzò piano la testa, come a voler saggiare non tanto la consistenza dei capelli quanto la loro aura chiara, veduta raramente da quelle parti – "Io rammento solo che quell'uomo era un eccellente…gentiluomo…".
Un uomo triste…
Un eccellente gentiluomo…
André che parla di amanti…
André che esce di notte…
André ha conosciuto Amalie Jenevieux…
André ha salvato la sua bambina…
Amalie Jenevieux è morta…
Victoire è perduta chissà dove…
Tutto alla Reggia di Versailles era vissuto come nulla fosse mai accaduto, come se lui non fosse mai esistito. D'altra parte un uomo del popolo non ha nessun ruolo nel grandioso meccanismo della Storia. Può solo ammettere di farne parte come un granello di sabbia che non deve recare fastidio o tedio al delicato ed eterno meccanismo.
Tutto stravolto…
André, anche lui non c'era più…
La parola stavolta declinò a lasciar correre l'immaginazione, che gli occhi si fecero fessure ridenti, che l'ospite avrebbe ben potuto arrivarci da solo a ciò che s'intendeva per eccellente gentiluomo.
Oscar sussultò e come risucchiata da un vortice da cui era impossibile sfuggire, la mente ripiombò alla stessa immagine, allo stesso scenario.
Nulla di ciò che aveva detto la giovane avrebbe potuto condurre in quella direzione eppure il sangue la ricacciava lì, all'abbraccio che aveva colto anche lei, laggiù a Brest, prima della partenza, al languido incedere delle labbra a disegnare il profilo morbido della guancia…
Non era accaduto nulla eppure pareva che tutto fosse racchiuso lì, in una manciata di gesti gettati al vento del destino avverso.
Tutto perduto, tutto come nulla fosse mai esistito.
Oscar mandò giù, a stento trattenne la nausea, dovuta forse alla stanchezza, al vino poco raffinato, alla visione ebbra di lontananza.
L'abbraccio pareva esser quasi evanescente parto della sua mente.
Come André non fosse mai esistito.
Eppure le pareva davvero che quella giovane stesse parlando di lui, come se fosse stato davvero lui l'uomo triste che l'altra aveva incontrato.
Il suo nome rimase stretto tra le labbra, come se a pronunciarlo - quel nome -, da un istante all'altro André sarebbe potuto apparire, poco dietro la paffuta effige della giovane amante, le avrebbe sorriso, le avrebbe messo una mano sulla spalla, per poi prenderla per mano ed andarsene.
Come era accaduto a Brest, con Mademoiselle Bellenuit…
"Monsieur…quell'uomo aveva un volto così bello…ad avervi messi uno accanto all'altro voi sareste luce e lui ombra" – cincischiò la giovane puttana.
Si alzò l'altra, in fretta, che un poco barcollò sotto la spinta del disgusto.
Quello pareva André, sempre lui, sempre lì a torturare i sensi, anche se lei non lo amava e giorno dopo giorno iniziava a disprezzarlo sì, come il peggiore dei nemici, come la parte più orrenda della propria stessa coscienza.
Pareva persino che lui le avesse inviato di proposito quelle dannate lettere, non dirette a lei certo, bensì a sua nonna.
Ma come faceva André a sapere che nanny non si sarebbe tenuta per sé le missive come poi invece era accaduto?
Come avrebbe potuto pensare che nanny non avrebbe rivelato nulla di ciò ch'era scritto?
Dunque se Oscar fosse venuta a conoscenza delle lettere e con esse del percorso a ritroso che quelle avevano compiuto…
E se lei avesse deciso di ripercorrere quell'assurdo percorso…
Salì la nausea…
Stava impazzendo!
André non avrebbe mai potuto calcolare tutte le singole pieghe che aveva assunto quella storia. Era tutto frutto del caso…
Semplicemente, André s'era sentito libero e liberamente aveva deciso di vivere la sua vita, passi d'una vita ordinaria, come quella d'un qualsiasi uomo.
André era un uomo, un uomo come tutti, e se aveva deciso di lasciare la Francia per colpa di una donna, perché non avrebbe dovuto vivere come qualsiasi altro uomo, amando e…
I sensi implosero, Madame Roma veloce l'afferrò per un braccio: "Avete bevuto troppo…vi conviene ritirarvi…".
"Faccio da me!" – si scansò l'altra stizzita…
La visione di sé e André, la visione dell'altro, accanto a sé…
Gli occhi chiusi…
Lui si era mosso…
Calore…
La mano allungata era scivolata oltre il braccio.
L'aveva cinta, di nuovo, senza alcun rumore, senza neppure una parola…
Le labbra s'erano schiuse, la bocca s'era aperta lentamente…
Liberamente aveva baciato la bocca…
Liberamente aveva accolto l'abbraccio dell'altro…
La disposizione delle camere era stata stabilita. In quella più piccola avrebbe dormito Oscar, in quella più grande, Madame Roma e la giovane indiana.
Si chiuse la porta alle spalle. La mente dispersa a raccattare brandelli di sé avvolti nell'abbraccio dell'altro, mentre la ragione sollevava un manto di disprezzo.
Chi era André Grandier?
Chi era stato?
Nessuno aveva diritto di giudicarlo eppure l'avvicendamento di sguardi ch'erano scorsi sul corpo dell'altro, le mani che l'avevano sfiorato, graffiato, accarezzato, amato, cogliendo il balzo del cuore, la contrazione dei muscoli…
Si guardò le mani…
Annusò l'odore tondo del palmo dell'altra…
Era uomo in quel momento…
Inebriato di sé, appagato del sensuale ascendente che dispiegava attorno a sé…
Osservò la mappa distesa sul letto. Luoghi sconosciuti, pianori dai nomi mai uditi, foreste e boschi e laghi mai veduti. Migliaia di miglia lontano da ciò ch'era stata la sua vita.
Era colpa di André…
Lui aveva diviso le rotte, aveva distrutto il sodalizio muto che li legava.
Perché…
Non aveva mai pensato che sarebbe potuto accadere.
In quale dannata storia sarebbe mai potuto accadere che lui…
Quella…
Non era la loro Storia…
Il sole pallido dell'incombente autunno scivolò sulla pelle come un brivido di freddo incurabile.
Frammenti di ricordi, luci di mille giorni vissuti, passi incompiuti, parole mai dette, respiri distratti…
Un altro sorso di vino…
Che facesse il suo dovere dannazione…
Dannazione…
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