Non avere paura
Osservò le mani, quasi violacee di freddo, a stringere la neve compatta, graffiandone la consistenza morta.
Era rimasta lì, a terra, atterrita dallo scontro, stupita d'essersi André, avvicinato e altrettanto incredula che lui si fosse sottratto, come davvero non vi fosse altro modo di amarla che sottraendosi a lei.
Lui l'aveva lasciata…
Lui l'amava…
Lo squarcio nel cervello…
Lei…
Lei non lo sapeva, perché lui gliel'avesse detto o sbattuto in faccia!
Lei lo sapeva perché André aveva escogitato mille modi per sfuggire a quell'Amore, sottrarsi ad esso o distruggerlo, così da sottrarsi a lei, così da sottrarre lei stessa a quell'Amore.
Lo squarcio ancora più fondo incise il cuore…
E lei…
Lei lo amava?
Era forse questo stupido dubbio, che si contorceva nelle viscere come serpe catturata che oppone ogni strenua difesa per liberarsi e sottrarsi al laccio, ad assumere ora le sembianze d'un anelito, ora la consistenza d'un rifiuto?!
Se lei non l'avesse amato…
Un ginocchio puntato a terra, si alzò a fatica, accorgendosi d'essere sola.
André era tornato da chissà dove, l'aveva forse vista da lontano mentre combatteva contro i suoi fantasmi, quelli che l'educazione e il rango le avevano ficcato dentro il cuore e innervato nei muscoli.
Forse come un tempo s'era immaginato di mutarsi egli stesso in quei fantasmi, renderli visibili a lei, in carne e ossa, così da sfidarla, come quando era stata lei ad alzare i pugni, perché lui non voleva rivelare ciò che si erano detti lui e suo padre.
C'era cascata di nuovo…
Lui l'aveva sfidata, l'aveva condotta a sé e lei s'era lasciata condurre, affondo dopo stoccata, montante dopo affondo.
Lì, il corpo dell'altro addosso, ma mai violento, intenso ma mai crudele, si era ritrovata a precipitare dentro di lui!
Impercettibilmente e senza scampo, il silenzio rotto dai colpi lignei ch'erano divenute vibrazioni, a risuonare, interiori, sottili e lucide, capaci di accarezzare i muscoli, colpendoli ma senza ferire, lisciandoli ma senza lasciare segni.
Oscar François de Jarjayes era lì, dentro André Grandier…
Immobile, dolcemente penetrata dall'incessante fuga, dal dolore impresso nelle iridi, dalle mani forti capaci d'abbracciarla senza pietà o compassione, dalle labbra gentili, quasi impaurite, che l'avevano baciata che André Grandier s'era tradito, e nonostante avesse tentato di sottrarsi, s'era imposto potente e struggente come l'ultimo vento d'estate prima del plumbeo inverno.
In piedi…
Prese a correre per ritornare dentro la capannetta, per rincorrere quel vento intenso che aveva mozzato il respiro.
L'uscio malconcio spalancato con foga, il legno instabile quasi scardinato…
Era André quello ch'era lì, in piedi, svestito del mantello appeso al chiodo della nuda parete.
Era André quello che la guardava, un poco freddo, incapace di sostenere ancora sulle spalle quell'immenso sacrificio di amarla e di non sapere se lei lo amasse.
Lei…
Non Oscar François de Jarjayes…
Ma lei, semplicemente lei…
Resterei…se…fosse lei a chiedermelo…
E solo se me lo chiedesse spontaneamente…senza che nessuno la obbligasse…
Chissà se l'unica che avrebbe potuto chiedere ad André Grandier di restare sarebbe stata lei, Oscar François de Jarjayes, senza esserlo davvero, Oscar François de Jarjayes?!
Non si azzardava a domandare nulla. Per anni aveva vagato nelle più assurde congetture e invece la verità era lì, nemmeno si poteva dire sotto gli occhi, perché la verità era lei.
Dannazione…
L'ammissione s'ingigantiva istante dopo istante, e tutto allora prendeva a correre a ritroso. I gesti, i silenzi di André, le lettere, l'essersi sottratto lasciando credere d'avere chissà quante amanti…
Persino una figlia…
Una figlia!
Congetture…
In realtà, André non aveva fatto nulla, non aveva detto nulla.
André era lo stesso André di sempre, mezzo passo dietro a lei, in silenzio, ad accogliere la sua vita ed i tagli che quella infliggeva giorno dopo giorno.
André l'amava, lei…
L'amava davvero?
E lei…
Il cuore sobbalzò.
Ora la voragine s'era aperta.
Cosa dire dunque, cosa rivelare, come comporre i gesti e gli sguardi!?
Non era inevitabile che amare significasse a sua volta essere amati.
Non era certo che essere amati avesse significato amare.
Forse era questo che André aveva voluto risparmiarle.
Che se anche lui l'amava non era detto che lei lo amasse…
Lo amava?
Non lo sapeva, non se l'era mai domandato.
Ridicolo domandarsi un accidente del genere!
Forse che, quando s'era sentita attratta da Fersen, lo aveva stabilito, lo aveva deciso, lo aveva scelto!?
Non c'era nulla di certo nell'Amore…
Che adesso era ancora diverso da ciò che aveva sentito un tempo, che era ancora diverso da ciò che sentiva in quel momento.
"Chiudi…la porta…" – sibilò lui intento a liberare le sacche che aveva con sé, estraendo alcune camicie di tela grossa e scura, un paio di giacconi di lana, fusciacche, calze – "Altrimenti farà troppo freddo e il caldo si disperderà!".
Oscar obbedì. Non sapeva che dire.
Il tepore della capannetta di contro al tono freddo dell'uomo, come di colui ch'era stato sorpreso a compiere chissà quale nefandezza e ora fosse lì a tentare di andare oltre, cambiare discorso…
Amarla era davvero da considerarsi ignobile peccato!?
"Chi sono…" – domandò lei incerta, le parole non sfuggirono, André che inghiottì il respiro.
Era consapevole ormai che lei fosse consapevole.
Ondeggiava allora la coscienza tra la resa all'evidenza e il sollievo e poi lo smarrimento dettato dalla fine, che temeva ora l'abisso del rifiuto, la conclusione d'una Storia, in modo inappellabile e definitivo, che l'altra avrebbe opposto le ragioni del cuore, il proprio, spinto a giungere sin lì, dalla Francia, alla ricerca di altre braccia.
Soprattutto, non avrebbe mai voluto che lei si ritrovasse con quell'Amore sulle spalle, quello che lui aveva sopportato per tanti anni…
Soprattutto non voleva che lei si ritrovasse in dovere d'amarlo, come in una Storia già scritta da altri, inevitabilmente…
"Io…per te!?".
André rimase in silenzio, continuando a svolgere i dannati gesti.
Mentre lei sentiva crescere lo smacco e scivolava nell'ammissione d'essere stata davvero cieca e sorda…
Chiedere la mutava ancora più ridicola.
Non accettò il silenzio…
S'avvicinò quasi imponendosi, com'era il suo solito, come da sempre aveva gestito tali frangenti. Come una specie di bambola meccanica che non ha più vie di fuga e allora non può far altro che avanzare e recitare come sa fare, come aveva sempre fatto, la sua parte di automa, sicuro di sé perché non ha certezze di nulla.
Non voleva ferire André…
Nemmeno ambiva a essere salvata da lui.
André non avrebbe mai accettato un amore a compensazione del proprio.
André non meritava d'essere appellato come una specie di mostro capace di far innamorare di sé per sottrazione.
L'uno di fronte all'altra…
Lo sguardo dapprima scostato s'allacciò, dannatamente intenso, incredibilmente chiaro e al tempo stesso quasi perduto.
André lesse paura…
Lui stesso ebbe paura, perché l'Amore non può essere paura.
Di perdersi, non concedersi abbastanza, pretendere troppo…
L'Amore non si misura…
Oscar aveva paura…
Non voleva più perderlo e questo era dannatamente chiaro.
Fu lei stavolta ad allungare la mano destra, ad afferrare la destra di lui, stringendola, come a replicare o restituire il gesto compiuto tanti anni prima, che quello risorse nella mente di entrambi.
L'afferrò con impostata delicatezza.
Una leggera forzatura per vincere la resistenza…
La presa sarebbe sgusciata via…se non avesse stretto un po'.
Strinse dunque la mano nella sua.
Non era inusuale che si fossero toccati in passato ma da quando erano cresciuti era accaduto più raramente.
Non era più stato necessario e a poco a poco nessuno dei due aveva più badato al gesto che, seppur per pochi istanti, consentiva al palmo dell'uno di contenere il calore del palmo dell'altra.
Strinse la presa Oscar, trattenne la mano girando il palmo.
E lui continuò a guardarla, fisso, imbastendo il filo sottile del legame, capace di unire lo sguardo alla mano.
E siccome non avrebbe potuto cavarsela a parole e siccome non sarebbe mai scesa così in basso da pregarlo di parlare…
E siccome non lo sapeva se l'amava ma non poteva dirglielo che non lo sapeva…
Dannazione…
Nessuno dei due parlò.
Oscar non ci riusciva, André era impietrito…
Dannazione…
Oscar strinse la mano, inanellando le dita, i palmi aderenti ascoltarono i sensi espandersi e scivolare gli uni dentro gli altri.
Lo guardò senza timore stavolta, quasi sfrontata, come a contestargli che lei adesso sapeva e che lei adesso era lì e che se aveva paura era solo paura dettata dallo stupore, dallo schianto secco del battito che sbatteva contro il battito dell'altro…
Sussultò André, d'inusitata freddezza…
Per scacciarla…
Via…
E per tenerla a sé, come rovinando addosso a lei, cadendo giù, entro lo sguardo che lo squadrava.
Scartò la presa della mano…
Le mani s'allungarono ad afferrare la testa, rapide ma morbide, severe ma intense.
Oscar non reagì, forse non ebbe il tempo di farlo, forse non volle farlo.
"Tu hai compreso chi sei!?" – le contestò sprezzante – "Ebbene non sai chi sono io!".
Tattica assurda con una come lei, abituata a duellare in punta di fioretto…
Parole stupide, che continuavano a reggere il filo della paura, per allontanare, come a impedirle di scorgere l'Inferno in cui era finito lui.
Per causa sua.
Quale Amore avrebbe mai preteso un simile sacrificio?!
E poi André non s'era mai imposto…
André aveva sempre pensato a lei…
André l'amava…
Il sussulto della negazione nera fu come fiamma chiara che aggrediva il legno secco e poi goccia che cade e rimbalza sulla terra asciutta, come vagito d'una nuova vita…
André l'amava ma quello non era André. Lui non l'avrebbe mai messa in secondo piano, non avrebbe mai imposto se stesso allo scopo di annientarla.
Ma solo annientandola lui l'avrebbe salvata.
"Credevo fossi morto…" – abbozzò Oscar dubbiosa sulla piega del discorso, disperatamente in cerca d'un modo per scardinare l'impeto.
André disorientava, André era diverso, André era lontano…
"E' così!" – rimarcò lui.
S'accorse che lui le teneva il viso, il calore dei palmi s'irradiava adesso sulle guance…
"Ma non lo sei!" – sibilò d'istinto, non riusciva a comprendere dove volesse andare a parare l'altro, come se André fosse morto davvero e lì ci fosse chissà quale sua essenza, nefasta e infernale – "Dunque lasciami!".
Ma se lui voleva tenerla lì, era segno ch'era vivo.
E se era vivo, non sarebbe mai stato lui a dettare le regole dello scontro.
"Perché…hai paura di me!?" – la sfidò, per tenerla lì, e al tempo stesso respingerla, inebriato dalla paura dell'altra e al tempo stesso stupito che lei si mostrasse così arrogante e sfrontata, per nulla intimorita, lì nelle sue mani.
Si può aver così timore di perdersi, d'accettare l'offesa dell'altro?
Quella non era Oscar…
Non la sua Oscar…
E allora…
"No…" – balbettò, mentre riemergevano le ore trascorse in solitudine, quelle del passato e quelle che lui aveva imposto alla loro vita. Alla loro storia…
Quale Storia?!
Le mani strinsero la testa così che non sfuggisse.
Le mani si sollevarono d'istinto a prendere i polsi dell'altro. Chiunque fosse colui che aveva davanti, le era stato insegnato a non lasciar avvicinare nessuno a quel modo.
No…
Per quanto avesse stretto i polsi, le fu impossibile staccarli, non comprese perché, come in ascolto del sordo dolore che oscurava il cristallo liquido dell'occhio.
Non comprese perché nell'istante successivo la bocca s'avvicinò alla bocca…
Una lieve esitazione a inghiottire la paura…
Il salto del cuore…
L'abisso delle esistenze…
Mille istanti eruppero nella testa…
Grani di sabbia, cristalli di neve, raggi d'una luna beffarda…
E scazzottate…
Biscotti rubati…
Corse…
E la noia degli esercizi di latino…
I buongiorno e la buonanotte…
E i sentori delle giornate ormai morte, rose sfatte, foglie marce…
L'ebrezza di primavera…
Le stanche ore dell'estate…
Il torrente rosso del sole al tramonto…
Le ronde…
Gli scontri…
I silenzi colmi dei passi muti dell'altro…
Gli occhi dell'uno e quelli dell'altra…
L'unico addio…
Celato in quell'istante, esplose l'unico addio, nel bacio incerto e lugubre.
Che la bocca tremava, tutto sarebbe stato definitivo e indietro non si tornava.
Se lei non l'avesse amato…
Perché dal tempo non si torna indietro e nessun viaggio e nessuna distanza sarebbero mai stati così ampi e fondi d'attenuare il terrore d'essersi perduti.
Che in fondo André Grandier l'aveva sempre portata non sé, da quando l'aveva lasciata.
E in fondo, Oscar François de Jarjayes l'aveva sempre tenuto con sé, da quando s'era divisa da lui.
Erano rimasti assieme pur essendo distanti.
E ora, vicinissimi, avrebbero rischiato di spezzare per sempre l'incanto della loro Storia.
Quale Storia?!
Assurda conclusione…
La bocca si schiuse…
Gli occhi si chiusero…
André cadde nel disperato desiderio, nell'oblio concesso a se stesso per sfuggire all'Inferno di dolore, costante inerzia del cuore, prigione fatta di sbarre evanescenti e grigie.
Non gl'importava di sé, ma nell'istante, in quell'istante, sarebbe stato come prenderla, il sacrifico del suo Amore riversato su di lei e lei non avrebbe avuto scampo.
Che lei l'avesse amato o meno.
S'irrigidirono i muscoli, d'un tratto le mani strinsero la testa, le dita affondarono nei capelli…
La bocca s'avvicinò ancora di più…
Solo un respiro a distanziare il contatto…
André attese che lei avanzasse, in un gioco di sfida e rottura…
Quando s'accorse ch'era vicina, troppo vicina…
Lasciò la presa, liberò la testa, indietreggiando...
Oscar riaprì gli occhi come stranita, come pazza d'aver concesso quel dannato respiro a lui, al corpo dell'altro che aveva cavalcato sul proprio, sensuale e fulgido, nero e distruttivo.
"Ti lascio!" – ghignò feroce, come per accedere alla muta richiesta di lei, mentre con una torsione dei polsi si liberava dalla presa.
In fondo l'aveva chiesto lei, come non obbedirle, come non attenersi al rispetto che le era dovuto…
Come donna…
Come padrona…
Come chiunque avesse avuto in animo d'impersonare da quando era giunta sin lì, fin sull'orlo del baratro!?
Come nessuno.
Oscar perse il respiro, lo sguardo gelido di plumbeo celeste a domandare all'altro quale fosse il motivo della rabbia, del dolore, della disperazione.
E quale fosse la ragione di quell'Amore che stillava nelle lacrime dell'unico occhio vivo!?
L'Amore non ha ragioni, né colpe…
"Non…avere…paura…" – sussurrò piano, come instupidita, senza respiro, senza parole, concedendo quel che poteva concedere, a disposizione della propria ignoranza.
La chiosa incandescente si rovesciò addosso all'altro, in un prodigioso e infinito gioco di specchi.
Come fiamma che s'avvicina alla paglia secca…
Come miccia che detona la polvere da sparo…
Oscar non sapeva se lo amava, non lo sapeva, ma sapeva che aveva paura di perderlo…
E sapeva che lui aveva paura.
Dunque gli chiese di non averne – paura - come a dirgli che nemmeno lei ne aveva.
"Non ne ho…" – sibilò lui, arcigno, stizzito dal rimbalzo di domande assurde, come fossero calati entro un duello, come lei stesse replicando i suoi passi, per contrapporsi a quelli.
"Perché te ne sei andato?" – rapido, insinuato nel respiro sospeso di André…
"Lo sai già!".
"Voglio sentirlo dire dalla tua bocca!" – il passo contro l'altro…
"Non sono tenuto…".
"Perché?!" - la mano alla spalla per voltarlo, gli occhi cacciati addosso, un'unica domanda…
André inciampò nell'irruenza dell'altra, nella sensuale foga del corpo che imponeva se stesso, davanti agli occhi, nella testa e nei muscoli…
Ritornò su di lei…
Afferrò la testa di nuovo, stavolta in un guizzo immediato…
La bocca corse alla bocca, venefica e infingarda…
Veloce le labbra presero le labbra in un sussulto di rabbia, in un affondo d'ingeneroso disprezzo…
La bocca baciò la bocca…
La bocca si lasciò baciare in un livido istante di sospesa follia.
Un istante soltanto…
Il tempo d'una folata di vento, d'un cerchio che s'allarga nello stagno, d'un raggio che si spegne inghiottito dal buio…
Strano modo di cullare la paura, sorprendente abbracciarla per sconfiggerla, e indurla a fuggire.
Il dolore s'impose a chiedere delle labbra, per baciare e mordere e scuotere il senso dell'altra, come ad aspirare il respiro, come a respingere le parole e la paura.
Il bacio fondo e spesso arrancò solo qualche istante per poi infondersi e fondersi alla stupita contrazione dei muscoli…
Un istante e subito dopo, l'istante dopo, la bocca si staccò liberando il respiro e con esso il balzo, il passo che mai più avrebbe loro consentito di tornare indietro.
Tutto perduto…
"E' per questo che sei venuta sin qui?!" – chiese feroce, quasi sorda contestazione che stracciasse via il singulto lieve del contatto, mentre fissava lo sguardo, tenendo la testa, tenendola lì, per rovesciare addosso l'infernale esistenza che aveva trascorso lontano da lei.
Era lei, alla fine di tutto, la causa di tutto.
Lei e l'immenso Amore…
Lei e la distruttiva follia d'un fuoco che non conosce tempo, terra, spazio, in cui restare fermo, immobile e pian piano morire.
L'Amore non può morire.
L'Amore – quell'Amore - non muore mai dannazione…
"Cosa…" – balbettò ch'era lì, ancora lì, appesa al bacio.
"Se volevi ottenere questo…" – sprezzante – "Hai avuto ciò che volevi!".
Indietreggiò Oscar…
Cadde nell'assurda contestazione. Quel bacio era lì, lo stesso acuto suono dell'altro, quando a Brest, André l'aveva baciata d'istinto prima di lasciarla.
Dunque lui pensava che lei l'avesse rincorso per mezzo mondo…
Solo per avere…
Un bacio!?
Dannato idiota!
Dannato traditore!
"Che tu sia…" – sputò Oscar livida, la destra s'alzò veloce, a scacciare le inaccettabili chiose, ch'erano umiliazione, essere amata ed esser lei in difetto perché lui l'amava…
Che diavolo di rappresentazione era mai quella?
Quella d'un uomo ch'è vigliacco, che non crede in nulla, che teme tutto…
"Te lo già detto!" – sibilò André – "Se vuoi maledirmi sappi che lo sono già!".
Che anche la sua destra s'alzò ad afferrare quella di lei e così la sinistra fece con il polso sinistro ma Oscar non arretrò…
"E sarei dunque per caso io la tua maledizione!?".
Silenzio…
André perse il respiro…
Che lei volesse sentirsi dire che lui l'amava o che lei volesse sentirsi dire che lui la detestava, sempre lei finiva per porsi al centro del discorso. Non sarebbe stato facile sgusciare via dalla ferrea logica di Oscar François de Jarjayes.
"Tu…non hai colpa…" – ammise stremato…
"Ma pare che invece per te sia così! Sei fuggito da me! Ammettilo!".
Silenzio…
Lei sapeva…
"Che cosa cambierebbe…".
I polsi stretti nelle mani…
Due cani che ringhiano ma non osano saltarsi addosso…
Come un tempo, quando si ritrovavano uno contro l'altra e si preparavano a darsele di santa ragione.
Solo che…
"André…credevo di averti perso…possibile che tu non lo comprenda!? Chi è quella donna…hai lasciato la Francia per lei?!".
Silenzio…
André tornò a lei, che lei adesso sapeva, ma non aveva mai accettato di sapere senza avere certezza o conferma.
Strinse i pugni, rammentò la vergognosa fuga.
Forse avrebbe ancora potuto resistere e restare in quella storia, quell'altra, quella così assurda che s'era costruito per illudersi d'essere bieco e traditore e consentirsi così una via d'uscita, un rimedio alla propria disperata passione.
"Mi hai domandato…" – sibilò severo, come ad afferrare l'altra, la sua attenzione, il suo cervello e scostarli da sé, pur mantenendoli addosso a sé – "Se conoscevo Amalie Jenevieux…"
La chiosa gelò il sangue, Oscar ascoltò i muscoli rattrappirsi e impietrirsi uno dopo l'altro, come imprigionati di nuovo dal gelo che s'inspessisce durante le ore fredde della notte.
Lo sai chi è…
Lo hai sempre saputo…
"Victoire…" – disse André piano, inghiottendo rabbia e chissà quale fiele – "E' mia…figlia…".
Il corpo dell'altra, come colpito da una frustata che schiocca contro la dura pietra, prese a tremare e poi via via a ondeggiare, come se un'onda più intensa e fonda si fosse fatta sotto, capace di spezzare lo scafo di una nave, minandone la solidità, creando la voragine che avrebbe consentito al mare d'entrare, invadere l'aria, e portarsi in fondo agli abissi il malcapitato legno.
"Tu…" – strozzato, che lei non ci aveva mai creduto ma in fondo doveva ammettere che aveva solo sperato che non fosse così e invece… – "Saresti…".
André la guardò, senza fiatare, lo sguardo freddo eppure contemporaneamente quasi incredulo d'essersi spinto a tale ammissione.
Ammesso che l'altra ci avesse creduto, perché rivelarlo proprio lì, in quel momento…
Oscar rimase su di lui, gl'istanti parvero dilatarsi, come colpi di pistola pronti a esplodere, aculei ghiacciati vicinissimi a perforare i muscoli e la memoria di sé e dell'altro.
Che idiozia…
Non poteva essere vero…
L'aveva appena baciata e adesso se ne usciva con la storia che quella bambina era sua figlia…
L'aveva baciata due volte…
E quelle lettere…
Ti parlerò di lei…
Ti racconterò di me…
Spesso osserva il cielo…
Forse per vedere se pioverà…
Ho sempre pensato invece che fosse perché lei vorrebbe essere altrove…
Ma oggi, qui, lontano dai luoghi che mi hanno accolto fin da bambino, così come dalle braccia che mi hanno amato, ho finalmente capacità di vedere la mia vita in maniera più nitida e comprendere ancora più a fondo il tenero e grande amore che hai nutrito per me.
Così come l'immenso amore che mi ha spinto a lasciarti.
Non sarebbe corretto metterli a confronto.
Il tuo è ricambiato e fondo, legato dal sangue che scorre nelle nostre vene.
L'altro è altrettanto intenso ma con esso non vi è legame, sì che se avrò fortuna, lo spazio che mi separerà da esso ed il tempo che scorrerà, consentirà di comprendere quanto puro e vero sia quello stesso amore.
Se esso sopravvivrà allora sarà mio compito onorarlo e viverlo…
Se esso morirà allora la mia scelta di allontanarmi sarà stata ancor più giusta e non avrò sofferto invano.
Strategia assurda…
Che quell'amore fosse morto!?
Quell'amore…
Quando era accaduto che fosse nato e poi fosse morto?
Com'era stato possibile che lei non avesse compreso nulla?
Non ci pensò su neppure un istante, che se l'altro davvero era il padre di quella mocciosa…
"Amalie Jenevieux è morta" – sibilò cinica, tentando di mordersi il labbro per contenere il disprezzo verso se stessa, verso quel nome, perché colei che l'aveva portato non le aveva fatto nulla di male eppure, a quanto era dato sapere, era stata la causa della fuga di André.
Si ritrovò spiazzata dal proprio disprezzo verso la povera Amalie e verso la disgraziata vita ch'era toccata in sorte alla sguattera.
Qual era stata dunque la colpa di Amalie Jenevieux se non quella di nascere povera, chissà dove, e poi giungere a Parigi in cerca d'un raggio d'amore e poi rincorrere quel raggio fino a Versailles, che però s'era tramutato in un beffardo strale arrugginito che l'aveva trafitta, e poi sciogliendo le sue povere ali come il calore del sole con l'arrogante Icaro!?
Eppure, l'arroganza di Amalie Jenevieux s'era spinta oltre il limite, aveva toccato e tentato di afferrare la vita di André Grandier.
Quella vita…
Le apparteneva?
Non fosse stato per l'arroganza di Amalie Jenevieux, André sarebbe stato ancora in Francia e quel ch'era peggio, André non avrebbe mai mutato indole e anima fino a divenire l'ombra di se stesso.
Lo sguardo dell'altro s'aprì come colpito dalla visione, il corpo oscillò come colpito da un'onda gigantesca…
"Morta…" - glielo chiese, pietrificato, come facesse Oscar a sapere…
"Ho conosciuto quella giovane, l'ho incontrata a Versailles. Veniva da Parigi, mi disse ch'era giunta sino alla reggia per cercare te ma tu te n'eri andato, eri già partito per l'America. Con Amalie c'era una bambina, Victoire, credo di tre, forse quattro anni. Era piccola per la sua età. Ho cercato di comprendere se la sua storia fosse tutta una menzogna. Glielo chiesi e poi l'ho chiesto a te…".
Un respiro fondo…
L'orlo del baratro…
Mantenere l'equilibrio per non cadere…
Chiudere gli occhi per non rischiare d'essere risucchiati dalla voragine…
"Ma tu non mi hai risposto!" – accusatorio, come a dire, ecco perché, ecco che c'era dietro…
"E il mio silenzio parla più di mille parole?! Giusto?!" – sputò André sprezzante verso la caustica conclusione – "Una giovane in cerca d'un uomo che vive, seppur da servo, a Versailles, non può che essere in difetto, non può che recare menzogne al seguito!? Ma non ascolti le tue parole? Non senti quanto esse deturpino quel che è sempre stato il tuo senso della giustizia, il rispetto che hai sempre tenuto verso chiunque!? E questo per cosa? Perché forse una giovane popolana si è presentata alla tua porta cercando fortuna, cercando il servo che l'ha messa incinta!?".
S'incendiò il sangue…
La prima volta André era riuscito a bloccare la mano…
La seconda no!
Il ceffone corse furioso e fulmineo sulla guancia!
L'altro incassò il colpo, stranito, come accogliendo una placida carezza, inghiottendo il tenero dolore ch'essa recava.
"E tu come ti permetti di parlare di una povera giovane in questo modo?! Ti ho appena detto che è morta! Chi sei diventato André Grandier, al punto d'accanirti contro una pretesa insofferenza che mi attribuisci verso una giovane che veniva dalla miseria, piuttosto che avere un poco di pietà per lei!? Io non l'ho giudicata, l'ho accolta…ma volevo comprendere la verità…".
L'unico occhio folgorò la chiosa stupida e ovvia, quasi a incenerirla…
"Perché!? A che ti serve sapere la verità!?" – ribatté sprezzante – "La tua preziosa verità altro non è che il tuo innato interesse a controllare il destino degli altri! E se io non avessi voluto farti sapere nulla!? E se quella giovane…avessi voluto mantenere il segreto!?".
"Non saresti stato tu André! E non sei tu quello che sta parlando adesso, con tale sprezzo d'una ragazza ch'è morta!".
"Che t'importa chi era lei per me!" – la domanda rimbalzò immediata – "E come lo sai che lei…".
"Victor…" – tentò d'accennare lei…
"Ah…Victor Girodel! – chiosò sarcastico l'altro, come impazzito, mentre intuiva i muscoli cedere assaliti dalla disperazione - "Colui che aspira alla tua mano!".
Erano tutti lì i suoi demoni…
In fila, uno per uno!
Il Conte Hans Axel von Fersen…
Il Tenente Victor Clement de Girodel…
Amalie Jenevieux…
Il rango…
Il disprezzo…
La rabbia…
L'inutile esistenza d'un servo…
Un Amore così disperato da incutere ribrezzo…
Che lei non l'amava…
Era quello il vero baratro…
"Che…stai dicendo?" – finse stupore, che lei alla fine l'aveva compreso, ma come facesse lui a saperlo…
Insomma come faceva André a essere sempre un passo avanti, pure restando sempre mezzo passo dietro a lei…
"Quello che ho detto. Victor Girodel, immagino ti sia rimasto accanto. Immagino il suo fervore…in fondo, siete entrambi nobili e lui possiede un innato senso della devozione…tu saresti…".
"Bada André!".
Arretrò l'altro, intuendo d'essere stato sgradevole. Usava quell'arma, l'ultima possibile, parlare di sé, con disprezzo di chiunque altro, perché lei si confondesse e così, lui stesso, irriconoscibile, non l'avrebbe mai riconosciuto per chi era davvero.
Era troppo…
Oscar François non era una stupida.
Era bene dimostrare d'essere irriconoscibili, ma un poco alla volta, altrimenti lei avrebbe compreso ch'era tutta una messinscena e persino recitata davvero male.
"Sta bene! Perdonami. Ebbene so quel tanto che mi è stato raccontato. Ti ho già dimostrato di conoscere molti particolari di quel ch'è accaduto in Francia…".
Come in un gioco di specchi contrapposti, ogni pezzo di sé era replicato all'infinito, nelle infinite angolazioni composte dei ricordi del passato, distorti ed evanescenti e poi nelle sfocate ripercussioni al futuro, incerto e scuro.
Oscar rabbrividì alla continua e gretta insolenza dell'altro…
Tentò di non lasciarsi sopraffare…
"Amalie voleva tornare a Parigi, lasciare la reggia, pareva spaventata, ma l'avevo convinta a restare. Lei e sua figlia si erano trasferite e vivevano a Le Petit Trianon. Amalie lavorava come domestica, là, lontano dalla reggia e sembrava più serena. E' stato allora che mi parlò di te, disse di conoscerti. Poco prima di partire per l'America, sono rimasta lontano dalla reggia per qualche settimana, era marzo, e quando sono tornata lei non c'era più. Se n'era andata portandosi via Victoire. E' stato allora, quando anch'io sono partita, lo ricordo bene, era il mese di maggio di quest'anno…Victor l'aveva cercata per me…ho saputo che è il suo corpo era stato ripescato dalla Senna mentre Victoire…".
André Grandier conosceva Amalie Jenevieux. Certo che la conosceva e lei, anche lei lo conosceva bene.
E André Grandier sapeva bene che se Amalie Jenevieux era finita nella Senna di certo era perché s'era sentita perduta, non aveva più creduto che qualcuno le avrebbe salvate, lei e sua figlia…
Nessuno avrebbe mai avuto pietà di colei che aveva commesso un errore…
Che quando si sbaglia è meglio sparire…
Ma Victoire…
Perché anche Victoire?!
Victor Girodel l'aveva cercata…
Forse allora…
Stavolta non fu più possibile mantenere distacco e sprezzo e rabbia…
Stavolta il corpo implose…
"Dov'è?" – domandò rabbioso André…
"Non lo so. Amalie Jenevieux è morta, mentre sua figlia è sparita. Nel fiume non c'era. Se fosse morta anche lei…".
Di colpo la grandiosa messinscena che André Grandier aveva tentato di rappresentare vacillò e lui si ritrovò a indietreggiare colpito dalle parole dell'altra.
Amalie Jenevieux non si sarebbe mai separata da sua figlia…
La piccola Victoire…
"Stiamo parlando di tua figlia giusto!?" – sputò Oscar sprezzante – "E di quella ch'era sua madre. Dunque come avresti fatto a lasciarle!? Come sarebbe stato possibile per te abbandonarle in balia di Parigi!? Te ne saresti andato perché lei voleva avere il tuo aiuto!? Per non rischiare che qualcuno venisse a sapere di loro!? E' tra i nobili che vige questa dannata abitudine al disprezzo e al silenzio dei propri errori - ammesso considerassi tua figlia un errore - non tra i plebei! Tu avresti trattato Amalie Jenevieux e sua figlia Victoire come tuoi irrimediabili errori?!".
André non resse.
Il plebeo senza speranza, l'amante senza nulla da stringere tra le dita, risorse dalle ceneri d'una esistenza che aveva tentato di svanire nel fuoco della menzogna.
Il passo indietro incise l'equilibrio, lo spazio prese a vorticare come se tutto fosse finito in una tormenta di neve gelida.
Scansò il corpo dell'altra…
Passi imponenti e pesanti corsero verso la porta…
L'uscio di nuovo spalancato, il vortice freddo s'incuneava aggredendo l'aria tiepida e con una falcata annientava il morbido calore che languiva nel braciere.
Tutto cadde nel buio gelato…
Corse fuori come impazzito…
Lei gli corse dietro, pazza di non riuscire a entrare nella mente dell'altro.
Che gli era accaduto, come era possibile che André fosse scivolato in un tale limbo di solitudine d'avere paura di lei, d'avere paura che lei sapesse…
Se l'amava, possibile che l'Amore fosse mostro così fondo da impedirgli di rivelare a lei ciò che lui sapeva, ciò che lui sentiva, ciò che lui viveva e aveva vissuto!?
Aveva paura André…
Paura di un Amore declinato nell'accezione di ricerca, mancanza, assenza…
Lui era fuggito…
Per fuggire da se stesso.
Ma non si può fuggire da se stessi.
La luce del giorno inondò gli occhi, lo sguardo accecato dal riverbero dell'astro arrossato si dimenò a mantenersi saldo, in equilibrio, mentre il passo cedette, il corpo vacillò sotto il peso della colpa, minato dal disgusto di sé, dalla fuga, dall'abbandono.
Catturato e distrutto da quell'Amore che distrugge e impedisce di respirare, camminare, pensare…
Un Amore che impedisce persino di morire, se non quando la Morte stessa decide di prenderti per mano e accompagnarti lontano da quello.
Inciampò André, il passo rovinò sulla neve farinosa e bianca, le mani a proteggere la rovina dell'esistenza, mentre il corpo trafitto dal gelo oppose un sussulto di lacrime nere.
Oscar gli fu addosso, lo tenne, abbracciandolo, chinandosi sul corpo inginocchiato, inginocchiandosi e stringendosi a lui…
"Non avere paura…ti supplico…io…sono…qui".
"Basta! Non parlare…non farlo mai più…".
L'altra rabbrividì all'ordine gridato con tutta la disperazione possibile.
"Ti prego. Non giudico né te…né…".
"Taci…" – lieve, quasi piangendo…
"Va bene…lascia che resti qui…quella bambina…non è stata trovata…se fosse…".
Nessun rifiuto, mentre il corpo gelato s'impietriva nella neve, l'unico tepore quello del respiro di lei.
Oscar rimase ferma, la mano destra corse alla destra dell'altro, stringendola e tenendola lì.
Nulla pareva essere al suo posto in quel momento, se non che lei era lì, ed era lì che avrebbe voluto essere, chiunque fosse stato André, qualunque fossero state la sua storia e le sue colpe.
Lui era André…
L'Amore non ha ragioni, né colpe…
Ascoltò il corpo di André impietrirsi e dimenarsi al tempo stesso, imponendosi di restare lì, e lottando per non fuggire via.
Che gli era accaduto…
Si zittì, la coscienza implosa a trattenerlo a sé, senza immaginare nulla, neppure se lei fosse stata la donna che aveva costretto André a lasciare la Francia, oppure no, non lo fosse stata e non fosse nessuno per lui.
Non importava più chi essere,
Quando lui fosse stato in grado le avrebbe detto tutto…
E se non fosse accaduto…
"Sei…lenta…" – balbettò André, sottovoce, stranito e beffardo, tentando di ritrovare il senso di sé – "Se il braccio non ti fa più male è bene che continui ad allenarti. Altrimenti perderai la tua forza…e per te…sarebbe…la fine…".
Oscar inghiottì. Tentò di ricacciare indietro le lacrime, non sapeva se di freddo, terrore o rabbia.
Un sussulto…
André scostò il viso ch'era rimasto fisso a terra, si voltò di scatto a osservarla - "Che cos'hai?" – chiese, come nulla fosse, come lei fosse ancora convalescente.
Ondeggiò lo sguardo ceruleo cadendo nel placido verde di nuovo accogliente.
Confessò Oscar di non avere più forze - "Nulla…" – mentì mentre le lacrime s'affacciavano a velare lo sguardo scuro.
André le aveva chiesto di tacere, e le chiedeva dunque di consentigli di mentirle, dunque di abdicare a se stessa, scansare quell'indole che da sempre aveva guidato gesti e pensieri.
Le chiedeva di non essere più lei.
Ecco dunque che anche senza intenzione, quell'Amore, quello di André per lei, traboccava, sgorgava fuori, riversandosi su di lei, condizionandone l'esistenza.
Che lui si concesse di tornare a essere l'André di un tempo, solo per un istante, concedendo a lei di essere Oscar, quella che lui amava, colei che lui aveva veduto piangere anche se poche volte, e lì, allora, gli era parso davvero che quelle lacrime non fossero dovute al freddo che incideva muscoli e pensieri, ma fossero per sé, e allora si chiese come spezzare quel pianto, interromperlo…
"Vai a prendere gli shinai…e…" – un respiro trattenuto – "Non devi…essere…necessariamente forte per immaginare di compiere il tuo dovere, per convincerti di essere solo e soltanto così - forte! Semmai volessi piangere, allora piangi! Semmai vorrai sentirti uomo…allora sarai un uomo…e se vorrai essere una donna…allora lo sarai! Che tu sia uomo o donna o chiunque tu voglia essere, sei libera di esserlo…sii debole…sii forte…scegli tu…".
"Chi essere…" – l'interruppe come sospesa, come a catturare, seppur solo con la propria bocca le parole dell'altro – "Scelgo te. Scelgo di essere una donna che ti vuole accanto a…".
Si stranì André all'affondo dell'altra, come quando l'avversario si ritrova scoperto, accorgendosi d'aver sbagliato colpo, d'esser in ritardo, di non aver messo sufficiente forza per contrastare un colpo…
E la punta attinge lì, al petto, al cuore, minando orgoglio e respiro.
L'invisibile punta d'acciaio oscillò muta, per tutto il tempo che scorse da che l'altra s'era rialzata e passi decisi e fondi era scomparsa dentro la catapecchia, per riapparire, come le era stato chiesto, impugnando stretti i due shinai, armi di legno, arpioni di pensieri errabondi.
La guardò André, mentre s'irrigidiva, diritto e teso, sciogliendo respiro e muscoli, impugnando lo shinai leggermente inclinato contro di lei.
La osservò André, mentre l'altra compiva il primo passo, mani unite e strette all'impugnatura, il bastone a compiere archi di cerchio in successione, dapprima parati e poi respinti a ruotare dalla parte opposta.
La distesa innevata inghiotti d'un tratto passi, gesti, respiri. I colpi rimbalzavano a perdersi attraverso gli alberi, accompagnati dai versi di un animale ferito che combatte contro un suo simile e si divincola per liberarsi e riprendere la fuga.
Oscar intuì che, come la prima volta, André faceva sul serio.
Come era sempre stato.
Invece no…
Nel silenzio…
Grondavano immacolati respiri di statica attesa…
Ondeggiavano i corpi illuminati dal riverbero bianco della neve candida…
L'effige dell'altro, improvvisamente mutava in imponente ombra, veloce, accanita su di lei, il colpo dapprima abbozzato e respinto e poi no, insistente, come a tenerla lì, per rinfacciarle la lentezza, la debolezza…
Che lei era lenta…
Che lei lenta anche se era Oscar François de Jarjayes…
Forse era stato il viaggio ad averla fiaccata e disorientata.
Forse era stata l'immobilità impressa dapprima a Ponta Delgada e poi via via negli scontri che s'erano susseguiti.
Uno sopra tutti, quel dannato vestito ch'era costato la ferita più acuta e fonda, il corpo reso bello ma prigioniero della brillante compassione d'una stoffa estranea, serica, marina, la cicatrice incisa entro lo smaccato desiderio d'abbigliarsi come donna, che nulla aveva a che fare con l'essere donna.
Respinse il colpo avverso, che adesso André era davvero avversario, capace d'innalzare istintivo e animale il grido d'accompagno alla danza corporea che ruotava entro lo spazio inciso a schivare l'affondo successivo…
Che però la neve era alta ed era facile inciampare e l'istinto di sopravvivere dettava d'abbandonare l'arma…
"Sei lenta!" – incalzò André alla seconda caduta, mantenendo l'arma in posizione, osservando l'altra lunga distesa, scomposta, gambe all'aria, sempre più furiosa.
Oscar si rialzò, afferrò lo shinai disperso con la sola destra mentre la sinistra caricava l'impeto della corsa, dettando la direzione, per avanzare più in fretta e non avere ostacoli, per arrivare sull'altro…
Rise quasi André della scompostezza, schivando l'avversaria, ruotandoci attorno, che però si dimenticò che l'altra era brava nello scontro ravvicinato, perch'era agile e là dove difettava la forza bruta, reagiva d'istinto la cavatura del polso a fendere l'arma lungo la pelle del contendente.
Fortuna che non era d'acciaio, che sarebbe bastato sfiorarlo per abbatterlo.
Il colpo giunse alla fine, alla spalla…
Gridò André, cacciando un'imprecazione.
Sulle teste sfilò rapido e nero il manto piumato del falco…
Oscar indietreggiò, André parimenti, il respiro corto, l'istinto di rifarsi subito dello smacco ma poi no…
Corse alla bestia, con lo sguardo, fischiò a richiamare l'istinto della bestiola, ma entrambi gli avversari sollevarono il braccio…
L'animale volteggiò di nuovo per planare sicuro sulla stoffa fredda, che avvolgeva l'arto d'appoggio.
"Ah…è così allora?" - gracchiò André, stupito d'esser stato scartato dall'animale di cui si era preso cura fino ad allora e ch'evidentemente nel giro di qualche giorno di assenza aveva deciso di cambiare padrone.
Sorrise Oscar, esibendo la trionfale conquista, ebbra di fiducia e potere, mentre André si risollevava dallo sforzo e restava a fissare qualche istante entrambi, la scheggia ocra e bianca che aggiustava la presa del braccio, sprimacciando le ali e lei, Oscar François a sorreggere la bestiaccia infingarda.
"Evidentemente ha più gradimento che di te!" – sferzò lei per ingelosire l'altro padrone.
"Evidentemente le hai offerto più cibo di quel che meritasse" - chiosò André rimettendo lo shinai in guardia – "quella bestiola è golosa fino a essere ingorda!".
"Non ti è bastata la lezione?" – sibilò Oscar scostando il braccio così che il falco si sollevò in volo, scartando il corpo e risalendo verso il cielo.
L'aria si era via via scaldata, di scintillante miriade di cristalli infuocati…
Il respiro regolare, i muscoli tesi e caldi…
"Quella che tu chiami lezione è solo l'inizio!" – gridò André – "Ora che abbiamo compreso che non accusi dolori…vediamo se riesci a prendermi!?".
Che scattò di lato, iniziando a correre, d'una corsa alquanto buffa, disarticolata per via della neve che impediva alle falcate di prendere velocità, impegnata a evitare che il ghiaccio finisse per minare l'equilibrio.
Oscar rimase di sasso all'insolenza dell'altro…
"Aspetta!".
D'istinto prese a correre anche lei, come stesse inseguendo una preda, instupidita dallo smacco d'esser stata sfidata a confrontarsi entro chissà quale battaglia…
Una corsa, uno scontro…
Il corpo scuro di André penetrò nella boscaglia di felci e rovi acuminati…
I passi schivavano le insidie mentre ogni tanto la faccia si voltava per controllare che lei fosse lì.
Era lì, era lì anche nell'istante in cui lui si voltò per tornare sui suoi passi, infilando una serie di montanti stretti e decisi, potenti, uno sull'altro, che Oscar per un istante s'immaginò che il proprio shinai si sarebbe spezzato e quello dell'altro l'avrebbe colpita in faccia senza pietà
André faceva sul serio…
Avrebbe voluto gridare…
Che ti prende…
Poi no, la rabbia prese a salire, aggrovigliata ai respiri contratti, annidata nell'aria gelida, così che i muscoli riconobbero l'andatura dell'attacco, riposizionandosi per respingerlo e riprendere il ritmo dello scontro e guidarlo a sua volta così da costringere André a tornare in posizione di difesa.
Solo che quel dannato, non appena lei riusciva a riprendersi la scena, si voltava a cominciava a correre, lasciandola lì, come una stupida a domandarsi che diavolo di strategia fosse…
Combattere contro di lei, annientarla dalla fatica…
"Fermati! André…che tu sia dannato!"– gli gridò dietro riprendendo a correre in mezzo agli arbusti, le falcate ostacolate dall'erba, dalla neve, dal vento che aveva preso a sollevarsi gelido rovinando in faccia tagli di ghiaccio – "Hai paura di me!?".
Chissà dov'erano finiti…
Oscar si avvide che a poco a poco la mente si colmava del vuoto della corsa, della smania della fatica.
Gli occhi erano su André, lo seguivano e lei pareva rincorrerlo come si rincorre un'anima che vola verso il cielo.
Per tre volte il rituale le si rovesciò addosso…
Alla quarta…
Di lì a breve sarebbe riuscita a contenere l'abilità dell'amico di un tempo, e secondo l'assurda strategia l'altro avrebbe ripreso a correre, sottraendosi di nuovo.
Gli si parò davanti allora, ostruendo la strada, André comprese che il gioco era finito, che lei omise di forzare il colpo, e lo shinai avversario per poco non le arrivò sul viso, arrestandosi a pochi pollici dalla faccia…
"Combatti!" – gridò furioso, di scorgere la resa senza arrendersi.
"No!" – replicò sfinita…
"Così perderai!".
"Non credo proprio!" – sibilò ribattendo il colpo, agganciando lo shinai, arrotolando il bastone, forzando la presa che nemmeno il polso forte di un uomo avrebbe potuto mantenere.
André fu costretto a lasciare l'impugnatura, lo shinai cadde a terra…
Oscar tornò con la punta dell'arma sulla faccia di André che non arretrò d'un pollice.
Rimasero lì, sfiniti dalla corsa, ebbri l'uno dell'altra, furiosi di non esser riusciti a sopraffarsi così come dettava il rituale del combattimento.
Inaspettatamente, anche lei alla fine lasciò cadere il bastone.
André si contrasse, non capiva…
Un passo, avanzò, le mani al petto dell'altro, lo spinse…
"Dannato Grandier!" – esordì quasi piangendo, stravolta dalla fatica.
André si lasciò spingere, indietreggiando, il viso rosso, il respiro troncato dalla corsa, lo sguardo velato dal pianto dello sforzo, dal pianto dell'Amore…
Lei era lì e…
Dio quanto l'amava!
Il silenzio incombeva…
Solo la voce, bassa e sensuale, ammorbata di pianto e desiderio, scorreva attraversando la foresta vuota.
"Che me ne faccio delle tue mezze bugie!?" – imprecò severa – "E delle tue mezze verità!? Sei vivo…e…dannazione…volevo che tu lo fossi…".
"Va bene sono vivo…" – ribatté lui un poco stravolto, imputando il timore d'essersi persi all'antico sodalizio amicale che li legava da sempre, da quando s'erano conosciuti – "E allora…".
"E allora!? Sei impazzito?!".
Il vuoto acuto, colmo di respiri evaporati…
"Chi sono io per te!?" – rimbeccò André, accorgendosi d'essersi spinto troppo oltre, non avrebbe dovuto – "Sarei così pazzo da pensare che non ti è mai importato della mia vita?! No, lo so che tieni a me…".
"Ci tengo…" – replicò Oscar, come un'inutile nenia…
"Ci tengo!" – incise fonda – "Ci tengo al punto che sì, sarei impazzita se non ti avessi trovato…".
"Tu saresti…" – il respiro inciampò impietrito nell'affermazione.
Parole degne di Oscar François de Jarjayes, seppur pregne d'un sentore diverso, altro.
Parole immobili eppure sorprendenti…
André si ritrovò con le spalle al muro, inchiodato lì, al muro evanescente del baratro che s'apriva dietro di sé, mentre lei aveva fatto un altro passo e l'aveva spinto di nuovo e lui, per non restarle addosso era indietreggiato.
Un altro baratro, come allora…
Lo stesso cielo azzurro, la distesa del mare dietro, di contro al buco bianco e grigio che s'apriva alle spalle.
Un'altra spinta…
André si accorse che ancora più indietro non sarebbe potuto andare.
Un'altra spinta…
Stavolta si scansò sgusciandole di lato, che lei per poco non perse l'equilibrio, come se non s'aspettasse che lui si sarebbe scansato, come avesse tale fiducia in lui da sapere che mai lui l'avrebbe rifiutata. Né lei, né il suo odio…
André per poco non perse il respiro.
Il ricordo del corpo spinto e respinto e poi trascinato giù all'Inferno…
Si sottrasse, quasi chiudendo gli occhi, mentre i muscoli restavano inchiodati alla follia delirante che l'aveva travolto…
L'odore del mare, il profumo dei pini, il frusciare dei mirti…
Era tutto scomparso ma il dolore no, quello era lì.
Ma se lui non avesse riaperto gli occhi…
Il piede dell'altra sgusciò in avanti, l'equilibrio si ritrovò la voragine di fronte.
Il corpo non forzò alcuna flessione per riprendersi il terreno sotto i piedi, come non volesse farlo, come non avesse più forza.
Era lì, sul baratro, era sola, che lui si era scansato.
La Morte dunque l'avrebbe presa per mano e condotta nell'Olimpo degli Dei.
La Morte l'avrebbe condotta via se lui non avesse aperto gli occhi…
Fece per lasciarsi andare Oscar, scivolare giù, in attesa della prova di fiducia.
Chiuse gli occhi, intuì la forza dello strattone che la trascinava indietro, riportandola alla neve fredda, in bilico, stretta all'altro, mentre il vento sfilava fondo, gonfiando le vesti, spingendoli giù, entrambi.
Che fine biecamente orrenda…
Che fine terribilmente sentimentale…
André se la trascinò addosso, l'abbracciò stringendola, il corpo morto s'abbatté sul proprio facendolo scivolare a sua volta a terra.
Affondarono entrambi nella neve fredda che prese a gelare le pupille, a riempire la bocca, impedire il respiro…
La sgraziata caduta non comunicò altri colpi che quelli dei corpi che s'afflosciavano.
I muscoli rabbrividirono…
Presero a tossire entrambi, a sputare neve e rabbia…
Presero a ridere di sé e della stupidità reciproca…
Presero a ridere di quell'Amore che si prendeva gioco delle esistenze e le metteva alla prova ma non c'era nulla da fare, non c'era verso di scrollarselo di dosso.
Nemmeno se fossero morti.
Erano destinati ad amarsi?
Per sempre?
Che follia…
André non lo voleva un amore a tutti i costi!
Tentò di alzarsi, spingendola via…
Lei no, gli rimase addosso, si tirò su giusto per sedersi su di lui, le gambe larghe ma poi strette a stringergli i fianchi, le mani al petto, a stringere la dannata camicia, il colletto della giacca…
Lo guardò severa, in lacrime.
Aveva promesso di non chiedergli nulla…
Aveva ammesso, alla fine di tutto, che ciò che aveva desiderato sin dal principio, era ritrovarlo.
Chiunque egli era stato nel passato e chiunque fosse diventato…
"Ascoltami!".
"Vattene!" – ringhiò l'altro messo alle strette.
Hai parlato di reputazione…c'entra dunque una donna?
Potrebbe anche c'entrare un uomo!
Smettila! Sembri un bambino che vuole nascondere il guaio che ha combinato!
La donna che amo…
Ti chiedo di aver cura di lei…
L'hai veduta oggi?
Hai ascoltato il tepore della sua stanza ancora chiusa al mattino?
Silenziosa magnolia mescolata al Marsiglia…
Metallico acciaio intessuto di lino?
E l'hai scorta, alla sera, mentre, assorta, osserva le ortensie fiorite al di là delle finestre della grande sala?
I pensieri alla giornata scorsa, i dubbi d'aver composto al meglio i propri doveri e poi la scelta delle incombenze per la giornata che verrà?
E dunque alla fine è come se l'avessi portata con me in fondo, ogni giorno.
Mentre cammino, mi sovviene d'osservare il cielo, da lontano si odono le strida dei gabbiani, lo sciacquio del mare e tornando con lo sguardo avanti a me, è come se lei fosse lì, soltanto che io sono mezzo passo dietro a lei…
Mezzo passo…
Mezzo passo…
Mezzo passo dietro a lei…
Sentite…ve lo dico subito! Quello stava dietro ad una nostra giovane. C'aveva una mocciosa con sé, sfornata chissà dove e con chissà chi. E quando le ho detto che la mocciosa sarebbe stata d'impiccio e che poteva benissimo metterla in orfanotrofio, quella s'è ribellata.
Non ci sapeva fare troppo col suo lavoro ma insomma rendeva bene. Era gentile…educata! …è venuta qui perché ce l'ha portata quel giovane e allora io ho pensato che forse poteva essere il padre…
André…
Ecco! Può essere che fosse proprio quello! Che fine ha fatto? La giovinetta se l'è svignata che oramai non lo rammento più…saranno due o tre anni…perché quello a un certo punto non veniva più, era sparito e lei secondo me è andata a cercarlo.
Mi diceva ch'era ricco…insomma…lei diceva così…poi vai a sapere s'era davvero ricco o non l'aveva presa in giro…l'aveva aiutata e siccome non c'è nessuno a questo mondo che caccerebbe denaro per aiutare una giovane disgraziata se non perché con quella ci si è combinato un guaio…ecco…quello per me era il padre della mocciosa. E se l'è svignata perché s'era stancato di mettere soldi per la giovane disgraziata!
Non so che dirvi…non ho più notizie ormai da oltre un anno…anzi…da molto più di un anno!
Davvero? Allora mi sa che il bellimbusto se l'è proprio svignata! Speriamo che non abbia fatto del male alla povera Amalie!
Ti parlerò di lei…
Ti racconterò di me…
Spesso osserva il cielo…
Forse per vedere se pioverà…
Ho sempre pensato invece che fosse perché lei vorrebbe essere altrove…
Ci ho scritto il suo nome, mille volte, perché non c'è nulla da fare. Perché lei è lì, in quel cielo limpido e puro. In ogni cielo limpido e puro.
E poi arrivano le nuvole a cancellarlo e allora lo riscrivo di nuovo ancora e ancora.
Vorrei davvero che lei vedesse questi luoghi, mentre nel silenzio i falchi volano radenti al suolo a catturare le loro prede.
Sono veloci e implacabili e quasi mai falliscono il bersaglio.
Come…monsieur!? Che avete detto? André? Mon amour André Grandier?
Mon…amour…che stai dicendo…come…conosci quel nome?
Oh…si…mi pare di rammentare che quel bel giovane si chiamasse André!
Come lo conosci?
Come sai che si chiama André…
Monsieur…che v'importa? Era vostro amico? Ci avete avuto a che fare anche voi?
Oh…adesso comprendo meglio…se madame qui presente mi dice che a voi io non potrei mai interessare…e se mi chiedete se ho conosciuto André…e se l'avete conosciuto anche voi e se ci siete stata assieme…
Monsieur…vi parlerò di lui se vi fa piacere…l'ho conosciuto tre anni fa…proprio in questa locanda. Era in partenza anche lui, per l'America. Gli ho fatto compagnia…è stato gentile…era una bella persona…ma di poche parole…mi ha trattato con tanta gentilezza…un amante intenso e generoso…
Sei…stata…con lui?
Si, lo ammetto…abbiamo trascorso poche ore assieme, ma sono stata bene…mi chiedeva se avevo freddo, se avevo caldo, se ero comoda…e poi ad un certo punto si è messo a ridere ed io non capivo e credevo mi stesse prendendo in giro ma lui mi ha chiesto scusa e mi ha detto che…era mercoledì!
Monsieur…lui era così triste…mi ha chiesto se volevo fargli compagnia…abbiamo parlato…e poi mi ha baciato…all'inizio piano…che quasi pensavo avesse paura…e poi…poi ecco…perdonate…mi vergogno…anche se io sono una giovane che giace con altri uomini, insomma, parlarne con voi…ma perché v'interessa?
Per via delle parole della comare di sotto? Ma siete stato davvero con Monsieur Grandier? Ecco…non mi piace questa cosa…ma voi siete bello e se io non vi dispiaccio…posso provare…
So chi erano quelle persone…sei stata brava a nasconderle al Trianon…ero distratto, non mi ero accorto subito ch'erano giunte fin sotto i miei occhi. Quella giovane l'avevo già conosciuta a Parigi.
L'ho vista con André e nessuno mi toglie dalla testa che quella bambina…i suoi grandi occhi grigi e tristi…dimmi che non hai pensato neppure per un istante che lei non potesse essere…non ti ha mai detto nulla quella giovane!?
Monsieur…da qui sono passati molti francesi…diversi anni fa…ora non più. Voi siete il primo dopo tanto tempo…
E com'erano questi francesi?
Belli monsieur! Belli come voi! Non avevo mai visto uomini così belli come quelli che ho conosciuto tre anni fa…ce n'era uno…si…un vero gentiluomo…oh monsieur…arrossisco ancora al pensiero!
E assieme a lui ce n'era un altro…ecco…un altro che…
Ho compreso fosse nobile…sono restati qualche giorno e poi hanno ripreso la via dei Fingers Lakes…
E che è accaduto quando erano qui…
Mi hanno raccontato com'era la Francia…uno di loro mi ha detto che c'è un palazzo enorme dove dentro ci abitano il re e la regina…un po' come in Inghilterra ma almeno…ecco il re francese non sembra così matto come quello inglese…uno era triste in realtà…ci ho parlato poco…
Monsieur…io rammento solo che quell'uomo era un eccellente…gentiluomo…
Un uomo triste…
Un eccellente gentiluomo…
André che parla di amanti…
André che esce di notte…
André ha conosciuto Amalie Jenevieux…
André ha salvato la sua bambina…
Amalie Jenevieux è morta…
Victoire è perduta chissà dove…
E tu…tu che ne sai dell'amore!? Quali strade percorre? Quali strade ci costringe a percorrere? Augurami buona fortuna!
No!
Sei testarda!
Lui…era diverso da noi…
Cosa…
Beh…non dovreste chiedermelo. Se l'avete conosciuto…se l'avete conosciuto da più tempo di noi…dovete ammettere che lui non era come noi. Comunque era triste…non l'ho mai visto accalorarsi per una donna o scambiare stupidaggini sulla sua vita passata. Insomma, non è che questo viaggio gli abbia portato fortuna. Eccetto che a Brest…dove ha incontrato voi. Mi hanno raccontato di quel che è accaduto in quella dannata bettola. Lui vi conosceva già, ormai è chiaro, poi non so se fosse più stupito di trovarvi lì…o amareggiato o…ma lui…ecco…
Ma voi…immagino che non vi avesse stupito trovarlo lì!
E poi lui non amava trascorrere le sue ore di riposo magari giocando a carte…" – incise Alain Soisson – "Era…insomma…voi avete conosciuto i miei compagni…non lo capite da voi quel che intendo!?
Che intendi? Non l'hai mai visto…accalorarsi per una donna!?
Ma come!? Ma stiamo parlando della stessa persona?
Che intendi dire…lui non si comportava come voi!?
Allora…il bellimbusto svedese…quello…ecco…per dirvela tutta…ovunque si fosse…quello non mancava di finire tra le graziose braccia d'una graziosa dama! Ma…lui…diavolo…
Voi siete una donna!
Ma siete davvero sicura d'averlo conosciuto!? Intendo…lui…secondo me…quello era ridotto così per colpa d'una donna…poi…lo saprete voi chi poteva essere!?
Tu…sei una donna…
Tu hai conosciuto André…
Nessun'altra che te…
Mazzo passo…
Sentore di Magnolia e acciaio…
Lo sguardo al cielo…
Tu…
Sei tu…
Quando venne pestato a Ponta Delgada…aveva ripetuto spesso un nome…uguale al vostro. Gli avevo chiesto chi fosse questa persona….ma non disse nulla eccetto che era…tutto…
Tutto…
Tutto…
Tutto…
Chi diavolo è allora? E' bella? E' nobile? E' una giovane del popolo? Hai detto che tu sei un plebeo…dunque…
Si…
Sì…cosa!?
Sì! E' bella! E' davvero bellissima…
Resterei…se…
Se?!
Se fosse lei a chiedermelo!
Gliel'avevi chiesto…
André…non…
Non partire…
Ma lui se n'era andato…
E solo se me lo chiedesse spontaneamente…senza costrizione da parte di nessuno!
Non era stata dunque la domanda ad essere sbagliata.
Ma quelle stesse parole pronunciate da te, senza sapere che lui ti amava.
Quelle stesse parole pronunciate da te, sapendo che tu…
Tu…
Sei tu…
Tu sei tutto…
"Se io fossi stata quella donna…" – respirò a fatica, mentre lo teneva lì, sotto di sé, fermo – "Non ti avrei mai lasciato partire…".
Silenzio…
Il piccolo falco, in alto, volteggiava, uno stridio a richiamare i padroni ch'era lì, in attesa che quelli s'accorgessero che le ore erano trascorse e che per quanto fosse giorno, la luce del sole sarebbe declinata presto in un tramonto gelido e mortale.
"Se io fossi stata quella donna…" – un altro respiro inghiottito – "Ti avrei chiesto di restare…ebbene…".
Silenzio…
Alcuni rami d'uno sconosciuto alberello schizzarono verso l'alto, scrollandosi di dosso il peso della neve imperlata di ghiaccio, una cascata di tonfi sordi bucarono il manto uniforme.
"Sai che l'ho fatto…sai che ti ho chiesto di restare…".
Silenzio…
Il respiro era tornato regolare…
"Io l'ho fatto…e tu…non mi hai ascoltato…".
Oscar strinse la stoffa del giaccone dell'altro, i pugni si piantarono al petto a tenerlo lì, a rammentarsi l'un l'altro che nulla sapevano l'uno dell'altra.
Nulla avevano stabilito, deciso, scelto…
Eppure…
Lieve, come il raggio di sole che scivola giù all'orizzonte, il busto si piegò giù, in avanti, a poco a poco, chinandosi ad appiattirsi sul petto dell'altro, mentre le gambe stringevano i fianchi e la bocca s'apriva a congiungersi alla bocca e le viscere si ritrovavano sull'orlo del baratro…
Sussultò la carne aggrovigliata alle mille regole imposte dal tempo e dalla nascita e dall'orgoglio e dalla paura…
Sussultò il sesso inebriato dalla bocca che respirava il respiro dell'altro…
Ch'era lei quella donna…
Ed era lei, anche se non lo fosse stata.
E lo sarebbe stata, anche se quella donna fosse stata un'altra, e persino se quella donna non fosse mai esistita.
André ascoltò la bocca morbida, incerta, che la bocca era vergine, incapace di muoversi con la dignità dell'esperienza, deliziosamente candida, della purezza indotta dal pudore.
Quella non era la loro Storia…
Non gl'importava…
Le braccia corsero a chiuderla, stringersela addosso, inebriato, travolto come quel bacio travolgeva tutto, se stesso e lei e se stesso e la logica, il rispetto, le regole, la strategia.
Le dita fuse ai capelli, stretti, tirati un poco nello spasmo d'essere lì, tenersi lì, averla, perdersi e morire nell'istante, che le dita strinsero il tempo, l'acuta melodia estranea e straniera, mai udita, incerta, s'essa fosse d'Odio o Amore.
"Si…" – sussurrò piano André nell'istante in cui il respiro tornò distinto e le labbra stranite restarono alle labbra, scorrendo, lisciandole piano, mordendole, ficcando lì, la punta della lingua, entro i tagli di freddo e rovinosa distanza – "Sei tu…ad avermelo chiesto…".
Crepe di gelo entro la carne morbida…
Crepe s'aprirono lente e calme, che fu lei ad impedirgli di parlare, appoggiando le dita sulla bocca, lisciando la consistenza morbida, mentre gli occhi, troppo vicini, si chiusero, per ascoltare il respiro dell'altro, per intuire di nuovo il cuore dell'altro.
Quel cuore che batte è il mio o il tuo?
Non avere paura…
Questo cuore è uno, uno soltanto…
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