I seem to have attracted a troll reviewer, please just ignore them!
Maybe won't you take it back
Say you were tryna make me laugh
And nothing has to change today
You didn't mean to say "I love you"
I love you and I don't want to
I love you
Billie Eilish
Tutto e niente
Si sgretolava la possente teca di terra, ispida di serpi, bieca di ratti, frenetica di streghe urlanti, costruita attorno al cadavere redivivo.
Intenzionale o meno, Oscar François de Jarjayes aveva compreso che la gabbia ghiacciata era stata costruita per lei.
André e i suoi lividi, sepolto dentro, lei relegata fuori, distante, fulgida e bella come una dea guerriera che nessun umano, non lui, non lui e nessun altro, avrebbe mai potuto corrompere.
Al diavolo…
Non era così!
No, non voleva essere protagonista di una Storia così assurda…
Era viva…
Voleva…
Vivere…
Vivere…
Vivere tutto…
E avere niente…
Che ondeggiò il corpo, come belva feroce, come i lupi che accerchiavano la carne e annusavano la paura, sudore e rabbia, sentori di sconfitta e resa.
No, che ondeggiò il capo, reclinato un poco, non più all'erta, come di chi sa d'aver vinto e aver avuto la meglio, intuendo il punto debole, la menzogna nascosta entro l'orrido destino caduto sulle spalle all'avversario, mentitore d'una altrettanta orrenda verità, che stupiva e divorava i sensi, nel bieco solletico d'una morte annunciata, in attesa che quello l'ammettesse la verità, così come d'essere stato sconfitto.
Sentiva ch'era da quella teca che doveva tirarlo fuori, anche se lui c'era già riuscito a sopravvivere ma sempre fuggendo, sempre sottraendosi.
Una storia assurda, inutile…
"Tu mi vuoi perfetto!" – sibilò André tornando a indietreggiare, che lei invece no, avanzava, pollice dopo pollice, lo sguardo ad ascoltare il terrore nella voce di André e forse anche nella propria.
Non sapeva se l'amava davvero e non gliel'avrebbe mai detto anche se l'avesse compreso.
Non voleva illuderlo e non voleva illudere se stessa.
Ascoltava e basta il lento avanzare di sé sull'altro e dell'altro su di sé, dentro di sé, quasi che lei stessa sarebbe stata disposta a scendere in quella teca di terra e vermi e ratti e streghe.
Era André ciò che aveva cercato fino a quel momento.
Quell'André ch'era fuggito da lei, che l'aveva umiliata facendole credere d'avere una rivale che non era altri che lei stessa.
Così che lei s'era ritrovata gelosa di se stessa, a combattere contro se stessa…
"No…non sei perfetto…come non lo sono io…" - ribatté severa, ascoltando l'insorgere della rabbia mescolata al desiderio d'essere lei quella donna e dunque sconfiggere se stessa, quella dannata Oscar François de Jarjayes, che lei non voleva essere e ch'esisteva, ma in un'altra storia, non quella che sceglieva lei – "Ma io non cerco d'abbruttire la mia esistenza. Perché invece tu lo stai facendo? Apparire peggiore di quel che sei?! Per dimostrarmi che non potresti mai starmi accanto? E perché invece non hai avuto il coraggio di dirmelo in faccia che mi amavi? Rammenti ciò che ti chiesi a Brest?".
Stai fuggendo! Stai lasciando la Francia! Stai lasciando la tua vita!
L'hai detto! Non mi pare difficile!
Dunque l'amore si può mettere a tacere semplicemente abbandonandolo!? Dunque per non imporre un sacrificio a qualcuno…l'abbandoni? Che razza di amore sarebbe questo?!
Si avvicinava Oscar…
Si erano amati…
Nonostante tutto…
Nonostante niente…
Sceglieva dunque Oscar…
Stracciare l'antica esistenza...
André…se tieni più alla sua purezza che al tuo amore per lei…allora forse non ne sei così innamorato!
E tu…tu che ne sai dell'amore!? Quali strade percorre? Quali strade ci costringe a percorrere? Augurami buona fortuna!
Ecco che dannata strada aveva percorso Amore!
Nemmeno il tempo d'averlo sulla punta delle labbra…
Nemmeno il tempo di concederle di pensare se esso fosse Amore.
Gli fu vicino…
Gli occhi corsero alla bocca, sfacciatamente…
La bocca s'avvicinò pericolosamente…
André si ritrovò percorso da una sorta di ancestrale stanchezza, la nostalgia di lei, lei come l'aveva amata in silenzio, batteva nelle viscere, mescolata a lei, viva, lei, Oscar, com'era lì, avanti a sé, impressa a fuoco, addosso.
Non sarebbe riuscito a restarle lontano…
Non c'era riuscito prima e non ci sarebbe riuscito più.
L'aveva amata…
Nonostante tutto…
Nonostante niente.
"Tenevi a me fino al punto da lasciarmi?" – un sussurro caustico mentre la bocca scorreva alle labbra, il respiro incideva la retorica domanda – "Sei un codardo! Tu hai scelto anche per me e a me non hai lasciato nessuna scelta! Questo è amore? Non l'accetto! Nessuno s'è mai permesso di mettermi con le spalle al muro".
Silenzio…
André lasciò che la bocca ascoltasse la bocca.
Immaginò che lei avesse ragione, immaginò che mettere all'angolo una come Oscar François de Jarjayes non sarebbe stato bene.
Dunque per lei quella era un sfida, era il trionfo del suo orgoglio.
Non era Amore.
Ma per lui era tutto, per lei non era niente.
Chiuse gli occhi, sprofondato nell'incredula bocca che scorreva alla bocca e alla guancia e poi tornava lì, alla bocca, senza fretta, come lei avesse imparato ch'è nell'attesa che s'annida il sussulto più fondo ed intenso della resa, più che nei muscoli che via via s'adeguavano per adagiarsi ed abbracciarlo mentre lui ascoltava il peso di lei scivolargli addosso, sopra…
Peso lieve e prepotente al tempo stesso…
Tutto e niente!
"Non…" – un sussurro per sottrarsi…
"No!" – un sussurro d'arrendevole orgoglio.
Dove…
Dove indietreggiare quando si annusa se stessi nel sentore dell'altro?
Dove fuggire se l'unica direzione è la bocca, l'unico appoggio le braccia, l'unico appiglio la schiena abbracciata e chiusa?
Il ginocchio a terra…
André l'abbracciò, stringendo il corpo lieve e magro, quasi gli sarebbe sfuggito, ascoltandosi scivolare dentro di lei, farsi strada nella selva aspra di profumata solitudine.
La bocca sostenne il bacio…
Il braccio sostenne il corpo…
Si alzò in piedi André, trascinandola su, senza respirare quasi, baciandola quasi senza muoversi, lei aggrappata lì, le mani dell'altro libere a liberarla, rincorrere l'asciutto brivido, catturare il sentore dell'ultimo raggio di luce adagiato sulla pelle.
Non aveva necessità di tenerla che lei si teneva a lui, come naufrago allo scoglio, la testa fuori dall'acqua per respirare, il corpo mobile accarezzato immobile, che per poco sarebbe impazzito…
Essere lei…
André l'ascoltava e diveniva lei, lasciandola libera di amarlo…
Fulgida caduta nell'essenza femminile di sé…
La bocca s'aprì a lasciar baciare la bocca…
Lasciò che lei lo baciasse, gli occhi chiusi, l'esperimento d'un bacio voluto e non subito, testardo e infingardo, delizioso e feroce.
Il respiro s'innalzò nel vago sussulto del sesso…
Il corpo morbidamente preso rivelava l'implodere della resa fulgida…
Vertigine insensata…
Essere lui…
Oscar l'ascoltava e diveniva lui.
Nera ascesa nel sentore maschile dell'altro…
Non erano più l'una e l'altro.
Erano tutto ed erano niente.
Non era importante…
Non era necessario essere altro che sangue che scorreva veloce, sussulto d'aspra spinta, bacio rovente che mordeva il labbro…
Non era necessario essere altro che spazio divorato dal repentino avanzare e indietreggiare ed aversi, mordersi e morire, di nuovo, piano piano, al rimbombo dell'orgasmo che smuoveva i ricordi più lontani, le risate più allegre, i pianti più fondi…
Dita intrecciate attesero di stringersi e poi ribellarsi…
Si chiamarono per nome, solo il nome a rivelare d'essere giunti lì dove non è possibile tornare indietro e dove si ritorna a essere soli perché il corpo implode e fugge e muore.
André la tenne stretta, la mano dietro la schiena, la scostò piano da sé, tenendo le labbra sulle sue labbra, restituendola al giaciglio asciutto e morbido mentre il respiro di Oscar gli dettava d'averla portata di nuovo lì, sul baratro di sé, voragine d'immensa solitudine.
Che non volle restare sola, tentò di tenerlo a sé, aggrappandosi alla camicia, tirando per impedirgli d'allontanarsi…
"Non sarò mai così pazzo…" – sussurrò mentre il respiro disfaceva l'orgoglio e bruciava le lacrime…
La baciò piano, leccando il viso umido, scostando i capelli…
Oscar gli prese il viso tra le mani, l'abbracciò tenendolo a sé.
"No…".
§§§
Nevicava fitto…
"Non posso restare" – ammise il Conte di Fersen tra il laconico e il malcelato sollievo, mentre orientava ostinatamente lo sguardo a scorgere un pertugio di cielo entro la volta grigia e chiusa – "Anche se adesso sappiamo che è viva".
"Ebbene, non ve l'ho chiesto la volta scorsa e non ve lo chiederò ora!" – sibilò Victor Girodel che al contrario dell'altro osservava la fiamma alta nel camino risplendere quasi beffarda di contro al gelo che chiudeva la cittadina – "Io però devo ritrovarla. Ne va del patto stretto con suo padre. Ho promesso al Generale Jarjayes che mi sarei preso cura di lei. E non è propriamente così che il mio onore ne avrà di giovamento…che potrei raccontare al generale…".
Fersen tornò a sedersi al tavolo imbandito.
"Le nostre ospiti?" – chiese mani conserte in attesa che venisse servita la zuppa fumante, come non avesse ascoltato ciò che aveva detto l'altro.
Il patto con Jarjayes era aspetto relativo. Era evidente che lo smacco subito dal Tenente Victor Girodel era evento ben più increscioso.
L'altro non rispose subito, le questioni d'onore parevano sepolte sotto il manto di neve fitta, ma l'onore si sa cova sempre sotto qualsiasi accidente o manto candido o foglie morte o broccato blu.
L'onore ritorna sempre a chiedere il conto degli smacchi…
L'onore vuole la sua vendetta…
"Non abbiamo mai concluso il discorso su quel ch'è accaduto. Quel soldato, anche lui, è vivo" – riprese Girodel per carpire l'essenziale da colui che presto se ne sarebbe tornato al suo fulgido destino di guerriero senza guerra, ove aveva tentato d'annegare miseramente il suo destino di amante senza amore – "Mi farò condurre dalla giovane indiana nel luogo dove si trovano ma devo sapere perchè voi speravate che fosse vivo ed al tempo stesso che fosse morto!?".
"Ve l'ho già detto il perché…".
"Non mi basta! O meglio, ne convengo che un servo che osa avvicinarsi a quel modo a una nobildonna…meriterebbe la morte! Ma mademoiselle lo conosce da una vita…dev'essere intervenuto qualche artificio…un'imposizione!".
"Questo dovrebbe alleggerire le colpe di quell'uomo!?" – sibilò ironico Fersen – "Preservare l'onore di una donna ad ogni costo…è questo che dovrebbe fare ogni nobiluomo…e per nobiluomo non intendo soltanto colui che reca un certo casato nel proprio nome. Intendo proprio un'inclinazione d'animo e di maniere".
"Intendevo che mademoiselle è stata molto vicina a quel servo, da tutta una vita. E' possibile che lei si sia ritrovata addolorata dalla sua partenza. E questa a parer mio è un'imposizione! Ebbene all'inizio l'avevo anche lodato, ammettendo che andarsene…per sfuggire all'oscuro abbaglio di un amore osceno…ebbene era stata scelta molto dignitosa. Ma ora…ora ammetto di trovare il gesto di quell'uomo ancora peggiore di quel che pensate. Ha approfittato di lei, l'ha usata. Innamorarsi di una donna…ne convengo che possa accadere…ma ciò che ha fatto André Grandier…le ha imposto una scelta che lei non aveva nessun obbligo di rispettare. Una volta trovato, lei avrebbe potuto arrestarlo, ricondurlo indietro. Ma il generale suo padre era d'accordo con la scelta di quello scellerato e converrete con me che mademoiselle non ha fatto altro che cedere alla volontà del padre, accettare la scelta di un servo che non ha avuto scrupoli a separarsi da lei. Il peccato peggiore di André Grandier…".
"Il peggior peccato di André Grandier è stato d'essersi innamorato di lei…della vostra Oscar" – sibilò Fersen per colpire e sollevare la reazione dell'altro – "E allora che altro avrebbe dovuto fare?".
Come a dire, cosa credete abbia fatto io?
Dunque il Conte Hans Axel von Fersen e Monsieur le Tenente Victor Clement de Girodel erano ridivenuti pedine d'una scacchiera.
S'erano creduti re – l'uno bianco e l'altro nero – anziché ammetter d'esser molto probabilmente solo due miseri alfieri o cavalli o peggio ancora pedoni sacrificabili ogni istante.
"Quell'uomo potrà fare o dire ciò che vuole!" - sbottò Victor Clement de Girodel restio a vedersi cucito addosso l'abito dell'alfiere – "Ve l'ho detto e lo ripeto! C'è stato un momento in cui ho plaudito al suo gesto. Potrà essersi innamorato, ma ha commesso un errore assurdo. Lasciarla! Mettere se stesso di fronte a lei, abbandonare il suo ruolo, abdicare a ciò che gli spettava di diritto! Un grandioso privilegio quello di servire una donna simile per un uomo come André Grandier! Un'insperata fortuna che lui ha mutato in un tragico abbandono!".
Fersen si rabboccò il bicchiere di vino.
Aveva altre questioni per la testa…
"Se la cercherete e la troverete e troverete anche lui…" – attaccò dopo aver tracannato il liquido ed essersi molto rudemente pulito la bocca col palmo della mano – "Dovrete prenderlo vivo…era questo ciò che volevo io…".
Victor s'avvicinò con fare quasi animalesco - "Ditemi che avrebbe fatto!? So che anche voi tenete a mademoiselle…entrambi ci teniamo ma a me il vostro interesse…non interessa! Ma se dovrò prendere vivo quel demonio…devo almeno sapere perché non dovrei passarlo a fil di spada, su due piedi!? In fondo è un disertore. E' sopravvissuto ma non è tornato al suo reggimento come sarebbe stato suo dovere! Nemmeno io ho in animo di turbare la coscienza di mademoiselle. Quell'uomo le è caro, non posso negarlo e non tento nemmeno di comprendere perché. E' per questo che lo volete vivo!? Dunque…ammetto che vederlo marcire in una galera sarebbe un buon compromesso. Ma io devo trovarlo!".
"Dunque anche voi avete le vostre buone ragioni! In fondo siete un tenente francese, seppur non al vostro comando, quell'uomo è disertore anche dal vostro punto di vista!".
"Colonnello Fersen…".
Un respiro fondo…
Non si comprendeva se compassione o ridicola resa…
"Dai dispacci che ci sono giunti prima del vostro arrivo, sono venuto a conoscenza che Sua Maestà avrebbe fabbricato personalmente una serie di forzieri per il trasporto del denaro…" – riprese Fersen andando a osservare la pendola che aveva attaccato a battere la mezz'ora dopo mezzogiorno, dunque l'ora del desinare.
"Sì, avete detto bene…".
"Ebbene, sapete perché Sua Maestà si sarebbe prodigato in questa operazione?".
Davvero Victor Girodel non comprendeva…
La trama pareva troppo sfilacciata, il quadro appena abbozzato.
Negò, gli pareva fosse ovvio prendere simili precauzioni per trasportare simili quantità di denaro da un continente all'altro.
"Voi avete trasportato il denaro nei forzieri per una ragione che nasce proprio dalla precedente spedizione, quella ch'era toccata a me. Noi abbiamo trasportato il denaro dentro sacchi di tela. Sarebbe dovuto venire con me un fidato segretario ma alla fine…ho appreso che André si era arruolato e si sarebbe imbarcato sulla mia nave. E' un uomo colto anche s'è un plebeo. Sa leggere e scrivere…".
"E allora?".
"Pensate che a Brest, l'ho incrociato poco prima della partenza e Mademoiselle Oscar era con me e…avevo immaginato che André si fosse arruolato in accordo con lei…con la famiglia della sua padrona".
Victor Girodel stava per spazientirsi…
Un tassello in una direzione e uno in un'altra.
Eppure tutti parevano comporre un'unica immagine. Che dunque, ecco dov'era andata a cacciarsi Oscar, dopo averlo bellamente piantato in asso a Saint Jouan, quando era corsa a cercare suo padre. A Brest!
"Dunque l'avete incontrata, prima di partire?" – chiese Victor sulle spine.
"Sì, e sapete che cos'è accaduto? Quando le ho detto che André Grandier si era arruolato e sarebbe partito per l'America, lei ha dimostrato di non saperne nulla! M'è parso strano che lui non ne avesse parlato con lei. Voi dite che hanno affetto reciproco pur essendo servo e padrona, e proprio questo affetto sarebbe invece stato disertato da André!?".
"Quel servo avrà la sua vita!" – sferzò Girodel sprezzante – "Lo sapete no!".
Annui Fersen fissando Girodel.
Sì, lo sapevano entrambi che André Grandier viveva una vita come tutti.
Lo avevano incontrato a Parigi, diverse volte.
Parigi li aveva accolti tutti…
Tutti e tre!
"Ma questo non spiega come mai quella sera…lei sia scomparsa…" - Fersen abbandonò la posa rilassata per chinarsi in avanti, verso l'altro, mani intrecciate, sguardo quasi livido.
Oscar François de Jarjayes aveva abbandonato il Conte Hans Axel von Fersen per correre dietro ad un servo!?
Curioso smacco anche quello!
Passo degno d'una regina che scarta il cavallo e se ne fa beffe!
"Scomparsa?".
"Le avevo proposto…" – tossicchiò Fersen che forse si stava spingendo troppo oltre – "Di trascorrere qualche ora in compagnia".
"Colonnello Fersen!" – biascicò Girodel come stesse sputando veleno – "So chi siete! Vi ho scorto in quella locanda! A Parigi!".
"S'è per questo anch'io vi ho veduto. E più d'una volta!" - rimbeccò torvo Fersen, senza lasciarsi intimorire – "Sappiamo entrambi chi siamo. Noi ci siamo incrociati spesso…e parimenti abbiamo incrociato quel servo. E chissà…forse anche lui avrà veduto entrambi!" .
Come una bordata di cannonate che erompe nel cielo cristallino d'una limpida giornata di guerra, Victor Girodel arretrò…
"Ci conosciamo da tempo, Monsier le Tenente Girodel" – rimarcò Fersen – "E dunque non possiamo nasconderci che a sparire così, di notte, non ne siamo stati capaci solo noi. E' accaduto a Parigi tante volte. Ma tornando a noi e tornando a Brest…ebbene…io so solo che il mattino seguente ho rivisto mademoiselle sulla banchina ove era ormeggiata la Jason. Sono sceso, l'ho salutata, ma dopo di me è sceso anche quell'uomo. E lui…ve l'ho detto quello che è accaduto…".
Victor guardava Fersen e pareva veder scorrere avanti a sé la scena descritta…
"Ho avvicinato André dunque, gli ho chiesto di aiutarmi nelle operazioni di custodia del denaro. E' un uomo colto, mi avrebbe fatto comodo. Ma volevo anche comprendere cosa provasse per mademoiselle. Ebbene André è colto ma anche molto riservato. So che scriveva lettere a sua nonna".
"Questo lo so anch'io! Le ho recapitate io stessa a quella donna".
"Comunque…dopo essere giunti in America, il nostro carico è stato suddiviso e ripartito tra le varie guarnigioni. E' stato spedito accompagnato da drappelli di soldati. Nei mesi a venire alcune divisioni mi hanno scritto".
Victor era sulle spine…
"Non apprezzando il valore del denaro come moneta di scambio, in questo paese le monete valgono semplicemente come metallo prezioso. Oro e argento per intenderci sono solo oro e argento. Pezzi coniati a Parigi nell'anno 1777 da Pierre Benjamin Duvivier. L'effige di Luigi da una faccia, lo stemma di Francia e Navarra dall'altra".
"Ebbene?".
"Ebbene si dà il caso che Monsieur le Roi avesse perduto…".
Inorridì Victor Girodel abbozzando un sorriso quasi satanico - "La testa!?".
"No!".
Un respiro strozzato...
"Il naso!" – soffiò Fersen come trasfigurato.
"Cosa?".
"Ebbene, tenterò di spiegarlo il più semplicemente possibile. Ogni moneta era stata pesata all'inizio del viaggio. Questo m'è stato detto. Un sesto d'oncia all'incirca. Ma alcuni i reggimenti a cui erano destinate hanno reclamato che quel sesto non era più un sesto ma un sesto meno…" – la destra di Fersen volteggiò nell'aria – "Un naso!".
"Vi state dileggiando…" – sopracciglia inarcate di sdegno – "Di me?!".
"No! Mai oserei dileggiare alcuno su tale faccenda! Quanto pesa il naso d'un re e nella specie il naso di Luigi XVI, Re di Francia!?" – senza pudore, Fersen si spalmò una mano sulla faccia – "Ognuna di quelle monete recava un naso, un impercettibile vello d'oro, che da molte di quelle è scomparso! Come se un moccioso scaltro e infingardo avesse ficcato un piccolo cucchiaio entro centinaia e centinaia di vasetti di marmellata, portandone via un poco da ciascuno. Chi potrebbe mai accorgersi che da ciascun vasetto ne manca appena un cucchiaino!?". *
Girodel era sempre più stupefatto…
Il naso del re…
"Ma come è stato possibile…" – il respiro strozzato – "Come sarebbe accaduto?".
Fersen negò - "Ve l'ho detto. Le monete son state contate all'inizio del viaggio. All'arrivo non sono stati fatti controlli. Il carico era già stato suddiviso per essere affidato alle varie guarnigioni. Poi siamo partiti per le nostre spedizioni e dopo qualche mese alcuni comandanti mi hanno scritto lamentando d'aver potuto acquistare molti meno fucili per ogni moneta, perché le monete non valevano tante livres".
"Sarà stato per via del valore!" – obiettò stranito Girodel – "In questo paese forse l'oro non vale tanto quanto in Francia! Un luigi sono ventiquattro livres…".
"Lodevole da parte vostra, Monsieur Girodel, tentare di scagionare il possibile artefice di questo che ha tutta l'aria d'essere un furto. Ebbene molti di quei luigi adesso ne valgono ventitré di livres! E l'ultima? Dove sarebbe finita? Un esiguo velo d'oro. Un milione di livres in luigi d'oro e quasi novecentomila livres in doppi luigi"– concluse Fersen – "E sapete che quando ho accennato a queste somme…la risposta di André Grandier è stata…".
All'incirca…sessantamila…
"Sessantamila monete…le aveva calcolate quasi con esattezza".
"Anche…i doppi…luigi?".
Annuì Fersen piuttosto risentito d'esser stato beffato, e ancora non comprendeva neppure come fosse stato possibile - "Anche in quel caso monsieur le roi sfoggiava un naso ben poco simile alla stirpe dei Capeto!".
"Dannato…" – abbozzò Girodel come stravolto e al tempo stesso euforico d'aver finalmente trovato un'ombra spessa nella fulgida esistenza del servo, degna d'esser perseguita anche senza dar fondo a scomodare i vaghi sentimenti, troppo disonorevoli e infingardi – "Credete…sia stato…".
"Non ho fatto in tempo ad accertarlo. L'ho inviato a Northampton…".
"Non l'avrete mandato…" – Girodel iniziava a comprendere – "Non l'avrete fatto intenzionalmente!? E la storia degli indiani che avrebbero attaccato il carico!?".
"Il carico è stato attaccato! Non penserete avrei mai architettato una simile messinscena?! Mademoiselle teneva al suo servo. Non avrei mai potuto permettere che gli accadesse ciò ch'è accaduto!".
"Morto no di certo, ma a marcire nelle patrie galere si! E' per questo siete rimasto sconvolto dalla sua scomparsa?!".
"Per tale motivo ho pensato che la presenza di mademoiselle, qui, in America, l'avrebbe indotto a…".
"Non avete mai pensato che fosse morto dunque!".
"All'inizio si…poi hanno cominciato a verificarsi strane incursioni…".
"Eppure le avete detto che era così, che lui era morto! Non avete pensato a quanto l'avete fatta soffrire?".
Le parole uscivano di contro all'espressione fintamente sdegnata di Victor Girodel.
Era terribilmente entusiasmante non ritrovarsi semplicemente e banalmente geloso d'un servo plebeo, quanto decisamente meno impegnativo esserlo d'un volgare ladro.
Un tocco alla porta.
Giunsero alla fine le due ospiti, a troncare sul nascere la bislacca conversazione che pareva una sorta di canoa che vagava per un canneto tanto fitto da non avere idea di come se ne sarebbe mai usciti.
Madame Aleksandra Roma Lemonde e Lua Pietra Incandescente, la prima sobriamente avvolta in un vestito di lana spessa, uno scialle sulle spalle, la seconda nuovamente ficcata nei tanto agognati abiti maschili, che lei non ne aveva voluto sapere d'agghindarsi alla moda femminile del tempo, nemmeno per lo sguardo di Victor Girodel che si voltò osservando il viso della giovane indiana, più riposato ma più tagliente e severo di com'era sempre stato.
Lua Pietra Incandescente diveniva tramite tra sé e Oscar François de Jarjayes.
Victor le sorrise senza tradire eccessiva benevolenza.
Victor Girodel s'era riservato una vita priva d'eccessivi impegni, declinati nelle ovvie scelte che ogni buon cadetto avrebbe dovuto compiere, eccellere nella carriera militare e trovare alla fine dell'età del divertimento, una moglie con cui trascorrere le giornate e gestire gl'impegni mondani.
Una noiosa apparenza da render meno tragica a mezzo d'una compagna sagace e per nulla annoiata.
L'indole nostalgica e decadente non gli avrebbe mai permesso di abdicare alla granitica convinzione d'essere destinato a una fanciulla di nobili origini, possibilmente arguta e intelligente - ma non al punto da soverchiare l'amenità del marito – e ancora calma e remissiva - ma non poi così accondiscendente - tutto per rendere la relazione conviviale e misteriosa al tempo stesso.
Come aveva suggerito Madame Roma, una compagna troppo succube avrebbe finito per annoiarlo.
Dunque Victor Girodel non avrebbe mai accettato accanto a sé Lua Pietra Incandescente perché lei gli era in fondo fin troppo devota.
Ma in quel momento sapere di averla lì, al proprio fianco, gli regalava una sorta di sorda onnipotenza che, assieme alle rivelazioni di Fersen, gli avrebbe consentito di ritrovare Oscar François de Jarjayes e metterla finalmente con le spalle al muro.
Perch'era lei la donna di nobili origini, arguta e intelligente, devota ma non accondiscendente, capace di tenergli testa e al tempo stesso incapace di divenire oggetto malleabile tra le sue mani.
Victor Girodel non voleva una dama di buona compagnia…
Voleva…
Lua afferrò una pagnotta calda e fragrante, l'addentò senza spezzarla con le mani, bruciava lo sguardo all'indirizzo dei due uomini che, imbalsamati nelle loro rugginose convinzioni, s'erano lasciati beffare da un uomo che alla stregua d'una folata di vento s'era preso il cuore e l'anima della donna capace di governare la luce, il buio, il fuoco e persino l'aria.
"Io so dove si trova la persona che state cercando…" – soffiò severa che i due uomini sollevano gli sguardi in attesa della chiosa finale di quella ch'era nata come tragedia e si risolveva a concludersi alla stessa stregua d'una farsa e della peggior specie – "E' con quell'uomo…".
Lua fissò il Conte di Fersen.
"Quello era morto" – ribatté feroce il conte per tentare di comprendere se la giovane indiana stesse mentendo.
"E' vero" – abbozzò Lua masticando piano e poi addentando un altro morso – "Si può dire che fosse morto davvero. Ma la mia gente lo ha salvato e quando è stato meglio lui è venuto a prendersi la donna che vuole per sé…quella donna che si veste da uomo…".
"Cosa?" – Victor Girodel strabuzzò gli occhi – "Come sarebbe a dire che si è venuto a prendere?" Come è stato possibile? Come fai a sapere tutto questo? Stai mentendo!".
Negò Lua: "Me lo hanno raccontato e io ho parlato con lui. E quando gli ho detto che avrei potuto uccidere per avere la persona che amo lui ha detto di no, lui non l'avrebbe mai fatto! Ma la faccia che aveva…la sua anima lo farebbe se fosse necessario! Yellow Jacket…".
"Chi diavolo è adesso questo Yellow Jacket?" – saltarono su all'unisono Fersen e Girodel.
"Yellow Jacket è amico di quell'uomo. Era a New York. Non era lì per caso. Ce lo ha mandato lui per cercarla e alla fine Yellow Jacket l'ha trovata e l'ha portata da lui".
Una manata sul tavolo…
Le porcellane sobbalzarono mentre Roma sgranava lo sguardo.
Il tassello era lì, era sempre stato sotto gli occhi.
Anche se non aveva mai conosciuto André Grandier – così si chiamava l'uomo – quello era sempre stato lì, accanto a Oscar François de Jarjayes, evanescente Orfeo che l'aveva ripresa con sé, per condurla non certo fuori dall'Ade, ma per portarcela dentro.
Quello era stato capace di portare via la regina da sotto il naso del cavallo e dell'alfiere e persino del suo, misera torre ormai incapace di difendere orgoglio e vendetta.
I due indiani che lei aveva trovato a White Plains…
In realtà erano loro che avevano trovato lei e lei s'era fatta fregare da due dannati musi rossi.
Madame Aleksandra Roma smise quasi di respirare.
Chiunque fosse quell'uomo sapeva il fatto suo.
C'era da immaginarsi che un tale spirito sarebbe stato capace di insinuarsi nel cuore di Oscar François de Jarjayes.
"Adesso Jacket mi ha seguito sin qui" – concluse Lua, afferrando il bicchiere mezzo pieno di vino – "Dev'essere da qualche parte là fuori".
"Dannato!" – gridò Girodel gettando il tovagliolo sul tavolo – "Perché non me l'hai detto subito?".
"Non sapevo nulla di tutto ciò fino a quando non siamo arrivati a Northampton. E adesso…non ne sono certa ma credo che lo abbiano mandato a cercarmi…per uccidermi!".
"Perché?" – domandò Roma incredula che un indiano avesse in animo di mettere fine alla vita di una sua simile – "Ucciderti?".
"Io sono pericolosa per la mia gente".
"…".
"Perché io vi condurrò da lei" - il senso della storia era tutto lì, devastante per la tribù indiana, liberatorio per gl'invasori francesi.
"Se la tua gente la tiene prigioniera…" – abbozzò glaciale Victor – "Anche loro ne pagheranno le conseguenze!".
"Anche loro attendono di farvi pagare lo scempio delle vostre conquiste!" – tagliò Lua, l'odio trafiggeva lo sguardo.
Lo scenario s'ingigantiva.
Fersen si alzò, non comprendeva dove volesse arrivare l'altra.
"Hai detto che quell'uomo è fuori...là fuori?".
Annuì Lua. Lo sguardo feroce brillò d'inspiegabile rabbia. Lei non sarebbe mai riuscita ad avere la meglio s'un indiamo come Jacket ma un drappello di soldati francesi…
Fersen fece chiamare un'inserviente.
Il luogotenente comparve sull'uscio.
Il colonnello fece cenno di entrare.
"Preparatevi a uscire. Dovete cercare un indiano di nome…" – lo sguardo passò dal luogotenente Alain Soisson che, seppur impassibile, riconobbe la giovane indiana, a quello di Lua Pietra Incandescente.
"Jacket" – sussurrò diabolica Lua Pietra incandescente – "Yellow Jacket. Fate attenzione…è molto scaltro".
"Come lo riconosciamo?" – chiese Alain trattenendo il respiro alla visione dell'altra che aveva creduto morta, anche lei era scomparsa dopo lo scoppio dell'arsenale di polvere da sparo a Northampton.
Dunque se quella era viva allora forse…
Lua si alzò, pulendosi la bocca con il tovagliolo, lisciandosi il gilet dalle pieghe e dalle briciole - "Se permettete verrò con voi. Sarà semplice. Non appena uscirò allo scoperto lo farà anche lui. Mi sta cercando...non dovrete fare altro che attendere".
Roma ebbe un brivido.
Conscia del proprio desiderio di vendetta che aveva messo radici nel lontano passato, impallidì di fronte alla spietata lucidità della giovane Lua ch'era stata capace di sfruttare al meglio le imponenti risorse che le venivano messe a disposizione, là dove lei sapeva benissimo non avrebbe avuto abbastanza forza di riuscire nell'intento di catturare Yellow Jacket.
L'altra faccia dell'Amore…
La stessa che aveva abbracciato lei.
Lua sorrise tra sé e sé.
Creare caos, spezzare il legame, incidere la rabbia nei muscoli della sua gente cosi come in quelli degli avversari.
La sua gente si sarebbe ribellata…
Avrebbe vinto oppure sarebbe stata spazzata via.
E c'era che Lua Pietra Incandescente sapeva che in fondo era lo stesso scenario che s'augurava Yellow Jacket.
Anche lui avrebbe voluto giungere allo scontro, lui che aveva visto morire tanti suoi compagni, e donne e bambini.
Gli stranieri non avevano nemmeno dovuto usare la spada.
Monsieur Benjamin Franklin le aveva spiegato che la gente che arrivava dall'Europa non aveva portato sé solo la polvere da sparo, la matematica, l'architettura, l'arte, la letteratura, ma anche strani accidenti, incantesimi senza sangue, capaci di uccidere tanti indiani quanti ne avrebbe uccisi l'inverno più freddo e arido.
Comunque fosse finita, lei si sarebbe vendicata di quella donna che le aveva portato via il cuore di Victor, e di quella gente, la sua gente, che non era stata capace di salvare la sua anima.
Voleva tutto Lua Pietra Incandescente.
Non ne avrebbe mai ricavato alcuna pace.
Dunque sarebbe stato niente!
"Sai nulla…che cosa faceva André?" – domandò Fersen prima che il luogotenente e l'indiana se ne andassero.
Alain Soisson trasalì, trattenne il respiro, ingoiò la voce.
André Grandier…
Era…vivo?
L'indiana negò - "Lui non è vissuto con la mia gente. Se ne sta lontano. Ma so che ogni tanto accompagna i giovani della tribù a caccia. Si fa aiutare da un falco".
"Un…" – Fersen sbiancò, era l'animale che i soldati si erano ritrovati spesso volteggiare sulle teste e poi anche quel giorno, quando aveva accompagnato Oscar alla radura in cui si era consumato l'agguato al drappello di soldati guidato da André – "Falco?".
Alain si morse il labbro e la lingua, che ancora un soffio e si sarebbe messo a gridare come un pazzo.
"Perdonate…" – abbozzò quasi tremando – "State parlando del Soldato André Grandier?".
Annuì Fersen, tanto valeva esser chiari con tutti, che rammentò quel ch'era accaduto a Ponta Delgada, i soldati s'erano messi a cercare il compare ch'era stato dato per disertore e invece no, invece l'avevano trovato quasi morto, pestato a sangue, ed era stato allora che i destini s'erano divisi, André diventato suo segretario e custode dell'oro e gli altri compari s'erano sentiti traditi, defraudati dell'orgoglio d'essere tutti plebei destinati a mansioni plebee.
"Il Soldato André Grandier…del reggimento di Sua Maestà Re Luigi XVI a quanto pare non è morto…e come tale…" - spiegò Victor Girodel sprezzante – "Non essendo tornato al suo reggimento come impone la legge militare…".
"Monsieur, Colonnello Fersen, prima di dichiararlo disertore…magari…" – tentò d'abbozzare Alain, per via che l'altro era stato nel bene e nel male un compagno di viaggio e di sventura, ma poi lui stesso avrebbe lui stesso voluto torcergli il collo a quell'altro…
Dio, s'era persino dispiaciuto che quel dannato fosse saltato in aria.
E poi era arrivato il damerino che poi non era un damerino ma un colonnello della Guardia Reale e ch'era una donna…
"Lasciatemi andare con le Monsieur Girodel" – rivolto a Fersen – "Lasciate che lo facciano anche i miei compagni" – propose Alain, un misto di sprezzo e di speranza.
"Lodevole da parte tua soldato…ma temo che ci sia poco da fare in questo caso…" – ammise Fersen laconico – "Quell'uomo doveva fedeltà a re e sarebbe dovuto tornare…invece…".
Lo sguardo dell'indiana scintillò memore delle parole che aveva ascoltato…
Non potrei più giurare fedeltà a nessun re…
Non si lasciò scappare l'ennesimo affondo. Lua colse il balzo, rivelò feroce la chiosa altrettanto sprezzante.
Davvero i tre commensali s'ammutolirono. Tutto sarebbe potuto accadere ma la fedeltà al re era sacrosanta e…
Victor Girodel si alzò a sua volta, fece cenno al soldato di andarsene assieme alla gentile accompagnatrice.
Non aveva più fame.
Madame Aleksandra Roma Lemonde si permise di sorseggiare un goccio di vino e di servirsi un misero mestolo di zuppa.
"Tenente Girodel…voi non siete un ufficiale al mio comando…" – riprese Fersen.
"Monsieur Fersen, so cosa state per dire. Sarò onorato se mi affiderete il compito di ritrovare mademoiselle e quell'uomo. Non accadrà ch'egli verrà passato a fil di spada. Ve lo posso assicurare. Lo terrò a vostra disposizione. O meglio sarà affidato alla giustizia di Sua Maestà il Re di Francia. Nessuno avrà nulla da obiettare. Neppure mademoiselle".
"Ebbene conosco il vostro valore e so che manterrete la promessa. Temo però di confermarvi che non ci rivedremo più" – fece per concludere Fersen – "Io devo rientrare con il mio reggimento a sud…la guerra sta volgendo alle sue battute finali. Preferirei sapervi al sicuro in Francia assieme a mademoiselle, che voi avrete la compiacenza di accompagnare sana e salva. Quanto all'altra questione…ciò di cui ho certezza è che il re di Francia si è ritrovato senza il suo prezioso naso. Ciò che non so è se davvero sia stato André Grandier a vituperarne la figura. Cosa che a quanto pare potrebbe essere possibile, visto che ci è stato appena confermato che egli non si ritiene più suddito del suo re".
"Mi serviranno alcuni uomini".
"Li avrete. Vi scriverò un dispaccio che recherete al comandante che presiede alle truppe designate a sorvegliare le riserve a nord, il Tenente Colonnello Williamson. So che ci sono state diverse ribellioni da parte di alcuni gruppi di indiani".
"Verrò con voi, se me lo permettete" – propose Roma severa – "Quella giovane indiana mi preoccupa…è magra e sembra fuori di sé…".
Victor Girodel non era particolarmente entusiasta ma se avesse avuto noie da parte di qualcuno, Madame Roma sarebbe stata più che adatta a tenere a bada l'animo della giovane indiana, incandescente di rabbia e gelosia, e quello altrettanto livido di Mademoiselle Oscar François de Jarjayes.
Chissà se lei sapeva d'esser stata attesa a New York?
Chissà se sapeva che quelle lettere – da cui ora si sentiva profondamente beffato – avevano avuto il pregio d'attirarla fin in America?
Chissà se sapeva che il suo servo era a tutti gli effetti un disertore?
E chissà se aveva compreso che molto probabilmente s'era persino macchiato d'un atto abominevole come sottrarre il naso al re?!
"Non potremo partire che tra qualche settimana" – ammise Girodel un poco sulle spine – "Questo maledetto inverno ci darà del filo da torcere e non darà tregua che alla prossima primavera!".
§§§
Che cos'è il tempo?*
L'eterno è tempo già vissuto o tempo mai più vissuto?
L'eterno racchiude, istante dopo istante, tutto il tempo che dispiega la sua corsa, entro l'esiguo spazio d'un battito, il ritmato rincorrersi delle stagioni, lo scorrere vagabondo delle nuvole nel cielo a disegnare, assieme all'astro che nasce nella luce, o al pianeta asciutto che sorge di notte, ombre nette ed assolate o fredde ed oscure?
Te l'eri chiesto spesso da quando l'intelletto aveva compreso d'esser vivo e umano.
Da quando allo specchio osservavi un'effige, quella d'un giovane uomo, i capelli un po' lunghi, quand'era giunto il momento d'acconciarli, così ch'essi non avessero disturbato troppo l'immagine esteriore, quella pulita e chiara che hai sempre avuto in animo di mostrare.
L'eterno è come acqua, dunque, acqua che scorre sempre, ma non per sempre?
Che per sempre non esiste.
Esiste l'ora e l'adesso ma tra breve, ora e adesso non saranno più, colmati dell'esiguo battito del cuore, dal rincorrersi di un pensiero dopo l'altro.
L'eterno è come l'acqua ch'è scorsa o quella che verrà?
Insomma è ciò che è stato, ciò che sarà…
Le dita ad aggiustare l'ultimo ciuffo ribelle, il colletto della camicia, i polsini, e infine a chiudere l'ultimo bottone della giacca.
Un respiro fondo…
La mente colma di mansioni da svolgere, impegni, ossequi, saluti, arrivi e partenze.
Tutto scorreva e tutto sarebbe scomparso, inghiottito dalle viscere dell'eterno.
L'unica salvezza…
Lembo di pelle, chiarore silenzioso…
Lento vento, riflesso d'oro dei capelli…
Sguardo chiaro, chiuso d'intensa primavera, ombre chiaroscuro di sera e guizzi di pioggia…
Eri vissuto dunque, costantemente costretto al presente, un gioco di sguardi e silenzi, incatenato al ruolo, immerso nel dovere.
Tutto era scorso.
Dunque allora il tempo è altro da ciò che siamo stati, da ciò che abbiamo già vissuto.
Quel tempo non c'è più, pozza asciugata da vento e sole, arida crepa nella terra morta.
Tutto è fermo…
Ma il tempo non è neppure ciò che saremo, perché nessuno sa quale tempo ci toccherà in sorte.
La geometria del tempo compone la melodia muta dell'essere ed esistere l'uno nell'altra.
Senza parole…
Il tempo è essere allora…
Il tempo è esistere qui, in questo istante, in ogni istante immobile, acqua ferma e limpida, trasparente a lasciar intravedere il fondo dell'anima.
Il tempo diviene istante, prigioniero dei mille cristalli di neve, che vorticano mobili e sfuggenti come battiti di cielo…
Il tempo diviene istante, mille granelli di granitica sabbia…
Il tempo diviene istante asciugato nella fugace e brillante e immobile aura lunare…
Il tempo…
Dormire…
Svegliarsi…
Baciarsi…
Sorridere…
Baciarsi ancora…
Ridere…
Accarezzare…
Scoprirsi…
Mordere…
Voltarsi…
Scostarsi…
Camminare…
Ridere…
Correre…
Scrutare il cielo…
Respirare…
Baciarsi…
Amarsi…
Dormire…
Sognare di nuovo…
Abbracciarsi…
Perdersi…
Sbadigliare…
Pestare…
Sbuffare…
Non so fare…
Provaci!
Baciami!
In silenzio…
In silenzio…
In silenzio!
In silenzio…
E poi ridere di nuovo…
Tossire…
Ridere e piangere…
Piangere e ridere…
Adirarsi…
Temere…
Piangere di rabbia…
Scostarsi…
Mentire…
Domandare…
Credere…
E non credere in nulla…
Graffiare…
Studiare…
Osservare…
Baciare piano…
Annusare…
Baciare…
Mordere di nuovo…
Respirare piano…
Ascoltare…
Ammettere…
Desiderare…
Non respirare più…
Cadere…
Chiudersi…
Disegnare carezze…
Attendere…
Ondeggiare…
Amare ancora e ancora…
Ascoltare…
Amare e amare ancora e ancora…
Respirare…
In silenzio…
In silenzio…
In silenzio!
In silenzio…
§§§
Lua varcò la soglia della casermetta dov'erano rinchiusi i prigionieri di guerra, inglesi ma anche indiani, contrabbandieri e qualche disertore.
Lo sguardo si posò alla figura seduta a terra dietro le sbarre, poca paglia zozza sparpagliata, una ciotola di brodaglia fredda, il sentiero nero della catena che chiudeva la caviglia del prigioniero.
L'altro, occhi a terra, schiena un po' curva, si sollevò a osservare la giovane indiana che si avvicinava, il corpo fasciato nel solito e sobrio abbigliamento maschile, i capelli sciolti, lunghi e lucidi, cascata di fulgida lava nera che fluttuava sulle spalle, incorniciando il viso ambrato, le pupille di brace, lo sguardo un poco perso, come se l'avesse compreso solo allora che quello che stava rinchiuso dentro le sbarre era davvero Yellow Jacket, il giovane che aveva conosciuto a New York, quello che l'aveva salvata da morte certa a Northampton, quello che le era stato accanto per giorni, in attesa che lei riaprisse gli occhi.
E lei lo tradiva.
Yellow Jacket era stato il primo che Lua aveva veduto quando aveva aperto gli occhi.
Lui l'aveva guardata, sguardo lieve, fessure nere di brillante disprezzo e tiepida compassione.
Yellow Jacket l'aveva conosciuta, chissà come, senza parole o gesti, aveva compreso ciò che pesava sull'animo, aveva tentato d'avvicinarsi così che trovasse modo di liberarsi dal suo dolore.
Non c'era riuscito…
E lei lo aveva tradito.
Forse anche per questo.
Perché nemmeno Jacket era riuscito a strapparla al destino da cui lei s'era lasciata abbracciare.
Lua Pietra Incandescente non voleva essere salvata. E nemmeno salvarsi.
"Perché non vuoi mangiare?" – chiese in piedi, rigida, come a contestare al prigioniero che la testardaggine avrebbe potuto costargli la vita e i francesi si sarebbero ritrovati senza la preziosa esca, utile per ottenere lo scambio con la donna ch'era nella stessa condizione, anche se la prigione dell'altra era molto meno evidente come quella fatta di sbarre di ferro dell'indiano.
L'altro rimase zitto, sprezzante nel riconoscere colei ch'era stata artefice della sua cattura.
Erano trascorsi ormai due mesi da quel dannato giorno.
Quel giorno, rannicchiato nel rifugio di frasche ghiacciate e fango rattrappito, aveva scorto un drappello di francesi lasciare la fortificazione, diretti di nuovo a sud dove si stavano combattendo le battaglie più cruente tra la flotta inglese da una parte e quella americana, francese e spagnola dall'altra.
Era stato sul finire del gennaio dell'anno 1782, il 25 e il 26, durante la battaglia di Saint Kit's, che l'ammiraglio de Grasse e il Marchese de Bouillè erano riusciti a impadronirsi della colonia inglese di Saint Christophe a nord della Guadalupe ma l'ammiraglio inglese Hoods era riuscito a scacciare i francesi da la Baie de Basseterre.
Le sorti della guerra erano incerte, dunque era plausibile che ogni guarnigione, dalle più lontane a quelle distrutte dalla fatica, venissero richiamate a dar manforte.
E poi, dopo aver veduto il drappello scomparire dietro la collina, nell'opalescenza del mattino imbiancato e gelido, l'aveva veduta, l'indiana che aveva inseguito per settimane, sgusciar fuori dalla cittadina fortificata, a cavallo, da sola.
Come stesse fuggendo, come stesse rifugiandosi chissà dove, fuori, al freddo.
Forse troppo stanco, forse smanioso d'acciuffarla, immemore delle residue cautele, l'aveva seguita.
Voleva avvicinarla, riprenderla, convincerla a tornare indietro, convincerla a desistere.
Sarebbe mai riuscito a ucciderla?
Lui, Yellow Jacket, s'era offerto di cercarla, riprenderla, Lua Pietra Incandescente, così che nessun altro si fosse messo in testa di farlo, che forse, un altro, al suo posto, sarebbe stato davvero capace di ammazzarla.
Così, gli occhi fissi alla figuretta scura, intabarrata nella pelliccia folta, non s'era avveduto dei soldati ch'erano sbucati alle spalle, circondandolo, ch'era stato impossibile sottrarsi e fuggire.
Un solo respiro e quelli l'avrebbero ammazzato all'istante.
Anzi, sull'istante si era chiesto perché mai non l'avessero fatto.
Un respiro fondo, l'avevano preso.
Aveva ammesso che Lua Pietra Incandescente era stata esca per attirarlo e catturarlo.
O, forse, era lui che s'era lasciato prendere, che solo così, sarebbe finalmente riuscito ad avvicinarsi a Lua.
Un'esca per nulla inconsapevole, che mentre i soldati lo trascinavano giù dal cavallo schiacciandogli la faccia a terra, colpendolo con calci e pugni per fiaccare ogni barlume di ribellione, Jacket aveva scorto il volto freddo di Lua, lo sguardo incapace di tradire un cenno di compassione o pietà quanto invece bieca soddisfazione nel vedere l'altro vinto e privo di libertà.
Yellow Jacket s'era fatto beffare da quella mocciosa che adesso era lì, muta, a domandargli perché non mangiasse.
Se lui fosse morto prima del tempo sarebbe stato difficile per il drappello dei francesi ottenere la resa incondizionata della sua tribù.
Lua s'inginocchiò ficcando la faccia entro le sbarre.
"Avvicinati…" – ordinò fredda…
L'altro si mosse, come un animale che riconosce l'ordine del padrone che l'ha addomesticato in qualche modo, vai a sapere se per devozione o paura.
Lua sporse la lingua…
L'altro s'avvicinò ancora di più mentre la catena tirava e tagliava la pelle, il corpo si protendeva a cercare quel contatto assurdo e caldo.
Il volto dell'indiano riuscì a lambire la lingua.
Il contatto regalò all'altra il sentore della pelle, aspro e salato, misto di sudore e polvere e rabbia…
Jacket tirò ancora…
La mano destra era libera e corse fulminea a sgusciare attraverso le sbarre, afferrando rapace il collo dell'indiana.
Strinse la presa, e l'altra si lasciò afferrare e stringere. Le unghie dell'indiano avrebbero dilaniato la pelle e le vene uccidendola…
Il respiro si fece basso e severo ma pareva che Lua volesse restare lì, a sua volta prigioniera della mano dell'uomo che l'aveva rincorsa per miglia e miglia, per ucciderla o forse semplicemente perché l'amava.
L'anima ribelle oscillava dunque a ribellarsi persino a se stessa…
Voleva vivere all'ombra di Victor Girodel…
Voleva essere sua ben sapendo che a quel modo non sarebbe mai stata di nessuno.
Yellow Jacket la tenne lì, come tenesse stretta tra le dita la sua libertà, come a rammentarle che solo tornando sui suoi passi lei sarebbe tornata libera.
"Sei una stupida!" – sibilò livido – "Quell'uomo ti sta usando e tu ti stai lasciando usare. Non sei degna della nostra gente".
"E io sto usando loro" – rimarcò Lua altrettanto sprezzante – "Se ci libereremo di quella donna sarà meglio per tutti":
"Se penseranno che è nostra prigioniera, verremo massacrati. E' questo che vuoi? Ti basterà questo per placare la tua rabbia? Nessuno di noi ha potuto aiutarti. Ma non c'è dignità a vendicarsi a questo modo. Tutto questo ci porterà alla rovina! Non resterà più niente di noi".
"Conosci un modo migliore?".
Respirava piano Lua mentre la mano di Jacket continuava a stringere la presa.
L'indiano era consapevole che l'altra s'era avvicinata con l'intenzione di lasciarsi afferrare. Non sarebbe mai stata così ingenua e sprovveduta…
"Tu hai cercato una persona. L'ho veduta, accanto a te, a New York" – sibilò piano Jacket – "Ebbene, non potrai mai stare al fianco di quell'uomo. E' un francese e tu sei indiana. Lui non appartiene al nostro mondo e tu non appartieni al suo".
"Nemmeno l'altro uomo, quello che la mia gente ha salvato – perché lui sono riusciti a salvarlo - ebbene nemmeno lui potrebbe mai restare al fianco di quella donna! Dunque come vedi la pensiamo allo stesso modo. Allora ho chiesto a Victor di fare uno scambio".
"Noi in cambio di quella!?" – ghignò sprezzante Jacket – "Sei un'illusa…noi non valiamo così tanto!".
"Lei in cambio della nostra gente" – rispose Lua gelida – "Saranno loro a consegnarla ai francesi se non vorranno essere distrutti dai soldati. Non era forse ciò che avevi proposto tu? L'uomo francese non ha accettato, è stato lui a mettere in pericolo tutti noi. La pensiamo di nuovo allo stesso modo! Quindi ti conviene mangiare. Non voglio che tu muoia".
Dunque Jacket era ostaggio.
Ma non ostaggio designato a fungere da ago della bilancia.
La salvezza del villaggio in cambio della donna francese prigioniera…
E se lo scambio non fosse stato accettato…
La mano mollò la presa per sciogliersi in una carezza d'inusitata dolcezza.
Le dita scorsero ai segni lasciati dalla stretta, come ad ammansire il rossore e farsi perdonare della rabbia che avrebbe lasciato il segno.
Lua si sporse ancora.
Le labbra baciarono il volto dell'indiano che rimase lì ad accogliere quel bacio di sottomissione e resa.
Yellow Jacket sapeva bene che nulla avrebbe potuto lui o la sua gente o chiunque altro contro i soldati francesi.
André Grandier si era rifiutato di riportare indietro quella donna.
Lui l'amava…
Era semplice.
E così era stato per lui, Jacket l'indiano, che aveva scorto nello sguardo incandescente di una giovane indiana respinta dal mondo, lo stesso respiro perduto della sua terra aggredita, percossa, stuprata dalla gente ch'era giunta di là dall'Oceano.
Jacket non era stato capace di salvare la sua terra. Aveva provato a salvare Lua ma Lua era ormai divenuta prigioniera di quegli stessi invasori che avevano ammaliato e preso la sua terra.
Era tardi per rimediare a questo passato.
Ciascuno sarebbe stato restituito al proprio ruolo, al proprio rango, alla propria gente.
Rimettere tutto e tutti al posto che gli competeva.
Restituire le cose al loro ordine, quello della natura, degli antenati, dell'immobilità che protegge dallo sconvolgimento delle passioni, dallo stravolgimento del futuro.
André Grandier se ne sarebbe fatto una ragione.
Così come Lua Pietra Incandescente non era uguale al soldato francese giunto da lontano, così André Grandier non era uguale a quella donna, quella che lui amava, quella che lui aveva tenuto con sé.
La nota dolente di tutta quella faccenda era che Oscar François de Jarjayes non era propriamente prigioniera della gente indiana, bensì di un solo uomo, e non era certo che quell'uomo l'avrebbe ceduta facilmente.
La chiosa ancor più assurda era se davvero Oscar François de Jarjayes fosse prigioniera di André Grandier…
§§§
Nel buio, si svegliò.
Lo sguardo s'appoggiò alla schiena di André, l'udito al respiro lieve, il tatto a cercare il suo calore mentre il braccio scorse ad abbracciarlo, nel sonno lui riuscì ad avvedersi della sua mano, afferrarla intrecciando le dita, congiungendo i palmi così da scaldarli.
Nel buio chiuse di nuovo gli occhi, in ascolto del lento scorrere del tempo che attraversava le vene e il sangue, come se lei fosse divenuta parte di un tutto che non comprendeva e non avrebbe mai avuto modo di comprendere se non lì, se non abbracciata a lui.
Era poco o nulla, perché mai nella sua vita si era ritrovata la propria esistenza inanellata all'esistenza di un altro essere vivente, a quel modo, non per dovere, non per rango, non per altro che non fosse un insistente e fondo desiderio, sentimento inspiegabile, indicibile, che però appariva come tutto, tutto ciò che lei concepiva in quel momento, tutto ciò che bastava.
Dunque il tempo scorreva anche così, immobile, il calore di sé abbracciato al calore di André, il corpo appoggiato al suo, come fossero un'unica entità.
La mente rifuggì dalla chiusura soffocante della vita passata, dai passi avanti a lui, dalle parole di ordini e richieste, dalla visione di sé distante e vuota.
Chissà se davvero tutte quelle giovani ti hanno amato?
E se anche fosse?
Chissà se davvero sei fuggito da me e dunque davvero sarei stata capace d'incutere un tale timore, un tale disprezzo da impedirti di parlarmi e rivelarti?
Ammise che André non avrebbe mai rivelato nulla.
Comprese la resistenza a Brest nel negare quel nome, il suo nome, che tutto sarebbe crollato e lei, sì, addirittura lei, molto probabilmente lo avrebbe perduto per sempre.
Lui l'aveva salvata da se stesso e da quell'amore che sarebbe stato imposto, imponendo a lei di scegliere.
E l'aveva salvata persino da se stessa, perché se Oscar avesse compreso, tutto ciò che erano stati nel passato si sarebbe frantumato come roccia colpita da un fulmine o neve esposta al torrido sole.
Tutto ridotto a una fuga per causa sua, come se Amore fosse disprezzo, così come lei stessa gli aveva fatto intendere, quando aveva contestato che fuggire per salvare l'onore di quella donna piuttosto che restare e rivelarle che lui l'amava, era gesto vigliacco.
Lei avrebbe veduto solo la parte più buia dell'Amore, quella che incute paura, feroce respingimento, scelta che non è scelta ma obbligo di scegliere.
Lei sarebbe forse fuggita, non lo sapeva, non l'avrebbe mai saputo, ma il solo rischio avrebbe sporcato quell'Amore che invece era puro, innocente, vero, persino più vero della stessa passione che suscitava.
André l'aveva protetta, evitandole di scontrarsi con se stessa, evitando di rovesciarle addosso quell'Amore che diviene, una volta rivelato, sacrificio sulle spalle dell'altro, scelta combattuta, decisione forse impossibile da prendere.
Scivolò piano – Amore - sulla punta delle dita, insinuandosi nella stoffa, scorrendo alla pelle, beandosi della mistica sensazione di possesso, che lui era suo, lo era sempre stato, ma adesso lo era per libera scelta e non per imposizione di alcuno.
L'indice solcò il fianco, tornando a disegnare circoli lievi, accarezzando il ventre, aprendosi al tepore del sesso mentre il cuore batteva via via più forte, mentre il desiderio s'insinuava tra le dita sciogliendo la rabbia, distillata dal concerto di ragionamenti, depurata dall'orgoglio di essersi ritrovata donna tradita e abbandonata.
Si dissolse la commiserazione, annientata dalla trasparente visione di sé amante e amata, libera di ascoltare il feroce desiderio, la bieca e limpida passione.
Il respiro compose l'unione dei corpi, a riprendersi e volgersi all'unico abbraccio, allo scorrere delle dita sulla pelle, a solcare un brivido d'inspiegabile attesa, mentre le braccia si accoglievano, il tempo prendeva a scorrere nelle vene e nel sangue e nei muscoli e nelle dita intrecciate alle dita…
Il vuoto di sé diveniva pieno dell'altro…
Nel buio…
Sussurrò piano, la voce bassa come se gli stesse parlando, immaginandosi che lui avrebbe risposto, nemmeno sapeva se lui la stesse ascoltando.
"Ti amo…" – nella speranza che lui avesse ascoltato, ma non avesse ascoltato affatto.
Erano niente.
Ed erano tutto.
* Un sentito ringraziamento all'ideatrice della sagace metafora!
** "L'acqua che tocchi de' fiumi è l'ultima di quelle che andò e la prima di quella che viene. Così il tempo presente".
Leonardo Da Vinci, 1452-1519, Pensieri 35, Tr. 34;
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