I seem to have attracted a troll reviewer, please just ignore them!
Perché dentro un mio respiro sei tu che abiti
E quando vivi un giorno bello ridi e pensami
A me basta solo questo per non perderti,
Ma t'immagini se tutto questo fosse la realtà?
Alba
Ultimo
Nuda realtà
André socchiuse gli occhi. L'unico che ancora coglieva luce era infastidito dall'abbaglio, via via sempre più intenso e brillante.
Nulla a che vedere col compatto biancore della coltre innevata – o immacolata discrezione a seconda del punto di vista – che andava giorno dopo giorno allentando la sua stretta – o la sua evanescente protezione – lasciando sorgere uno splendore nuovo, luminosità chiara d'ombre marcate, intenso fremere di colori e vibrazioni, ad ammantare le figure che si stagliano più nitide, quasi feroci alla vista e ai sensi tutti.
Tutto risorgeva e rifioriva.
Tutto ridiventava nudo, il fogliame verde, la terra bruna, le pietre grigie, l'acqua cerulea e viva.
Anche la realtà si spogliava.
Da sempre raffigurata come eterea effige, la realtà non ha abbigliamento di nessun colore, di nessuna foggia, di nessuna specie.
La realtà è nuda.
La realtà, coperta di stracci e foglie morte e fango, s'era via via rivelata, spogliata nei giorni che s'erano susseguiti intensi, nella banale e vitale caccia, alla ricerca di erbe e radici, per sfamarsi e sopravvivere.
La realtà era rimasta lì, nell'antro ch'era prigione e pensiero disperso, nell'antro ch'era salvezza e dannazione..
André non era più tornato al villaggio indiano.
Lì, sveglio, in piedi a osservare il paesaggio dalla minuscola finestrella di vetro sporco, ormai libera dalla neve, che di fuori s'andava sciogliendosi abbassandosi d'altezza, sorsero ricordi immediati e scorsero ricordi lontani.
L'abisso del passato.
Lo strappo del distacco.
Tutto ciò che aveva tentato di ordinare, mettere da parte, dimenticare...
Tutto adesso era lì, mentre la luce tenue della nuova stagione entrava piano a posarsi sul viso addormentato.
Nuda realtà…
L'inverno era stato rigido.
Molte tribù indiane, nel corso dei mesi più freddi, s'erano spostate a sud, le riserve strette in una morsa di neve e ghiaccio, non avevano offerto che poche radici corrose dal gelo, bestie selvatiche scheletriche, vergognosi rialzi del prezzo di farina, carne, legna, come si conveniva nelle peggiori oppressioni esportate dal vecchio continente, di bieca dipendenza dagli averi e dal potere di quelli che s'erano presi terre e bestie e virtù ancestrali.
Altre avevano chinato il capo per disperazione, convinte a convertirsi alle regole dei coloni.
Altre ancora s'erano ribellate, razziando villaggi, passando a fil di pugnale le piccole comunità di coloni americani sparsi per le terre d'America, più o meno consapevoli, più o meno condiscendenti alle privazioni.
Altre ancora avevano tentato di restare fuori da ogni conflitto, incuneando la forza entro respiri di terra selvaggia, salti di acque cristalline, gole boscose e selvagge.
Ognuno a modo proprio aveva tentato di sopravvivere.
Come accade a tutti.
Sopravvivere…
Nuda realtà…
La luce corse a disegnare il profilo, lo sguardo chiuso, le ciglia brune immobili a racchiudere striature di cielo nero entro il tramonto scuro, falde di brughiera incise su costoni d'arida roccia bianca.
André aveva fatto di tutto per tenerla – lei - lontano dalla fame, dal freddo, dalla guerra, dal suo rango, da se stessa.
S'era preso cura di lei.
E lei s'era lasciata curare, divenendo quasi immemore di chi era stata, non più belva feroce, rintanata nell'antro oscuro di un ego in eterno combattimento per scegliere chi essere.
Lei non gli apparteneva, non sarebbe mai appartenuta a nessuno.
Stolto l'uomo che pensasse di possedere il suo Amore e lei stessa.
Ora lei apparteneva a sé.
L'aveva osservata nei giorni precedenti, mentre libera dal mantello, ingolfata della sola camicia, giacca, pantaloni e stivali, correva come una mocciosa dietro alla bestiola alata, il corpo rinato, il viso bello, i capelli a gareggiare coi tenui raggi di sole nuovo.
Come fosse lei stessa falco libero di giorno…
E gatto carezzevole di notte.
L'aveva ascoltata ridere, imprecare, sbuffare, sospirare…
L'aveva amata e s'era lasciato amare.
Non c'era stato scambio ma dono.
Non c'era stata sottomissione ma elevarsi dell'uno entro l'anima dell'altra.
Ammetteva allora, disarmato e commosso, che anche lei era stata capace di prendersi cura di lui, consapevolmente o meno.
Lei l'aveva curato, giorno dopo giorno.
La cicatrice s'era fatta meno fonda, meno greve.
Non aveva mai dubitato sarebbe accaduto, ma s'era immaginato sarebbe stato per via dell'amicizia, del frammento di bene inciso nel cuore, non per scelta ma per dovere di fratellanza.
Invece no, lei aveva scelto di lasciarsi trasportare dal dolore, dal passato, dalla recisione.
Aveva accolto lui e chi era diventato.
Aveva accudito il suo sonno, le parole di febbre, aveva carpito, istante dopo istante, la discesa nel baratro, il passato inciso addosso e sulla pelle, a Brest, a Ponta Delgada, a Northampton.
Lui era morto tante volte ma lei era riuscita a riportarlo fuori dall'Ade, ogni volta, in una strana inversione di ruoli.
Sorrise André.
Oscar nei panni di Orfeo…
Buffa ma plausibile.
L'unico dubbio, quasi il cuore sospeso, che fosse proprio lei a non accettarsi così, capace di curare il cuore altrui, come massima declinazione di potenza, leggiadra manifestazione della propria sensuale volontà.
No…
Che importava ormai?
Quel luogo, quel tempo, le sue braccia che l'avevano abbracciata e le braccia di lei che s'erano lasciate stringere, s'andavano via via disfacendo e sciogliendosi, proprio come il manto di neve candida.
Si ritraeva quello, come si ritraevano le braccia, come timorose che la terra nuda che s'intravedeva, e i germogli e i timidi colori vivi dei fiori, delle bacche, delle livree destinate a ricongiungere le specie piuttosto che alla loro sopravvivenza, fossero concerto troppo acuto, non di comunione ma di straziante separazione.
Tutto era puro.
Tutto ridiventava vero, la nuda realtà svelava la faccia più oscura.
Perché tutto era stato, tutto s'era consumato entro una libertà che non era tale.
Che lei ne fosse consapevole o meno, che dunque avesse scelto o meno di non essere più libera, affidandosi e fidandosi di lui, ormai non aveva più importanza.
Il tempo era scorso, tempo non ce n'era più.
Lei sarebbe tornata al suo mondo, alle sue regole, al suo rango, a ciò ch'era sempre stata, a ciò per cui era stata educata da suo padre e forse a ciò a cui era stata destinata fin dalla nascita.
La sua Storia…
Ove lei non sopravviveva semplicemente.
Ove meritava di vivere.
Si domandò se lei avrebbe accettato il patto, continuando a camminare mantenendo lo sguardo ritto avanti a sé, senza voltarsi, senza temere di perderlo, lui ch'era sempre stato mezzo passo dietro a lei – come i ruoli si fossero invertiti e fosse lui, stavolta, la dolce ninfa Euridice - perch'era lei, adesso, che avrebbe dovuto condurlo fuori dall'Ade.
Di nuovo.
Oscar nei panni di Orfeo…
La fiducia era tutto.
Se lei avesse temuto di perderlo, l'avrebbe perso per sempre…
Aveva il suo amore?
Era bastevole amare?
André non riuscì a restare in disparte.
Il paesaggio poteva attendere così come il resto del mondo.
Era ormai giorno, s'inginocchiò su di lei, scostando i capelli, scorrendo alla nuca e poi al collo mentre ascoltava il sussurro sgusciato dalle labbra.
Ti amo…
Dunque era così?
L'aveva sussurrato, dunque lui aveva il suo amore?
Sarebbe stato così importante che lei lo amasse davvero?
Sarebbe stato indispensabile che lei glielo avesse rivelato?
Una stretta al cuore…
L'avrebbe amato ugualmente, nonostante tutto?
Uno schiocco secco spezzò il flusso di pensieri.
Un altro schiocco…
Pietruzze s'accanivano contro la finestrella d'aria ghiacciata colpita dal tenero calore del sole nuovo.
André si vestì, il cuore in gola.
Il tempo era scorso, tempo non ce n'era più.
Il passo sul fango, la porta chiusa alle spalle.
Argo gli sorrise di fuori, correndogli incontro e abbracciandolo.
"Monsieur, ho finito le lettere! Che devo fare? Ne avete altre? E poi Shani deve parlarti. Ha detto che devi andare da lei".
Annuì André.
Dalla tasca del giaccone estrasse le ultime due lettere. Le aveva tolte dallo zaino e riposte nelle proprie tasche. Una era per nanny, l'altra recava l'indirizzo di Parigi.
Oscar non avrebbe dovuto leggere altro.
Il tempo era finito.
"Dammi il tempo di prendere il mantello e lasciarle un messaggio…andremo assieme".
André non ritenne di svegliarla.
Non avrebbe avuto modo di spiegare nulla.
Non vedendolo, lei avrebbe compreso.
Pur le avrebbe tenuto compagnia.
Il tempo era finito.
Eppure, si chiese se avrebbe rivisto ancora quel celeste acuto e lieve, arreso al cielo azzurro che inondava il sorriso, dello sguardo che s'apriva al mattino.
Baciò la fronte…
Un mugugno…
Eppure si chiese se lei sarebbe riuscita a ricordarsi di lui, del luogo scarno che li aveva ospitati, respiri e silenzi, parole sussurrate, la fronte accucciata sul petto, il mistico sguardo a osservarsi mentre non si guardavano.
Mezzo passo dietro a te…
"Dormi ancora un poco…" – il cuore stretto, le dita a scorrere sulla pelle, una carezza sulla fronte – "Torno presto".
Pensami…
Le dita indugiarono un istante in più, come se, pur senza volontà se non quella della coscienza, avessero inteso non lasciarla, non accettare alcuna separazione, neppure quella di poche ore.
Ricordati di me…
"Va bene" – a indugiare anche lei, lì, annusando il palmo, abbandonata al tocco leggero.
Non dimenticarmi…
Era bello intuire la resa, non scorgere più paura nelle parole, dubbi nella voce, rabbia nella gola.
Ma il tempo era finito.
§§§
"Le incursioni sono avvenute qui e qui" – l'indice del Tenente Colonnello David Williamson puntava alle Tioga Forest, sterminate terre ricoperte di foreste, sentieri, laghi, ruscelli, manti di rocce e strappi di ruvida stoffa verdastra e grovigli di tende, accampamenti, casupole annidati entro la nuda realtà d'un luogo ancora vergine e prossimo alla violentata resa – "So che in molti si sono nutriti della carne degli animali ormai morti ma le scorte sono finite".*
Cadenza neutra, nessuna inflessione di commiserazione o pietà verso incursioni che a tutto voler concedere erano dovute proprio a ciò che riferiva l'ufficiale.
Gl'indiani stavano morendo di fame, come biasimarli se…
No, il tono non tradiva alcuna bieca pietà.
Le incursioni indiane non erano giustificate.
I coloni avevano permesso a indiani cristiani, soltanto a loro, di raccogliere grano da portare alle famiglie e sfamarle.
Alle altre tribù non era stato concesso nulla.
Williamson tossicchiò - "Qui invece hanno saccheggiato la casa, ucciso il bestiame e portato via la moglie e i figli del nostro colono. La donna e il bambino più piccolo sono stati uccisi, probabilmente perché rallentavano la fuga. Qui…mi hanno riferito che sono stati ritrovati i corpi, denudati e impalati, senza vestiti insomma, e volti verso la strada come a guardare il cammino di quelli che sarebbero arrivati…".
Il racconto gelò i presenti, ch'erano pure soldati avvezzi alla battaglia, ad ammazzare gente…
Ma così…
"Un ammonimento, comprendete?! Degli altri due figli non si sa più nulla. Forse li hanno loro. Accade che le famiglie indiane si prendano cura degli orfani dei coloni. E per onestà devo ammettere che quelli che abbiamo ritrovato erano tutti in buone condizioni, ben nutriti e svegli. Ma non sapevano più pronunciare una parola nella loro lingua. Avete altro da chiedere su questi dannati musi rossi?!".
Dannati musi rossi…
L'unico sguardo che non tradì emozione fu quello di Lua Pietra Incandescente.
Poco dietro a lei, mani legate dietro la schiena e catena al collo, come fosse stato una bestia feroce, Yellow Jacket altrettanto impassibile, digrignava rabbia, il cuore in pezzi.
La sua gente…
Dannati musi rossi che avevano ucciso la famiglia di un colono.
La sua gente…
Ciò che raccontava l'ufficiale francese era vero?
La sua gente…
Chissà se quell'ufficiale americano sapeva quanti musi rossi erano stati ammazzati dai coloni?
Uccisi perché selvaggi, perché veneravano il cielo e la terra, uccisi perché non conoscevano il valore del denaro, di Dio…
Era tutto vero…
Nuda realtà…
Dunque il cuore batteva forsennato alla ricerca d'una spiegazione che avesse ammesso disprezzo e rifiuto per una pratica tanto barbara, e al tempo stesso pietà per chi l'aveva messa in pratica, animato forse da vendetta, forse da fame.
Non c'era una giustificazione…
Eppure…
La fioca lanterna illuminò le vene di carta istoriata stesa sul tavolo.
Attorno ascoltavano muti i protagonisti della farsa.
Il Tenente Victor Girodel, il Luogotenente Alain Soisson, Madame Aleksandra Roma Lemonde, ammessa al consesso maschile solo perché conoscente della malcapitata dama che la stramba compagnia avrebbe avuto il compito di salvare.
S'erano aggiunti, o meglio era stato loro consentito d'ascoltare il da farsi, i soldati Marcel Duval, Dante Renard, Gustav Dumas, quelli che l'insperata fortuna aveva concesso loro di portare la pelle in salvo e dunque si fregavano le mani all'idea di scostare il deretano dalle malsane zone di guerra per addentrarsi nelle amene foreste americane alla ricerca del…
Damerino!
Diavolo, quando avevano compreso che il damerino era ancora vivo…
E il soldato triste!
Un'imprecazione!
Anzi…
S'erano guardati in faccia, un istante di commozione, poi un altro per maledire il dannato compare che avevano dato per morto e dopo…
Una scrosciante risata!
Dunque la femmina di coguaro o scimmia che dir si volesse era viva e c'era da scommetterci che il soldato dall'aria nobile, che però nobile non lo era per niente, se la fosse portata chissà dove e chissà che dovevano aver combinato quei due…
S'erano stati fatti prigionieri dagli indiani…
Oppure…
S'erano fatti prigionieri l'uno dell'altra!
Muti, i soldati di fanteria ascoltarono il triste resoconto.
All'accenno della terrificante pratica, per un istante ebbero il dubbio se quella specie di missione sarebbe stata una fortuna, così, tanto per movimentare la stanca depressione d'una guerra che volgeva drammaticamente al termine, che una guerra che finisce non è poi mai, alla fine di tutto, la fine di tutto, bensì l'inizio, ma chissà quale inizio…
Oppure non sarebbe stato meglio per loro ritornarsene al sud, assieme all'altro bellimbusto, lo svedese, quello ch'era nobile, sì, quello ch'era nobile per davvero, quello che se la spassava a cannoneggiare gli odiati inglesi e a corteggiare dame in ogni dannato ritrovo entro cui si ritrovavano accampati.
Un bel dilemma…
Il gruppetto s'allargò.
Lua fece un passo, l'indice s'allungò mentre dietro a lei, Jacket abbassava il capo.
L'indice puntò in un luogo ignoto in mezzo alle foreste, oltre la collina, dopo il canyon. Là dov'era stata fino a quando non se n'era andata, perché tanto ogni luogo per lei sarebbe stato indifferente.
Jacket si ritrovò a terra, vinto da un epilogo voluto da lui stesso, stranito per la prima volta dal dubbio se da esso ne sarebbe uscito qualcosa di buono.
Non per lui, non per la sua gente…
Dannati musi rossi…
Williamson si voltò verso Girodel, un sospiro di consenso nell'ammettere che il muto gesto indicava il luogo che aveva generato congettura d'essere lo stesso immaginato dai miliziani americani - "Ebbene, tenente…domattina all'alba ci metteremo in marcia".
"Colonnello Williamson…" – abbozzò Girodel tentando di trattenere la rabbia – "Spero sia chiaro che a noi non interessano vendette. Io devo ritrovare il Colonello Oscar François de Jarjayes. Devo trovarla viva, e riportarla in Francia. Così come il soldato André Grandier. Quell'uomo dev'essere assicurato alla giustizia di Sua maestà Re Luigi XVI!".
Tossicchiò Williamson…
Viva!
Proprio non gli era riuscito di credere, al tenente americano, così come del resto gli aveva scritto il Colonnello Hans Axel von Fersen, che quelli che andavano cercando i soldati francesi fossero un soldato, un disertore, e un colonnello, con la particolarità che il colonnello fosse la donna e non l'uomo.
C'era rimasto di sasso.
I dannati francesi la sapevano lunga sull'estasi suscitata dalle vestigia femminili, che riuscivano a ficcare in ogni luogo, persino nell'esercito, nominando una donna colonnello, pur di portarsela al fronte!
Non molto edificante, ma in tempo di guerra tutto era lecito!
Molto più che in tempo di pace!
"Come volete tenente" – ribatté sarcastico Williamson – "A me le vostre ragioni non interessano. Il vostro re ci ha dato migliaia di soldati che sono morti nelle battaglie per liberare le nostre terre. Convengo con voi che chiunque di loro si sia sottratto al suo impegno, disertando l'obbligo di fedeltà al re, meriti la forca! E ne convengo che una dama, che la si voglia chiamare colonnello o mademoiselle, insomma chiamatela come vi pare, resti sempre una dama, che dev'essere sottratta alle grinfie di quegl'indigeni selvaggi!".
Girodel fissò l'altro, un misto di sprezzo e apprensione.
Non conosceva il contenuto della missiva vergata dal Conte di Fersen che chiedeva al Tenente Colonnello Williamson di mettersi a disposizione del drappello di soldati francesi per soccorrere e liberare un ufficiale francese, che s'era saputo non era morto ma si trovava nei pressi di un certo accampamento indiano.
Non sapeva dunque, s'era stato Fersen a spiegare che forse l'ufficiale francese era davvero ostaggio della gente indiana, oppure se Williamson se l'era detto da sé e se n'era convinto da solo, perché quell'ufficiale era una donna e allora quello e solo quello era motivo bastevole per dichiarare guerra ai musi rossi.
Williamson non conosceva Oscar François de Jarjayes.
Ma di certo il fatto che Oscar François de Jarjayes fosse tale – una donna - avrebbe spronato la ricerca, un misto di misogino orgoglio e volgare pietas declinati verso la sorte d'una graziosa dama che se ne stava da mesi chiusa dentro una riserva indiana.
Era meglio immaginarsela ostaggio, così d'affrontare con maggior vigore la spedizione, piuttosto che, come il timore sordo che chiudeva la gola di Victor Girodel, ammetterla rintanata entro quella specie di naturale fortezza, per libera scelta.
"E se a voi le donne portano fortuna…" – riprese Williamson un poco sarcastico – "Che me l'hanno raccontata la storia di quella giovane che vinse gl'inglesi…".
Victor Girodel trattenne il respiro – "Di che diavolo state…".
"Si chiamava…Giovanna…dico bene?" – sputo l'ufficiale americano – "E' accaduto molto secoli fa. Ebbene dicono che il vostro re sia molto saggio! Avrà compreso che una donna avrebbe portato di nuovo fortuna alle sorti della battaglia. Capisco allora perché ne ha nominata una colonnello!".
Victor Girodel era sempre stato un uomo di aperte venute.
Ma non poteva non pensare a sé come a colui che concede e a lei come a colei a cui è concesso.
E questo pensiero era divenuto giorno dopo giorno vezzo decrepito e spietato, stracciato dalla nuda realtà che s'apriva fulgida e feroce, come il nuovo sole di primavera.
Vintor Girodel si sforzò di non pensare…
Giovanna d'Arco!
Ci mancava anche quella!
"Ho detto…" – s'affrettò a obiettare con stizza – "Noi non intendiamo coinvolgere le genti indiane nelle vostre questioni. E dovrà essere fatto tutto il possibile perché la sorte delle due persone sia salva! Nessuno dovrà torcere loro un capello! André Grandier è un soldato francese e la sua vita non gli appartiene, ma appartiene al re di Francia e della sua sorte solo i suoi superiori sono unici giudici e sopra di essi il Re di Francia!".
"Sarà fatto!" – sputò Williamson con analoga sprezzante soddisfazione – "Se a voi non interessa la sorte delle genti indiane…vorrà dire che avremo mano libera nel fare ciò che sarà opportuno per ripristinare l'ordine. Noi abbiamo il compito di bruciare alcune cittadine abbandonate che pare siano usate dai dannati musi rossi come rifugio per sé e per le loro famiglie. Se non avranno più un luogo dove abitare, la smetteranno di razziare la nostra gente. Quanto ai vostri ostaggi, vedete di recuperarli in fretta, altrimenti non son certo di poter concedere al vostro re il privilegio di emettere la sua santa sentenza nei confronti del vostro disertore!".
Girodel si morse il labbro. Lo scenario era davvero fosco.
Di più non poteva chiedere.
Che Oscar fosse davvero prigioniera…
Oppure…
§§§
Lo sguardo alle lame incandescenti battute con foga su improvvisate incudini…
Shani fissava la forgiatura degli sporchi metalli, pugnali, lance, uniche armi che potevano esser fabbricate all'oscuro dei coloni conquistatori. E poi c'erano le baionette razziate durante le incursioni - privilegio e prerogativa dei soldati e dei coloni – ch'erano troppo poche però e poi e la polvere da sparo.
Negli ultimi tempi le spedizioni erano ben controllate, miliziani armati fino ai denti, pronti a tutto, assaltare i carri sarebbe stato inutile, così come razziare le spedizioni o far saltare in aria quelli che le accompagnavano.
André giunse alle spalle.
Shani si voltò senza salutarlo con il consueto silenzioso calore e la consueta domanda, se l'altro stesse meglio, che non è da tutti esser vivi dopo essere stati morti, e nemmeno dopo che si è affidato il proprio cuore a un'altra anima, una di cui non si conosce a fondo la trasparenza degli intenti.
Fino ad allora Shani e la sua tribù avevano accettato le scelte di André Grandier.
Lui aveva ricambiato l'aver avuto salva la vita, con l'aiuto nella caccia di animali servatici, il trasporto di viveri, la costruzione di tende e capanne, qualche furto di pannocchie, patate, legna.
All'arrivo dei mesi più freddi, la piccola tribù aveva trovato rifugio entro alcune catapecchie abbandonate dai coloni che avevano lasciato le terre più isolate per riunirsi in gruppi numerosi e darsi man forte contro le incursioni.
L'esatto opposto delle genti indigene che invece s'erano frammentate e sparse per territori molto più vasti e irraggiungibili, preferendo la protezione della terra, dei calanchi naturali, dei corsi d'acqua, degli speroni di roccia.
"Hanno iniziato a uccidere i coloni" – sussurrò Shani, minuscoli balzi di luce danzavano nelle iridi scure, riflessi di metallo contro lingue di fuoco, lame acute prendevano morbidamente forma, suoni secchi colmavano le orecchie.
Il tono era greve.
La vecchia indiana si riferiva alla sua stessa gente che s'andava ribellando, a mezzo degli stessi sistemi appresi nel corso del secolo precedente proprio da quelli ch'erano giunti da oltre il mare.
Silenzio…
"E le milizie stanno uccidendo noi" – proseguì la vecchia, come a mettere a confronto una vendetta con un'altra – "John Sebosh è stato ammazzato. L'hanno colpito in testa con un tomahawk".
"Sebosh…" – sussurrò André rammentando l'uomo gigantesco mezzo bianco e mezzo indiano che aveva intravisto durante le incursioni. Non apparteneva alla piccola tribù di Shani ma era conosciuto per la sua forza e la sua abnegazione verso tutte le comunità di pellerossa.
"Hanno reciso il suo scalpo" – spiegò con voce tremante l'altra, come senza difese, come intimorita che l'interlocutore comprendesse e decidesse di ribellarsi allo scenario – "Hanno iniziato a fare prigionieri altri di noi che lavoravano la terra, oltre il fiume a poche miglia da qui. Volevamo prepararla per la semina. Se non ci uccideranno…".
"Shani…".
"Moriremo di fame" – l'incalzò l'altra per evitare che André proseguisse, come a troncare sul nascere qualsiasi progetto o iniziativa, a quel punto inutili – "Non posso permettere che la mia gente soccomba all'invasione dei bianchi. Loro sono estranei qui, mentre noi vogliamo solo riprenderci la nostra terra".
Il tempo era finito.
Il tempo iniziava…
"Se troveranno quella donna" – affondò Shani dolente – "Penseranno ch'era nostra prigioniera".
"La porterò via" – s'affrettò André – "Ce ne andremo…non ci troveranno…domani…".
"E' tardi" – tagliò Shani voltandosi, come a tagliare il tempo stesso, reciso con il tono inevitabile della voce.
"Che intendi?" – il cuore in pezzi, perché la vecchia indiana aveva un cuore grande come la terra solcata dai loro piedi, ma altrettanto vendicativo e feroce.
Shani si voltò stavolta, come se le parole accompagnate dallo sguardo avrebbero avuto lo stesso peso calibrato d'una affilatissima lama – "Non posso fare più come avevamo stabilito. Loro arriveranno comunque. A questo punto anche a noi serve una merce di scambio".
"Che stai dicendo?" – sussultò André che iniziava a comprendere ma ancora non credeva a ciò che udiva – "Ti ho detto che la porterò via! Che vorresti fare?".
"Se ci attaccheranno…non potranno fare nulla se noi avremo davvero un ostaggio con noi…".
"Shani! E' una pazzia! Quei soldati…vi uccideranno!".
"Dovevo…dovevo dare retta a Isi…" - sussurrò Shani – "Ci hanno sempre visto come sanguinari e crudeli. Come selvaggi! Tanti di noi stanno davvero mutando in bestie feroci. Animali che uccidono per uccidere. Dunque perché non esserlo fino in fondo?! Scambieremo quella donna con la nostra salvezza. Non ci sono altre possibilità. Questa è la sola realtà che avremmo dovuto seguire".
Il sangue rallentò o forse si fermò davvero.
S'immaginò André, tentò di negare, di far ragionare l'anziana…
Il dubbio…
Isi…
Dov'era Isi?
Lo sguardo scorse oltre l'altra che solitamente era circondata da bambini vocianti, donne curiose, anziani che avevano il compito di approvare o disdegnare prospettive.
E poi c'erano i giovani, gli uomini…
André non li scorse.
"Che hai fatto?" – tagliò senza voce, che la voce morì in gola, immaginandosi…
§§§
Lo sguardo s'aprì a osservare la distesa bianca, ormai divenuta manto trasparente e cristallino, via via ghermito dal tessuto erboso, dalle radici degli alberi, dagli arbusti rinvigoriti, vinto dal progressivo tepore del sole.
Gli occhi si sgranarono all'abbaglio sempre più intenso e brillante, allo spazio aperto colmo d'insistenti sgocciolii, rivoli penetranti, voli cauti e calmi d'insetti.
Tutto risorgeva e rifioriva.
Tutto ridiventava nudo.
Il fogliame verde, la terra bruna, le pietre grigie, l'acqua cerulea e guizzante…
Inghiottì la visione…
Lo sguardo spaziava oltre la coltre innevata, immacolata discrezione, mantello che piano piano si ritraeva per lasciar scoperta la terra nuda e nuova, la terra vera e viva.
Era vissuta in quel luogo per più di due mesi.
I giorni s'erano susseguiti intensi, alla ricerca di cacciagione, erbe, tuberi, tutto ciò che avrebbe consentito di sfamarsi e sopravvivere.
Il cuore ebbe un balzo.
Oscar si ritrovò scoperta, nuda, novella Eva ficcata entro un Eden feroce.
La realtà è nuda…
Lei era nuda, pura, spogliata dall'antico abito ch'era stato imposto alla sua vita, linee ferree, geometrie con cui aveva misurato il suo tempo e i suoi gesti.
Non aveva rinnegato nulla, semplicemente aveva osservato se stessa oltre quelle latitudini d'imposizioni e regole.
C'era dell'altro dunque…
La luce abbagliante riportava il volto dell'altro, bello, lieve, i lineamenti addormentati rivolti a sé, puri, senza timore, i capelli lunghi, sciolti sulle spalle, le ciglia scure, nuvole di tempesta incise nel malinconico tramonto, striscia di mare nero che scompare all'orizzonte.
L'aveva pensato, l'aveva rincorso, l'aveva maledetto…
I pugni stretti…
André aveva fatto di tutto per tenerla lontano dalla carestia, dal freddo, dalla guerra, dal suo rango.
Da se stessa.
Si era preso cura di lei.
E lei s'era lasciata curare.
Perché era stato allora che lei s'era veduta davvero come belva feroce, rintanata nell'antro oscuro del suo ego, in eterno combattimento per scegliere chi essere.
Oscar intuì i sensi implodere…
Ora invece si apparteneva.
André non aveva fatto nulla, non aveva detto parola, ma lei ora apparteneva alla parte più pura di sé, la bocca dischiusa ad accogliere il bacio, le dita a stringersi ai muscoli, ai fianchi, i muscoli tesi ad accoglierlo.
Mentre lui la osservava correre dietro alla bestiola alata, lei, a sua volta, l'aveva guardato.
I passi veloci, le risa, l'aria che gonfiava i polmoni, s'era sentita come quel falco.
Libero di giorno…
Si ritrovò le guance accaldate…
Di notte…
Come gatto carezzevole, che l'aveva guardato mentre la amava, e le lacrime scioglievano l'estasi, scivolando su di sé, lavando via il dolore della separazione.
S'era lasciata curare e lui l'aveva curata.
E lei…
Non l'aveva mai ammesso.
Lei l'aveva curato e lui s'era lasciato curare.
La mente si ritrovò impigliata all'istante in cui s'era ritrovata la vita di André tra le dita e, consapevole o meno, aveva ascoltato il dolore inciso nella mente, la tensione del corpo che rifuggiva se stesso.
L'aveva tenuto stretto a sé, l'aveva cullato, accarezzato, stupita d'avere, seppur nascoste entro i palmi delle mani, tali carezze, ammansita dai propri stessi baci che baciavano la sua fronte.
L'aveva ascoltato ridere, imprecare, sbuffare, sospirare…
L'aveva amato e lui s'era lasciato amare.
Lei, disarmata d'essere stata capace di prendersi cura di lui, non per scelta, né dovere di fratellanza.
Non c'era stato scambio ma dono.
Non c'era stata sottomissione di ruoli ma elevarsi dell'una entro l'anima dell'altro.
Lui era morto tante volte e lei…
Un respiro fondo…
Come Orfeo…
Sorrise tra sé e sé…
Era lei dunque a esser discesa negli Inferi dell'Amore doloroso. Un amore che non impone sacrificio ma che impone un sacrificio all'altro.
Si sentì investita da quel sacrificio, finalmente consapevole di ciò che aveva spinto André a lasciare la Francia.
Non il dolore di non poterla amare, ma la struggente ammissione di amarla così tanto…
La sola, unica e nuda realtà.
La porta chiusa alle spalle, il vezzo di scostarsi i capelli, la mano a stringersi la cintura, i passi presero ad avanzare, gli stivali calpestavano il terreno muschiato, umido, gonfio d'acqua e vita, lo sguardo a cercare la bestiaccia alata.
La vide compiere alcuni volteggi ampi, mantenendosi in alto però, come non l'avesse scorta.
Forse adesso che la neve lasciava libera la terra, anche la vista del falco risentiva e s'adattava alla moltitudine variegata e variopinta che confondeva…
La bestia se ne stava lontano, i sensi tremarono come risvegliati da un lungo sonno, colpiti dal sordo boato d'un tuono all'orizzonte.
I passi procedevano, i pensieri anche.
Oscar François de Jarjayes era prigioniera, lo sapeva bene, ma ammetteva d'aver accettato d'esserlo, come se, solo entro quella condizione, lei sarebbe stata libera, paradosso emblematico, dalla gabbia ove era stata prigioniera per tutta la vita.
Una gabbia dorata, severa, lucente…
Una gabbia trasparente…
Tutti ce l'avevano collocata.
Lei era destinata a un'altra vita, a un altro paese, a un altro ruolo.
A un'altra Storia.
Dunque si chiese se sarebbe riuscita a restare libera, anche nella vita ove non lo era mai stata, nel paese e nel ruolo a cui era stata destinata.
Si chiese se sarebbe riuscita ad affidarsi ad André ma soprattutto se André sarebbe stato capace d'affidarsi a lei.
Il tempo era scorso, tempo non ce n'era più.
Lui sarebbe sopravvissuto in quel paese, in quel tempo, nel ruolo a cui sarebbero tornati prima o poi, recidendo per sempre il tempo ove erano stati liberi ma prigionieri di se stessi?
Anche lui meritava di vivere…
Dove?
Nella Francia di Re Luigi XVI?
Come servo?
Come uomo che deve chiedere il permesso per…
Amare?
E André avrebbe mai accettato il patto?
Avrebbe avuto fiducia in lei?
Avrebbe continuato a camminare mantenendo lo sguardo ritto avanti a sé, gli occhi a lei, fidandosi di lei senza temere che lei si voltasse per timore che lui non fosse più lì, lui ch'era sempre stato mezzo passo dietro a lei – come Euridice - perch'era lei, adesso, che avrebbe dovuto condurlo davvero fuori dall'Ade?
Mezzo passo dietro a lei…
Mezzo passo…
Ti amo…
L'aveva sussurrato…
Chissà se lui l'aveva udita?
Chissà se davvero lui le avrebbe creduto?
Era necessario dire ti amo per amare?
Era necessario ammetterlo per testimoniarlo?
Una stretta al cuore…
L'avrebbe amato ugualmente, nonostante tutto?
Oscar si ritrovò in mezzo alla radura, sollevò il braccio destro come segnale che il falco poteva scendere.
Pur planò piano, in prossimità dell'arto scartò violentemente a sinistra per risollevarsi e tornare su, lasciando la padrona interdetta.
Oscar fece qualche passo.
Non aveva dimenticato le sue buone maniere nell'affrontare certi frangenti.
Intuì…
La mano corse al pugnale, si voltò in tempo per scorgere due indiani che piombavano addosso, i passi rapidi e quasi muti sul terreno fradicio d'acqua.
Lo scarto del corpo, il balzo del cuore, il pugnale a scorrere al pugnale del primo indiano…
Lo riconobbe…
"Isi?!" – gridò incredula, la visione dell'uomo che l'aveva salvata e che aveva veduto ancora al villaggio, tranciò ogni istinto di combattimento.
"Deponete il pugnale e non v'accadrà niente!" – intimò quello, che la conosceva…
Oscar non fiatò, non comprendeva…
André se n'era andato quella mattina, era amico d'almeno uno di loro…
"Che diavolo vuoi?".
"Deponete il pugnale!" – di nuovo, pareva l'unica preoccupazione, eseguire un ordine penoso, senza ricorrere a misure drastiche – "Non vogliamo farti del male!".
"Perché dovresti farmi del male? Mi hai salvato la vita. Ti conosco! Conosco Nova e vostro figlio. L'ho tenuto in braccio…perché?".
L'indiano era una statua di sale quanto a parole. Non voleva o non aveva intenzione di spiegare nulla, il gesto così distante da ciò che aveva compiuto in passato, così stridente con quella sorta di amicizia che pareva legarlo ad André.
Pur, in alto, emise stridii di sdegno, come a richiamarla al pericolo che però ormai era addosso, i due indiani a poca distanza, il cielo luminoso e fondo abbagliava lo sguardo, il vento morbido ad accarezzare la peluria verdognola che spuntava dalla terra mite, ancora vergine del sangue degli uomini.
L'accenno alla compagna e al figlio rabbuiò la faccia dell'indiano, come se tutto il senso di ciò che stava accadendo fosse condensato lì.
"Lo faccio anche per loro!" – sibilò sprezzante.
"Come sarebbe?" – rincarò Oscar – "Tu e André…vi conoscete…".
Isi intuì che il nome dell'uomo era, alla fine di tutto, la chiave per convincere l'altra, o per annientarla se fosse stato necessario.
Che quella ne fosse consapevole o meno, di ciò che stava accadendo, le parole di Shani erano state chiare e definitive.
Lei si sarebbe occupata di André, per quello Argo era venuto a cercarlo quel giorno.
E loro non avrebbero più atteso che André concedesse un consenso ormai fuori termine e troppo pericoloso.
Dunque se anche André non fosse stato d'accordo…
Ma se invece lo fosse stato…
L'insinuazione scivolò sulle labbra dell'indiano, come acciaio taglia la carne…
"Lui è dalla nostra parte" – disse piano Isi, così che l'altra comprendesse ciò ch'era necessario e nell'istante in cui l'altra s'impietrì alla spiegazione, lui si scostò di lato, così che il compagno ch'era scomparso in mezzo agli arbusti, giunse alle spalle, indisturbato, lei attonita all'ammissione che ciò che accadeva era noto a André.
Lui sapeva…
Quand'è che si diviene altro da se stessi e dall'altro?
Quand'è che non si è più soli e non si è più se stessi, ma non si è nemmeno l'altro, perché l'altro non diviene noi e noi non diventiamo l'altro, ma assieme si diviene altro ancora?!
Altro d'indistinto, diverso, non la somma dei due…
Oscar intuì che non sarebbe stata capace di difendersi, non più.
Non sapeva come si faceva a difendersi…
Non se stessa e nemmeno André, ma quell'entità altra, ove lei era altra e amante, essenza d'Amore, ch'erano diventati assieme, e di cui lei non aveva controllo, perché lei non aveva mai amato e dunque non sapeva come si faceva a difendere un Amore così piccolo, appena nato.
Non poteva decidere da sé, sola…
Non poteva possedere ciò che non era suo, non poteva proteggere ciò che era di un altro.
Quell'Amore non era neppure di André…
Erano…
Amanti…
Indistinti…
Erano…
Uno…
E due al tempo stesso…
Pur ammettendo d'amarlo, lei non avrebbe potuto comprendere cosa pensava André, e non avrebbe mai potuto sapere chi fosse André, pur avendo lui ammesso d'amarla.
Erano…
Altro…
Da sé e dall'altro…
Intuì la presenza alle spalle, osò una gomitata, quasi scaraventandosi sull'avversario, per voltarsi e colpirlo, solo che quello che le stava davanti sfruttò la forza stessa del volteggio, aggrappandosi ad esso, interrompendo il gesto, sovrastando la forza di lei ch'era forte sì, ma forte solo per difendere se stessa e non invece per difendersi da André, perché lei adesso intuiva la presenza di André, come se lui fosse lì, come se i gesti di quelli fossero guidati dall'imperscrutabile volontà di André.
Lui sapeva…
Un grido, più contro se stessa, che contro gli avversari.
La voce usciva per chiamarlo, era la prima volta che avrebbe voluto che André fosse lì, non per salvarla da quelli ma per salvarla da lui stesso.
L'amava sì, e adesso tutto s'amplificava, anche il dubbio…
Non voleva credere che un uomo che si era professato amico di André, che l'aveva salvata per conto di André, avrebbe potuto tradire André…
Uno scenario inverosimile.
Oscar s'immaginò che fosse così.
La stretta d'un polso da parte di Isi, la stretta dell'altro braccio da parte dell'altro indiano, finirono per avere la meglio, l'articolazione quasi strappata dal braccio.
La voce si strozzò in gola, scivolando verso la bieca tonalità d'un animale preso in trappola, l'unico dubbio, se sarebbe stato finito lì, la gola sgozzata, il sangue ad abbeverare quella disgraziata terra di conquista, oppure portato chissà dove.
Si ritrovò con la faccia a terra, schiacciata contro l'erba nuova, il sentore umido delle foglie marce cacciato in bocca, mentre intuiva d'essere legata, così che le braccia, talmente ravvicinate dietro la schiena, impedissero di respirare a fondo.
Un semplice strattone e non avrebbe avuto scampo…
Un semplice gesto avrebbe decretato l'incondizionata resa, quasi istintiva, il corpo che si lascia guidare e mette a tacere la volontà di ribellarsi pur di non soccombere al dolore.
Il passaggio era stato repentino, quasi straniante, la dannazione stretta tra i denti…
Si dannava da sé, mentre osservava la gente indiana intenta a fortificare le catapecchie, smontare le tende, organizzare difese a mezzo di tronchi rovesciati a terra, falò, lance conficcate a mò di scudo.
"Perché?" – chiese a fatica…
"I soldati francesi vogliono te!" – rispose piano Isi – "Sono giunti alla fine. André Sei stata tenuta qui fino ad ora, per scambiare te con la nostra sopravvivenza. Lui ha voluto così. Non voleva farti tornare dalla tua gente, prima di comprendere come…ora è tempo di rimandarti indietro".
Usarla?!
"No!" – che ciò che diceva l'indiano aveva senso, ma solo ammettendo che lei lo sapesse, e avesse accettato d'essere ostaggio, per esser salva da una caccia insensata.
Usarla…
La realtà è nuda…
André avrebbe potuto riportarla indietro, lasciarla andare, era stata lei a scegliere di restare con lui, senza sapere che qualcuno l'immaginava viva e che dunque s'era messo a cercarla e che così facendo tutto sarebbe andato perduto…
"Credi ciò che vuoi" – tagliò corto Isi – "Noi dobbiamo salvare la nostra gente. André è dalla nostra parte".
Tentò di respirare, comprendere.
Sapeva d'essere prigioniera, ma non d'esserlo alla stregua di merce di scambio.
Credeva d'esserlo d'un uomo, perché lui la voleva lì, per lei stessa e per se stesso.
E credeva d'averlo voluto anche lei.
Non aveva più percepito rabbia, insofferenza, rifiuto…
Non sapeva bene perché e quando, aveva ascoltato l'incessante e martellante richiamo che la portava a lui e lei aveva scelto.
Ora pareva che gli occhi si fossero aperti, come risvegliati d'improvviso da un lungo sonno, come se ciò che lei aveva vissuto fosse stato il miraggio d'un assetato, l'incubo di un folle, il mistico desiderio d'un asceta.
Lei, divenuta, chissà quando e chissà perché, merce di scambio, da scambiare quando si fosse affacciato il pericolo d'essere annientati dai coloni e dai soldati francesi…
Perché André non gliel'aveva detto?
"Non vogliamo che ti accada nulla" – sussurrò Shani mentre camminava e osservava i preparativi di difesa, coi marmocchi sgusciati fuori dai rifugi che le correvano intorno, come cuccioli d'una belva feroce che ormai è troppo vecchia per incutere terrore.
Poi l'anziana si voltò, porgendo un foglio.
André l'afferrò, tentò di mettere a fuoco, poche righe…
Se avete notizie di un ufficiale francese ormai disperso dall'inverno scorso…
"State sbagliando!" – André si parò davanti all'altra, mentre il sangue gelava, che quell'ufficiale era lei – "Loro vogliono solo trovare un pretesto per attaccarvi! Dove si trova Isi?".
Avrete salva la vita della vostra gente.
Le domande si rovesciarono addosso all'anziana. Gli uomini all'accampamento erano rimasti pochi. André intuì la risposta quando si ritrovò tre di quelli alle spalle, a sbarrare il passo.
Attendiamo di vedervi all'alba di domani, sul limitare della collina a nord.
Tenente Colonnello David Williamson
"Shani…che volete fare?" – tentò di scostarsi André, impedire a quelli d'impedirgli di sgusciare via e tentare di fuggire, tornare a lei.
Comprendeva che l'anziana donna aveva deciso di consegnare Oscar François de Jarjayes ai miliziani americani, per avere salva la sorte del piccolo gruppo di indigeni che lei proteggeva.
Era stato necessario dividerli, così che loro due non fossero più assieme, perché assieme erano altro da sé e dall'altro.
Shani fece un cenno, i tre alle spalle afferrarono André, una manovra cruda, a mani nude, quasi a spezzare il braccio, che lui tentò di divincolarsi e per un istante s'immaginò – pazzo - di riuscirci, perché il pensiero di non poter tornare da lei, a lei, il pensiero che lei stesse incorrendo in analoga sorte, s'innervò fin a colpire la parte più fonda del cuore.
E chissà che le avevano detto?
E chissà se lei ci avrebbe creduto?
Il suo Amore in cambio della vita della piccola tribù che gli aveva salvato la vita…
Gridarono quelli, il rozzo timbro di guerra inciso nelle mani e nelle dita sottrasse forza e impose di finire giù, a terra, mentre lo sguardo atterrito continuava a comprendere, incapace d'accettare.
Shani s'adagiò giù, alla faccia dell'altro, compassione mista a rabbia che lo tradiva - "Tu eri un soldato francese, lo sei ancora. Sappiamo che accade ai soldati ancora vivi, che fuggono dai loro reggimenti. Anche da noi è considerato un disonore non andare a combattere per la propria gente. Ma se il destino consente a un uomo di veder salva la vita allora egli diviene figlio di quel destino, e solo il destino potrà privarlo di essa. Non altri uomini! Ma per la tua gente, tu sei un reietto ormai. Noi abbiamo salvato la tua vita e tu hai fatto altrettanto con noi, aiutandoci in questi mesi. Ora ci apparteniamo, siamo legati. Tu sei uno di noi e se uno di noi rischia di mettere in pericolo la sua gente, noi dobbiamo impedirglielo. Noi siamo il tuo destino. E se uno di noi rischia la sua vita, abbiamo il dovere di difenderlo. I soldati vogliono quella donna e se noi gliela consegneremo, avremo salva la nostra vita. Nessuno ha chiesto di te".
Era questo che sorprendeva…
Possibile che i miliziani americani non avessero detto nulla del soldato disertore?
"Non credere a quelle parole! Non accadrà!".
"Sei uno stolto! Tu non vuoi separarti da lei!" – sussurrò sdegnata la donna – "Pensi solo a te stesso! Ma lei…lei non fa parte di questo mondo. Lei deve tornare alla sua gente. Oramai nulla dipende più da te! Conosco il tuo valore ma noi siamo pochi. Siamo indifesi".
"Fammi tornare da lei! Siete pochi…" – imprecò per liberarsi – "Non esiteranno ad annientarvi".
Non l'avrebbe più vista…
Nessuno le avrebbe fatto del male, André ne era certo, ma poi la paura era che davvero gliene avrebbero fatto, semplicemente rimandandola indietro, al suo mondo, a quella gente che aveva stabilito da secoli chi fosse lei e chi fossero loro.
Amarla…
Come avrebbe potuto continuare ad amarla?
Shani aveva ragione.
Lui la voleva per sé, gli pareva di non aver avuto abbastanza tempo per amarla e per accettare di vederla tornare indietro, lei, sola…
E anche quando fossero tornati assieme…
Erano…
Amanti…
Indistinti…
Erano…
Uno…
E due al tempo stesso…
"Tu ami quella donna e questo rende le tue decisioni troppo deboli. Nessuno le farà del male, se è questo che temi. Isi ha il compito di trovarla e dirle ciò che vogliamo da lei" – tagliò Shani a voce bassa, forse consapevole dell'involontario torto che infliggeva ma a cui non poteva più porre rimedio.
La chiosa minò gl'intenti…
Si divincolò l'altro mentre le corde stringevano sempre di più…
"I soldati che stanno arrivando vogliono lei" – ripeté acuta la vecchia – "Isi la troverà".
La proposta illiquidì il sangue.
André s'immaginò…
Come convincere Oscar?
Che le avrebbero detto?
Separarsi da lui?
André chiuse gli occhi, li strinse…
Oscar avrebbe compreso che lui l'aveva tenuta prigioniera.
Che la gabbia in cui l'aveva rinchiusa e amata, fatta di foreste, pietre, usignoli, sorgenti, foglie secche, larici spogli, cieli trasparenti e tramonti bluastri, non era altro che una sorta di Reggia di Versailles, ove s'erano illusi di camminare liberi.
Ma Oscar non era libera.
L'indiano la spinse contro un albero, mentre s'assicurava che fosse legata e non potesse scappare.
"Ascolta…" – attaccò piano parandosi davanti a lei.
Oscar osservava l'altro e ascoltava e…
"Non ti faremo del male, non ci interessa. Sappiamo che ci sono soldati che stanno giungendo qui. Dunque è possibile che Yellow Jacket abbia fallito. Che non sia riuscito a fermare colei che conosce questo luogo. Lua Pietra Incandescente ha condotto i soldati fino a noi. Abbiamo sempre saputo ciò che vuole. Vendicarsi della sua stessa gente. Ma i soldati ci hanno chiesto di te. Vogliono solo te. Noi ti chiediamo di lasciare questo posto e tornare da loro, così loro non avranno alcun pretesto per attaccarci".
Non l'avrebbe più visto…
Oscar rimase muta, in ascolto del racconto.
Un'ordinaria messinscena ordinaria, uno scambio tra un prigioniero e la vita salva degli indiani, vai a sapere come i soldati francesi avevano saputo che lei era viva.
Il corpo s'afflosciò alla stessa stregua che fosse stato colpito da una pallottola.
Accolse la richiesta.
Folle immaginarsi che la posta in gioco non fosse altro che quella.
Insensato sarebbe stato rifiutarla, in fondo nessuno le chiedeva nulla di sorprendente o estraneo al suo sentire.
E lei sapeva bene che se quelle erano le condizioni dettate, lei non avrebbe mai potuto opporsi, rifiutarsi.
Solo…
Il capo s'abbassò, il viso s'inabissò piegandosi in avanti…
"Voglio sapere…André…perché non è qui? Perché non è stato lui a dirmi questo".
Silenzio…
L'indiano attese di comporre parole adatte, consapevole dell'amore, consapevole ch'esso sarebbe stato il migliore e più nefasto consigliere.
Il tempo era finito…
Quello non era il tempo per amare.
"André resterà con noi" – abbozzò Isi senza tradire emozione – "E' al villaggio ora. E' con Shani. Lui ci ha sempre aiutato e lo farà anche questa volta. Siamo legati…lui deve la sua vita a noi e noi la dobbiamo a lui. Non possiamo permettere che i vostri soldati lo facciano prigioniero".
André resterà con noi…
Non l'avrebbe più visto.
Amarlo…
Come avrebbe fatto a continuare ad amarlo?
"Voglio solo sapere se sa di tutto questo…" – un mormorio sordo, mentre i muscoli tremavano stretti nelle legature, la smania sorda e rabbiosa montava, di contro all'arida idea di salvezza sgusciata fuori dalle labbra dell'indiano - in fondo coincideva anche con la sua, salvare quella disgraziata gente dal massacro - di contro a ciò che ascoltava dentro di sé, se stessa sotto i palmi di André, se stessa innamorata del silenzio, della lentezza, del battito capace di risucchiare il sangue, gelare le vene, sconvolgere il ventre, infondere l'ancestrale salvezza racchiusa nella perdita istintiva di ogni controllo, pensiero, invocazione…
Lei si era affidata a lui, aveva messo la sua vita, la parte più fonda e pura di sé, nelle sue mani e…
"Domando a cosa servirebbe saperlo? " – obiettò Isi – "Sappiamo ciò che vi lega. Rifiutare una donna non significa amarla di meno".
§§§
Non s'intravedeva ancora l'alba.
Sporca e stanca, lontana, incombente sopra ai sensi distrutti dai pensieri notturni, insonni e marci.
L'ennesima alba.
Il Tenente Victor Girodel aveva cominciato a imprecare contro ognuna delle albe che s'erano susseguite da che aveva perduto le tracce di Oscar François de Jarjayes.
Che dunque quella fosse l'ultima, o almeno che da lì si potesse riprendere a contare i giorni certi che dividevano dall'insperato ritorno in Francia!
Un ritorno amaro ma agognato.
Un ritorno capace di riportare l'ordine delle cose, per quanto il viaggio e quel che l'aveva preceduto e quel che ne era seguito, mai avrebbero riportato l'ordine antico, semmai uno meno greve, più calmo, ove riprendere a tessere l'ordito d'un amore che necessitava d'essere protetto e chiuso entro una storia integra, una teca composta, solida e stabile, come lui stesso l'aveva sempre immaginata.
Il plotone era composto da centosessanta miliziani comandati dal Tenente Colonnello David Williamson.
Erano giunti per spezzare la via di fuga a irriducibili gruppi indigeni che, restii a più mansueti atteggiamenti, razziavano le tenute dei coloni nell'Ohio e in Pennsylvania.
Il Tenente Victor Girodel era sulle spine.
Aveva appreso delle incursioni. S'era immaginato gruppi di uomini giovani, veloci, per lo più guerrieri o come venivano appellati…
Cani sciolti!
Oscar non poteva essere con loro.
Girodel vide rientrare il soldato, sull'attenti quello prese a riferire a Williamson l'esito dell'ambasciata.
Si avvicinò, temeva il peggio, voleva conoscere i piani degli americani a qualunque costo.
Bruciare ogni rifugio, ogni nascondiglio.
Forse no, forse quella visione sarebbe stata troppo anche per lui.
Lei non avrebbe mai accettato d'essere liberata a qualunque costo, a quel costo!
"Bene, signori…domani avverrà lo scambio" – Williamson si sedette di botto su di una specie di scranno portatile, una seggioletta d'assi e canne che scricchiolò vistosamente sotto il peso dell'uomo, i piedacci sollevati e parimenti lasciati cadere con altrettanto fragore sul tavolo davanti a lui.
Le carte distese subirono un'inaspettata tensione, quasi sul punto di stracciarsi.
Il lume fioco che disegnava ombre gigantesche sulla parete opposta ondeggiò, conferendo un'anima minacciosa alle proiezioni oscure.
"Venite…Tenente Girodel…giusto voi!" – la mano di Williamson s'agitò in aria, un gesto oltremodo irriverente e scomposto a chiamare a sé l'ufficiale francese, appena entrato, il più alto in grado, a comando dell'esiguo drappello di soldati francesi che si era unito alla spedizione di americani, dopo che il Colonnello Hans Axel von Fersen se n'era tornato a sud.
Girodel fece per salutare il pari grado americano, che quello si schernì prendendo a ridere - "Bando alle formalità, tenente, sarete felice di apprendere che ho seguito il vostro consiglio!".
L'altro rimase zitto, consigli non ne aveva dati, aveva solo categoricamente rimarcato all'altro di voler ritrovare due persone, un uomo e una donna, un soldato semplice, un disertore, e un colonnello della Guardia Reale di Sua Maestà Re Luigi XVI.
Aveva chiesto di attenersi alla ricerca, al drappello francese non interessava ottenere tale risultato a mezzo di chissà quale spargimento di sangue.
Dubbioso, Girodel si avvicinò.
"Ebbene, tenente, dicevo, ho seguito il vostro consiglio! Ho proposto a quella gente uno scambio!" – gorgogliò Williamson rubicondo di vino ed ebbro di folle e spregiudicata lucidità.
"Uno scambio?" – replicò Girodel che intuiva lo snervante ondeggiare della coscienza tra speranza e distruzione.
Di sé agli occhi dell'altra.
Aveva faticato non poco nella vita a orientare i gesti affinché nulla gli fosse sfuggito di mano.
Era un uomo, non c'era di che vergognarsene.
Soltanto, era sempre vissuto nella consapevolezza che quel suo essere uomo, sarebbe potuto bastare e andar bene per una qualsiasi donna.
Per lei no, per lei sarebbe stato necessario essere altro.
Apparire puro…
Della purezza infingarda e blasfema d'esser capace d'attrarre una donna a sé e sedurla con gesti e parole e prenderla e far sì ch'ella s'immaginasse d'esser lei ad aver preso l'uomo fin quasi a ritrovarselo ai suoi piedi.
André Grandier era vivo.
Aveva promesso al Conte di Fersen che l'avrebbe riportato in Francia vivo.
Eppure…
"Il mio ambasciatore è appena tornato" – spiegò Williamson, tra il soddisfatto e il diabolico – "Ho fatto recapitare una missiva, a coloro che governano la tribù, ho scritto che se avessero consegnato l'ufficiale francese, il villaggio avrebbe avuto salva la vita!".
"Dunque…lei…è loro ostaggio?" – s'affrettò a precisare Girodel, un misto d'apprensione e sollievo, che però giorno dopo giorno, la dannazione d'immaginarsela libera e capace di scegliere liberamente di restarsene confinata in quella specie di riserva indiana, spezzava quasi la voce e minava gl'intenti.
Le dannate contestazioni di Fersen alle proprie obiezioni risuonavano nella testa…
Meglio ostaggio che traditrice?
Meglio morta che traditrice?
Williamson dimostrò insofferenza - "Lo dite voi che quella è ostaggio dei musi rossi! A me non importa! E siccome non lo so e non ho intenzione di saperlo, ho chiesto loro che la portassero fuori dalla riserva. Se è loro ostaggio quei dannati comprenderanno che solo così avranno salva la vita, che quella lo voglia o no! E se quella non lo è – ostaggio s'intende - allora magari si farà avanti per veder salvi quelli con cui ha vissuto finora! Mi spiego?!".
Girodel masticò amaro.
L'ufficiale americano ragionava per massimi sistemi.
"Hanno accettato?" – domandò freddo.
Altre spallucce -"Pare di sì".
"Dunque, avete rinunciato al vostro piano?".
Rise Williamson - "Bruciare il villaggio?!" – obiettò feroce – "Staremo a vedere! Nella missiva non faccio cenno al vostro disertore".
Girodel sentì il sangue gelarsi nelle vene - "Che intendete?".
"Intendo che prima dovremo esser certi d'aver portato in salvo la vostra preziosa dama… colonnello o quel che è! E dopo…"
La chiosa rimase in sospeso.
Il luogotenente Alain Soisson chiese il permesso di entrare, i soldati erano pronti.
"Bene!" – riattaccò Williamson, troncando il discorso, cavando da sopra il tavolo gambe e stivali, tirandosi su le brache e scomparendo verso l'aria buia della notte appena illuminata da sparuti bracieri – "Signori! Si parte!".
Mancavano tre ore all'alba…
"Tenente…" – sull'attenti Alain Soisson intese rivolgersi al suo ufficiale di riferimento.
"Parla…" – accennò Girodel dubbioso.
"L'ufficiale americano ci ha detto di restare indietro e attendere il loro segnale. Quale segnale? Che significa?".
Girodel mandò giù fiele - "Non lo so".
§§§
Era quasi l'alba…
Quel tempo lattiginoso e malato scioglieva adesso l'alito sporco, scivolando nefasto a inondare la punta delle querce che ornavano la radura scelta per lo scambio.
Scheletri legnosi, in parte bruciati da chissà quale battaglia, in parte ancora spogli per via dell'inverno che non voleva cedere il passo, ornavano lo strano momneto della resa, mentre il vento sferzava scontroso e svogliato la verdognola lanugine che ricopriva la terra.
Macchie giallastre e rosse gareggiavano a ghermire gli ultimi cumuli di neve gelata, ancora restia, anch'essa, a scomparire sotto il sole tiepido di primavera.
La radura era sbocco naturale della valle che si trovava alle spalle, al limitare delle alture collinari, via via sempre più ripide, a formare una barriera, a impedire l'ingresso o la fuga, a seconda di quel che avrebbe fatto comodo.
Il respiro appannato osteggiava la vista.
Aveva tentato di strappare le corde in tutti i modi.
Era stata lasciata così, come un animale preso al laccio, in ginocchio, così che non avesse modo di riposare o persino dormire, perché se si fosse assopita le braccia avrebbero subito lo strattonamento della legatura, alta, così da disarticolare gomiti e spalle.
Era esausta e furiosa, stato sicuramente indotto dalla posa.
Non aveva veduto più nessuno.
Le avevano gettato una coperta addosso ma il freddo aveva perforato le ossa, come un punteruolo che affonda nell'anima più fonda del legno più tenero.
Non aveva parlato più con nessuno.
La voce di André era lì, però, piantata nella testa, rimbalzava, rimbombava, sbatteva nelle tempie come un martellante mantra, come una falena presa in trappola che si getta sul fuoco, unica salvezza alla resa della morte.
Ti amo…
La propria voce era lì, piantata nella gola, arresa e vinta, intessuta del lacero straccio di un Amore consumato e finito.
Voleva rivederlo, voleva…
Era esausto, furioso…
Guardato a vista dai tre scagnozzi che a turno non gli avevano tolto gli occhi di dosso.
Non aveva veduto più nessuno.
Gli avevano dato un pagliericcio dentro una catapecchia, il freddo aveva perforato le ossa, la lontananza aveva minato la coscienza, come un punteruolo che affonda nell'anima più fonda del legno più tenero.
Non aveva parlato più con nessuno.
La sua voce era lì, però, piantata nella testa…
Suadente e lieve, accarezzava i sensi, disgregava le forze, s'innervava nelle dita…
Ti amo…
L'aveva ascoltata sì, adesso, lo sapeva che lei gliel'aveva sussurrato.
Sarebbe diventato pazzo se non fosse riuscito a rivederla…
Voglio vederti!
Prese a gridare, chiese di Shani, solo lei avrebbe avuto potere di consentirgli di uscire e di avvertire…
"Non dovete andare" – tentò di replicare André alla vista dell'anziana che alla fine gli aveva consentito di parlare.
"Sei testardo!" – sibilò Shani mentre montava a cavallo assieme agli altri uomini della tribù.
"Tu non comprendi…Shani…è troppo pericoloso".
"Ormai è tardi! Abbiamo dato la nostra parola".
André si sentì perduto - "Dove si trova? Dov'è? Ti prego…devo…vederla…avrei dovuto dirglielo".
"Se lei ti ama, non avrà necessità di avere alcuna spiegazione".
"Fatemi venire con voi! Shani, non puoi impedirmi anche questo!".
L'anziana trattenne le redini del cavallo, osservò il cielo, immensa voragine cerulea capace di schiacciare le anime più fragili.
Annuì.
André tirò un respiro fondo.
"Monsieur!" – alle spalle. Andrè s'avvide che Argo gli correva incontro.
"Monsieur…ho fatto come sempre!" – spiegò il moccioso, naso all'insù, occhi scintillanti d'orgoglio – "Ho fatto avere le lettere al villaggio, giù, in fondo alla valle!".
"Sei in gamba! Ora torna indietro! Torna con gli altri" – impose André, che il cuore accelerò, che persino lui s'era ritrovato a usare un moccioso per i suoi affari.
L'osservò correre via, scomparire nella nebbia del mattino, obbediente alla richiesta impartita.
Il cuore quasi si fermò, di colpo, come se l'ordine e la corsa fossero un madornale errore, che forse avrebbe potuto tenere Argo con sé, come se quello che avrebbe dovuto essere il luogo più sicuro, in realtà, allo sguardo fondo della coscienza, si rivelava il più insidioso e insano.
L'esiguo drappello si mise in marcia, il soldato francese a fianco della donna che aveva il compito di salvare la sua gente.
Attorno a loro una ventina tra uomini e donne, quelle che non avevano figli, o che li avevano già capaci di cavalcare e dunque al loro fianco.
André non aveva più nemmeno la forza di pensare.
Lo sguardo spaziava a cercare la presenza dell'avversario….
Lo sguardo scrutava i pertugi di foresta nera, in cerca di Isi e dell'altro indiano che l'avrebbero portata allo scoperto.
Ascoltava i mille suoni della natura mescolati all'insistente martellare nella testa del folle desiderio di vederla e fermarla, prima che lei tornasse a essere Oscar François de Jarjayes, prima che tutto precipitasse, perché André conosceva i miliziani americani.
Rammentava, quando aveva aperto gli occhi, sopra di sé, la bocca e il naso soffocati dalla terra smossa.
Attorno a sé la bara umida ove era stato sepolto.
Di fuori, nella notte scura, qualcuno era tornato per scavare, chissà se per tirarlo fuori…
Chiunque fosse non era andato fino in fondo, ma alla fine aveva contribuito ad assottigliare quella sorta di bozzolo ove era prigioniero.
C'era riuscito da solo alla fine a liberarsi, muovendosi, dibattendosi contro il peso della terra, l'aria che mancava, la discesa negl'Inferi, ch'era morto ma ancora vivo.
Dell'essere vivo ma ormai morto.
Era fuggito.
Si era perso nella foresta.
Aveva vagato per giorni, arrampicandosi sulle rocce, come per sfuggire all'abbraccio infernale della sacra terra.
Sarebbe precipitato nella voragine se Isi e Yellow Jacket non avessero afferrato la sua vita, non gli avessero impedito di gettarsi nel vuoto.
Non gliel'avevano mai detto ma forse erano stati proprio loro a scavare nella terra, perché avevano ascoltato il suo lamento, il suo pianto, che lui era vivo ma ormai era morto.
Shani glielo aveva detto, dopo giorni e giorni di agonia, quando si era svegliato, lui intabarrato in pellicce d'orso e il piccolo falco avvolto entro la lurida camicia strappata.
Non erano stati loro ad attaccare il drappello diretto a Northampton.
Non erano stati loro quelli che avevano fatto saltare in aria il prezioso carico di polvere da sparo.
Era possibile dunque che fossero stati altri.
Cani sciolti…
Miliziani…
Lo squarcio verdastro s'aprì allo sguardo.
La radura s'era riempita di luce, illuminata quasi a ferire gli occhi e i sensi tutti, perché una storia del genere non meritava scenario così glorioso a veder consumare tale e terribile distacco.
Gli indiani si fermarono. Shani scese da cavallo, così fece André, che però la vecchia lo gelò con lo sguardo imponendogli di non avanzare.
"Devo vederla" – chiese sferzante ma fermo – "Sai ciò che ci lega".
Un respiro fondo…
Dal lato sinistro della radura sbucarono i due cavalieri.
L'ostaggio invece procedeva a piedi, le mani legate, quasi trascinato, il passo incerto, la testa reclinata in avanti.
Pareva davvero che Oscar François de Jarjayes fosse prigioniera degli indiani.
Un'accurata messinscena dunque, rispettosa della malsana fama degli indiani e di quella ancor peggiore d'un amore mal riposto.
Gli sguardi scorsero ai miliziani che s'andavano disponendo a raggera.
André faticò a contarli, la vista pareva annebbiata dallo strazio e dalla smania del tempo che scorreva velocemente come se esso ormai non appartenesse più a nessuno.
Poi la vide.
Shani sferzò un impercettibile consenso, come il capocomico che detta il passo del prim'attore a comparire sulla scena, calarsi nella parte, e attaccare con la migliore recitazione possibile, d'una straziante partitura ormai scontata e oltremodo inutile.
André prese a correre, come un moccioso, come quando erano bambini e lui si metteva a cercarla, nei boschi attorno a casa, che lei s'era fatta di vento e sole, spariva e brillava di luce bionda e sorriso stretto.
Isi attese il cenno della donna che li aveva guidati fino a quel giorno.
Lo scenario si dipanava via via chiaro per tutti.
Girodel scese da cavallo, si costrinse a trattenere un grido mentre scorreva alla visione dell'altra che incespicava nei ciuffi d'erba più rigogliosi e rischiava di cadere a ogni passo.
Lo sguardo s'aprì terreo mentre il cuore balzava in gola.
Cadde quasi Oscar, che ascoltò il corpo implodere nell'abbraccio di André.
Lo riconobbe, come se l'altro fosse il suo stesso corpo, come se. lontano da lui, lei non sarebbe stata più la stessa mentre solo con lui, accanto a sé, era in grado di percepirsi integra e viva.
Una dannatissima sensazione…
Alain, Dante, Marcel, Gustav…
Anch'essi riconobbero le due figure.
Il damerino e il nobile che nobile non era.
Soffiarono stizza per aver pianto il dannato compare, che invece adesso era lì, inginocchiato a tener a sé il corpo del dannato damerino.
Pareva che fossero un unico essere, una persona sola.
Madame Roma fissò la scena, imprimendosi nella testa i gesti morbidi e silenziosi, l'uomo abbracciava la donna.
Che lei tentò di scansarlo da sé, lui e quella dannatissima sensazione, che lui l'aveva catturata e resa prigioniera di lui e di se stessa.
Dove mai sarebbe potuta fuggire adesso che lui era dentro di lei, adesso che lui era parte di sé?
Strapparsi di dosso una parte di sé…
Come…
Uno strattone…
Non riuscì a dire una parola, André strinse le spalle, s'avvicinò al viso, scorse a solcarlo come era accaduto spesso, la bocca ad accarezzare la guancia.
Si sottrasse ancora Oscar, la gola arida, quasi incapace di parlare.
"Ascolta…".
Silenzio…
"Avrei dovuto dirti tutto…credevo saresti stata al sicuro…".
"Da cosa?" – digrignò sputando a terra – "Dai tuoi compagni indiani? Da me stessa? Chi mi avrebbe protetto da te invece…da ciò che hai fatto? Hai mentito…il tuo silenzio è la peggiore delle menzogne. Volevi questo? Volevi tenermi per te per usarmi come merce di scambio? Se me l'avessi detto…lo avrei compreso. Il tuo silenzio…è la peggior colpa!".
Strinse la faccia tra le mani, spinse per cacciare gli occhi negli occhi, perché le parole straziavano come lame.
Oscar aveva abbassato la guardia, aveva creduto in lui, si era fidata
L'Amore non c'entrava nulla eppure…
André s'immaginò che invece proprio quell'Amore fosse divenuto arma perfetta per distruggere la fiducia di lei, che lei amava davvero, forse per la prima volta.
E quell'Amore s'era mescolato ad altro, finendo per restarne sporcato, inzozzato, svilito e distrutto.
"Non hai mai dovuto temere nulla da me!" – sussurrò piano, la voce come un sibilo distorto dal terrore di perderla – "Questo lo sai! Non è una menzogna ciò che provo! Io credo che tu l'abbia sempre saputo…come l'ho sempre saputo io!".
"Dannazione André…ho creduto in te!".
"E io…".
Grida di guerra alle spalle sollevarono i sensi.
Isi si fece addosso - "E' ora di andare!".
André si voltò, scorse atterrito a ciò che accadeva poco lontano.
Girodel afferrò Lua per un braccio, spingendola contro Yellow Jacket.
"Andate!" – ordinò freddo, che la giovane ebbe un fremito, inimmaginabile esser messa sul piatto della bilancia, come posta di quel dannato scambio.
"No!" – un grido, Lua si divincolò, Jacket l'afferrò, tirandosela addosso, osservando l'ufficiale francese che osservava a sua volta lo strappo tra sé e la giovane indiana.
Jacket, notoriamente freddo e impassibile, perse il respiro.
Uno scambio alla pari.
Infernale conta. Nessuno avrebbe dato niente per niente
Ma forse anche il sistema di disfarsi d'un peso, che Lua ora, non serviva più.
"No!" – Lua gridò di nuovo nel comprendere che si sarebbe separata da Victor – "Non voglio tornare indietro! Voglio restare con te!".
"E io invece voglio che tu te ne vada! Sei stata capace di tradire la tua gente!" - sputò Girodel sprezzante – "Ciò che hai fatto è turbe ed abominevole! Non potresti restare con me neanche se volessi!".
La tela, strattonata fino al limite, si stracciava, consumando così lo strappo tra i due mondi, i due ideali, i due amori, i due destini, i due essersi inutili l'uno all'altra.
Attorno, in silenzio, i soldati francesi assistevano alla duplice scena.
Madame Roma poco più indietro ascoltava le grida straziate di Lua, mentre Jacket la teneva stretta e quella pareva un animale in procinto d'essere sgozzato. Si dimenava, l'unica parola netta che sgorgava dalla bocca era no…
No!
André sussurrò all'orecchio, il viso affondato nei capelli, incapace di separarsi, mentre attorno tutto precipitava e il tempo era perduto e le scelte compiute.
Non voglio lasciarti!
Che lei sprezzante puntò il ginocchio a terra e si sforzò d'alzarsi…
Alain, Dante, Marcel e Gustav la videro mentre si scansava.
E Williamson fremeva accanto ai suoi uomini, impercettibili ordini vennero impartiti con poche occhiate, mentre tre luogotenenti si allontanavano dalla ressa per imbucarsi entro il lato opposto della foresta.
Alain se ne accorse.
Oscar si ritrovò in piedi.
"Lasciami andare…" – un sibilo, un passo, la voce spezzata che alla fine di tutto, nonostante la rabbia, nonostante i dubbi, nonostante il vuoto, lei ascoltava l'incisione dell'altro su di sé, dentro di sé.
Combatteva Oscar François de Jarjayes contro se stessa. Era già accaduto, all'inizio di quella storia, quando s'era ritrovata gelosa di una donna che non esisteva perché in realtà quella donna era lei.
L'aveva cercata, l'aveva studiata, l'aveva maledetta perché quella era stata capace di portarle via il suo André.
Quella donna era lei. Non era stato facile ritrovarsi a essere una donna sconosciuta, la donna amata da André, che era lei ma che lei non sapeva di essere.
"Oscar…".
"Vattene! Sei un disertore. Sei ancora un soldato di Sua Maestà Luigi XVI! Io stessa avrei dovuto riportarti indietro e non il contrario! Dunque vattene!".
"Stai parlando come…".
"Oscar François de Jarjayes! Io sono Oscar François de Jarjayes!" - lo sguardo si sollevò mentre prendeva a camminare – "Sono prigioniera di questo nome, di ciò che sono, di ciò che mi è stato concesso e di ciò che sono obbligata a essere! Nemmeno tu potrai fare nulla! Torna indietro!".
André corse alla mano, l'afferrò, strinse le dita. Le strinse per tenerla lì, ancora un istante.
Il tempo di un respiro, il tempo di uno sguardo.
Ancora uno.
L'ultimo…
* I fatti descritti sono tratti e romanzati dall'evento storico legato alla strage di Gnadenhutten (Ohio) nel marzo dell'anno 1782. Non viene menzionata la specifica appartenenza religiosa del gruppo di indiani coinvolto.
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