Il rombo del tuono
nel cielo nuvoloso
forse pioverà e,
quando accadrà,
resterai con me?
Kotonoha no niwa
Il giardino delle parole
Makoto Shinkai
Comme des rayons de lune
Probabilmente non li aveva più tagliati da che era giunto in America…
Sì, doveva esser così, che lei osservava il vento impigliarsi e scuoterli, i capelli neri, lunghi, quasi a tentare di muovere la figura, seppure il corpo statico e magro s'opponeva senza rabbia, semplicemente fluttuava immobile, entro il senso stesso dell'aria, come non ci fosse più alcun rancore a rabbrividire i muscoli.
André era fuggito da lei, tanto tempo prima, o molto più semplicemente aveva cercato la sua libertà altrove, lontano da lei, relegandola al passato, declinata a non esserci, neppure entro il tenero afflato della protezione.
Ora pareva evidente solo la neutra incombenza d'occuparsi di lei, che stonava dunque lo scarto intuito nei gesti di André, nella voce, negli sguardi sfuggenti, come se gli anni di lontananza avessero concesso benefici insperati e lui avesse imparato a non cadere giù, di nuovo, entro il limbo del dannato Amore.
Di certo non ne voleva più sapere del dannato Amore…
Chi era André Grandier?
Chi era stato e chi era diventato adesso?
O forse era sempre lo stesso, semplicemente depurato dalla scontata visione che lui non l'avrebbe mai lasciata, non l'avrebbe mai abbandonata, perché lui la amava…
O forse quell'amore avrebbe potuto essere ed esistere anche così, distante mille miglia, inghiottito dal tempo trascorso, relegato nell'oscura incoscienza!?
Che esisteva l'Amore…
E il Silenzio…
E la Solitudine…
Oppure tutto esisteva solo se lo s'intuiva addosso…
Echi docili, dentro, giù, nel fondo delle viscere, nel martellare della testa, nei palmi smaniosi e immobili?!
Nella silenziosa discesa verso l'ignota declinazione di sé, avvolta dal nulla, incapace di fare un passo!?
Nel sonno il corpo avvolto dallo struggente rintocco d'una vita passata che non era più o dall'acuto richiamo alla vita che sarebbe stata e che non era ancora?!
Nel presente intenso e vivo, come lo era la vita che pulsava e strisciava immobile entro le dita strette, entro le labbra dischiuse…
Gli occhi si spalancarono…
Dannazione!
Era di nuovo sola…
Chi era dunque André?
Ammesso fosse davvero André, quello che hai incontrato?!
Com'era possibile che lui avesse preso la sorprendente capacità di scomparire, come sorta di entità irreale, frutto di pazzia o sonno o…
Di nuovo Oscar sgusciò fuori dalla catapecchia.
Lo sguardo si colmò della pallida scala dei colori riflessi nelle nuvole trasparenti imperlate di raggi d'un sole morente che scivolava via, inghiottito dalla distesa bianca, coltre morbida graffiata da scheletri di querce, larici, abeti incendiati d'un rosso ormai deserto anch'esso.
La suggestione del paesaggio immenso che lo sguardo non riusciva a contenere, via via avvolto dalla nebbia che a poco a poco iniziava a salire dalla terra e dalle rocce, imperlate di ghiaccio e di gelo franoso, inondò la vista.
Era il tramonto dunque, non l'alba.
A ovest gli ultimi chiarori aggrappati alla terra. all'opposto, l'ascesa dell'infantile pietra giallognola, brillante spicchio, netto, ampio, quasi estraneo alla distesa cerulea e fredda ma amalgamato al paesaggio e capace di orientare i passi.
Prese a camminare…
Il respiro appannava la vista, di nuovo, il corpo era come impietrito dal freddo.
Piangeva…
Di freddo o rabbia, poco importava. Era sola, di nuovo.
Nella testa rimbombavano le mille domande che gli aveva sbattuto in faccia, ficcate dentro la corsa sfrenata che li aveva visti assieme, a sfuggire alla valanga di neve.
Oscar si risentì con se stessa.
Era stata sciocca.
Se lui era fuggito dalla Francia, se davvero la trama della Storia che lei aveva scorto nell'assenza dell'altro riportava al desiderio assoluto di sottrarsi alla sofferenza, sarebbe stato inutile chiedergli conto di ciò che era accaduto nel passato.
Osservò l'astro nascente che piano piano colmava l'oscuro manto del cielo d'una luce bluastra e fredda.
In quell'istante, di colpo, come folgorata da una delle saette che avevano accompagnato la tetra discesa verso l'ignoto, ammise che non le sarebbe importato sapere chi fosse lui, né chi fosse stato.
In quell'istante il cuore planò piano sull'assurda e illogica e sconvolgente ammissione – che per lei tutto era ormai sconvolgente – che in realtà quel viaggio fosse stato compiuto per ritrovare lui e così se stessa.
E anche se adesso era sola, la solitudine invadeva l'anima e lei si accorgeva di esistere anche in essa, nel senso misterioso, opaco e sottile del nulla che circondava il tutto.
Sola…
Le loro esistenze s'erano scompaginate…
Un solo istante differente da ciò che entrambi avrebbero vissuto aveva recato con sé l'inevitabile crollo del castello di carte su cui era appoggiata la loro stessa Storia.
Mî – ka – El…
Chi è come Dio?
Nessuno può essere come Dio…
Solo chi avesse tale ambizione d'animo da immaginarsi di possedere in sé una potenza che non ha paragoni umani potrebbe essere come Dio.
Dio, Roccia…
Lei non possedeva saldezza.
Istintivamente aveva pensato di poterla almeno governare, se non possedere.
No, lei era fallace, errava, ma in quel momento nulla più importava degli errori commessi, dei giudizi avventati, della realtà che si celava dietro alla Storia.
I passi avanzavano verso il niente…
Questa volta non era più sperone di roccia ammantato di madreperla, intinta in un cielo lavanda…
Questa volta era niente più che respiro affannato s'un manto di neve immacolato, puro, infinito…
Questa volta era il sottile rumore della gola che gorgogliava fatica e il battito rapido del cuore stupito, le palpebre sbattute per rimirare il fuoco del paesaggio.
Niente.
André pareva scomparso.
Andrè…
Il nome ripetuto come nenia a cucire i passi sull'immaginario sentiero che l'avrebbe riportata a lui.
Niente e nessuno…
Oscar si avvide ch'era ormai buio e che avrebbe rischiato di gelare là fuori, vestita solo d'una tela grezza e stivali ormai rabberciati e malconci.
Decise di tornare indietro, sconfitta e furiosa.
Non era mai accaduto di ritrovarsi così inetta e inutile, senza una Storia a cui appartenere.
Nella solitudine che piombava addosso con la stessa consistenza ovattata della luce lunare, il corpo prese a tendersi, come attratto dal calore pieno d'un gesto, d'un abbraccio.
Nel silenzio che ammantava persino il respiro, la mente si colmò di movimenti immaginari, che lei si ficcò in essi come unica fonte di sopravvivenza.
Stremata si chiuse la porta della catapecchia alle spalle.
Il fuoco era ancora acceso ma prossimo a languire così s'affrettò a portare altra legna, attizzare i piccoli ceppi e i rami.
S'accorse che erano ben asciutti, schioccavano guizzanti, inconsapevoli d'esser avvinti in fretta e timorosi di morire con troppo facilità.
Tutto dunque pareva essere stato predisposto da tempo, come se quel luogo non fosse stato rifugio improvvisato per sfuggire a una improvvida valanga, ma ricovero designato per chissà quale necessità.
La mente ormai accaldata lavorava senza sosta…
Le domande tornavano ad affacciarsi.
Le ricacciò indietro.
Il corpo rabbrividì, segno che la veloce camminata aveva minato nuovamente la salute precaria.
Si cacciò sotto le coperte, di fronte al fuoco.
Se André non era davvero André, chiunque fosse stato quell'altro – quello che somigliava ad André - non avrebbe avuto disegno o intenzione di tornare e se così fosse accaduto, lei sarebbe morta, prima o poi, di freddo e di fame.
§§§
L'usignolo spiegò il suo delizioso pigolare...
Baruffe di neve grondarono dai rami…
Il fuoco era quasi spento…
Fece per alzarsi…
Si ritrovò cacciata giù che tutto bruciava e a mala pena riusciva a respirare.
"Non muoverti…credo tu abbia la febbre. Non sarai per caso uscita?".
Le domande scorticarono la coscienza…
Sorprendente accostamento tra la quiete della notte – ch'era notte evidentemente – e la presenza dell'altro.
André era lì, su di lei, come apparso dal nulla, la mano ad accarezzare la fronte che bruciava…
"Davvero sei uscita?" – chiese – "Di nuovo?!".
"E davvero tu sei sparito…di nuovo!?".
L'alterco era drammatico ma stanco…
Come a dire che lei era sgusciata fuori e che la colpa era dell'altro che scompariva sempre.
Come a dire che se l'altro fosse rimasto lì, nulla sarebbe accaduto.
L'abile caparbietà di riversare la colpa sugli altri…
"Vedo che continui a non aver fede in me" – rimproverò lui appoggiando la pezza fredda sulla fronte.
Un brivido sgretolò i muscoli, Oscar tentò di sottrarsi alla tortura…
"Se fossi rimasta qui…dopo quella corsa…in queste condizioni non potremo andarcene…" – mesto rimprovero – "Resteremo qui. Sei debole…ma che ti è accaduto!? Non rammentavo fossi così cagionevole!".
La mano appoggiata alla fronte…
La mano fredda, la fronte calda…
Strano sollievo…
La chiosa scivolò via, assieme alla poca forza di reagire e ricacciargli nella gola i rimproveri e le domande e tutto quanto era via via inghiottito dalla pochezza del luogo, a mala pena riscaldato dal debole fuoco, arredato con spartana sobrietà.
André si voltò di nuovo, che lei a quel punto non sopportava più di vedere la sua dannata schiena, ma non accettava di scendere a compromessi, non accettava di modulare la sua propria natura a ciò che lui era diventato.
C'era, sopra tutto, l'istintivo fluire del sangue che scorreva nelle vene e pareva incendiarsi, di rabbia, febbre…
Chissà per quale dannato motivo.
L'istinto dettò il gesto, seppur la gola era chiusa, le dita s'avventurarono ad appoggiarsi di nuovo alla schiena dell'altro, adagiandosi come a chiedere di nuovo se l'altro era davvero André.
Non aveva più importanza quale André, l'importante era che fosse lui.
Il tocco si espanse come se le dita avessero chiesto al sangue dell'altro d'incendiarsi, all'agonia di strapparsi, ai muscoli di frantumarsi…
Testa pesante, spalla immobile, sfacelo dell'ego…
Il tocco s'adagiò sulla schiena, il tocco riconosciuto, la mano come l'aveva chiusa nella propria, nel dannato giorno in cui l'aveva sfidata a essere sincera. Non con lui ma con se stessa.
Ad ammettere che non c'era nulla di male se lei si era innamorata di un altro uomo.
Solo che poi quell'uomo non era lui e lui sarebbe impazzito.
E per non impazzire…
E per non farle del male…
E per non amarla più…
E per essere libero e lasciar libera lei…
Lui era partito.
L'aveva lasciata, così, semplicemente, come si lascia un buon amico, come si lascia l'unico luogo ove riposta l'anima.
Ma lei era lì adesso, nemmeno sapeva perché, nemmeno glielo aveva chiesto.
Non lo voleva sapere in realtà, non voleva sapere altro, nemmeno chi fosse la donna che giaceva esausta a terra, vinta dalla febbre e da chissà quale ricerca.
Forse era tornata per vedere il conte…
E se anche fosse venuta in cerca del servo d'un tempo…
Il dannato Inferno morse la coscienza…
Folle sarebbe stato riversarlo su di lei.
Folle sarebbe stato chiedere e metterla alle strette, indurla ad esporsi.
Folle sarebbe stato ripiombare nell'abisso d'un tempo…
C'era che lui era stanco. Aveva sete, aveva fame, aveva sonno…
Voleva respirare e vivere…
Si voltò…
Senza una parola sollevò il mantello di coperte che la teneva al caldo.
Oscar si sorprese, il brivido frantumò il respiro infranto contro i muscoli che si ritrovarono un istante dopo accanto all'altro, disteso accanto.
S'avvicinò André, alla fronte, con la fronte, che il tocco scivolò tiepido attraverso i muscoli, innervandosi nelle dita, confondendo le viscere, aggrovigliando pensieri erranti che, come d'incanto, ritrovavano senso e certezza.
La guardò, che la faccia dell'altra quasi s'incendiò di febbrile stupore, che lo stupore del gesto scadde repentinamente nello stupore del placido abbraccio.
Nessuna parola se non l'istintivo adeguarsi al corpo di lui, l'adagiarsi entro la coltre forte delle braccia, rannicchiata contro il petto ad ascoltare il battito del cuore.
Era il suo battito che ascoltava oppure il proprio…
S'assopì dunque libera d'abbassare la guardia, ammettere la resa e al tempo stesso bearsi d'esser lì, come avesse finalmente raggiunto una sorta di casa, la propria, liquide pareti d'ascensionali cascate, equilibrio saldo che pure le pareva d'essere sul ciglio d'un burrone.
Crepitava il sangue…
S'innalzava la smania d'abbracciarlo…
Alla fine le braccia scorsero ai fianchi, d'istinto, come fosse giusto, scontato, innato. Da rannicchiato e freddo il corpo prese ad aprirsi, sgranando battito dopo battito, inanellandosi alla resa dell'altro che s'arrendeva a lei.
Nessuno dei due sapeva più chi fosse l'altro…
Nessuno dei due era più colui ch'era stato nell'antica vita, nella statica Storia già scritta.
Ma qualsiasi Storia fosse stata, loro erano lì…
André ascoltò il lento incedere dell'abbraccio…
Disteso, provò istintiva vergogna in ascolto del corpo che impazziva, a poco a poco, della mente disgregarsi e la coscienza sussultare.
Disteso, come ulivo che si lascia risalire dall'edera più velenosa, ben sapendo ch'essa lo annienterà, s'accorse di non avere paura.
Non aveva paura di amare e lasciarsi amare…
Sarebbe morto…
Lei l'avrebbe soffocato col suo abbraccio…
S'accorse che l'istinto guidava la resa mentre la coscienza non aveva più astio a rincorrere l'Inferno, a tenerlo lì, come scudo contro il mondo, alibi contro se stesso e la propria naufragata fuga.
Fece ciò che avrebbe voluto fare allora…
Le labbra s'appoggiarono alla fronte, le mani scostarono la frangia appiccicata di febbre e sudore.
Baciò piano il minerale sentore…
Baciò piano la piana curvatura della fronte liscia e pallida…
Nel buio, entro lo scintillare vacuo di mille febbricitanti stelle, ricamate di mille raggi di mezza luna, l'ultimo rimprovero, il più severo e il più lieve – "E se tu la smettessi di andartene sempre…" – balbettò mentre il sonno raccoglieva i muscoli stanchi e la distruzione dell'animo.
"Si" – si arrese André accarezzando con i pollici le guance un poco fredde, per scaldarle, per ricordarle – "Domani…".
"Resterai?" – un mugugno, occhi chiusi…
"Resterò!" – languida ammissione.
§§§
Rimase davvero André. Finalmente…
Anche se al risveglio non le era accanto e nemmeno lo scorse all'interno della capannetta.
Uno sbuffo, per poco non lo maledisse di nuovo, che di nuovo l'antro era vuoto e come Ulisse in balia di quel sacripante di Polifemo, chiusa dentro la caverna, ostaggio d'un evanescente pietra che da sola non sarebbe mai riuscita a scostare.
Ma voleva davvero poi, scostare quella pietra e scappar via!?
Udì lo schianto secco di un'ascia, di fuori, mescolato allo sfarinare freddo della neve che frullava da rami e fronde secche, recise dall'acciaio.
Dunque l'altro era uscito ma era lì, poco distante, indaffarato a procurar la sopravvivenza a lei o forse a entrambi.
Oscar richiuse gli occhi, smaccatamente rinfrancata dallo scenario, instupidita dall'assurda beatitudine che orchestrava l'ondeggiare tranquillo della coscienza.
Si rannicchiò ancora più sotto la coltre calda, le mani strette a sé, le dita inanellate come per scansare da sé l'inusitato ardore dei sensi.
Forse era la febbre, forse era il luogo, forse era follia d'essere lì, lontana da tutto ciò ch'era il suo mondo, cacciata dentro uno scenario naturale, selvaggio, puro…
Voi ad esempio! Invece che ammaestrare la vostra bellezza ed il vostro intelletto attraverso l'etichetta più rigida e le buone maniere e la musica ed il canto e la danza e la lettura…ed il vostro corpo abbellito da sottane e merletti e broccati…proprio come è stato fatto con questi giardini…voi siete finita dentro un'uniforme…forse un'ambigua scelta per chi l'ha ideata…
Perdonate…so che la decisione è stata di vostro padre…non vorrei vi foste offesa…ma ciò che intendevo…la vostra natura adesso è chiusa dentro questa uniforme…fino a quando…
Perdonate mademoiselle…fino a quando la vostra vera natura interverrà per ribellarsi e rivelarvi chi siete?!
La tua vera natura?
Chi sei?
Oltre a chiamarti Oscar François de Jarjayes…
Chi sei davvero?
Il cuore sussultò…
Com'era possibile che André avesse finito per scavare un tale solco nella memoria dei suoi gesti, delle sue abitudini, della sua vita!?
La tua vera natura…
Là sotto, coperta e nuda, sola e in pace, ascoltò la rabbia scemare lentamente…
Un respiro fondo…
Ascoltò i polmoni colmarsi del senso di sé…
Un altro respiro fondo…
Ascoltò le viscere aprirsi, il sesso pulsare, la vertigine ondeggiare tra le dita…
Ascoltò l'aria fredda risucchiata in gola, lambire le labbra…
Quel giorno rimase ferma, immobile, muta, quasi morta, colma del solo frusciare del vento, dell'odore d'aria gelata, di legna bruciata, del calore che lambiva la pelle, dei rumori domestici di vasellame scostato e pelli riassettate.
Non volle comprendere nulla, non chiese nulla…
Oscar sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo, scardinare il silenzio, il vuoto, e colmarlo della verità.
La sua preziosa e sacrosanta verità, quella che aveva sempre guidato i gesti, anche i più oscuri e silenziosi, orientato i pensieri più sordi e severi, anche se poi era stata impossibile da perseguire.
Dormì…
Tutto il giorno.
Dormì e attese.
Beandosi dell'attesa, immaginandosi come una specie di mocciosa che vive il tempo che la separa dal sussulto del cuore, dallo stupore dell'ignoto, dalla sorda gioia d'una vaga piacevolezza.
Attese e di nuovo quella notte si ritrovò abbracciata a lui, in ascolto del muto fluire del respiro, del ritmato incedere del cuore.
Senza parole e senza gesti, a poco a poco, una verità differente e disarmante andava a colmare il buio, insinuandosi nelle pieghe dei giorni passati, vacui e vuoti, delle domande a cui non aveva avuto risposta.
Una carezza…
Ascoltò una carezza sulla fronte ma non volle aprire gli occhi.
Non fingeva di dormire, anche se non dormiva.
Non lì aprì - come sarebbe stato un tempo, quando l'imposizione d'esser vigile e presente avrebbe dettato di spalancare la vista, incrociare e disarmare il dannato avversario – come a condurre la carezza ad ammansire e carezzare la vera natura, rivelandola, risvegliandola, attirandola verso l'alto, verso la sempre più splendente e sorprendente leggerezza dell'essere niente.
Però poi, alla fine, dovette aprire gli occhi.
Un respiro fondo, si mise seduta, imbacuccata sotto la coltre di coperte e pellicce.
Gli occhi straniti attraversarono l'antro vuoto rischiarato dal fuoco ben alimentato, fissando il paiolo ove ribolliva la solita mistura, indi lo sguardo scorse ad un paio di fette di pane appoggiate sopra una ruvida tovaglia di tela…
Tre noci…
Che…
Tre noci appoggiate sopra un pezzo di carta…
Tornerò presto. Ti lascio in compagnia…
"Dannato…" – il cuore sobbalzò rammentando la carezza che dunque non era tale bensì una specie di silenzioso saluto – "Bugiardo!".
Come l'altro fosse stato lì, l'appellativo quasi gridato addosso a colui che non c'era, rimbombò nella povera stanzetta.
Nessuno rispose.
La eco dell'imprecazione si perse, che lei si lasciò cullare dal suono lontano, chiuse gli occhi, che adesso non le importava altro, né di sapere, né il perché, né cosa fosse accaduto.
Si ritrovò inspiegabilmente confusa, disorientata, messa in ridicolo, furiosa, a stento incapace di trattenere le lacrime, perché si sentiva stupida.
E per quell'idiota ne aveva già versate a sufficienza!
André se n'era andato, un'altra volta.
André non era degno della sua paura, della sua rabbia…
A mala pena aveva iniziato a comprendere che lui non era morto…
Che non era morto a causa sua.
Che però era partito dalla Francia, ch'era fuggito…
Si strinse addosso le luride coperte.
André era fuggito per causa sua ma non era ancora stata capace di chiedergli il motivo, di metterlo con le spalle al muro.
Adesso aveva paura.
Era già accaduto che lui sparisse e ogni volta il cuore aveva smesso di battere, che se André non fosse più tornato…
Non avrebbe più saputo nulla e soprattutto non avrebbe mai compreso se lei fosse stata davvero…
Quella donna…
Non una donna qualsiasi…
Non una donna incontrata chissà dove…
Era lei?
Avrebbe voluto esserlo!?
La coscienza ondeggiò colpita da ciò che non aveva né forma, né nome, né sostanza, né contorno…
Amore mutava, via via da anonima parola letta, sussurrata, disprezzata, derisa, entro una consistenza in divenire, entro la fulgida tensione temporale, non un tempo qualsiasi, ma quello della separazione, istanti morsi ad uno ad uno, uno dopo l'altro, rintocchi via via sempre più fondi e dolorosi.
Il Tempo della separazione dettava il Tempo dell'unione.
Non il contrario…
André aveva scompaginato i destini. Se lui non se ne fosse andato, se la loro Storia fosse stata quella predestinata…
Lei…
Lei avrebbe mai avuto coraggio di rivolgere lo sguardo verso André?
André era stato egoista!
S'era sottratto e per sottrazione aveva finito per diventare unico pensiero!
Si massaggiò le tempie.
Gli occhi scorsero al lascito del bellimbusto…
Tre noci…
Che ci faccio con tre noci?
Le afferrò, quasi le avrebbe scagliate contro il fuoco, poi prese a girarle e rigirarle entro il palmo della mano sinistra, che il movimento indusse a risvegliare la fatica del braccio intorpidito.
Un sussulto…
Ecco a cosa sarebbero servite…
Appoggiato accanto, c'era il guanto di cuoio indossato dall'altro, assieme a una sorta di piccolo tascapane, un poco gonfio.
Il dubbio…
Ritagli di carne emanarono minerale sentore di sangue.
Come ci sarebbe riuscita…
Si rivestì in fretta, infilò il guanto nella mano sinistra, di fuori…
Prese a cercare con gli occhi entro la distesa innevata di fresco, che nemmeno s'intuivano più le orme dell'altro che doveva essere uscito molto presto quel mattino e dopo aveva ripreso a nevicare e chissà dov'era andato e sempre più opprimente nel petto s'allargava la sensazione che non sarebbe tornato molto presto.
Cercò…
Decise di alzare il braccio…
Stupita…
Non sapeva che fare, non sapeva quale fosse il richiamo giusto.
Chiuse le dita, il pugno esibito con timore e stupore…
Alla fine non ebbe necessità di far nulla.
Un richiamo, come se in realtà la Natura sapesse già d'essere padrona di volontà e gesti…
Si voltò e scorse la bestiola sbucare dalla coltre di nebbia, disegnando una rapida sterzata pochi pollici…
L'animale virò vistosamente per scomparire e poi ricomparire pochi istanti dopo, planando verso di lei.
Scartò di nuovo…
Non riconosceva la figura evidentemente, mentre Oscar non conosceva l'animale.
Attese…
Il braccio alzato…
Lo sguardo a cercare l'animale che comparve di nuovo, solcando adesso uno spazio sempre più esiguo, come ad accertarsi che in realtà colei che stava là in basso non rappresentava alcun pericolo.
Attese…
Il viso scostato a pulirsi lacrime di freddo che oscuravano la vista…
Attese…
D'incanto intuì il leggero sbalzo del peso piumato sul braccio, il formicolare degli artigli sul cuoio, lo stridio cacciato a recriminare sull'ignota presenza o forse sull'assenza di colui ch'era meglio conosciuto.
Lo sguardo si voltò a osservare la pupilla vitrea e scura del falco che la osservava, la livrea gonfia e lucente, ritto, in guardia eppure fiducioso…
La sinistra lasciò le noci e scorse ad accarezzare il piumaggio bruciato, d'istinto.
L'animale scansò la mano, agitando le ali, scostandosi sul guanto, indispettito dall'insolita benevolenza.
"Non so che abitudini tu abbia, ma mi sa che siamo molto simili noi due" – disse piano, ammettendo che la bestiola restava pur sempre un animale selvatico.
La vera natura…
Oscar allungò la ricompensa, un pezzetto di carne che il falco gradì, ricambiando con severa sobrietà, una specie di fischio.
L'amicizia non era né salda, né duratura…
Il falco si staccò dal braccio, spiegando le ali, allontanandosi, virando verso l'alto, scomparendo nella nebbia di nuovo.
"No. Forse sei come André. Incatenato alla sua stessa natura da cui non può sfuggire. Sei libero ma in fondo non lo sei. Lui ha tentato di sfuggire al suo destino ma non c'è riuscito! E forse non ci riuscirà mai".
Si ritrovò sola.
Il chiarore innevato mescolato all'opaca nebbia ostruiva la visuale e gettava l'esistenza nelle oscure braccia del silenzio.
Il silenzio adesso scorreva addosso, nelle vene, mescolato al sangue…
Dunque adesso, il silenzio esisteva.
"E nemmeno io!".
§§§
Il fuoco crepitava alto, le lingue s'agitavano, ingigantite dalla materia asciutta e rossa divorata dalle fiamme, verso il cielo, ondeggiando nel buio freddo della notte imperlata di stelle.
La luna era appesa lassù, strano cerchio bianco e freddo, a dirigere i pensieri e i gesti.
André gettò un ceppo nel falò che irradiava luce e calore avanti a sé.
"Come stai?".
"Meglio".
"Si, all'apparenza lo sembri. Il tuo volto pare più disteso ma la tua mente non è qui".
"La mia mente è altrove è vero, Sto cercando di guarire ma non riesco ad accettare di essere malato".
"Né tu e nemmeno colei che ti sei portato appresso".
Un respiro fondo…
André guardò la silenziosa interlocutrice, un'anziana donna indiana che compì lo stesso gesto dell'altro, gettando altri due ceppi tagliati entro le fiamme, assieme ad alcuni ramoscelli di fogliame secco che sprigionarono un sentore aspro e pungente, brioso e fresco, allargandosi nell'aria a colmare il freddo di calma e rassegnazione.
"Ebbene, se riuscirai a guarire la tua mente…e il suo cuore…il corpo avrà più possibilità di risollevarsi. Non siamo solo il nostro braccio o le nostre gambe Siamo il nostro braccio e le nostre gambe condotte a esserlo dalla mente che decide il gesto e dà ad esso il senso, e dal cuore che dà ad esso la forza".
André rimase impassibile alle parole dell'altra, la mente chiusa, il dissesto del cuore rimbombava incapace di guarire e arrendersi alla vita che proseguiva.
Arrendersi al passato, arrendersi a lei, che gli era tornata davanti, prepotente come lo era sempre stata Oscar François de Jarjayes. E lui ci aveva provato a spingerla via ma era difficile staccare da se stessi una parte di se stessi.
L'aveva lasciata di nuovo.
Era giunto da poco allo sperduto villaggio che distava dieci miglia ad ovest, ancora più lontano dalla sperduta catapecchia ove si trovava lei, ancora più lontano da Northampton, Fort Awegen, New York, Parigi.
L'aveva lasciata di nuovo…
"Che intendi fare?" – la domanda eruppe, scivolando come lama gelida sopra le lingue rosse, il timbro severo d'un giovane uomo – "Noi ti abbiamo aiutato ma la sua presenza è un pericolo per noi. Quella donna è francese mentre noi combattiamo assieme agl'inglesi".
La chiosa rovesciata addosso s'abbatté sulla calma rassegnazione. Più che una richiesta un atto d'accusa, l'ombra scura di Yellow Jacket incombeva sul fuoco e sul destino.
"Sei sempre stato troppo irruento!" – rimproverò la vecchia Shani, il fuoco che balzava entro le pupille malva a riversare sdegno contro l'altro – "Sai che la nostra gente non ha mai usato la guerra per imporre decisioni!".
"Ebbene con noi l'hanno fatto!" – ribatté Isi, l'altro giovane indiano – "Ci hanno obbligato. Ci hanno rinchiuso come bestie! Qui, in queste terre. La guerra ci è stata imposta!".
"Voi mi avete dato fiducia" – sibilò André severo – "Ma io non tradirò la sua".
"Ebbene" – Yellow Jacket si alzò – "E' così che provi riconoscenza per ciò che abbiamo fatto? Senza di noi saresti morto!".
"Lo so".
"E dunque lui è vivo" – s'indignò Shani, la voce intensa e imperiosa a mettere a tacere l'irruenza del giovani indiani – "E noi dobbiamo ringraziare che lui lo sia! Quando lo avete salvato, avete fatto ciò ch'era giusto. Nulla più di ciò che ci è stato insegnato. La nostra ricompensa è la sua vita e la rettitudine che ci ha sempre riservato. Tradire una persona, come potrebbe un tradimento esser degno di paragonarsi alla vita che voi avete salvato!? Non gli abbiamo salvato la vita perché lui finisse per essere un traditore. Nemmeno per favorire noi!".
"Shani, non comprendi…" – rincarò Isi…
"Osi forse discutere con me!? Osi mettere in dubbio che le mie parole siano il frutto di una incomprensione!?".
"No…perdona…ma…" – abbozzò l'indiano intuendo di non avere abbastanza ascendente per mettere in discussione la parola di colei che guidava le famiglie che si erano ritrovate lì, giunte dai villaggi vicini, intenzionate ad accettare la pace, seppure mai più entro la stessa vita ch'era stata condotta fino ad allora, fin dalla notte dei tempi più antichi.
Shani era la loro guida…
Una donna…
Erano giunti nell'alba di una nuova era e non era ancora certo come le loro voci sarebbero state in grado d'esserne consapevoli e di continuare ad attraversare i tempi che sarebbero arrivati.
"Io non la tradirò!" – replicò André, la voce spezzata e sprezzante, di sé e delle richieste, intenzionato a non arretrare.
"E allora sei un pazzo e un ingrato! Non sto dicendo che devi ucciderla!" - sputò Yellow Jacket, che André smise di respirare, i pugni stretti, il corpo imploso entro lo scenario, ch'era ciò che sarebbe potuto accadere…
Lui certo non l'avrebbe mai fatto ma sapeva che altri…
"Sto dicendo che i francesi non l'hanno creduta morta. La stanno cercando"– continuò Yellow Jacket – "E allora, prima che la trovino, prima che vengano a dire che siamo stati noi a tenerla prigioniera…lei potrebbe servire a liberare i nostri compagni. Lei in cambio di loro. Non pensi a quelli che sono stati presi dai francesi e catturati!? Sono vivi…lo sappiamo…ma i francesi non renderanno mai loro la libertà. Ecco come potresti ripagare la riconoscenza che ci devi!".
Nel silenzio…
Nel crepitare del fuoco…
Dal giorno in cui lui era morto aveva pensato di non rivederla mai più.
Dal giorno in cui era morto non avrebbe mai immaginato che lei sarebbe arrivata sin lì. Non aveva voluto sapere perché, anche se poteva essere perché lei voleva rivedere Fersen.
Eppure…
Tornare avrebbe significato ripristinare i ruoli di un tempo.
Tornare avrebbe significato ridiventare lui servo e lei contessa.
Tornare avrebbe significato stare di nuovo mezzo passo dietro a Oscar François de Jarjayes e dunque vivere da lei lontanissimo.
"La guerra si concluderà presto" – abbozzò laconico André – "I francesi hanno sempre avuto in animo di restare in pace con le tribù indiane"
"Sei un illuso! E tu credi che i francesi libereranno quelli di noi che hanno tentato di ammazzarli!? I francesi sono uguali agl'inglesi e ai coloni! A loro non importa nulla di noi! Perché aspettare dunque? Che t'importa di quella!? E' salva, ed è tutto ciò a cui potresti ambire!" – contestò Yellow Jacket cinico.
André impallidì e il cuore prese a battere disarmonico e disastrato.
Oscar era un ostaggio a tutti gli effetti.
Solo che adesso non era certo lo fosse solo per via della guerra che opponeva gl'inglesi ai francesi…
Che adesso…
André strinse i pugni…
Adesso lui davvero l'avrebbe voluta per sé. Avrebbe desiderato averla accanto, semplicemente.
Vivere lontano, vivere in silenzio.
Solo così lui avrebbe potuto amarla e illudersi che anche lei l'avrebbe amato.
Ma, di fatto, lei era prigioniera…
Libera ma prigioniera!
Non avrebbe mai potuto amarla in Francia ma lì…
"Ho sentito che nel vostro paese…in Francia…" – sibilò Isi cinico, provocatorio – "Gli uomini non sono uguali…che strano paese…"
"Stai diventando insolente…" – tentò di riportarlo all'ordine Shani che però doveva ammettere che la strana storia aveva inquietato anche lei.
"Shani, quest'uomo è francese" – si ribellò Isi – "I francesi combattono al fianco degli americani per la libertà dei coloni…eppure…nel suo paese gli uomini non sono liberi! Mi hanno raccontato che uno come André non potrebbe mai sposarsi con una donna che non gli fosse pari, neanche se lui l'amasse. Uno come lui dovrebbe chiedere il permesso per sposarsi…al loro re!".
"Anche tu l'hai fatto! – schioccò l'altra sarcastica – "Anche tu hai chiesto il permesso al padre di tua moglie…".
"Non è uguale! Ho chiesto il permesso…ma ho potuto farlo. Ho dimostrato di amare mia moglie e questo, solo questo, è stato sufficiente. Lui potrebbe mai farlo!? Basterebbe il suo amore…per consentirgli di sposare quella donna!? Che ne sarebbe di lei se finisse per ritrovarsi al fianco un uomo che non è uguale a lei?!" – affondò l'indiano sempre più furioso – "Che strana storia…come se un nome facesse di un uomo ciò che è…e non invece il suo rispetto per la donna che ama!? Dunque…a cos'altro potrebbe ambire lui se non a aver salvato la vita a quella donna!? E perché non riportarla indietro per salvare i nostri fratelli!?".
André rimase in silenzio.
La questione del rango strideva adesso.
Ora che liberamente l'aveva abbracciata e baciata e stretta a sé, come fossero lui un uomo qualunque e lei una donna qualsiasi.
Liberi…
Uguali e dunque diversi…
Ma poi no, che il rango finiva per apparire come una sorta di bolla di sapone prossima a sciogliersi e a disperdersi nell'aria.
Cosa poteva mai essere il rango di fronte al rifiuto di una donna!?
Oscar non lo amava, non l'aveva mai amato e dunque…
Perché tenerla ancora lì…
"E' chiaro" – insinuò Isi – "Tu le vuoi bene. La vuoi qui! Qui voi siete liberi. Lei qui non è che una donna francese. Non è come li chiamate voi…una nobile. E tu non sei un servo. E qui quella non s'atteggia come un uomo…".
"Non sai nulla di lei!" – sferzò André…
"So quello che ho visto. L'ho condotta qui da New York. E' stata coraggiosa. Ha fatto di tutto per sfuggire agli inglesi ma credo che quella sarebbe così anche se non s'atteggiasse a esser uomo…".
André interrogò l'altro, muto…
Quello tacque, che tanto era evidente che la donna con cui avevano a che fare fosse alquanto diversa dalle altre donne.
"Eppure, qui siete uguali ma se lei tornasse indietro, se tornasse nel suo paese…".
Negò André, come a scacciare la furiosa conclusione.
Strideva ammettere che adesso davvero lui la voleva lì, con sé.
Prigioniera d'una specie di sogno che languiva da anni nelle viscere, lontana dalle astruse regole del rango e della dannata civiltà francese.
Diversa e altra da colei che si chiamava Oscar François de Jarjayes…
Era difficile da comprendere…
"Immagino che tu abbia chiesto il permesso di sposare tua moglie sapendo che lei ti amava…e che dunque anche lei fosse d'accordo e ti avrebbe sposato!?" – obiettò André –"Dunque…non basta che io possa chiedere ad una donna di sposarmi…dovrebbe esser anche lei a volerlo! E dunque…non la terrò qui per sempre…non la terrò qui perché…".
Mando giù André…
Fiele…
Perché s'innamori di me…
"Io non posso tenere qui nessuno" – concluse severo – "Nemmeno lei. Lei è libera".
Lei è libera da me…
"Tu no però!" – rimproverò l'altro che invece voleva tenere in piedi la questione del rango, che un uomo che non aveva mai sentito parlare di rango, proprio non aveva idea di come si potesse accettarlo, distinguere gli uomini in forza del rango – "Dopo essere guarito…non sei tornato al tuo esercito! Perché? Forse perché lontano dalla tua terra…solo lontano da tuo re…tu sei davvero un uomo libero!?".
"Non lo sono" - sibilò André stravolto – "E tu forse non sai cosa sia davvero la libertà!".
Lei è libera da me, io non sono libero da lei…
"Non vuoi più combattere dunque per il tuo re!?" – contestò Isi – "Nel tuo paese…si giura fedeltà al re…anche gl'inglesi lo fanno con il loro re…e tu!?".
Che dannazione era il sentore della libertà!
Aveva lo stesso intenso aroma della sua pelle…
Aveva lo stesso sensuale turgore dei suoi seni piccoli…
Aveva lo stesso languido struggimento d'un bacio respirato dalle sue labbra…
Ed era il passo, uno dietro l'altro, che consentiva di condurre ovunque o di restare dove il cuore avesse desiderio di metter radici.
Ed era la parola che reclamava rispetto, così come il suggello del silenzio.
Ed era il volto di un uomo, vestito di stracci oppure merletti, che avrebbe potuto essere chiunque avesse voluto, per sua sola e unica scelta.
Ed era l'odore d'acqua marcia della Senna, del fragrante pane di Saint Antoine, dei rintocchi di Notre Dame a mezzogiorno, degli strepiti delle pescivendole a Les Halles…
Tutto era libertà e tutto era al tempo stesso devastante oppressione.
Perché ciascun uomo e ciascuna donna non avrebbero mai potuto essere liberi di decidere chi essere e quando essere…
E persino quando non essere…
E se anche un re gli avesse mai consentito di sposarsi…
E se anche se un re gli avesse mai accordato la libertà di scegliere chi essere…
Essa non avrebbe mai avuto quel sentore e quell'aroma e quel languido struggimento d'essere lui stesso libero perché uomo e non per concessione d'altri.
"Non potrei più giurare fedeltà a nessun re…" – ammise piano André, i sensi implodevano nella voragine ch'era rottura definitiva col passato – "Non so che accadrà al mio paese…so che combatterò perché gli uomini siano liberi, fin dal giorno in cui essi nascono e fino al giorno in cui la vita spirerà dalla loro gola".
Rinnegare la libertà avrebbe significato rinnegare Oscar François de Jarjayes…
"E non perché lo stabilisce un re o una qualsiasi legge. Dunque, anche lei è libera e non potrò mai usarla come merce di scambio…mi dispiace…".
Esplose un ceppo più restio d'altri a lasciarsi martoriare e distruggere dal fuoco.
Mille scintille di luce inondarono il buio, dilatandosi nell'aria calda, attratte in alto dai mille raggi di mezza luna che oziava nel cielo, placida e ridente, a prendersi gioco delle disgrazie umane e delle supponenti chiose sulle verità assolute.
"Non voglio mancarvi di rispetto" – concluse André alzandosi, osservando la vecchia indiana che invece abbozzava un sorrido di grata rassegnazione – "Lei…lei è ciò che mi ha tenuto in vita. Ed è per questo che non sono libero. Non lo sono mai stato. Ho provato ma non è stato possibile. Io non posso fare altro che amarla e allora…anche morire per lei sarà facile…è il mio destino…".
"Allora…l'amerai da uomo libero e morirai per lei da uomo libero…" – concluse Shani alzandosi e porgendo la mano all'altro – "Ma per essere davvero libero dovrai curare anche il suo dolore, assieme al tuo…".
"Resti un pazzo!" – sputò Yellow Jacket scagliando un calcio alla polvere – "E allora dovrai stare attento a lei! La stanno cercando! E se la troveranno, i francesi diranno che siamo stati noi a tenerla prigioniera!".
L'indiano fece un passo…
Guardò quello che forse era diventato un amico ma che in quel momento voleva fare a modo suo e dunque avrebbe potuto non esserlo più. Ma a un amico è sempre consentito fare a modo suo, altrimenti che amicizia sarebbe?!
"Allora tienila lontana da qui, da noi! Tienila lontano dai francesi! Se nessuno la troverà almeno ci lasceranno in pace e non ci riterranno responsabili della sua scomparsa! Tu sarai il solo responsabile! Tu che sei francese! C'è che se un poco l'ho conosciuta, quella non si lascerà tenere prigioniera, né da te, né da nessun altro, e non appena ne avrà l'occasione ti sguscerà via come una serpe di fiume tra le mani…ch'è viscida…si nasconderà e tu non la troveri mai più!".
"Non accadrà!" – sibilò André secco – "Non la lascerò…" - che però le parole morirono in gola.
Come avrebbe fatto a tenerla con sé, come avrebbe fatto a nasconderla…
Una come Oscar François de Jarjayes…
Nessuno ci sarebbe riuscito.
"André ha preso la sua decisione" – ammise Shani – "Dovete rispettarla!".
"Si…magari potrebbe davvero tenerla con sé!" – sputò Jacket canzonatorio e inviperito al tempo stesso da quello che pareva davvero un tradimento – "Visto che l'ami, chissà anche lei potrebbe innamorarsi di te!".
André s'irrigidì…
Era fuggito in capo al mondo proprio per evitare che un qualunque accidente, una qualsiasi condizione - che poi quell'accidente era la sua stessa esistenza - s'imponesse a lei e lei finisse per essere travolta dal suo essere servo, dal suo essere umano non amato…
Come avrebbe potuto imporre un amore attraverso la mancanza di libertà?
Come avrebbe potuto rivelare il proprio amore a una donna che non era libera di accoglierlo liberamente?
"Una donna per amore sarebbe capace di tutto…anche fingere di non esser davvero prigioniera!" – sospirò ironico Isi – "Anche fingere di voler esser lei a restare o forse a desiderarlo per davvero!".
Lo scenario scivolava verso il baratro…
Usare persino l'amore per distogliere le truppe francesi dal luogo ove era finita Oscar François de Jarjayes, prigioniera o meno…
Anche Isi alla fine si alzò, scostandosi sdegnato dell'esito fallimentare dell'incontro.
Alle spalle passi lievi e opachi avanzarono sino al gruppo ch'era ancora accanto al fuoco.
Era ormai buio ed era freddo ma il grande fuoco illuminava il cerchio di vita colmo di calore.
Un nugolo di mocciosi, le facce tonde, i capelli intrecciati s'avvicinò trepidante assieme ad alcune giovani donne.
Una di esse andò a sfiorare la mano del giovane indiano colmo di rabbia.
Il gesto ammansì la smania…
Isi si voltò a osservare la giovane. Le fronti si sfiorarono, così la guancia contro la guancia.
André comprese che la giovane donna era la moglie di Isi.
L'immagine un poco offuscata dal fumo s'impresse alla vista, rivelando l'intesa sensuale e intensa.
I mocciosi si fecero attorno a Shani e un paio alzarono le faccette verso l'ospite che a sua volta abbassò lo sguardo. Quelli sorrisero sdentati e furbi.
Il cuore s'allargò un poco alla vista della vita che scorreva placida e senz'altri intenti che scorrere semplicemente.
Intensamente…
André provò invidia…
"Shani…ci racconti una storia!?" – abbozzò un moccioso che pareva essere quello che teneva le redini della combriccola.
"Con piacere…" – annuì la vecchia – "Ma non qui…fa troppo freddo…rientriamo. Abbiamo un ospite…perché non chiediamo a lui se conosce qualche bella storia…".
André fece una faccia strana…
Che diavolo di storia avrebbe mai potuto conoscere!?
"Io…non so…" – prese a schernirsi…
"Mio giovane soldato, che ne dite di raccontarci la storia di una giovane guerriera!? Sono sicura che sapreste trovare le parole giuste" – sorrise Shani, facendo segno ai bambini d'avviarsi e disporsi con ordine attorno al braciere che avrebbe scaldato le immagini e illuminato la grandiosa epopea – "Mi hanno raccontato che avete conosciuto una giovane guerriera che è capace di ammaestrare la luce e il buio e il fuoco?".
André rimase in silenzio…
Una degna descrizione…
Il gruppetto di mocciosi prese ad avviarsi tra risatine e strilli d'emozione ed entusiasmo.
Solo una persona rimase ferma, immobile ad osservare l'ospite.
"André?!" – il nome ripetuto, come a imprimersi il timbro conosciuto per chissà quale ragione.
Shani osservò la giovane che sbarrava la strada…
"André!" – sussurrò di nuovo quella, mentre il chiarore del fuoco illuminava il volto.
Lua Pietra Incandescente conosceva i protagonisti della storia in cui la propria vita era rimasta impigliata, come un passero inerme entro la rete d'uno scaltro bracconiere.
Li conosceva tutti tranne uno. E anche se forse le era accaduto di scorgerlo, da lontano, mezzo passo dietro alla donna che indossava l'uniforme, solo una volta, in quella reggia ricolma di fiori e fontane splendenti e uccelli piumati e dame che s'atteggiavano a pavoni, poi quello era sparito, non s'era più visto, e adesso le pareva davvero che fosse lui, lì, mille miglia lontano dalla Francia, illuminato dall'aspro fumo del fuoco giallo e dai mille raggi di mezza luna che penzolava giù, appesa al manto buio del cielo.
André si mosse, andando a osservare la giovane. Non rammentava d'averla mai vista dunque non comprendeva come fosse che l'altra pareva conoscerlo.
Ma era possibile che quella l'avesse incrociato quando era stato accolto…
"Vattene!" – saltò su Isi afferrando la giovane per un braccio…
L'altra rimase ferma…
Poi fece un passo indietro, come per scomparire e chiedere la protezione del buio.
"Chi è?" – chiese André dubbioso.
"E' lei che ha ferito la tua donna. Le ha piantato il pugnale nella spalla" – spiegò Yellow Jacket – "Vai a sapere perché?! Anche lei viene da New York. Hanno viaggiato assieme…e anche lei ha rischiato d'essere ammazzata dai due soldati francesi! Eppure invece che provare a salvarsi, voleva solo ammazzare la tua donna…".
André s'ammutolì davvero…
D'improvviso rammentò d'aver forse scorto la giovane indiana nei giardini di Versailles, di sfuggita, perché subito dopo lui era partito.
Quella dunque era stata in Francia.
"Hai detto che i francesi non credono che lei sia morta…" – domandò André.
"Chi…la tua donna!?" – replicò sarcastico Isi che tanto sapevano entrambi di chi stavano parlando…
"Non è la mia donna!" – sibilò severo André, lo sguardo torvo, il senso d'impotenza di fronte all'evidenza dei fatti, che non era solito parlare di Oscar in quei termini – "Chi…la sta cercando!?".
Un respiro fondo…
Isi guardò di fronte a sé, la giovane moglie lo attendeva, lo sguardo un poco sospeso come avesse intuito che la presenza dell'uomo francese non fosse di buon auspicio.
"Da Northampton, come hai saputo anche tu, pochi giorni dopo l'esplosione dei magazzini di polvere da sparo, è partito un plotone di soldati diretto a sud. Credo che al loro comando ci fosse un ufficiale francese, quello che aveva il comando di Fort Awegen. L'altro invece, quello ch'è giunto da New York è ancora qui…".
"Un ufficiale francese…" – replicò André un poco sulle spine.
"Victor…" – il nome sussurrato giunse alle spalle, imprigionato nella gola della giovane indiana ch'era tornata lì, come attratta dall'uomo che pareva tessere un filo invisibile tra sé e colui che lei amava. Qualunque impercettibile indizio, fosse anche stato che un vago ricordo, sarebbe bastato per imbastire l'ordito che l'avrebbe ricondotta a lui.
"Ho detto…" – Isi le si fece contro per scacciarla…
"Aspetta!" – l'interruppe André che scorse nello sguardo fondo e nero dell'altra lo stesso invisibile filo che riconduceva al passato, entro quel tempo in cui lui l'aveva abbandonata e adesso invece avrebbe voluto comprendere tutto di lei e di come era vissuta e di cosa aveva fatto e di chi aveva avuto accanto – "Lascia che parli con lei…".
Isi abbozzò un severo fa' come vuoi!
Pochi passi e abbandonò le due ombre che parevano appartenere a mostri sgusciati dalla foresta, a combattere mute, colme e colpite solo dalla luce del falò abbracciato ai raggi della beffarda luna.
"Victor…" - disse piano André rivolto a Lua – "Parli di Victor Girodel?".
Annuì l'altra, guardinga come animale ferito, incapace di comprendere se avrebbe potuto fidarsi oppure rivoltarsi e mordere quello ch'era un avversario.
Il semplice fatto che l'uomo francese che aveva di fronte avesse a che fare con quella dannata donna che si vestiva come un uomo e che era stata – e forse lo era ancora – pungolo arrugginito nella testa e nell'intelletto di Victor Clement de Girodel, deponeva per crescente astio verso André Grandier.
Eppure, mescolata al primo, galleggiava l'incerta sensazione che il legame tra Oscar François e l'uomo francese che adesso si trovava davanti a sé fosse talmente intenso e fondo e severo e senza scampo che nulla e nessuno avrebbe potuto scalfirlo, sfibrarlo, spezzarlo, se non forse il bene stesso che i due provavano l'uno per l'altra.
Dunque nemmeno Victor Girodel ci sarebbe mai riuscito.
Quell'uomo invece, quello che Lua aveva di fronte a sé, forse amava così tanto quella donna, che lei sarebbe stata la sua rovina.
E lui sarebbe stato la rovina dell'altra.
Che l'Amore poi alla fine è sempre la rovina di qualcuno!
Dunque, quell'Amore…
Il senso di possesso assoluto…
Il desiderio di esistere nella vita di Victor Girodel in ogni modo, ad ogni costo, ammettendo che mai lei, Lua Pietra Incandescente, avrebbe potuto esser parte viva della vita dell'altro, e che allora il consenso di Victor sarebbe stato tutto ciò a cui avrebbe potuto ambire…
L'unico modo…
Riportargli la donna che l'altro amava…
Un respiro fondo…
Lua fissò l'interlocutore, l'effige riemersa dalla memoria - "L'ho incontrato in Francia, nella reggia dove vivono i vostri re…" – attaccò lenta mentre André ascoltava, un poco stranito e via via sulle spine.
Stava entrando di nuovo nella vita di Oscar, nella maniera più subdola e distruttiva.
Sapere di lei senza chiederlo a lei stessa.
"Io…gli voglio bene…" – ammise la giovane soffiando muta rabbia incandescente, come volesse gridarlo al mondo e invece era lì a rivelarlo ad un uomo che non sapeva nulla di lei e di cui lei sapeva nulla o poco più – "Ma so che non potrò mai restagli accanto. Non appartengo al suo mondo".
André rimase in silenzio.
Conosceva Victor Girodel. Lo conosceva molto bene e la chiosa dell'altra, severamente struggente, pareva intrisa del marcio sentore in cui ammuffivano i sentimenti di tutti quelli che non erano pari.
I pugni stretti, le tempie battevano - "Nemmeno io appartengo al suo mondo…".
"Ebbene…" – respirò piano Lua – "Anche lui mi vuole bene e io farei di tutto perché lui ne voglia a me…ma…vuole la donna che adesso si trova con voi…".
"Oscar…".
Implosero i sensi…
André Grandier conosceva Victor Girodel, s'immaginò che quello nutrisse inclinazione verso Oscar.
Amara considerazione…
Quale uomo avrebbe potuto accusare distacco nei confronti di Oscar François de Jarjayes!?
Lei era…
Il racconto riprese.
André preferì immergersi in quello.
Lui rammentava ciò che aveva sentito sorgere nel cuore di Oscar, quando l'aveva lasciata.
E già quello era stato tempesta capace di frustrare ogni aspettativa.
Un Amore, quello di Oscar, rivolto a un altro uomo.
Un Amore, quello di André, impossibile e inesigibile.
Di fatto, fuggendo via da lei, lui aveva preferito lasciarla sola, piuttosto che soffocare e imbrigliare quell'amore che allora – lontano da lei – era cresciuto in maniera indicibile, quasi che, nutrendosi dell'assenza, era divenuto folle e infingardo e incontrollabile.
Lui l'aveva lasciata sola, in quella solitudine dunque, altri s'erano insinuati.
"Si, ho conosciuto anche lei" – proseguì Lua – "In Francia. E poi ci siamo imbarcate a Brest per arrivare sin qui. A Ponta Delgada…quando lei è stata ferita…".
"Che…a…Ponta…Delgada!?".
Assurdo che i destini si fossero intrecciati a quel modo…
Lua fece spallucce, mostrando disprezzo, come fosse infastidita da ciò che era accaduto, perché ancora una volta Victor aveva dimostrato di preferire l'altra a lei.
"Victor ha deciso che non l'avrebbe lasciata sola. E così lui è andato a stare sulla nave dove si trovava lei. Li guardavo sempre, dal ponte, quando le navi si avvicinavano. Camminavano, parlavano. Lei combatteva con i bastoni assieme a Madame Roma".
Lo scenario pareva quasi irreale, come se Lua stesse narrando un racconto fantastico, una specie di storia sulle gesta di esseri mitologici.
"Usava dei bastoni…" – chiese André…
"Erano di Madame Roma…".
"Shinai…" – sussurrò André che aveva sentito parlare dell'uso di tali armi sulle navi. S'immaginò che Oscar non si sarebbe tirata indietro caso mai fosse stata sfidata ad usarli.
Il racconto procedeva e con esso si svelava il senso di vuoto che annientava la giovane indiana, il senso d'impotenza capace di animare i gesti.
Il racconto pareva come la spinta d'un ago che buca la stoffa e congiunge i lembi d'un fantomatico abito, un poco sghembo, un poco rozzo, ma capace di rivelare il passato…
"Si, madame era brava ma era anche molto orgogliosa. Voleva trovare sempre il modo d'essere più importante degli altri e allora…credo le abbia insegnato a usare quelli…per…vincerla!".
André ebbe un tuffo al cuore: "E c'è riuscita!?".
Negò Lua, un mezzo sorriso di complice soddisfazione, come se, per un solo istante, ritrovarsi domate esulasse dalla natura di entrambe, anche se lei era inevitabilmente avversaria di Oscar François de Jarjayes.
André riconobbe se stesso negli stessi gesti, nei respiri di solitudine. Provò istintiva compassione per l'altra. S'immaginò l'origine del folle gesto.
Sì, forse lui se n'era andato per non rischiare di scivolare nello stesso mostruoso delirio.
Annientare la donna che amava per salvare se stesso.
"Mi hanno detto che sei stata tu a colpirla. Perché?" – chiese alla fine.
"Io" – Lua strinse tra le mani il lembo del vestito, la pelle ritorta e straziata – "Victor la ama…mentre lei…è stupida…è crudele…".
Sussultò André. Conosceva Victor Girodel. Lo conosceva molto bene.
Che Amore fosse sentimento capace d'esser declinato nel cuore dell'altro…
"Lei non lo ama!" – incise sprezzante Lua, stavolta sollevando lo sguardo all'interlocutore, forse per intuire il balzo del cuore, lo straniamento provocato dal colpo – "Lei ama quell'altro!".
"Cosa…" – André davvero s'ammutolì.
Ogni volta, la stessa visione, feriva, come nuovo taglio, nuova sospensione. Eppure avrebbe dovuto saperlo, perché ogni volta si stupiva come risvegliato all'improvviso dall'illusione da'aver creduto che Oscar fosse giunta in America per lui…
Un servo…
"Si…è venuta in America per cercare quell'uomo. Si è vestita con un bell'abito solo per lui. Li ho visti a Northampton…hanno danzato assieme e poi se ne sono andati…".
Se ne sono andati…
Il groviglio prese a stringersi, gl'invisibili lacci della gelosia a soffocare.
"Ero arrabbiata con lei…Victor non merita un simile affronto!".
André non volle sapere altro.
Da Fort Awegen erano giunti due ufficiali. Uno era il Tenente Victor Girodel e l'altro era il Colonnello Hans Axel von Fersen.
La vide André, la sua Oscar, fasciata in un abito così diverso dalla consueta uniforme.
Forse danzare con il conte.
L'immaginò quel dannato abito a brandelli, macchiato di sangue, così come gli avevano raccontato. Chissà se per via di quale offesa o desiderio…
Lo strazio dell'esplosione…
O le sapienti maniere che il conte riservava a tutte le sue amanti…
Il respiro mozzato…
"L'hai colpita per questo!?" – chiese severo, tentando di restare ancorato alla realtà, scansare la struggente malinconia che gli prendeva le tempie e il petto ogni volta che rammentava lo sguardo muto di Oscar rivolto al conte.
"Se tu ami una persona…non saresti disposto a fare tutto per quella persona!?" – rimbeccò Lua sprezzante.
"Anche uccidere!?" - negò André con rabbia – "No!".
"Siete uno stupido!" – saltò su Lua furiosa, che adesso comprendeva che l'uomo che aveva di fronte era davvero un avversario che non si sarebbe mai messo dalla sua parte…
Non l'avrebbe mai aiutata.
André la guardò - "Se fosse vero ciò che dici…allora io dovrei uccidere il tuo Victor…".
Lua sgranò lo sguardo, folle - "Tu ami quella donna!?" - ora iniziava a comprendere…
"Io l'amo…ma non sono disposto a uccidere per lei…" - che però mentre parlava, André si dava del pazzo, avrebbe ucciso sì, eccome…
Quello che parlava era André…
Quale André?
Lua fece un passo indietro…
Quell'uomo non era disposto a uccidere per la donna che amava.
Lei si…
Mentiva?
Quell'uomo dimostrava un amore ancora più saldo e fondo di quello di Victor Girodel.
Un Amore assoluto e puro, non inzozzato dalla folle gelosia che imputridisce i sensi e i sentimenti.
Un Amore intensamente pericoloso…
Se lei l'avesse condotto da Victor, Victor avrebbe potuto farsi giustizia d'un rivale che in vita mai avrebbe potuto sconfiggere.
Victor Girodel si sarebbe preso Oscar François de Jarjayes e lei, Lua Pietra Incandescente…
Victor Girodel gliene sarebbe stato grato per sempre.
Victor…
Victor non l'avrebbe mai amata – lei, Lua Pietra Incandescente – ma forse l'avrebbe amata un poco di più se lui avesse ottenuto ciò che desiderava.
"Non è difficile da comprendere…" – ammise André rivolto alla giovane – "Se io mi macchiassi di un tale gesto, esso non potrebbe mai rivelare l'amore che provo per lei, e colei che amo finirebbe per disprezzarmi".
L'indiana non parve troppo convinta a tale visione severa e senz'appello
"La tua vita non deve essere stata facile…" – continuò André, nel crescendo di compassione verso l'altra. Come anche verso se stesso…
Oscar François de Jarjayes aveva dunque incontrato il Conte Hans Axel von Fersen.
Chissà cos'era accaduto…
In un istante d'inusitata lucidità, André Grandier provò disprezzo verso se stesso.
In fondo lui aveva abbandonato Oscar, ma quando anche lui fosse rimasto al suo fianco, ciò che provava lei, ciò che lei avesse desiderato per sé, lei era libera di provarlo e desiderarlo e raggiungerlo.
Se Oscar François de Jarjayes amava davvero il Conte Hans Axel von Fersen e se anche lei avesse semplicemente desiderato ritrovarsi tra le braccia dell'altro…
Che diritto avrebbe avuto lui di recriminare…
Neppure un respiro…
Rammentò le parole di Fersen sulla Jason…
Sai perché è venuta a Brest?
Immagino per conferire con qualche ufficiale…
Hai visto giusto…sei perspicace…si…mademoiselle cercava me…
Ho confidato che non sapendo nulla su di te...lei fosse giunta a Brest per vedermi. In effetti me l'ha confermato e questo mi ha stupito ed al tempo stesso…
Mademoiselle…un amico prezioso ma ancor più una donna intelligente e scaltra…dannatamente bella…
Dunque, Oscar François de Jarjayes aveva ottenuto ciò che desiderava.
Liberamente…
Dunque lui, non avrebbe potuto tenerla lontano dal suo mondo ancora per molto.
Il respiro dell'altra eruppe nella testa, come vento di tempesta, aria carica di pioggia e rancore.
Il cuore cedette per un istante al rammarico d'esser stato lui l'artefice di quella disfatta.
Oppure d'averla semplicemente accelerata.
Ma se era ciò che lei desiderava, quel desiderio minava la coscienza allora, che combatteva con il ricordo dell'abbraccio che si era concesso, come a tentare di salvarsi tra le sue braccia, per non annegare davvero…
In fondo lui voleva solo sopravvivere…
In fondo voleva solo amarla.
I pugni stretti, come se lei fosse lì…
La voleva…
Per…
Sé!
Dio, che dannazione era mai, lei, Oscar François de Jarjayes1?
Un passo…
Anche l'altro indiano era tornato indietro, rivelandosi alla luce del falò che andava a poco a poco perdendo il suo respiro intenso.
Lua si voltò, lo sguardo si scurì alla vista di Yellow Jacket che pareva ebbro di rabbia, di gelosia verso l'insano pungolo che torturava il cuore dell'indiana.
Come se fosse male per lei essersi innamorata di un uomo francese…
O più semplicemente come se fosse stato male per Lua innamorarsi di un uomo che non fosse stato il giovane indiano.
"Sei un'illusa…" – sibilò Jacket – "Noi non siamo come i francesi. Noi non potremo mai mescolarci a loro! Quell'uomo non ti porterà mai rispetto!".
Che Lua scrutò Jacket, sprezzante, lo sguardo furioso verso la rigida visione delle cose che lei invece aveva sfidato attraverso il suo amore.
Non le importava se esso si sarebbe realizzato, non le importava se esso sarebbe stato ricambiato…
"Lui ama una donna nobile!" – l'indice dell'indiana contro André – "Lui non s'è fatto scrupoli di prendersela con sé! Allora nemmeno lui le ha portato rispetto".
"Eppure lo saprai…" – ammise André, quasi a voler difendere l'inquietudine della giovane indiana per l'altero ufficiale francese, che corrispondeva alla propria stessa inquietudine – "Proprio in questa terra è stato scritto che tutti gli uomini hanno diritto di essere felici, hanno diritto di cercare la propria felicità e allora…".
"E allora…ciò vale per voi bianchi…non per noi" – contestò Jacket altrettanto cinico – "Noi eravamo già nella nostra terra. Avevamo già ciò che rendeva la nostra esistenza felice. Non avevamo necessità che qualcuno lo scrivesse che gli uomini possono cercare la felicità…".
"E' vero…" – abbozzò cinico André in un moto di compassione verso se stesso – "Comprendo che il diritto di ricercare la propria felicità non avrebbe necessità d'esser scritto perché esso è parte di ciò che è l'uomo. Ma credo anche che non sarà mai abbastanza rammentarlo. E non sarà mai disonorevole cercare di perseguire questo fine. E proprio perché adesso esso è scritto, sarà di monito a chi verrà dopo di noi. E anche tu potrai lottare per raggiungere ciò che riterrai essere la tua felicità! Immagina se nulla fosse stato scritto…immagina se neppure ciò che a te sembra ovvio e certo non fosse stato messo lì, nero su bianco!? Forse che il diritto a cercare la felicità sarebbe meno importante sapendo che non lo si può perseguire!? Forse che una legge varrebbe di meno solo perché non viene utilizzata!? Ciò che conta è che essa sarà una guida e prima o poi essa condurrà ad orientare le genti ed i pensieri della gente. E' questo ciò che conta, per me e per te e per chiunque".
Yellow Jacket non ritenne di replicare…
La visione era la stessa, solo mutavano gl'intendimenti che ciascun uomo avrebbe messo in campo per raggiungere la propria felicità.
André si alzò, facendo cenno all'indiano. Il tempo scorreva e lui doveva tornare…
Impossibile restare lontano da lei…
Sì, sarebbe stato davvero impossibile, che nemmeno il Tempo sarebbe riuscito a tenerli distanti.
Lui era servo ed era ombra di lei…
Costantemente mezzo passo dietro a lei…
Ma sempre con lei.
Il cuore cadde giù nelle amare visioni, che l'illusione aveva indotto l'insana speranza…
Lui era André e lei…
§§§
Non aveva più smesso di nevicare.
Non era più uscita, se non per recuperare neve da sciogliere e legna da bruciare.
E per i giorni ch'erano seguiti da che s'era ritrovata sola aveva compiuto che poche centinaia di passi, girando attorno alla casupola, la mente ad immaginarsi sempre più a fondo di quell'assurda storia.
Era sola…
L'unica compagnia, quando gli fosse aggradato di concedere un grido, era quella della bestiola che spuntava dal nulla e chissà poi dove andava a rifugiarsi, quando scompariva di nuovo, all'accenno della tormenta.
Non riusciva a immaginarsi che André non sarebbe più tornato.
Ma non era questo pensiero che torturava l'animo.
Se André fosse tornato…
Il senso d'abbandono non aleggiava soltanto di fronte al pensiero di essere sola in quel momento ma di continuare a esserlo nonostante lui sarebbe tornato lì.
La solitudine fonda e scura era altra…
La percepiva, quasi la toccava con mano, come essa fosse divenuta creatura vera e concreta, capace d'avere la meglio su di lei e sulle sue scarse capacità d'opporsi al buio ch'essa recava con sé, ogni volta che il sole sorgeva e la luce, seppur innevata e plumbea, la circondava.
Assurdo che nel chiarore arrogante del giorno si sentisse ancora più sola e distante che nel buio quieto della notte.
La smania divorava i sensi e i muscoli.
La voce non usciva più.
I gesti, ripetuti e stupidi, apparivano ormai senza senso.
Rammentò quando aveva avuto la sconsiderata idea d'agghindarsi con quell'abito così differente dalla sua uniforme.
Rammentò che aveva cercato rifugio tra le braccia di Fersen.
Per non ammettere d'aver ucciso André e per ammettere che solo dimenticandolo, solo uccidendolo di nuovo, lei forse avrebbe avuto pace.
Fersen era ormai un ricordo lontano.
Si chiese cosa avrebbe pensato l'altro non avendola più trovata. Se l'aveva cercata, se aveva immaginato che lei fosse morta. E se anche lui l'avrebbe uccisa una seconda volta per dimenticarla…
Con una piccola accetta recuperò un ramo abbastanza sottile, lungo e liscio, sufficientemente pesante elastico…
Nella luna piena e grande, penetrante e lucente, grondante dal gelido cielo dell'alba, i passi si mossero, dapprima in avanti, incespicando nella neve, facendosi strada a fatica, come impigliati nell'aggrovigliato passato vuoto.
Una volta resa compatto e duro lo spazio dell'immaginario combattimento, i passi presero a farsi circolari, mentre le braccia tese conducevano la punta del bastone a orientare i colpi, fendendo l'aria, torcendo le membra di fantastici avversari.
La vista offuscata dalle lacrime di freddo…
Il corpo via via appesantito dall'incedere del gelo incombente sui muscoli che a poco a poco riprendevano il senso di sé e della geometrica incandescenza dei gesti, l'aria gelida scostata di netto, il fuoco bianco a incendiare l'evanescente rotazione della difesa e poi dell'attacco…
Chiuse gli occhi Oscar…
D'improvviso, dai primi raggi del sole a perforare il cielo sorse l'ombra scura, l'avversario immaginato, colui che l'aveva tradita, mutando il proprio destino e quello di lei.
Nell'incedere dell'immaginario combattimento, il bastone incrociò lo shinai elastico e robusto, scontrandosi netto, finendo disarticolato e disfatto in mille schegge disperse.
"Dannazione!".
L'imprecazione sorse a scansare la rabbia…
Oscar quasi cadde mentre le dita aggredite dal riverbero dal colpo secco s'aprirono gelate, a lasciar scorrere via il brandello di legno.
Scorse a osservarlo…
André era lì, poco distante da lei, le mani a impugnare una sorta di lungo bastone che assomigliava uno shinai…
Chissà come faceva a sapere…
Con chi si era incontrato?
Un altro bastone, similare, lanciato sulla neve, a pochi pollici da lei, l'asta affondò nel manto fresco.
"Sei lenta!" – sibilò André, come a risvegliare la eco dell'orgoglio impantanato tra le secche delle mille ferite di muscoli e anima.
Oscar non aprì bocca. Risorse dal petto il battito dorato e sorprendente e istintivo che accompagnò la visione di André, come riemerso dall'oscura profondità della nera solitudine, come fosse stato sempre lì…
Le mani afferrarono il bastone, il corpo un poco affaticato provò a mettersi in posizione, gli occhi osservarono l'altro, figura luminosa d'uno splendore scuro, quasi infernale, capace di incunearsi nella carne e scuotere i sensi e la coscienza e strappare un grido muto…
Colpi contrapposti s'imposero, quasi una danza dapprima un poco lenta, guardinga, come quella di due amanti che non sanno ancora d'esser tali, e per via che lo strumento era un poco estraneo alla storia di entrambi, anche se entrambi si conoscevano e quali fossero i punti deboli, i moti rallentati e poi quelli più certi e sicuri e veloci.
I colpi si susseguirono lievitando e gonfiandosi via via sempre più rapidi, intonando nel silenzio innevato l'armonia secca di torsioni parallele e fluenti distruzioni.
André forzò l'ingresso.
Oscar non volle arretrare, anche se avrebbe dovuto, né sgusciare via, anche se non ci sarebbe riuscita, ch'era già allo stremo, i passi appesantiti dalla neve, la spalla attaccata dal morso fondo della vecchia ferita.
E poi c'era che lei non ammetteva d'arretrare, era testarda, era brava…
Non lì, che non riuscì a forzare e lo scontro si riverberò dai bastoni alle braccia e dalle braccia al torace, al collo, alla faccia…
Rimbombarono i drastici scollamenti e s'espansero le vibrazioni del passo d'una macabra danza…
Oscar si ritrovò alle strette…
André non indietreggiò, forzando la torsione, le aste incastrate, non volle concedere nulla, che l'altra non aveva mai accettato che le si concedesse nulla.
André non indietreggiò, come se, per un solo istante, avesse chiesto a se stesso d'imporre il proprio Amore, di schiantarle addosso il desiderio d'averla, entro uno scontro di legno e carne…
Lei, lì, contro di sé, eppure dentro la testa, dentro il cuore…
Lei lì, contrapposta a sé, eppure amata…
Sino alla follia…
Amare Oscar François de Jarjayes…
Pura…
Libera…
Viva…
Lo sforzo s'innalzò mentre lampi di luce s'innalzavano dal cielo d'oriente ove il cerchio rosa incandescente galleggiava sfrontato a sfidare gli ultimi aneliti di luna…
Ruotò su se stessa per scansarsi e scendere e risalire e colpire…
S'arrestò il respiro, come sull'orlo della perdita dei sensi, come sul baratro del salto compiuto dal sesso proteso a perdersi e morire entro gl'Infernali raggi dell'alba mescolati agli oscuri chiarori di luna…
"Sei ancora lenta!" – gridò André, il respiro sollevato, la mente ridiscesa al ricordo del corpo dell'altra bello, veloce, intenso.
Schioccavano i legni…
Battevano le viscere…
Mordevano le labbra…
"E tu non perdi mai l'occasione di tacere!" – rimbeccò, sprezzante rimettendosi in guardia, quasi senza respiro.
Ombra e luce combattevano, contrapponendosi nell'evanescente sforzo dei corpi che si studiavano e nell'istante successivo tornavano ad avvicinarsi, i muscoli distesi e poi trattenuti allo stridere degli shinai…
Gemevano i legni…
Gemevano i corpi divenuti unicamente spirito e rabbia…
Strisciavano il legni…
S'accarezzavano i corpi guizzanti come attratti dall'ennesimo colpo e poi, di colpo, terrorizzati dal fuoco che riverberava addosso…
Sei bella…
Lo pensò André mentre scansava l'ennesimo affondo…
Sei…
Dannatamente bello…
Splendore nero e puro…
Lo pensò Oscar, mentre il passo s'arrendeva e la torsione riportava l'equilibrio in basso per attaccare l'altro e minare l'equilibrio e imporgli d'arrendersi…
Ruotò di nuovo, che si ritrovò sul viso di André…
Scorse lo sguardo…
Vide se stessa…
Lì…
Vide quella donna riflessa entro il vetro lucido delle iridi impazzite…
Dannato specchio che la rifletteva…
Sono io dunque…
Sono davvero io…
Lo scarto del cuore ammorbidì la presa…
Lo shinai, forzato senz'appello, volò via, ruotando in aria…
Un grido…
Oscar si ritrovò in ginocchio, vinta dalla visione…
André cadde giù, parimenti in ginocchio…
Viso a viso…
Occhi negli occhi…
Respiro dentro respiro…
"Chi è…" – domandò Oscar, spezzata, furiosa di ritrovarsi sconfitta, fusa al battito del cuore ritrovato.
Non rispose André, non subito…
Che allora la mano destra – lei lì, in ginocchio, il viso allo sguardo dell'altro - si sollevò cauta a sfiorare la guancia mentre gli occhi cadevano nel volto di André, l'unico occhio a emanare l'antico affetto, l'ancestrale bellezza…
Il calore del volto s'espanse al palmo della mano…
La bocca si schiuse mentre André rimase fermo, in ascolto del calore del viso di lei che s'avvicinava…
La guancia sfiorò la guancia…
"Lo sai chi è" – sussurrò André chiudendo gli occhi, ormai perduto nella sensuale vicinanza, nel calore infernale emanato dal combattimento – "Lo hai sempre saputo".
Muta Oscar si ritrovò a cadere giù, entro se stessa, voragine di solitudine e vortice d'infuocato fremere…
Ascoltò il corpo disfarsi all'ammissione, come un dannato rimbalzo di onde che si susseguono nello stagno allontanandosi dall'unico centro, origine di tutto.
La mente rincorse il viaggio che aveva compiuto, fuori e dentro di sé.
La bocca si schiuse ancora mentre ascoltava il respiro dell'altro, immobile e distrutto.
La bocca s'avvicinò alla bocca…
Ancora e ancora…
Lo sguardo si chiuse, s'avvicinarono i respiri, mentre il gelo rattrappiva il paesaggio e gli arti e le lacrime…
André sollevò la destra…
Le dita scorsero alle labbra di Oscar, appoggiandosi su di esse, di nuovo, intuendole fredde e al tempo stesso umide di respiro sospeso…
"No…" – sussurrò piano indietreggiando seppur impercettibilmente.
Oscar era sua prigioniera…
Mai un Amore avrebbe potuto poggiare su baricentro più effimero.
Mai un Amore avrebbe potuto nutrirsi del disperato desiderio di sopravvivere e dimenticare…
Mai un Amore avrebbe potuto esigere amore per il solo fatto d'esistere…
Che amare non significa sacrificarsi ma imporre un sacrificio all'altro…
Un passo, André strisciò indietro mentre lei riapriva gli occhi, il terrore correva nello sguardo imperlato di sudore raggelato e distrutto…
Oscar non riuscì più a dire nulla.
Incredula, d'aver finalmente compreso d'esser lei la donna da cui André era fuggito…
Colei che l'aveva quasi ucciso…
Lui l'allontanava di nuovo…
Come se non fosse stata più lei.
Lo smacco…
Sì, lei lo sapeva già.
Lei l'aveva sempre saputo.
Ma non aveva accettato quell'Amore.
Non aveva accettato di sacrificarsi per lui…
Non aveva accettato di lasciarsi amare…
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