"…produce opere geniali non chi vive nell'ambiente più fine, chi ha la conversazione più brillante, la cultura più vasta, ma chi, cessando bruscamente di vivere per sé, ha avuto il potere di rendere la propria personalità simile a uno specchio, in modo che la sua vita, per quanto mediocre possa essere per altri aspetti, per quello mondano e anche, in un certo senso, per quello intellettuale, vi si rifletta: perché il genio consiste nel potere riflettente e non nella qualità intrinseca dello spettacolo riflesso".
Marcel Proust
All'ombra delle fanciulle in fiore
Anime bianche
Il cielo chiuso dall'aria gelata, il vento ingegnato testardamente a riversare sulla valle e sulle montagne poco lontane nuvole bianche, cariche di neve e ghiaccio, i fiocchi a librarsi e volgersi bizzarri, a scendere dapprima piano, incerti, come restii a disturbare il tiepido calore della bocca che ora non parlava più, ammutolita, come inchiodata alla colpa del gesto d'aver osato, l'una, e d'aver accolto, l'altra, i corpi immobili, uno sull'altro, in ascolto del battito, il proprio e quello dell'altro, come cristalli via via intensamente vorticosi e poi anomali e poi sfuggenti.
La corsa sfrenata li aveva condotti lontano dal riparo, così che André, silenzioso, con un'occhiata meno severa e intransigente, aveva dettato all'altra di sollevarsi, scansarsi, rimettersi in piedi e ricominciare a correre, il più velocemente possibile per tornare al sicuro.
Nel cielo il dannato falco intonava un grido di guerra…
André se ne avvide ma non riuscì a prestare attenzione allo sgraziato richiamo che dettava d'una solitudine ormai violata da occhi che avevano scorto e seguito la corsa e poi s'erano arrestati lì, esattamente sul ciglio di quel burrone, ed erano rimasti lì, a scorgere il bacio, furiosi e al tempo stesso inspiegabilmente sazi della visione, che l'intreccio dunque si dispiegava, rivelando il risvolto opaco della messinscena che aleggiava sopra ciascuna delle anime divenute protagoniste di una storia mai scritta, inimmaginabile.
Il vento sferzò i passi, accecando la vista, ostruendo l'udito, imponendo alle mani di unirsi e alle dita d'intrecciarsi, il capo chino, le braccia strette a stringersi, che, pazzi di combattere e scontrarsi, non avevano neppure portato con sé un dannato mantello.
Un colpo alle reni del cavallo, la figura si chiuse entro la folta pelliccia, per ripiegare sul crinale e ridiscendere giù dalla parte opposta dello scomparso rifugio, orientare la corsa verso est, verso il mare, alla ricerca dell'antico amore, per compiere l'unico atto di giustizia dall'amaro sapore della vendetta.
§§§
Senza fiato, la porta spalancata, sgusciarono dentro, raggelati dalla tormenta, mostro che alle spalle aveva tentato d'aggredirli e trascinarli a terra e prenderli con sé.
Senza fiato, la porta richiusa alle spalle, fradici le dita pietrificate nel tentativo di staccarsi la stoffa di dosso, incapaci di articolare un dannato gesto che non fosse rinfocolare le braci, illuminare il nero gelo dell'agonia, scansarsi l'uno dall'altra per via che non c'era verso di dimenticarsi l'uno dell'altra.
Non ci fu tempo per pensare a ciò che era stato, perché in quel tempo nemmeno il più saldo degli amori sarebbe sopravvissuto.
André scostò alcune pellicce dalla parete…
"Copriti o congelerai!".
Che l'altra non riusciva ad articolare parola, mentre come meccanismo inceppato o arrugginito tentava di scalzare i calzoni, scostare la camicia e non comprendeva come le dita non riuscissero a muoversi, che quasi si sarebbero staccate se avesse provato a chiuderle o aprirle.
Se lo ritrovò davanti, freddo e intenso al tempo stesso, anima scura e sporca del passato nascosto, eppure bianca e pura di cangiante Amore, che mai avrebbe avuto modo di appagarsi.
Nemmeno se l'avesse davvero amata con tutto se stesso, Amore sarebbe stato soddisfatto.
Esso pareva vivere ed esistere al di là e oltre chi era o sarebbe mai stato André, oltre chi erano e sarebbero mai divenuti.
Esso avrebbe anelato ad avere ancora di più, fino all'impossibile, fino a implodere entro se stesso e morire dell'inedia consumata dall'eternità.
"Che…fai…" – sussultò debole, indispettita e lenta…
André non risposte, corse alle vesti, le scalzò facendo attenzione a non stracciarle, condusse verso l'alto la camicia, verso il basso i calzoni.
Lei s'oppose, le mani di fretta a coprirsi, tentò di voltarsi, ch'era nuda…
Il tempo d'un vortice di neve ed era già di nuovo al sicuro, ricoperta di stoffa asciutta, la camicia un poco aperta, che corse a stringersi addosso, il manto di pelliccia si richiudeva addosso e i piedi erano avvolti da sciarpe di lana grezza.
Nonostante la rapida vestizione non riusciva ad accorgersi del tepore emanato dal suo stesso corpo imprigionato entro la coltre asciutta, come incapace d'emanare calore, come se il suo corpo fosse morto.
In piedi tremava ma non sapeva neppure di stare tremando.
No, l'altro si scostò, disinteressandosi di lei per occuparsi del fuoco che, idioti entrambi, l'avevano lasciato in balia dello sfacelo dei fantasmi del passato, grottesche effigi sotto sembianze di gelidi aliti di vento.
Quante volte le aveva rimproverato d'essersi lei lasciata condurre dai pensieri e d'averlo lasciato, lì, il fuoco nel camino, abbandonato a se, quasi spento, come se il buio sarebbe stato miglior custode degli errabondi pensieri.
"Che modi!" – sibilò mentre osservava l'altro industriarsi a far risorgere la fiamma – "Da villano!".
"Se non vuoi morire di freddo!" – rimbeccò, mentre si rialzava lentamente, attendendo che calore e chiarore l'avessero vinta, schiarendo netti il decrepito spazio.
Pochi istanti…
Che André rivolse a se stesso le stesse rudi maniere…
Che lei stavolta non abdicò, forse colta di sorpresa o forse no, forse caparbia, ferma lì, lo sguardo sbarrato a cogliere i balzi della stoffa, a scorticare greve il corpo dell'altro che si liberava dei vestiti, senza esitare, senza eccedere in maniere troppo formali, che pure tra loro non erano mai esistite.
Fu rapido André, ma non così rapido.
Oscar ripiombò per un istante nella malconcia bettola a Brest quando l'altro, ubriaco e arrogante, non s'era curato della sua presenza, svestendosi dinnanzi a lei, come fossero due mocciosi o peggio, due amanti persino distratti dalla fretta di concedersi all'altro, che le guance erano avvampate e più che il calore aveva stupito l'iridescente ragione del nulla che s'era ritorto contro se stessa sino ad infiammare le guance..
Che non c'era un perché.
Che allora forse tutto era cominciato tutto da lì.
Lo sguardo s'aprì solo un poco stupito d'essere stupito, dunque quasi avido, allo scorrere dei muscoli bianchi della schiena, tesi e sensuali, appena lambiti dal guizzo insolente del fuoco, che s'arrampicava lungo le costole e brillava entro l'improvvisa e straziata incisione del peccato.
L'errore era lì, trapuntato entro la pelle….
Che Amore era divenuto coltello, spada, polvere da sparo, freccia…
Che Amore, quello insolente che lei gli aveva rovesciato addosso, nella bettola di Brest, costringendolo a occuparsi di lei, a difenderla dalla sua stessa arroganza, o chissà da cos'altro, quello che l'aveva indotto a lasciare la Francia…
Amore era lì, asciutto e scuro, cicatrice a solcare corpo e anima.
Si mosse Oscar, d'istinto, allungano la mano, le dita a cercare di sfiorare i segni, inorridita dal frammento d'un passato ove lei non era stata, ma ove era pure vissuta, seppur involontaria protagonista, se non addirittura prima attrice.
L'indice sfiorò appena la schiena, André si scostò.
"Lascia…" – sussurrato, che non era ciò che lui voleva, che quell'Amore, il proprio, era lì, sul punto di rovesciarsi addosso a lei, e non era ciò che voleva.
Lui non voleva, stupido e idiota, essere amato per compassione, non l'accettava, anche se forse in quel momento avrebbe solo voluto essere amato.
André Grandier lottava contro se stesso…
"No!" – che fu lei stavolta a opporsi, intuiva lo strazio nato dall'Amore, e osservarli, assieme, quell'Amore e quello strazio, ch'erano sorti ed esistevano per lei - perché adesso lo sapeva che tutto era accaduto per sua causa - sconvolgeva e al tempo stesso attirava, come in un vortice ove non ci sono più pensieri, né ragionevolezza, né pudore di rispettare il dolore, ma nemmeno desiderio d'alleviarlo.
André non meritava d'essere amato per compassione ma in quel momento lei intuì che lui avrebbe voluto solo essere amato.
E André – Oscar l'ammise – non aveva mai desiderato la sua compassione, perché nemmeno lei avrebbe mai amato per pietà o commiserazione.
L'indice non si fermò, non accettò d'eseguire l'ordine.
Il palmo della mano, anche se freddo, si appoggiò sulla pelle della schiena, l'accarezzò, intuendo il solco tragico dell'orrore.
Il baratro era stato attraversato…
L'occhio perduto in un paese straniero in cui André era giunto per fuggire da lei.
Le cicatrici sulla carne impresse per vendicare l'onta d'averla difesa…
Forse d'averla baciata…
Le parole dei due soldati, incrociati nel gorgo dell'assalto alle baracche di polvere da sparo, rivolte a lei, scambiata per il colonnello svedese…
Che ci raccontate!? Quando ci avete detto di fare quel lavoretto a Ponta Delgada…con quell'altro soldato…noi l'abbiamo fatto!
Abbiamo dato a quell'idiota quel che si meritava ma adesso vorremmo saperne di più! E soprattutto…vista la bella faccia di quel damerino…beh…ci piacerebbe finire anche con quello….quel che non si è terminato?!
Ci avete detto di fare quello che volevamo…quello ci aveva già pestato i piedi a Brest…
Dio…
Era troppo…
La mano si aprì, si appoggiò, André tentò di scansarsi per rivestirsi in fretta.
"No…ti prego…" – imposto, implorato – "Non so che cosa è accaduto. Non te lo chiederò…ma posso…" – il respiro sospeso, che neppure le parole fossero offesa ai ricordi a brandelli – "Intuirlo…te l'ho detto…".
"Ormai è tutto finito!" – che André si arrese, si lasciò abbracciare…
"Dunque s'è tutto finito…" – la testa distante s'appoggiò – "Non importa se resto qui, per sapere se sei vivo davvero?".
Logica sensuale e disarmante…
"Non ha più senso ricordare quei giorni…sono vivo…s'era questo che temevi…mi spiace di averti creato angoscia…".
"Lo hai fatto per me…" – disse piano Oscar mentre la mano destra scivolava lungo la schiena per scorrere verso il ventre e chiudersi su di esso e tenerlo lì, che la mano sinistra era corsa a prendere la sinistra dell'altro.
Audacemente intensa, non l'aveva ammesso con se stessa, in realtà non pensava a nulla, se non che la volontà guidava i gesti e allora voleva esser lei quell'Amore che lui non aveva mai voluto rovesciarle addosso.
Perché amare non significa sacrificarsi ma imporre un sacrificio all'altro…
Lo desiderava quel sacrificio addosso a sé?
Lo desiderava d'esser lei, quella donna?
Se così fosse stato, se fosse stata lei quella donna, lei avrebbe dovuto ammettere che tutto ciò che era accaduto ad André era stato per causa sua.
E poi…
Amore che impone il sacrificio all'altro - se lei davvero avesse amato André - quell'Amore si sarebbe dunque riversato su André, imponendogli chissà quale sacrificio?!
Si scansò André davvero per sottrarsi, prendendo a tremare, forse per il freddo, forse per la febbre, forse per la rabbia.
Oscar lo seguì, che allora fu lui a voltarsi e ad abbracciarla e a stringerla addosso a sé.
"E' questo che vuoi?!" – il tono cinico, nessuna compassione, nessun desiderio, solo terrore.
Stavolta fu lei a sviare l'affondo, gli occhi alla faccia dell'altro, abbracciandolo, come a chiedergli se quell'Amore fosse ancora lì, per lei, perché adesso lei avrebbe voluto vederlo.
"Vorrei ascoltare la tua voce…" – sussurrò impacciata nelle vesti dell'amante – "Non ho paura di te…e tu non ne devi avere di me…".
André non parlò, la sfida s'innalzava a svelare chi lui fosse, per indurlo a rivelarsi.
I muscoli si contrassero al ricordo di sé lontano da lei, al ricordo di sé e lei addosso, anche se lei era lontana.
I muscoli rammentarono lo sporco che li aveva afflitti e sporcati.
Amore non può sporcare l'anima…
André sapeva che Oscar non era lì perché voleva esserlo, ma per esserci finita per sfuggire alla guerra tra civiltà che infuriava in quel paese.
André sapeva che Oscar non lo amava e non l'aveva mai amato.
André annegava nella fulgida amicizia che li legava e che li aveva legati da sempre. Ma essa non era e non sarebbe mai stata abbastanza per lui.
Può esistere dunque un Amore puro?
Mai sporcato dal desiderio, dal calcolo, dalla logica, dal possesso, dalla rabbia, dalla vendetta, dalla gelosia?
Amore che rifulga solo della propria sola forza?
Amore puro…
Non esiste…
Si scansò bruscamente, non avrebbe accettato altre intromissioni, non avrebbe dato altre spiegazioni…
Però…
Però il cuore batteva piano in quel momento, placidamente adagiato alla folle vicinanza.
Avrebbe fatto torto alla sua intelligenza, immaginandola indifesa, inerme, ignorante…
Forse Oscar non sapeva ciò che era accaduto, non tutto, ma nonostante la partenza dalla Francia per colpa di una donna, e nonostante i brandelli di verità rivelati e una figlia mai confessata e abbandonata…
Oscar era lì. Era ancora lì.
Che lei non gli credesse e dunque s'immaginasse fossero tutte menzogne, oppure che lei l'accettasse come verità, e dunque nonostante la verità, nonostante tutto, lei fosse lì…
Il groviglio di pensieri sconvolse la coscienza, i sensi a poco a poco presero a disgregarsi non più sorretti dalla ferrea volontà.
Si scansò André ma non seppe reggere a lungo la distanza che s'intestardiva a mettere tra sé e lei, e che lei continuava ad annullare, battito dopo battito, respiro dopo respiro.
Fu Oscar ad allungare la mano per afferrare una camicia asciutta e poi veloce ad arrotolarla per calargliela sulla testa, che lui si fece rivestire, come un moccioso, quasi vergognandosi di lasciarsi scorgere indifeso e debole.
Per un istante desiderò esserlo, arrendendosi, mentre il corpo tremava di freddo e rabbia e dolore.
Si ritrovò sul baratro, quasi vacillò come stesse per cadere, che fu lei a tenerlo a sé, abbracciandolo di nuovo…
"Ho freddo…" - detto piano, sussurrato all'altro, le labbra appoggiate al petto, che lui era più alto mentre lei pareva chinare il capo e arrendersi anche lei, e la bocca sussurrava alla pelle, e gli occhi si chiudevano all'alito vacuo di calore riverberato dal battito vivo, e le dita erano ferme adesso per non offendere il dolore, per non incidergli addosso altre cicatrici.
Tutto rifulgeva del candore della resa, le anime risplendevano bianche e pure, nonostante la Storia, le scelte, la fuga e la ricerca, nonostante lui non lo sapesse se lei lo amava o no, nonostante lui non avesse mai osato dirglielo.
Forse quel candore veniva da lì, dall'essere allora anime imperfette, fallaci, incerte, ignoranti.
E dunque capaci di osare di fronte al niente e osare l'impossibile, anche di essere niente.
Le mani strette…
Il capo si chinò di più, la fronte s'appoggiò al petto come affondando, lì dove avrebbe voluto essere – l'ammise alla fine - fin dal primo giorno in cui era scesa di corsa nella camera dell'altro, ritrovandola in ordine, fredda, vuota.
Il capo s'impresse sul petto, ondeggiando in una morbida e buffa carezza, rammentando le strane lettere che via via erano arrivate a casa Jarjayes, le chiose, i commenti, le allusioni, mentre lei impazziva alla ricerca di una storia oscura, ch'era in realtà perfettamente dispiegata sotto i suoi occhi, quasi accecante.
Se ne doleva di non aver compreso e si stupiva d'averlo fatto e nonostante tutto…
La mente, arida e infingarda e calcolatrice e fredda, riassumeva i brandelli ritagliati dal tempo e dalle parole, scritte e udite…
Se davvero André aveva avuto una figlia…
Se davvero l'aveva abbandonata…
Se davvero André aveva vissuto la propria vita, oltre lei, oltre ciò ch'era lei…
Se davvero André avesse amato un'altra donna che non era lei…
Il capo spinse contro il petto dell'altro, come a colpirlo, come a dirgli che lei era lì, che lui non l'abbandonasse in preda all'immobilità, alla cecità…
Lei avrebbe voluto essere lì, in quel momento, nonostante tutto…
Amore niente affatto livido…
Amore incondizionato…
Amore puro…
Non esiste…
Le dita appoggiate ai fianchi si strinsero accarezzandoli, nudi e sfrontati.
Il tatto incespicò entro la muta sospensione severa delle ossa del bacino, adagiandosi sulla consistenza asciutta del glutei mentre s'infiammavano le viscere e la coscienza perdeva la sua battaglia e lei s'arrendeva…
André l'ascoltò, lei, su di sé, mentre lei rabbrividiva piano, mentre invocava muta d'essere accolta, mentre il calore s'espandeva mescolandosi e rimbalzando entro la stretta delle braccia.
Il corpo contratto si chiuse, tornando a lei, piegando i muscoli, scivolando verso il basso, inginocchiandosi mentre lei lo seguiva giù, a terra, non più stupita, non più intenzionata a lasciarlo andare, né a sottrarsi a lui.
Nessuno dei due domandò cosa volesse l'altro, nessuno dei due disse cosa avrebbe voluto.
Parlarono, muti, i gesti a scostare i capelli, liberare i volti, accogliere lo sguardo, che loro non erano più quelli ch'erano stati un tempo.
Non erano più Oscar e André.
Non erano amici, né amanti, né sposi, né fratelli…
Erano anime fallaci, segrete, chiuse, livide, distanti, disperse, ignoranti…
S'accorgevano l'una dell'altra…
Riconoscevano il profilo…
Ascoltavano il suono libero…
Anime che anelavano a liberarsi da sé, amarsi e lavarsi entro la nera pozza dell'Amore dell'altro.
Lo sguardo si chiuse alla tonalità cerulea, ghiacciata e livida.
Le mani strinsero la testa di nuovo.
Il cuore corse oltre il baratro mentre la bocca s'adagiava appoggiandosi alle labbra, toccandole piano, beandosi del tenero incanto della resa.
André non lo sapeva se Oscar lo amava.
Oscar non sapeva se lei fosse davvero la donna che André amava-
Amore non detto…
Amore puro…
Non esiste…
Amore solitario solca la pelle con dita leggere che scivolano sulla lastra di ghiaccio, incerte di bruciarsi per il freddo…
Amore muto, respira piano il battito lento, senza tonfi né picchi, per attraversare le mille declinazioni dell'altro che non è sposo, non è amante, non è fratello…
Non è nulla eppure è tutto.
Laggiù, nel fondo più scuro dell'anima bianca.
Un sussulto…
Il passato sporco e lacero incespicò tra le dita, spezzando quasi il respiro mentre le dita rallentavano il cammino e il corpo s'irrigidiva.
Aveva paura André…
Aveva paura Oscar…
Che, straziato, ammise di non sapere che fare di se stesso mentre adagiava la propria anima nelle mani di lei.
Che lei ebbe paura di ucciderla quell'anima, come aveva immaginato sarebbe accaduto nell'istante in cui avesse dimenticato André.
Ma poi non l'aveva dimenticato, non era accaduto, nei mesi, nei giorni, nelle ore, uno dopo l'altro, i ricordi si erano incisi nelle viscere, animandosi a tratti, scomparendo alla luce del sole per ripresentarsi nelle beffarde ore della notte.
André si sporse…
Aveva paura…
Si sporse baciando la bocca mentre il corpo lieve e intenso declinava una posa di possesso, sollevandosi a sovrastare l'altra, imponendole d'indietreggiare e forse soccombere dinnanzi all'estasi che innervava la carne, al sangue che rimbombava nelle tempie.
La bocca baciò la bocca.
Le labbra si adagiarono piano, lievi, tremanti e sciocche…
Il cuore scorse ad accogliere la bocca che s'apriva, lasciandosi baciare…
Il tocco si espanse, inebriando i sensi, offuscando il rigore, calando sul livido passato una coltre di calma e nebbiosa indecenza.
Non erano nessuno, avrebbero potuto osare ed essere chiunque avessero desiderato.
Nell'istante la terra si aprì, il cuore batteva forte, martellando nelle tempie, cadevano, immaginandosi dispersi, raminghi attraverso scogli e maree, soli, inquieti, infuriati di rabbiosa solitudine.
Nell'istante, il paesaggio grande d'immensi laghi e foreste fitte s'aprì parimenti davanti agli occhi, rifulgendo dei mille passaggi scorti lungo il cammino, incisi nei muscoli che s'erano ritrovati via via smarriti alla vista dell'orizzonte appena velato di nebbia, immenso, ampio, capace d'insinuarsi entro lo spazio in cui l'anima è sola, indifesa, vuota.
Nell'istante i ricordi presero ad affollarsi uno sull'altro, mescolati alla genesi delle ore trascorse soli e poi assieme e poi di nuovo soli, come mare nero ove ritrovarsi senz'aria, senza voce, incapaci di richiamarsi e richiamare l'altro.
Si ritrovarono abbracciati stretti, per respirare, sempre di più, come a tenersi per non cadere ancora e ancora e salvarsi dalla desolazione d'essere rimasti soli.
Così per non morire di terrore, tutta la solitudine e l'abbandono si fusero nel bacio, confondendosi e rimescolandosi e disperdendosi, come fossero alla fine convogliati lì i mille frammenti di sé, di quell'anima bianca e pura ch'essi adesso raccoglievano come fiori di campo sul sentiero solitario e vago del mondo.
Si ritrovarono abbracciati e chiusi e per la prima volta in pace, abbandonati l'una all'altro.
Nel bacio, inevitabili e beffarde s'affacciarono lacrime di vergogna e rabbia, perché il pensiero di averla, viverla e restare in lei, combatteva col disgraziato rango, e la consistente paura che ciò che sorgeva fosse soltanto compassione di sé, istinto di possesso, trionfo della superbia sul destino beffardo, come se, essere lì fosse dipeso da un punto d'orgoglio dell'altra e non da un atto di sensuale volontà.
Fece per staccarsi André, di nuovo, sopraffatto dal pianto.
Oscar si strinse a lui mentre ascoltava lo strappo dell'anima lacerata dal dubbio, caduta nell'orrore.
Lo tenne a sé senza fare nulla.
Non lo sapeva se l'amava ma sapeva che la ferita che gli aveva inflitto, complice il destino generato dalle loro nascite, era grande e sanguinava e non dava pace.
Non conosceva la sua anima ma la percepiva pura, imprigionata in un corpo beffato dalla nascita e dal destino infausto.
All'origine di tutto beffata da lei.
Si sovrapposero gl'istanti, a stringere l'altro e in fondo all'abbraccio le braccia si slacciarono.
André non avrebbe avuto forza di andare oltre.
E lei non sapeva se l'amava. Mai avrebbe confessato tale sentire se non ne fosse stata certa, mai avrebbe scambiato il dolore di André per Amore verso di lui.
Non disse nulla André, sollevandosi e indietreggiando, il corpo marchiato da lei, ascoltata sotto di sé, come fiore che si apre al mattino, cullato dai raggi del primo sole, come se davvero lei lo amasse e l'avesse amato sempre.
Non disse nulla Oscar mentre si passava una mano sulla guancia, umida di lacrime non sue, e con l'altra scostava i capelli.
Rimase a fissare André, il tremore del corpo di un uomo ch'era così bello e intensamente sincero persino nell'ammettere d'essere stato colpito sino a quel punto.
"Victoire…" – sussurrò André, come per aggrapparsi ad altro e risalire su in superficie, che l'aver ascoltato il senso di lei, sotto di sé, l'aveva inebriato e confuso, fin quasi a fargli mancare l'aria.
Per la prima volta, Oscar non provò rabbia, né si ritrovò gelosa o stizzita per ciò che non sapeva.
Quel poco che aveva compreso era sufficiente.
Allungò la mano verso la bocca dell'altro…
"Quando vorrai, ti ascolterò. E se non vorrai farlo…allora accetterò il tuo silenzio. Starò mezzo passo dietro a te come tu lo sei stato. Mezzo passo dietro a me".
André sussultò…
Dunque Oscar aveva compreso.
Dunque Oscar sapeva adesso chi era la donna che l'aveva indotto a lasciare la Francia.
Non era stata Amalie Jenevieux, né chissà chi altra, bensì lei, Oscar François de Jarjayes.
"Quella bambina, chiunque lei sia per te…non è mai stata trovata" – concluse Oscar tornando a sedersi, chiudendosi ancora di più la camicia addosso – "Non significa sia morta".
Nell'angolo si ritrovò sola, orfana di sé adagiata a lui, infreddolita, che il calore del corpo dell'altro s'era disperso, rapidamente e inesorabilmente, e per la prima volta ne sentiva la mancanza, una sorta di sottile e struggente nostalgia, come se, anche se solo per pochi istanti, il ricordo dell'altro avesse richiamato in superficie in proprio tepore, confluito in quello dell'altro, mescolato e fuso e divenuto indistinto.
Se André si fosse allontanato, lei avrebbe perduto il proprio calore, la propria certezza.
Se André avesse messo più distanza tra sé e lei, oltre quel mezzo passo, lei sarebbe finita in frantumi.
Che disgraziato dissenso…
Che ignobile vergogna ammettere di non essere capaci di vivere soli, di bastare a se stessi, di prendersi ciò che si vuole senza timore di ferire, infangare, distruggere…
André si alzò rivestendosi.
Fuori infuriava la tempesta.
Mille mani battevano isteriche sulla povera capannetta come volessero sfondarla, entrare e prendersi i disgraziati occupanti.
"Dove vuoi andare…" – chiese lei preoccupata.
"Fuori. Devo accertarmi che Pur stia bene. Non vorrei fosse là ad aspettare. Quella stupida bestia sarebbe anche capace di farlo e per lei sarebbe la fine. Non preoccuparti, non me ne andrò in giro in mezzo alla tormenta…".
"Vengo…".
"Non se ne parla! Non azzardarti a uscire! Ho faticato non poco a curare le tue ferite, anche quelle per via del freddo. Non saresti in grado di sopportare altro gelo. E poi…" - il tono mutò, la voce ridiscese nel baratro - "Non puoi andartene!".
Freddo, come a rimarcare che lei non era libera e che dunque tutto ciò che avesse fatto e voluto sarebbe dovuto passare dalla sua approvazione.
Gelido, come a rimettere tra sé e lei la muta distanza, questa volta sapientemente rovesciata, che non erano più servo e padrona, che lei dunque non aveva più alcun potere su di lui bensì era lui a esercitarlo, senza apparente ragione.
Uno smacco ignobile!
Questo s'era immaginato sarebbe accaduto, che l'altra, ritrovandosi prigioniera, non avrebbe mai più rivolto un solo respiro di compassione verso di lui, figuriamoci un anelito d'Amore.
Solo che…
André si voltò stavolta, lo sguardo a rinforzare il peso dell'affermazione.
Doveva apparire crudele, solo così Oscar l'avrebbe disprezzato al punto da restargli lontano.
E forse, se addirittura lei avesse tentato di fuggire, lui avrebbe avuto buon gioco a tenerla lì, per il suo bene o chissà per…
"Sta bene…" – ammise Oscar, che l'altro sussultò, colpito dalla resa, seppur non era certo André che quella fosse una resa oppure una sfida a scoprire chi sarebbe sceso più in basso, chi si sarebbe macchiato della più fonda delle vergogne pur di sfidare l'altro.
Sorprendente osservare due anime bianche che si sfidano…
Che se fossero state nere sarebbe stato tutto più facile e ovvio.
Ma…
Quale angelo osa prendersi gioco del fuoco, sfidando la propria sfera celeste…
Mi – ka – el…
Chi è come Dio?!
Oscar si zittì e l'altro, un poco disorientato, uscì, le gambe tremavano e i muscoli tutti parevano incapaci d'obbedire alla volontà.
L'aveva solo abbracciata, la melodia muta era penetrata nel cervello e l'aveva disfatto sino a quel punto.
Si concesse il respiro d'ascoltare le parole sussurrate entro il cigolio della porta sprangata, di pari intensa foga delle strida della stupida bestia ch'era fuori ad attendere il suo padrone.
Istintiva e pura…
"Ti aspetterò…" – gli aveva detto piano, mentre André se ne andava, sperando che lui l'avesse ascoltata, immaginandosi che anche lui l'avrebbe attesa, semmai fosse stata lei ad andarsene.
§§§
Tentò di restare sveglia, poi, un poco alla volta, si rimise distesa, raggomitolandosi sul fianco, sperando di sentirlo rientrare, combattendo contro la stanchezza, beandosi della fulgida vertigine di folle desiderio che lui davvero fosse lì.
Nel silenzio, il sonno prese il sopravvento alla fine, complice il tepore intenso del fuoco e le stupide manate di vento sulla capannetta.
Per la prima volta l'ascoltò il desiderio, fondo, il corpo dell'altro immaginato su di sé, le mani lì, su di sé, la bocca sulla bocca.
Aveva compreso ch'era prigioniera, di fatto non avrebbe potuto lasciare quel luogo, i motivi non li conosceva, ma non doveva esser di certo per via d'una tempesta di neve o per timore d'incappare in un burrone e finire assiderati.
Si strinse la pelliccia addosso.
Non le importava.
Chiuse gli occhi.
Allungò la mano, le dita aperte ad ascoltare la schiena dell'altro che non la guardava, il tessuto liscio e caldo della camicia, lo scorrere delle costole, la curva della spalla.
Era lì, con lui, come se lo fosse stata da un tempo immemorabile, entro una tiepida e profumata coltre di rosmarini e ginestre e ulivi…
In quale Vita…
In quale Storia…
§§§
Chi era André?
Chi era stato sino ad allora?
Chi era diventato?
André che parla di amanti e scompare di notte…
André che compone gesti d'amore ed ama una donna per ogni giorno…
André che ricerca il buio e l'amplesso in ogni luogo…
André che tradisce il patto di amicizia e di affetto….
André che invece ama una sola donna…
André che forse ha amato lei…
André che scompare e muore…
André è vivo….
Il nome riemerse dal sonno tiepido, la mente raggelata dall'assenza.
Quanto tempo era trascorso?
Oscar si ritrasse a sedere, si guardò attorno. La capannetta era vuota, ma lei era certa di aver sfiorato André, d'aver accarezzato la schiena, d'aver ascoltato il suo respiro.
Mugghiava di fuori il vento impetuoso, stracciando la flebile speranza, come alito che soffia sulla fiammella ormai morta.
Non sarebbe più riuscita ad attendere oltre.
Non oltre quelle ore, non oltre quel giorno.
No…
Non sarebbe più riuscita a trattenere e imbrigliare l'insolente smania che intirizziva le dita e squarciava il ventre.
Si rivestì in fretta…
Era passato del tempo…
Quanto…
Troppo!
Troppo, dal giorno in cui s'era precipitata nella stanza vuota dell'altro e non l'aveva più trovato e quel tempo s'era colmato di congetture, incontri, mezze verità, sconcertanti scoperte…
L'uscio appena aperto, per non rischiare di lasciar campo libero al dannato vento gelido…
I passi affondati nella neve che quasi arrivava a metà della porta…
Il corpo sopraffatto nella coltre bianca, arrancava tentando di farsi strada…
Il nome gridato…
Il boato gelido della neve che ostruiva la vista, picchiava sulla faccia, pungeva le pupille incapaci di restare aperte.
Come diavolo era possibile che André fosse là fuori?
Per cercare un dannato animale che chissà dov'era finito!
O forse più semplicemente per fuggire da lei…
Peggio ancora…
Sfuggire da se stesso!
Cadde a terra, si rialzò, la mente implose alla visione degli antichi cieli di Francia, al tramonto, coltre d'oro striata di metallico argento, lame d'acciaio avvolte da nastri rosati e azzurri, onde bianche a ingoiare tutto, via, verso il buio, a colmare il vuoto che separa dalle ore del giorno, dalla vita…
Non riuscì a rimettersi in piedi.
Il freddo piombava gli arti irrigiditi e di nuovo senza vita…
L'anima vagava alla ricerca di sé e dell'altra anima.
L'anima bianca perduta nell'immensa coltre gelata.
L'anima s'accostò all'anima, la forza la raggiungeva e di nuovo, come un tempo, l'abbracciava, avvolgendo l'esistenza sbattuta da vento e incertezza.
"T'avevo chiesto di non uscire!" – la rimproverò André, ma lei già non parlava più, non aveva più forza d'articolare un rimbrotto, una scusa.
Rialzò gli occhi…
I capelli appiccicati alla fronte bagnata…
S'accorse, poco più avanti, d'una figura che avanzava contro di lei.
Perchè diavolo era lì?
Come faceva a saperlo?!
L'abbracciò André per sollevarla e riportarla indietro.
Il mantello gettato addosso.
Un abbraccio silenzioso…
Si lasciò abbracciare.
All'improvviso, il fradicio della pioggia, nonostante fosse ormai primavera inoltrata, parve raggomitolarsi e dissolversi, accarezzato e poi avvolto dal tepore del corpo dell'altro, accaldato dalla corsa, a ricoprire quello di lei, quasi si fosse riversato su di lei non un mantello di stoffa ma un manto intiepidito appena scostato dal fuoco, adagiato sui muscoli, a respingere il freddo e restituire ad essi il senso di sé.
Il falco li seguiva guardingo ma poi accettò d'appollaiarsi in un pertugio della capanna, al riparo dalla sfuriata della tempesta.
In piedi, André tentò di recuperare la coscienza dell'altra, la trascinò dentro di nuovo, la mano stretta, la furia d'immaginarla fuggitiva o, peggio ancora, in cerca di lui.
Scompigliò i capelli, così che i fiocchi gelidi, attaccati come termiti infernali, sciogliessero la presa.
Il mantello scostato…
Pochi istanti…
Il tempo d'ascoltare la stretta lieve e discreta, forse anche una mano che accarezzava la spalla, forse per scaldarla e scacciare il freddo…
Il contatto rinfrancò e disorientò.
Come aveva fatto André a comprendere?!
André era incerto, Oscar non parlava, rigida, come ridivenuta morta.
"Sei…".
"Dov'eri finito?".
Negò l'altro - "Che importa? Non riesci proprio a fidarti!?".
"André…sei fuggito da me…" – un sussurro, quasi dall'oltretomba, che André sussultò, perch'era ormai inevitabile che lei avesse compreso – "Lo so…che…".
Silenzio…
Oscar adesso aveva compreso come avesse fatto André a sapere dov'era finita lei, allora, che lui l'aveva osservata – doveva esser così quando si ama qualcuno – scorgendo il germoglio d'un sentimento inaspettato e stupido e stupito – doveva esser così quando ci si ritrova sul baratro dell'ignoranza, ignorati e nudi.
Lui, forse addirittura prima di lei.
E allora…
"Tu avevi compreso ciò che io…io…era affetto insomma…" – no, idiota, non metter sulla bocca il nome di alcuno – "Non sono venuta sin qui per cercare altri…ebbene io non sono venuta qui per cercare altri che te! Ho compreso…si…te ne sei andato per causa mia…per me…perché…mi amavi. Ma…adesso…".
Inutile combattere, che resa fosse dunque, al Destino, alla Vita, al Nulla…
"Ho lasciato la Francia…" – ammise André, lo sguardo s'apriva su di lei – "Ma non ho lasciato te".
"Che…" – stupito, inabissato nella profondità di Amore puro, quello non detto, non rivelato…
"Puoi pensare che io sia stato un vigliacco…ma…non sono partito perché sapevo di non avere speranze. Non ho mai pensato di lasciarti perché non credevo più in ciò che provo…".
"Adesso tu…".
"Potrà sembrarti assurdo…ma sono partito proprio perché ti amavo…" – la parola sospesa così che lei non la temesse – "Ho creduto che lasciarti sarebbe stato l'unico modo per amarti davvero…e non certo per dimenticarti…".
"…" – muta glielo chiese, come una bambina incerta di non avere più speranze – "Che cosa…".
"Ho sempre creduto in te…solo…io non posso rischiare di comprometterti, proprio perché ti amo…ma soprattutto…non posso rovesciarti addosso un Amore…che…non…".
Le dita gelate si mossero in fretta per appoggiarsi sulla bocca e fermare le parole.
Amore che non c'è…
Amore puro, bianco, innocente…
Entro l'anima più oscura ma pura…
"Tu…mi hai amato…" – una domanda ch'era affermazione, gridata, seppur sussurrata – "Io…una come me…".
Amore aveva già compiuto il suo corso, s'era riversato addosso e glielo stava chiedendo adesso s'era vero ciò che vedeva e sentiva.
Amore era lì…
"Una come te!? Chi mai saresti? Che avresti mai fatto di così atroce se non essere chi sei…forse che amarti sarebbe una colpa?!".
"Si…dopo tutto ciò che è accaduto…te ne sei andato…ciò che è accaduto…".
Che fu lui stavolta a sigillare le labbra con l'indice, e poi tutte le dita, come a togliere respiro e suono a parole inutili, che Amore non è sacrificio ma impone un sacrificio all'altro, e se lei l'aveva compreso, allora Amore era già lì, riversato addosso, a colmare il vuoto e forse distruggere l'ego.
"Dopo tutto ciò cheè accaduto…non è mutato nulla…e nulla mi devi…".
Non si ama solo perché si è amati…
Eppure…
Le dita imitarono il gesto d'arrestare le parole.
Ora che lei comprendeva che Amore non ha parole, non ha espressioni…
Non nell'istante in cui esso è percepito e allora le parole sono sue, sole e soltanto, e non di chi le pronuncia, non di chi le ascolta, che le parole di Amore sono mute…
"Io…" – sussurrato, lo sguardo aperto, come rapito dal suadente richiamo dell'Amore dell'altro – "Ti voglio…".
Si morse il labbro, stilla di vergogna e stizza d'incapacità…
Amore s'era sottratto e alla fine s'era rivelato…
Amore viveva e agiva da sé, non dipendeva dalla volontà degli amanti…
Un'eresia…
Un sussurro…
Amore usava parlare così, pudico, come annientato dalla sua stessa visione, dalla forza dirompente che straniva i sensi e disorientava l'intelletto.
"Ti voglio bene…".
André adesso sapeva.
Non avrebbe più potuto sottrarsi, né fuggire, né declinare alcuna violenza.
Non era più lui, non più André servo, André soldato, André che sta mezzo passo dietro a lei.
Era anima nuda, scoperta e accarezzata dalle dita sottili dell'altra, dallo sguardo di bene, non di sfrontato Amore.
Istanti interminabili, il sangue alle tempie sovrastò l'infuriare della tempesta.
Non era tutto, non era Amore…
Ma era abbastanza!
Le mani alla bocca scorsero alle labbra disegnandole come ad accertarsi del segno, della curva amata, della morbida increspatura della pelle livida di freddo.
Ch'esse fossero vive.
Che avrebbe dovuto fare adesso mentre la volontà ondeggiava sospinta da forza oscura e mite, bianca e fulgida, capace di oscurare ogni regola, ogni logica, ogni rispetto dell'altra!?
Nel buio appena rischiarato dal calore della fiamma…
Nel sangue che batteva nelle tempie…
Nella coscienza in preda alla follia…
La bocca baciò la bocca…
Le dita tennero la testa, osando entrare piano, nel tremore di non avere forza, nel terrore che il disprezzo di sé avrebbe finito per annientare ogni sussulto di piacere.
La bocca sussurrò alle labbra che ascoltarono il silenzioso accesso, schiudendosi, liberandosi dal dubbio, sprofondando nell'oscura dimensione del piacere ch'emanava da lui, che lui era vicino, era lì, e tutto il resto dell'universo conosciuto o meno avrebbe anche potuto disgregarsi, che non le sarebbe importato nulla.
La bocca s'unì alla bocca e la bocca si lasciò baciare, mentre il ventre s'apriva come solleticato da dita d'invisibile audacia, di tenero incanto…
Che lei s'accorse d'averlo abbracciato, che non avrebbe accettato alcuna fuga, che voleva la sua resa, per averlo su di sé, addosso…
"Non parlare…" – piano, mentre scostava il ciuffo di capelli neri, guardava la cicatrice, immaginava il disprezzo ch'era scorso sull'altro.
André non parlò più, mentre i muscoli parevano gridare e contorcersi di rabbia e desiderio, d'inusitata follia d'averla, per godere dell'altra, come salvezza per sé, e sua dannazione eterna.
Che lei era l'Inferno…
E lui era già all'Inferno, da tanto tempo, e adesso la portava con sé…
L'abbracciò.
I corpi magri e un poco freddi si scoprirono chiusi nelle braccia dell'altro, erano rimasti dispersi per tanto tempo, e nell'abbraccio si spandeva la forza come metallo liquido, marchiato a fuoco.
I corpi oscillarono ritrovandosi uniti, danza impercettibile d'immobile volteggio…
Indietreggiarono…
La foga dell'uno scorse sulla foga dell'altra…
La paura dell'uno strinse i muscoli dell'altra, che anche lei aveva paura, che anche lei non percepiva che il sangue pulsare nelle vene e nella testa, mentre via via l'incendio colmava i muscoli e orientava il disarmonico disgregarsi delle ultime difese.
Voleva…lui…
Voleva che André lo comprendesse…
Voleva, che però non fosse così evidente, che l'innata vergogna…
Chiunque fosse l'altro…
Qualunque gesto avesse commesso…
Di qualunque nefandezza si fosse reso responsabile…
Di qualunque sublime piacere fosse latore…
Per la prima volta Oscar François de Jarjayes ascoltò il divorante squarcio del desiderio, implacabile e inarrestabile impulso di cedere ogni parte di sé…
Per la prima volta Oscar François de Jarjayes non volle ascoltare altra voce che la propria, muta…
Il respiro sorse, secco e impaurito…
Le dita si mossero a liberare i muscoli dalle vesti gelide e fastidiose…
Lembi di pelle sfiorati appena indussero un sussulto appena accennato…
André si fermò, trafitto dalla voce muta di lei.
L'unico occhio scorse allo sguardo dapprima incerto, spaventato, mentre le dita stringevano i fianchi, sfrontate, insolenti, osando restare lì, restie ad accettare un diniego…
Impossibile tornare indietro…
Era questo che le stava dicendo…
Il sangue esplose, l'incendio scorse furioso, trasparente, mentre l'azzurro s'incendiava e la bocca baciava la bocca e il corpo s'apriva aggrappandosi a quello dell'altro, silenziosamente cedendo, silenziosamente invocando anche a lui d'arrendersi…
Lo voleva…
La strinse a sé, cedendo alla bocca, incidendo immobile ondeggio a scavare nel pertugio della carne molle e docile, nel respiro sospeso, innocente, le forze acutamente disgregate, i muscoli tesi a orientare il desiderio, frugando nel pertugio di calore aperto e tenero.
S'impresse la carne, dapprima incerta, intensa, indecente…
S'insinuò il dolore, beffardo, a richiamare le coscienze alla disarmante e sensuale vertigine…
Sorse piano, sgraziato e disarmonico suono muto, a raggelare per un istante il respiro…
Che s'opponeva quello e mutava richiamato alla realtà…
Lo voleva…
Spudoratamente…
Vigliaccamente…
Intensamente…
Nell'istante, riemersero ed esplosero i mille battiti solitari e isolati, le ore vuote scorse nella stanza dell'altro, le parole ch'erano state dette di lui, le voci di donne, gli occhi avidi…
Non era per quello…
Non era per le nefandezze sconosciute…
Non era per l'abbandono…
Non era per la solitudine…
"Se…non…" – tentò di schermirsi André, abbracciandosi a lei, che lei tornò alla bocca, baciandola perché lui smettesse di parlare e non avesse paura, né per se stesso, né per lei.
Disarmata, solo la paura avrebbe avuto dignità di frapporsi tra loro…
Il bacio squarciò la coltre, frantumò il passato oscuro, liberando il tenero sconquasso entro la carne, nel fondo scuro dell'anima bianca che sbocciava, come umida rosa prega di stilla del mattino e poi percorsa e accarezzata e penetrata piano dall'insolenza dei raggi più caldi.
Ondeggiò la rossa corolla, sangue avviluppato dallo sgraziato sussulto del vento che confonde e rivela…
S'aggrapparono le dita, dapprima incerte, al corpo, s'impressero a graffiare la pelle…
Ondeggiò la rosa, sospinta dall'immobile forza dell'oscura rottura, intensa e dirompente, stretta entro il respiro spezzato…
Sublimi i corpi che si amano e s'uniscono, disfacendosi nell'innocente materia oscura di vergine passato…
Nel furioso combattere della tempesta di spezzati respiri…
Giunse più fondo l'affondo inesorabile…
Giù, assaggiato nell'oscuro nulla della coscienza dispersa…
Che lei non era più che rosa straziata dal vento impetuoso…
E nemmeno lui era altro che impercettibile anelito d'inusitata follia…
Erano…
Assieme…
Erano…
Altro…
Da sé e da lei…
Nell'istante d'insensata incompletezza compresero l'essenza di solitudine.
Ch'essi erano altro da sé e dall'altro e lì, in quell'istante perduto, non erano più, che adesso erano perduta in-essenza.
Scorsero addosso…
Il suggello della perdita, la voragine del non essere…
Muscoli e vene, cullati dal sublime smarrimento, si disgregarono per smembrarsi e disperdersi entro sconosciuti meandri di vaga pochezza.
Scorsero catapultati nel baratro, nel salto della gola…
Eruppe il grido roco, disperso nel buio, raccolto dalla bocca, invocato e temuto, che nulla sarebbe stato più lo stesso.
Nell'incoscienza, si strinse ad André…
E lui, pazzo e dannato, intuì la dannazione d'essere solo disgraziata rovina, rovesciandole addosso un Amore ch'era solo sacrificio e distruzione della pura essenza.
Ciò ch'era lei…
Era Oscar…
André respirò piano.
Si strinse addosso a lei, come a chiederle di lasciarlo andare, cedere, ritrarsi, impedirgli di prendersi tutto, fermarsi e uccidere il folle desiderio d'esistere e cadere dentro l'immensa voragine…
Si scostò un poco…
Che lei intuì e colse lo scarto del corpo, intuì il ventre svuotarsi…
Comprese e si maledisse…
Comprese e l'abbracciò a sé, a chiedergli di non lasciarla, di non cedere a ciò ch'era lei, di amarla con tutto se stesso, dedicando a lei la sua resa…
La rosa si piegò sin quasi a spezzarsi, mentre il vento sgretolava i petali strappandoli via, ad uno ad uno…
"No!" – straziato dalla gola…
"Ti…prego…".
"Non…".
"André…" – quasi gridato…
Si zittì Oscar mentre udiva l'incerto sussulto afono rabbrividire entro il corpo dell'uomo che l'aveva amata, un tempo, e l'amava ancora.
Ma lei non l'amava, non entro l'accezione pura e assoluta, non entro la discesa intensa e sublime della resa, i muscoli tremanti, la mente fuggevole, là ove l'anima si lava entro il nero lavacro dell'amore imperfetto.
"Accetta…" – stupito, lacrime inevitabili ad annebbiare la vista, la caduta nel baratro dell'Amore puro che tutto avrebbe consentito.
Lo strinse a sé, istintiva, immaginando accadesse per via di ciò ch'era accaduto, per via dell'Amore ch'era innanzi tutto Bene puro e insondabile e imperscrutabile persino alla mente stessa di colui che ama, mentre le lacrime buffe s'affacciavano insulse a bagnare le guance, mentre attendeva che i muscoli ritrovassero una sorta di posa infantile, lui adagiato a lei, aggrappato come un bambino al seno della madre, rapito dall'estasi, inconsapevole di sé, come divinamente asceso all'estasi del vuoto.
Aveva quasi rischiato di perderlo, concedendo se stessa alle lusinghe di altri occhi e di altra bocca, dimenticandosi chi era stato André, anche se ancora non sapeva davvero chi fosse.
Aveva quasi rischiato di ucciderlo…
"Il mio imperfetto amore…" – sussurrato e arreso…
Dunque questo è Amore?
Puro e imperfetto Amore?
Forse non c'era modo di stabilire cosa fosse Amore, beffardo Amore, capace d'allettare i sensi, indurre a seguirne le moine e le effusioni, sollevare i sensi a godere del piacere.
Non lo sapeva Oscar François de Jarjayes se amava André Grandier…
Non lo sapeva eppure…
André appoggiò la testa sul petto dell'altra, ascoltò il battito calmo, come quella notte a Brest, quando l'aveva avuta tra le braccia e l'aveva abbracciata per amarla comunque, anche così, anche dicendole addio.
Lei era lì…
Adesso…
Il battito dell'altra era il suo e il suo battito era quello di lei.
Li ascoltava assieme, rimbombare uno sull'altro…
Cadde nel ricordo effimero…
Ascoltò il tepore del corpo insinuarsi nel proprio.
L'abbracciò, come aveva già fatto, da quando erano vissuti assieme, da quando il tempo aveva concesso loro di esistere e vivere liberi e puri.
§§§
Nulla più s'incideva addosso al fragile legno imbiancato, che dunque aveva resistito, non s'era arreso alla tormenta che aveva tenuto impegnate le menti, non meno del silenzio ch'era via via piombato anch'esso addosso, dall'esterno, sin a penetrare nelle coscienze, nelle ossa fragili, anch'esse imbiancate d'affaticata rugiada, salata e umida.
Si sollevò un poco, mentre la coscienza riprendeva il controllo.
Non voleva pesare addosso, similmente al naufragato silenzio che rimbombava di fuori, come se quello soffocasse e atterrisse, ma allora erano le dita, alla pari dell'immobile coltre bianca, a voler restare e insistere, appoggiarsi alla pelle, bearsi del tenero calore bianco d'una seta appena più sporca, come di fango, come di vita, come d'una corsa a perdifiato ove s'era inciampati entro erba fradicia e fulgida.
Oscar non si mosse, in ascolto della voragine muta e dolorosa impressa addosso.
Inimmaginabile…
Era ciò che aveva desiderato, e il desiderio stupido sussultò come schiaffo entro i muscoli di freddo e contratto dolore.
André rimase lì, sollevato su di lei, le braccia tese, appoggiate a terra e lei lì, nel mezzo, piccola e sfrontata, il corpo magro e umido anch'esso.
La osservava adesso, non poteva farne a meno, rapito dal rossore delle guance, dal respiro ch'era ridivenuto lento, quasi trattenuto, nudo anch'esso, come poco prima era risalito in superficie, e per un momento s'era tramutato in essenza dell'altra visibile ai suoi occhi.
D'improvviso riemerse l'effige di sé…
L'immagine di una giovane senza un'espressione definita, un po' corrucciata, un po' intimorita, un po' persa…
André era specchio…
Di sé…
L'arruffo dei capelli umidi di brezza di mare e scompigliati…
Un'espressione ancora più buffa, un po' sospesa, un poco scapigliata…
Come se da qualche parte una donna ci fosse, lì, riflessa, ma così ben nascosta che solo un gentiluomo esperto sarebbe stato capace di scovarla.
O chissà quale altra lusinga…
O chissà quale altro accidente, che non necessariamente avrebbe dovuto gravitare nelle consuete abitudini delle donne.
Che lei d'istinto voltò il capo, come novella Eva che si ritrova scacciata dall'Eden, umana e mortale e peccatrice, risentita dallo sguardo dell'altro, come l'altro fosse Dio, Colui che riservava compassione e tenerezza per via del peccato ormai compiuto.
Il corpo la ricopriva, impedendo di scostarsi, i capelli lunghi e scuri, oscuravano la vista, calati addosso, coltre a chiudere la luce, a impedir loro di volgersi altrove dagli occhi dell'altro.
André sollevò la mano destra, andò ad accarezzare il viso umido, forse di lacrime, forse di forsennato umore ch'era sgorgato innocente mentre la coscienza annegava.
Scostò i capelli per osservarla meglio ma lei non accettò, forse per pudore, forse perché ancora i muscoli galleggiavano lì, nella vibrazione estrema che rimbombava dentro, colpendo il ventre, rantolando nell'afono sussurro di pianto un poco sordo, di cui doveva pagare l'inevitabile prezzo.
Una carezza inutile o forse semplicemente troppo indulgente, come se lei avesse compiuto un passo e l'avesse svolto come doveva essere…
Come doveva essere…
Lo specchio prese a riflettere non più l'immagine di sé…
Ebbe paura.
Se ciò che aveva scoperto di André, negli anni da che lui aveva lasciato la Francia…
Se lui davvero aveva accolto dentro le proprie braccia altre donne…
La mente s'annebbiò dell'insulso concetto…
Lei era lì, riflessa nel volto dell'altro, che non aveva osato accostarsi, come sarebbe stato se…
Se…
Lo sguardò s'aprì colpito dalla constatazione…
André non si era concesso, aveva scelto di lasciarla…
Come aggrappata a lui, aveva ascoltato il suono sordo dell'innocenza infranta, strappata con delicato ardore e poi…
Un gesto più secco, come a scansarlo via…
"Perdonami…" – sussurrò André andando ad accarezzare il viso…
Lei non risposte…
"Come ti senti…".
Il corpo incombente…
Il riflesso dorato d'un impulso incessante…
L'onda lieve e poi intensa calata nella profondità della carne…
Oscar tentò di voltarsi, incapace di parlare, i muscoli trafitti dall'incompiuto senso di vertigine d'un passo estremo e definitivo, il corpo attraversato da una sorta d'inebriante carezza, una eco di pulsante strazio, impossibile d'acquietare, mentre la pelle risentiva della fredda separazione e così, di nuovo solitaria e divisa, riacquistava a poco a poco il senso di sé, assieme allo smarrimento d'essere di nuovo solitaria.
Di colpo comprese la solitudine fonda e terribile di ritrovarsi abbandonata, non più sorretta dalla foga d'un orgasmo che nulla può arrestare e travolge e impedisce di respirare e parlare quasi…
"Posso avere…" – chiese, unica domanda all'apparenza abbastanza sensata per togliersi dall'impiccio, come unica via d'uscita, perché André si scostasse, perché se lui fosse rimasto lì – "Dell'acqua?".
Gli occhi si chiusero, come a scacciarlo via, che si spicciasse a esaudire la richiesta, ma poi si riaprirono subito, furtivi seppure dischiusi a osservare l'altro che si scansava e si scostava.
Osservò la schiena ampia, i fianchi magri, il torace, le braccia, il collo, il viso, i capelli l'ornavano, disegnando la traccia d'un volto ch'era stato accanto a lei, ch'era entrato in lei.
André non era più quello di un tempo.
Non era più fratello.
Non era più compagno di giochi…
Non era sposo…
Non era amante…
Era…
Pochi gesti, l'esigua falda di neve scivolò nel paiolo, gesti consueti a riscaldare acqua per lavarsi e bere.
Lei non si mosse, in ascolto di sé, della lama che nessuno sarebbe stato in grado di sfilare.
André s'inginocchiò allora, di nuovo, le passò il recipiente in legno, mentre rivoli cristallini s'incuneavano nelle fessure nere della catapecchia, ornando d'impercettibili sgocciolii il religioso silenzio.
La osservò, non si permetteva di lasciarla, almeno con lo sguardo, seppur ammetteva d'esserle forse molesto, in quel preciso istante, lei distesa, le gambe piegate e rannicchiate a trattenere il debole spasmo.
"Sono…un'idiota…" – sussurrò, non trovando altro da dire.
"Sei un'idiota…" – sorrise lei, debolmente, vai a comprendere in quale accezione la spendesse lui, vai a immaginare in quale l'ammettesse lei, che idioti lo erano entrambi ma se non lo fossero stati davvero forse non sarebbero stati lì.
Che lei gli prese la mano, d'istinto, come perduta, come ad aggrapparsi a lui, che lei temeva d'osservarsi di nuovo distante.
Gliela strinse, chissà se a consolarlo d'essere un idiota oppure a consolarsi d'esserlo lei.
Era come lo volesse lì, su di sé, riflessa di nuovo entro lo specchio del volto, in cerca dell'impalpabile espressione, dell'istante ove l'esistenza passata s'era squarciata per incidersi sulla pelle, impossibile rincorrere la perduta innocenza.
Un marchio indelebile…
Un salto inevitabile…
Le dita strette nella mano, come guidate oppure semplicemente accompagnate, s'avvicinarono al profilo, beandosi del tocco leggero e candido, scivolando a percorrerlo senza la foga dell'istinto che annebbia i pensieri e solleva il desiderio.
Come a lambirlo - quel desiderio - solleticarlo, lusingarlo, come ospite gradito che avrebbero voluto ritrovarsi addosso.
Si ritrovò la testa sulle ginocchia dell'altro, appoggiata, che il corpo si chiuse, quasi attorcigliandosi a lui, che lui era lì, a cullarla, lei rannicchiata e raggomitolata e chiusa, come feto nel ventre materno.
Il naso vicinissimo al ventre piatto e liscio dell'altro…
L'odore del sesso ancora tiepido, minerale e salato, penetrava i sensi…
L'orecchio appoggiato ad ascoltare il battito lento e fondo che rimbombava nelle vene, le dita accarezzavano lente le guance, la fronte, la bocca.
André era specchio…
Di sé…
Il respiro muto, le labbra serrate, lo sguardo alla misera scheggia di specchio che riportava un frammento di fermo ondeggiamento.
La mente vuota, svuotata dalla ricerca inutile, dalla sconfitta.
Era la stessa persona ma non era più la stessa…
Allora era sola e disarmata di fronte a sé mentre adesso…
Rimbalzarono le effigi, ciascuna moltiplicata entro il riflesso dell'altra.
Che André aprì la mano, per cogliere il collo, appoggiandosi sopra.
Siamo stati bene…
Siamo stati bene
Siamo stati bene…
Le dita si chiusero…
Ascoltò il lento pulsare del sangue, lungo il collo sottile.
Siamo stati bene…
Siamo stati bene
Siamo stati bene…
Le rozze parole di Fersen…
Non era mai accaduto nulla. Pensiero altrettanto rozzo.
Non avrebbe dovuto importargli. Lei era libera.
Che lui s'era lasciato instillare nella testa la maldicenza della gelosia.
Era geloso…
Non era accaduto nulla eppure…
Oscar intuì le dita stringersi un poco, quasi a sospendere il passaggio dell'aria seppure il calore del palmo s'irradiava, fondendosi al proprio.
Lì nella stretta un poco sinistra, nella chiusura un poco oscura, Oscar ascoltò il rimbombo cupo del proprio sangue, imprigionato nel palmo dell'altro.
Si ritrovò a confrontarsi con se stessa, col fluire intenso d'un desiderio inconfessabile che giungeva a lei dalla mano dell'altro.
Era lì che desiderava essere, chiunque fosse stato l'altro.
Eppure…
Gli occhi s'aprirono, gli sguardi si ricomposero ad ascoltarsi muti, il respiro istintivo spezzò il silenzio mentre André la guardava severo, forse rapito, forse contrariato, come se lei rifulgesse d'un tale candido splendore che lui – proprio lui - aveva sporcato, infangato, attraverso il subitaneo accesso entro la sua carne.
Colse persino un lampo di disprezzo, si disse forse per essere lei così ingenua e lontana da ciò che lui doveva aver vissuto nel corso della vita.
Rabbrividì istintivamente come stesse riprendendo coscienza di chi fosse e di chi fosse lui, vergognandosi un poco di fronte alla resa…
Chissà s'era stato per via della sua inesperienza…
Il sussulto rimase catturato nelle dita.
André le scostò, scorrendo, abbandonando il collo, aprendole leggere a solleticare la pelle del torace, adagiandosi alla morbida curva del seno.
Il tocco sensuale aleggiò leggero, nel pregio d'incunearsi come frustata attraverso i muscoli, inondando testa e sangue…
Il corpo si contrasse, istintivamente.
Pareva che lui sapesse come fosse lei, dove s'annidasse il desiderio, come fosse accaduto sempre così, come l'avesse avuta da sempre sotto le dita, come l'avesse amata da sempre.
O forse era solo capace di suscitare l'istinto, scavarlo ed estrarlo dalla profondità della muta vergogna.
André la osservava ora, l'ascoltava, mentre lei ascoltava se stessa disegnata dalle dita dell'uomo che la sfidava, sollevando la coltre opaca del rugginoso velo dell'oppressione, del passato, di una storia di cui ormai nessuno dei due faceva più parte.
L'indice condusse piccoli cerchi che s'aprivano a solleticare l'ingenuo seno per scorrere giù, al ventre, avvolgendo l'insano dolore, rendendola lei stessa un poco insana e poi via via sempre più pazza e…
D'improvviso s'immaginò che ciò che stava accadendo fosse una specie di rituale, messo in scena altrove…
S'immaginò che quel palmo avesse sfiorato altre ingenuità o forse altre dimestichezze…
D'improvviso corse a fermare la mano, stringendola seppur senza scostarla, in uno spasmo muto di consenso e rifiuto.
Voleva solo conoscere chi fosse lui…
Chissà com'era vissuto fino ad allora…
Chissà quanti simili simboli aveva disegnato sul corpo di altre donne…
André insistette un poco, come pazzo della docile ritrosia dell'altra, dal volgersi della sensuale corolla, di nuovo, al suo tocco, come ammaestrata ormai e incapace d'opporsi.
Era stato lui a cogliere il silenzioso moto della vertigine buia. E adesso era lì, avvolto dal suo arcano passato, mentre lei era lì, pura, della purezza sensuale dell'incoscienza.
Nonostante tutto, Oscar non avrebbe dovuto sapere altro.
Lei aveva messo il suo cuore nelle mani di un uomo che non l'avrebbe mai amata.
Non sono venuta sin qui per cercare altri…ebbene io non sono venuta qui per cercare altri che te!
Sì, lei gli aveva detto…
Eppure…
Perché rischiare di compromettere l'immagine del Conte di Fersen, rivelando la verità, rivelando chi fosse l'altro, così da inscenare un instabile paragone, un ridicolo confronto tra sé e l'altro, per ritrovarsi latore del fasullo affetto dell'ufficiale svedese, di contro al bene che mai André avrebbe carpito da lei e che mai avrebbe desiderato ottenere al prezzo del disprezzo di un altro uomo?!
Troppo facile…
Troppo scontato…
Era bella Oscar, lì, abbandonata alle sue dita.
Era bella Oscar, sensualmente adagiata a sé, ancora vergine, come anima bianca, inconsapevole della promiscuità di sentimenti che confondono l'animo umano.
André voleva essere amato per ciò che era, né migliore, né peggiore d'un qualsiasi altro uomo.
Nemmeno di Fersen, che in fondo lei aveva amato e che forse amava ancora, in quell'accezione d'amore vergine e senza scampo.
Anche Fersen a modo suo lo era, puro, in fondo, mai sporcato dal desiderio basso e facile d'un amore interessato.
Fersen aveva amato tante donne, le aveva amate per ciò che erano, non ne aveva fatto mai mistero con alcuno, se non con la donna che era stata e sarebbe stata per sempre l'unico amore.
Chissà se Oscar l'avrebbe mai compreso.
Le dita abbandonarono il petto…
André si chinò a baciare la bocca…
Stavolta il bacio scorse intenso e fondo a chiudere il respiro, annullare la residua forza mentre stille di dolore invadevano il ventre ed il respiro mancava davvero.
Dannato lo sarebbe stato per l'eternità.
Anche lei lo era adesso, come s'era augurato un tempo.
Adesso lei era lì, nessun appiglio sarebbe bastato per scansare da sé e da lei la dannazione eterna.
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