I seem to have attracted a troll reviewer, please just ignore them!
Io credo che in questi miliardi
Questi lunghi e cortissimi anni
Noi restiamo per un solo istante
Ed il senso è vederla così
La pioggia di Londra
Ultimo
Hanno scritto che ci mancò la fede.
Forse ne abbiamo avuto un surrogato.
La fede è un'altra. Così fu detto ma
non è detto che il detto sia sicuro.
Forse sarebbe bastata quella della Catastrofe,
ma non per te che uscivi per ritornarvi
dal grembo degli Dei.
Morgana
Eugenio Montale
Ladri di libertà
Victor Girodel masticò amaro ma convenne di tacere.
Aveva imparato ad attendere, a mettere da parte l'irruenza della generosa onestà di professarsi sincero.
Aveva imparato che alla passione, all'amore o a ciò che può scambiarsi come tale, si può anche opporre il calcolo, approfittando dell'oscuro velo che l'ignoranza getta sulle cose e sulle persone, per perseguire il proprio sentimento.
Aveva imparato che per difendere il proprio amore per Oscar François de Jarjayes avrebbe usato proprio Oscar François de Jarjayes.
Sollevarla dall'odio che egli stesso dimostrava per un uomo per mostrare il suo amore per lei.
Se bastasse l'odio per uccidere…
§§§
Stringevano le corde, a stringere le mani imprigionate.
André era seduto a terra, dentro una stanza spoglia, improvvisata a cella o prigione.
Era solo. Sapeva che anche Yellow Jacket era stato riportato indietro.
Argo…
Ripensava a ciò che era accaduto.
Il villaggio che lo aveva accolto per tutto il tempo in cui non era stato nessuno, per tutto il tempo in cui era stato libero, era andato distrutto e coloro che lo avevano salvato e accettato senza sapere nulla di lui, annientati e perduti.
Ridiveniva André Grandier e ovunque avesse messo piede, qualunque terra avesse calpestato, mai avrebbe potuto sollevare il suo destino dalla dannazione di non aver mantenuto la promessa di separare il proprio destino da quello di lei.
Come può la Morte separarsi dalla Vita?
E come può la Vita non giungere prima o poi alla Morte?
Ridiveniva André Grandier…
Non c'era scampo a ciò che era stato.
Aveva rubato la libertà di Oscar François de Jarjayes...
Il chiavistello girò, lo sguardo scorse a quelli ch'entravano.
Vide Oscar, rigida e disorientata, stranita dalla visione.
André era ridivenuto servo.
Del re, della famiglia Jarjayes, del proprio temutissimo rango.
Poco importava.
André era ridivenuto schiavo di un amore impossibile e quel ch'era peggio, adesso lo era anche lei, perché amare non significa sacrificarsi ma imporre un sacrificio all'altro.
André aveva tentato di rompere lo schema d'una storia scritta da altri, di un destino impossibile d'accettare, se non che quel destino lui stesso aveva finito per incarnarlo.
Mai avrebbe voluto che lei gli corresse accanto e mostrasse al mondo intero chi erano divenuti l'uno per l'altra.
Mai avrebbe voluto legare la propria dannazione a quella di Oscar François de Jarjayes, per vederla soccombere accanto a sé, immaginandola lì, svuotata dalla visione di libertà ove lui l'aveva amata e accolta.
Lei non sarebbe stata libera mai più perché lui non era libero.
Libero di scegliere, di amare, di esistere in un modo piuttosto che in un altro.
Libero di esistere in quanto essere umano libero.
Libero di amare lei.
Era libero di fare tutto ciò che voleva.
Ma non era libero di amare Oscar François de Jarjayes.
Aveva rubato la sua libertà e il suo amore.
Erano legati adesso e quel legame pareva avere la stessa forza acuta e struggente delle corde che legavano i polsi e strangolavano il respiro.
Lo sguardo scivolò verso il basso, scansandosi dall'altra.
Oscar se ne accorse, fece un passo, incredula del rifiuto seppure declinato entro lo scarto minimo degli occhi.
André era sempre stato un uomo sincero.
Mai avaro di sguardi o carezze, anche solo con gli occhi.
Oscar s'immaginò che quella posa, le mani legate, la libertà perduta, fossero un peso immenso da sopportare per lui, inimmaginabile ora che si amavano e che erano stati liberi.
"Ebbene…" – disse Victor Girodel
"Vorrei restare sola…" – ammise Oscar un poco disorientata – "Devo parlare con lui".
"Mi spiace" – rimbeccò Girodel forte della condizione che ondeggiava sulla testa di André Grandier come una spada di Damocle e a cui nemmeno Oscar François de Jarjayes avrebbe potuto opporsi – "E' un disertore delle truppe di Sua Maestà Re Luigi XVI. Non è neppure un soldato al mio comando. E' giunto in America al seguito del Conte di Fersen. E io debbo al conte il compito di decidere della sorte di un suo soldato".
Il nome eruppe, a squarciare la coscienza…
"No…" – si morse il labbro Oscar, scacciando l'effige del conte, seppure scorse il ferale appellativo che schioccò nella testa con la stessa feroce aggressione di un fulmine che colpisce un albero mandandolo in cenere – "Lui è…".
E' un mio servo…
Ho diritto di parlarci…
Ho diritto di restare sola con lui!
Inghiottì la chiosa, cercò nella mente una soluzione.
Un respiro, André Grandier tranciò ogni blasfemo intento – "Facciamola finita! Non abbiamo niente da dirci!".
Oscar sussultò, la voce dell'altro improvvisamente ridivenuta morbidamente ostile, disgraziata nella stupida tonalità ribelle, come se André Grandier si fosse messo in testa di recitare la parte del servo, del soldato disertore, dell'uomo che non accetta più le regole imposte dagli altri, come se la gentilezza esibita nel tempo ove erano rimasti soli, d'improvviso si fosse mutata in debolezza, dunque messa da parte, inghiottita nel vuoto delle esistenze, non più colme di loro ma piene della storia scritta da altri.
Victor Girodel raccolse l'affondo, come fossero, lui e l'altro, attori entrati in scena all'improvviso sullo stesso palcoscenico, e se pure non conoscevano le battute, ammettevano ch'era bene tenere tesa la corda della recitazione dell'altro, uniti a distogliere l'angelica attrice da chissà quale disastro, ma al tempo stesso avversari l'uno dell'altro.
"Quest'uomo…non è solo un disertore" – esordì avvicinandosi ad André che sollevò lo sguardo, sfidandolo in cagnesco.
"Alzati!".
L'ordine rimbombò nella cella vuota.
André era legato, avrebbe faticato ad alzarsi se non puntando un ginocchio a terra.
Lo fece, e per un istante, un solo impercettibile istante, André Grandier si ritrovò in ginocchio di fronte al Tenente Victor Girodel.
Il cuore implose, Oscar fece per avvicinarsi, l'altro forzò la salita, che fu in piedi, il passo di lei, in bilico tra compassione e dannazione, gentilezza e rassegnazione, il passo di lui a tranciare ogni idiota pietà.
Quando fu in piedi, Victor ordinò ad André di voltarsi.
Quindi slegò le corde, così che l'altro si ritrovò libero.
Concedere e pretendere…
Dare e scavare nel senso di colpa…
Indurre l'avversario ad anticipare parole e mosse, così che sarà l'avversario, da se stesso, a divenire tale.
"Che intendi?" – chiese Oscar stranita – "Fare?".
"Quest'uomo era stato dato per morto, così mi ha riferito il Colonnello Fersen. Però in realtà…è ancora vivo come entrambi possiamo vedere".
"Sì…è vivo…sarà Sua Maestà il Re a decidere la sua punizione" – lo prevenne lei, come a sottrarre alla volontà di entrambi qualsiasi decisione.
Ora temeva…
Per André e persino per ciò che lui stesso avrebbe potuto fare.
André era un disertore.
Victor fece un passo indietro e si voltò verso Oscar. La guardò, come volesse penetrarla e leggere nella mente e immaginare cosa sapesse.
Immaginarla, scrutando nelle pieghe dello sguardo, ove lesse paura e rabbia.
Non quella di un padrone verso il servo che ha disatteso ordini di rango e fedeltà.
No…
Ammise, Victor Girodel che l'altra non era più la stessa di un tempo.
Ammise allora che nonostante tutto, se non fosse stata sua, non sarebbe stata più di nessuno.
Victor Girodel amava le donne, tutte.
Non ne aveva mai fatto mistero.
Le amava a prescindere dal rango, dall'educazione e dalla cadenza nell'amare.
Non gli era neppure necessario che una donna non avesse mai conosciuto un uomo.
Non era ciò a cui ambiva il Tenente Victor Girodel.
Oscar François de Jarjayes non era una donna come tutte le altre, non lo sarebbe stata mai e dunque a Victor Girodel non importava chi fosse stata e chi era diventata.
"Anche tu eri sparita" – disse piano Victor – "Ma nemmeno tu…eri morta".
"Victor" – tagliò l'altra – "Vorresti dire che potrei essere considerata un disertore anch'io?"
Le parole oscillavano nella gola…
Oscar François de Jarjayes amava André Grandier.
Lui l'aveva salvata e curata.
Aveva chiuso ferite, composto pensieri, ammansito contraddizioni.
L'aveva tirata fuori dal magma opaco d'una vita già scritta da altri.
E poi, lui stesso le aveva consentito di salvarlo.
Sì, perché non è facile salvare qualcuno, ma nemmeno lasciarsi salvare.
E allora si erano perduti e lui l'aveva gettata nell'abisso oscuro dell'amore, l'aveva viziata, aveva aperto ferite nuove, scomposto ideali, squassato tutto ciò ch'era sempre stato ordinato e perfetto.
Aveva creato il caos, svelato le mille sfumature d'una vita mai banale, mai più imposta da altri.
E lei…
Lei sì, forse aveva fatto lo stesso.
Lei aveva compreso…
Lei si era salvata ma era divenuta per sempre tiranno della vita dell'altro.
"Noi abbiamo saputo che quest'uomo era vivo. E quando sei scomparsa, ti abbiamo cercato ovunque. Ti abbiamo ritrovata assieme a lui, in un villaggio indiano, dove abitava gente che aveva razziato in lungo e in largo le tenute dei coloni. Quest'uomo ti ha tenuto prigioniera…" – sferzò Victor Girodel – "Solo per usarti come merce di scambio. Solo per impedire che qualcuno attaccasse quel villaggio. O forse chissà…".
"Non dire idiozie!" – si oppose Oscar mentre le parole risalivano in superficie pronte a esplodere, c'era solo da scegliere quale fosse la chiosa migliore – "I due indiani…erano a…".
Lo sguardo sgranato…
Dunque non era un caso se Isi e Yellow Jacket erano a White Plains.
Le parole sfiorivano come rose bruciate dal sole.
Il Tenente Girodel esponeva la realtà dei fatti. Tutto era stato orchestrato per lei, per ottenere lei e la sua libertà.
"Il tenente ha ragione!" – sputò André Grandier, alle spalle dei due.
Il cuore implose, perse il ritmo…
Oscar scansò Girodel, squadrò André, s'immaginò che lui volesse proteggerla.
Da cosa?
Da se stesso?
E a quale prezzo?
Mistificare e persino negare ciò che erano stati.
Di nuovo André Grandier si arrogava il diritto di decidere per lei, mettere davanti a tutto, il suo bene, piuttosto che lei.
"No!" – fece un passo Oscar, verso André.
Che anche lui fece un passo e le fu vicina e l'afferrò per le spalle, che Victor fu costretto ad avvicinarsi.
"Ti ho usato!" – esplose –"Ciò che non sapevo è se mi saresti stata più utile per evitare che quel villaggio fosse attaccato e distrutto oppure per chiederti d'essere scambiata con i tanti compagni ch'erano stati presi e deportati nelle riserve".
Ascoltava Oscar e rivedeva se stessa, mentre annegava nel bacio fondo di labbra suadenti che solcavano il ventre, il seno, il sesso…
S'immaginò che André stesse mentendo, per proteggerla, per difendere quel dannato onore di donna, persino nobile, che sarebbe andato distrutto alla visione di sé consenziente a restare laggiù, entro i confini di una terra selvaggia e nuda e trionfale, amando e amata, come una donna qualsiasi, una donna uguale a tutte le altre, eppure una donna unica.
Ma poi no, poi ammetteva che lei era ancora e di nuovo Oscar François de Jarjayes e che non poteva farci nulla e allora ammetteva che André Grandier stava semplicemente difendendo Oscar François de Jarjayes.
Che…
Dannazione...
André stava mentendo, ridiventava servo e al tempo stesso mostro senza nome, capace di rigettarla nella sua vita di un tempo.
Oscar fece per aprir bocca, André allentò la presa, spingendola di poco indietro.
Il distacco si amplificò nelle viscere…
Può bastare l'odio per uccidere?
O forse è l'amore che è capace di uccidere e annientare molto più dell'odio?
Negò Oscar, la bocca si schiuse, vide André scegliere la parola feroce che di lì a un istante sarebbe uscita rivelando l'Odio e con esso l'Amore.
"Vai ora! Come vedi non sono riuscito nel mio intento…quella gente è morta…" – s'incrinò la terra sotto i piedi – "Tu li hai portati là dentro!".
La chiosa s'abbatté come una lama tagliente, il taglio doppio, ch'era al tempo stesso verità e menzogna, perché ormai non contava più il motivo per cui il gesto s'era compiuto.
Solo le conseguenze, rivoltanti e devastanti, erano marchio a infangare la memoria e la coscienza.
"Il figlio di Isi e Nova è vivo" – sussurrò Oscar mentre le lacrime risalivano in gola e il cuore rimbombava nel petto con battiti disarmonici, per un istante, solo per un istante, s'immaginò, del tutto inutili – "Lui si è salvato. Nova me l'ha gettato tra le braccia".
La eco del nome risuonò nella testa.
I volti di chi non c'era più.
Tutto era stato come una sorta di Eden…
Erano morti tutti.
Che cos'erano stati loro dunque?
Morte o vita?
Si era salvato solo un bambino.
E tutto ridiventava accogliente e confortevole Inferno.
La generosità di André, l'averla tenuta lontano dalla guerra, l'averla curata e amata per averla solo per sé, divenivano cesura tra passato e presente, d'improvviso l'atto più egoistico e ingeneroso che lui avrebbe mai potuto rivelare.
"Vattene!" – rimarcò André voltandosi, i pugni chiusi a stringere il nulla.
Dio, quanto l'amava…
Un amore infinito…
Assoluto come lo è la Vita.
Definitivo come lo è la Morte.
André sollevò lo sguardo verso Girodel, l'altro colse l'appiglio e sferzò l'affondo finale.
Era come se fossero avversari d'una stessa battaglia che aveva come scopo quello di allontanare Oscar François de Jarjayes dall'imminente disfatta, da quel palcoscenico ormai sontuosamente a pezzi.
André sussultò alle parole di Girodel…
Un respiro fondo…
"Quest'uomo è sospettato di aver rubato l'oro destinato alle truppe mandate in appoggio agli americani per combattere gli inglesi!".
Oscar guardò André, gli occhi sgranati, incredula delle parole udite.
Negò di nuovo…
Tutte idiozie…
"E' assurdo!" – sputò lei voltandosi e parandosi davanti a Girodel – "Che storia sarebbe questa?".
"Il soldato André Grandier ha fatto parte della spedizione imbarcata sulla nave Jason…".
André ascoltava muto, quasi tremava.
Lo sguardo puntò a Girodel…
"Su quella nave…ho semplicemente assistito il Conte di Fersen nella custodia del carico…".
Che Girodel si avvicinò - "Ho parlato di sospetti. Questo è ciò che si dice".
Oscar s'impietrì alle parole di Girodel. Si voltò anche lei, si mise davanti ad André, l'implorò di smentire, allontanare da se stesso e da lei quell'affondo assurdo.
André smentì, una mezza risata soffocata a stroncare l'assurda accusa.
"Non ho idea di cosa state dicendo…".
"Sapete vero che per i ladri di denaro…in Francia c'è la pena capitale?" – proseguì Girodel come non avesse colto il diniego dell'altro – "Nella nostra spedizione il sovrano è stato più accorto. Era al corrente di ciò che era accaduto sulla Jason e così ha fatto costruire forzieri con meccanismi molto complessi. Così che nessuno potesse toccare neppure una moneta".
Oscar rammentò la stravagante procedura per chiudere i forzieri.
La doppia chiave e poi la necessità che i possessori viaggiassero su navi differenti.
"Non so…davvero di cosa state parlando?!" – ripeté André sprezzante, nessuna indignazione contro l'altro, soltanto biasimo verso se stesso, non abbastanza abile da scansare i dannati sospetti.
Concedere e prendere…
Professarsi colpevoli per rivelarsi innocenti…
E professarsi innocenti per non svelare d'essere colpevoli.
André sferzò la figura di Oscar ch'era rimasta impassibile.
Il silenzio dell'altra che s'immaginò colpita dalle parole di Girodel e disorientata e distrutta, s'ingigantì nelle viscere.
Ammise che ciò che desiderava non era tanto che lei gli credesse, che lo ritenesse innocente.
Ciò che desiderava era che lei non avesse più pensieri su di sé, né professione d'innocenza, né di colpevolezza.
Rubare o essere derubati…
Il dubbio resta sempre l'arma migliore per coltivare l'odio…
"Va via!" – digrignò André sprezzante.
Oscar fece un passo indietro, si voltò, ritrovandosi quasi annientata, osservando il pavimento lercio della stanza ove fluttuavano brandelli del suo dannato amore, che pareva adesso assumere la stessa consistenza odiosa d'una pianta di edera velenosa in grado di soffocare persino il respiro.
Faticava a respirare mentre il corpo dell'altro, l'essenza lieve emanata dai muscoli, penetrata nella testa e nelle viscere, inondava i sensi, risuonando come una eco impossibile d'ammansire.
Preferì uscire, senza dire altro.
Che André stesse mentendo poteva anche essere lecito…
Che André volesse proteggerla…
O voleva solo proteggere se stesso?
Catturare o essere catturati…
Chi era André Grandier che l'aveva appena accusata d'essere lei bieco tramite che aveva lasciato entrare l'Inferno nella vita d'innocenti disgraziati e dunque artefice della strage che s'era consumata?
Victor Girodel rimase nella stanza.
Un respiro fondo senza guardare l'altro che gli era alle spalle.
L'esordio sprezzante - "Sono stato io a portare alla vostra parente le lettere che giungevano dall'America. Non l'ho fatto solo per vostra nonna. L'ho fatto anche per lei…per Oscar. So che tiene a voi, molto più di quello che lei stessa avrebbe mai potuto ammettere" – sibilò severo, nella voce la rabbia d'aver contribuito a unire due persone a discapito di se stesso, e al contempo la netta ammissione di non avere scampo, impossibile competere con tale legame.
Obbedire o ricevere obbedienza…
André rimase silenzioso.
Sapeva già delle lettere ch'erano state una specie di tramite tra sé e sua nonna.
In esse, a nanny, aveva parlato di Oscar, mettendo su carta ciò che sentiva, ciò che non avrebbe mai potuto rivelare e poi, indirettamente, aveva dettato il legame tra sé e Oscar.
Non sapeva che quelle lettere le avrebbe lette anche lei.
E che così facendo, lui stesso avrebbe rivelato alla donna che amava l'esistenza di un'altra donna, una donna qualsiasi, e che avrebbe rivelato alla prima ciò che lui sentiva davvero per una donna uguale a tutte le altre ma era in realtà lei stessa.
Lei che allora, proprio per questo, era divenuta ladra della sua vita, in cerca di brandelli di un'esistenza che credeva di conoscere e di aver tenuto stretta tra le dita e che invece si era ribellata a una storia già scritta.
Lei, ladra di se stessa.
Affermare o negare…
"Ora voi siete prigioniero del Re di Francia" – riprese Girodel.
"Che volete fare?".
"Niente!" – stucchevole sprezzo – "Mademoiselle Oscar vuole attendere prima di ripartire per la Francia, fino a che quel bambino indiano che s'è salvato non sarà capace di cavarsela…insomma…un'assurdità".
André sussultò.
La chiosa rivelava un ultimo appiglio, uno squarcio inciso nel cuore, il debito contratto con la terra che l'aveva accolto e salvato, il legame tra sé e lei, loro, immersi l'uno nell'altra.
"Perché?" – domandò André, come se lei fosse lì, ma lei non c'era.
Girodel tacque, come a dire che non erano fatti suoi.
"In ogni caso, se vi tenessi prigioniero, in queste condizioni, sono sicuro che lei ne soffrirebbe e sono sicuro che voi – di nuovo – acquistereste ancora più ascendente nei suoi confronti. Siete stato bravo ad andarvene, a lasciare la Francia fingendo disamore. Così che il vostro amore si rivelasse ancora più visibile e incombente che non se le foste rimasto accanto".
"State dicendo…sciocchezze…".
Fare o subire…
Girodel si voltò parandosi davanti ad André.
"André Grandier…voi resterete libero. Non vi terrò prigioniero qua sotto. Ma sappiate che se fuggirete, sarà come ammettere la vostra colpevolezza. Starà a voi decidere se andarvene o restare. E comunque…vi siete già preso tutto di Oscar François de Jarjayes".
Generosità o calcolo…
Stavolta fu André a sussultare - "Che cosa significa? Voi state parlando di Oscar come se fosse un oggetto! Per voi la sua volontà non conta!?".
"Sì, la sua volontà conta! E' estremamente importante! Ma vi siete mai chiesto se quella volontà sarebbe stata la stessa se voi non foste mai partito? Se voi non l'aveste lasciata? Vi siete cucito addosso l'abito del fuggiasco e poi l'abito del disertore e forse quello del ladro. Lei è giunta sin qui. Il suo affetto per voi era ed è ammirevole. Ma voi l'avete usata. L'avete costretta a scegliere una vita che non è la sua, in mezzo a queste foreste, in mezzo a gente selvaggia. Il Colonnello Oscar François de Jarjayes…l'orgoglio con cui ha sempre indossato la sua uniforme, il prestigio della sua famiglia, l'onore di servire i sovrani di Francia…come potrà tutto questo restare immacolato e puro dopo ciò che le avete fatto? Quando torneremo in Francia?!".
Gentilezza o debolezza…
S'abbatté la lunga sequela.
In fondo era ciò che André aveva sempre temuto. Ciò che l'aveva condotto ad allontanarsi da lei, tre anni prima e finanche tre istanti prima.
Solo che lui aveva immaginato che fosse per il bene di lei, non per il suo rango o la sua uniforme o la sua famiglia o persino il re!
Ma in fondo era tutto studiato solo per non avere rimorsi.
"Come pensereste di onorare il suo rango, la sua bellezza, ciò che è…tenendola ancora in ostaggio entro queste terre dimenticate da tutti?".
André s'ammutolì.
Di nuovo ciò che diceva Girodel era falso ed era vero al tempo stesso.
"E voi…" – tentò di ribattere sprezzante – "Credete di onorarla ricacciandola dentro la sua vita…quella che scorreva in Francia?!".
"Quella vita…come la definite voi…era la sua vita. Oscar François de Jarjayes non l'ha mai rinnegata, non l'hai mai disprezzata! Chi siete voi per obbligarla a scegliere tra ciò che era e ciò che è diventata? Un essere senza terra, una donna senza legami…ebbene…dovreste comprendere se continuando in questo modo, voi davvero fareste il suo bene oppure soltanto quello di voi stesso?!".
"Ho combattuto per lei…e lei è sempre stata…" – ammise André distrutto perché allora lo scenario si rivelava ancora peggiore – "Libera…".
Victor Girodel fece un passo indietro, masticando amaro ma al contempo insinuandosi nell'errore dell'altro.
"Dunque voi continuate a gettare fango su di lei! Se lei era libera di restare, se ha deciso di non lasciare questo luogo…dunque anche lei alla fine sarebbe un disertore!? Avrebbe abdicato al suo dovere, al suo rango, alla sua uniforme, alla sua vita di donna nobile…per…quale dannato accidente?".
Sottinteso…
Voi?
"No…".
"Siete libero André Grandier!" – Girodel allargò il braccio destro come a invitare l'altro a uscire – "Avete combattuto davvero per lei oppure semplicemente per voi stesso!? Avete accettato di vederla finire nel fango…l'avete accolta…".
André fece un passo verso l'altro, d'istinto afferrò il lembo del colletto della giacca, strinse, rivelando all'altro di non proseguire.
Non era questione di onore…
"Non dovete azzardarvi a parlare di lei in questo modo! Ciò che ha fatto…riguarda lei e non voi…" – sibilò André severo.
"E nemmeno riguarda voi! Pensateci! Vi siete preso tutto di lei".
La presa strinse ancora di più, Victor Girodel comprese ch'era sulla strada giusta - "Pensateci, se volete avvero prendervi anche il resto della sua vita!".
"Continuate a parlare di lei…come se lei non avesse volontà o desiderio…".
"La vostra gentilezza non è altro che debolezza…e la vostra debolezza sarà la sua rovina!".
Victor Girodel si staccò e fece per uscire, la porta sarebbe rimasta aperta.
André Grandier avrebbe potuto lasciare il luogo. Se l'avesse fatto, l'avrebbe abbandonata di nuovo.
Restarle accanto dunque ma lontano…
Tutto dannatamente simile a ciò ch'era stato nella sua vita passata.
"Tenente…" – la voce affilò l'affondo…
Victor Girodel s'arrestò senza voltarsi.
"Voi…avete mai conosciuto una donna di nome Amalie Jenevieux?" – sibilò André.
"Che intendete?" – si schernì l'altro innervosito – "Come se voi non l'aveste conosciuta affatto!?".
Il colpo…
"Sappiamo entrambi chi è…voi mi avete visto con lei" – si voltò – "E io ho visto voi con lei".
"Anche Oscar l'ha incontrata…mi ha raccontato che è morta…" – continuò André.
"Gliel'ho detto io…sì è morta!".
André strinse i pugni, lo sprezzo nella voce dell'altro feriva - "E sua figlia? Victoire…Victoire Jenevieux? Quella giovane aveva una figlia".
Un respiro fondo, Victor Girodel guardò in alto, chiudendo gli occhi, come a rammentare il volto della mocciosa che aveva scorto a Le Petit Trianon, avendo riconosciuto la madre.
Prima di rispondere attese qualche istante, come per cercare le parole, la via, il sentiero più agevole per raccontare ciò che sapeva.
"Siete stato…abile" – riprese serio Girodel – "Debbo darvi atto che avete protetto Mademoiselle Oscar da una triste verità…sul padre di quella bambina".
André tentò di riavvicinarsi, tremarono le mani rammentando le domande di Oscar.
Le aveva detto di essere lui il padre della piccola…
Era lui…
"Dunque perché mutare ciò che appare essere la verità?" – sferzò Girodel.
Ciò che appare essere la verità…
"Dov'è Victoire?".
"Sono spiacente…non lo so. Ho appreso della morte della madre a Brest, poco prima di salpare. Non ho avuto tempo di cercare altre informazioni, né di sapere che fine avesse fatto la mocciosa. So solo che non era con la madre quando quella è stata ripescata dalla Senna. Aveva in mano una bambola che apparteneva a Madame Royale, la nostra piccola Delfina".
"Cosa? Com'è possibile?".
"In effetti, voi avevate già lasciato Versailles. Ebbene…" – Victor Girodel si voltò a quel punto per scrutare la faccia dell'altro – "Credo che Mademoiselle Jenevieux fosse giunta alla reggia per cercare voi, ma voi eravate già partito".
André strinse i denti, gli avrebbe davvero mollato un pugno in faccia.
"Dunque ha incontrato Mademoiselle Oscar che si è presa a cuore la sua sorte e quella della sua bambina. Forse le sovveniva il volto di qualcuno osservandola…insomma…mademoiselle ha aiutato quella povera sguattera e poi, sul più bello, non so per quale ragione, tutte e due, madre e figlia, sono finite a Le Petit Trianon. Forse che Versailles fosse troppo angusta per un segreto così grande!? E comunque è possibile che la bambola che la giovane ripescata dalla Senna stringeva tra le mani fosse stata sottratta a Madame Royal proprio da lei oppure dalla bambina, durante il soggiorno dei nostri amati sovrani e della piccola proprio a Le Petit Trianon".
"Tenente…ciò che ho fatto per Amalie…sapete perché l'ho fatto…" – biascicò André mentre i ricordi risorgevano dal pozzo fondo del passato, quando nelle sere d'inverno si era recato a portare un pezzo di pane, un uovo, qualche gomitolo di lana alla giovane Amalie Jenevieux che dormiva in una stanzetta spoglia al piano superiore di una infima bettola nel fondo più nero di Parigi e nel giaciglio di fortuna era adagiata la piccola Victorie, appena nata, avviluppata nelle coperte così che non avesse troppo freddo.
André aveva parlato spesso con Amalie, raccontandole della vita a Versailles, della regina, delle sale tirate a lucido, e poi le aveva raccontato di lei, Oscar François de Jarjayes, la donna che vestiva in uniforme.
Una donna che vestiva in uniforme…
Non le aveva mai detto di amarla.
Forse Amalie Jenevieux l'aveva compreso da sé.
Non era mai stata gelosa, ma chissà come le parole di ammirazione sgorgavano sincere per quell'essere lontano, bellissimo, fiero, irraggiungibile.
Forse, nel fondo del cuore, persino Amalie Jenevieux aveva ammesso di voler proteggere quell'essere autentico dalla tristezza della vita, persino dalla propria tristezza, quella della sua sorte e di quella della figlia, e così aveva tenuto per sé il nome e il volto del padre di Victoire Jenevieux.
In fondo, in certi frangenti, non era tanto importante chi fosse il padre di un figlio o di una figlia, ma che quel figlio o quella figlia ce l'avessero, un padre.
In fondo, sarebbe bastato scegliere.
Un padre bellissimo, fiero, amorevole, lieve e forte.
Forse Amalie Jenevieux aveva scelto per Victorie, un padre degno di questo nome, e forse solo André Grandier era stato degno di quel nome.
"Ammirevole! Ve l'ho detto! Siete stato ammirevole!" – riprese Girodel cinico – "La vostra generosità è stata encomiabile! Quella giovane viveva a Parigi, in un luogo frequentato da nobili e plebei, ricchi e spiantati. Persino il Conte di Fersen…persino lui abbiamo veduto in quel luogo osceno! Dunque, perché mai dovremmo stravolgere questo stato delle cose? Perché mai dovremmo coinvolgere Mademoiselle Oscar nella ricerca di una verità che la ferirebbe? Lo sapevate vero che a Northampton lei ha danzato con il conte?! Avreste dovuto esserci! Erano davvero superbi, entrambi! Mademoiselle ha a cuore la nobile origine del conte. Ne morirebbe se sapesse…e dunque debbo darvi atto che siete stato coraggioso. Un coraggioso bastardo! L'avete protetta e così avete protetto anche il fragile cuore di Sua Maestà la Regina! In fondo anche la nostra amata regina si guarderebbe dal posare lo sguardo all'effige d'un amante così tanto incauto!".
André Grandier si ritrovò senza respiro. Non sapeva più neppure lui, quale scenario mozzasse il respiro…
La bambola di Madame Royale…
Amalie Jenevieux ripescata dalla Senna…
Parigi e la sua infernale corte di disperati e puttane tisiche…
Parigi capace d'ingoiare tutto…
Oscar aveva amato in Conte Hans Axel von Fersen…
La mente scivolò giù, nell'istante sublime in cui lei l'aveva accolto.
Pazzo…
Nell'istante, i sensi istintivi s'erano quasi disgregati, distaccati dal tessuto di muscoli e sangue, come a cogliere e accogliere lo stupore d'un tremore sordo, d'un dolore mai provato.
S'era dato del vigliacco, dell'idiota, del dannato bastardo, nel comprendere che lei era sua, per la prima volta.
L'Inferno dell'intensa constatazione s'era liquefatta al pensiero che chiunque fosse stata lei, lui non l'avrebbe amata di meno, e persino se lei non l'avesse mai amato, lui stesso non sarebbe riuscito a distogliersi da lei.
André Grandier si era abbandonato al pensiero che lei lo aveva cercato, lo aveva atteso, perché lei lo amava.
Idiota…
Non l'avrebbe amata di meno.
E lei non meritava d'essere amata perché lo aveva cercato, lo aveva atteso…
Però c'era che André Grandier li aveva veduti entrambi a Parigi, il Conte Hans Axel von Fersen e il Tenente Victor Clement de Girodel.
Fersen era un libertino…
Anche lui avrebbe potuto essere il padre di Victoire.
Un destino triste, un uomo che non ha occhi che per la donna più bella di Francia, un uomo amato da una donna come Oscar François de Jarjayes, che lui non aveva e non avrebbe mai scorto, un uomo che aveva avuto pregio di posare gli occhi sulla pelle nuda di una donna che aveva accettato di spogliarsi della sua uniforme, per lasciarsi accogliere e scrutare dagli occhi di un uomo che non l'avrebbe mai veduta per chi lei realmente era, ma solo per via della dannata stoffa che indossava…
Oscar aveva amato il Conte Hans Axel von Fersen.
Perché rischiare di distruggere quell'Amore che in fondo, a suo modo, era stato puro, libero…
Ormai Amalie Jenevieux non c'era più.
Il padre di Victoire Jenevieux era André Grandier.
Nessun altro voleva essere destinatario di quella scelta.
E non avrebbe avuto alcun senso calare su Oscar François de Jarjayes il dubbio che il padre avrebbe potuto essere un altro, chiunque egli fosse stato.
"Non deve sapere la verità!".
Quale verità?
Nemmeno tu sai qual è la verità?
A che servirebbe ormai conoscerla?
André ammise che mantenere lo scenario gli avrebbe fatto comodo.
Allontanare Oscar da sé era ciò che più gli premeva.
E rimettere nelle mani e nella facoltà di un altro uomo l'impegno di salvarla dalla ridicola caduta nel baratro d'un amore clandestino e per di più miserevole per via del rango inferiore, sarebbe stato inevitabile.
Se Oscar avesse saputo che lui non era il padre di Victoire…
Se Oscar avesse saputo che lui si era offerto d'esserlo per non lasciare sola Amalie Jenevieux…
Se Oscar avesse compreso che il padre di quella mocciosa poteva essere il Conte di Fersen, ma nessuno l'avrebbe mai potuto accertare, e nel dubbio ciò avrebbe danneggiato il conte, e dipinto lui stesso, André, come un uomo vendicativo, capace di usare la libertà dell'altro come appiglio per screditare l'uomo e l'amante della regina…
Se Oscar avesse compreso che il padre di Victoire avrebbe potuto essere Victor Girodel, lei stessa non si sarebbe mai più fidata d'un uomo del genere…
Se Oscar avesse compreso tutto questo, avrebbe finito col disprezzare se stessa che si era innamorata di Fersen e si era fidata di Girodel.
Struggeva la dicotomia di pensieri…
L'amava e la voleva lontano da sé…
Perché?
Perché era un plebeo?
Perché lei meritava una vita diversa?
Perché quella dannata libertà che avevano vissuto sulla pelle, nelle notti bianche d'inverno, sarebbe diventata una condanna implacabile, entro le zozze strade di Parigi?
L'aveva disonorata, l'aveva usata, l'aveva tenuta prigioniera…
Le aveva impedito di scegliere…
Aveva rubato la sua libertà.
Stava fuggendo di nuovo.
Lei non l'avrebbe mai perdonato.
Era questo che voleva André Grandier. Che la loro Storia tornasse ad essere quella che doveva essere.
"Dato che vi ho invitato a pensare bene se vorrete davvero distruggere la sua vita…credo che non convenga a nessuno continuare a disquisire sulla mocciosa" – convenne Girodel – "Non conosco la sua sorte. Dovremmo tutti dimenticarci di lei. Per il suo stesso bene, e per quello di Mademoiselle Oscar".
André tacque, nella testa rimbombavano parole e ordini, tessiture di disprezzo e convenienza.
"Se davvero tenete a lei, dovreste continuare a essere il padre di Victoire" – disse Girodel freddo – "In fondo…nessuno potrebbe affermare il contrario. Nessuno avrà mai a che patire da una verità che già si conosce, più che da una verità sconosciuta. E il dubbio resta sempre il peggior consigliere di una scelta. In fondo…ciò che sappiamo vi fa onore e voi siete il più adatto a sostenere quel ruolo. Non ci perdereste neppure voi!".
"Basta!" – André tentò di mandare giù il nodo che chiudeva la gola.
Non ci teneva a discolparsi d'una paternità dubbia, quanto avrebbe voluto che chi aveva usato la povera Amalie Jenevieux si fosse assunto la responsabilità che gli era propria.
I pugni stretti…
L'ultima domanda…
"L'uomo indiano…" – sussurrò André…
"Quello?".
"Lui non c'entra".
"Non spetta a voi stabilirlo. Lua mi ha detto che siete stato voi a mandarlo a New York".
Sprofondava lo scenario, sempre di più…
"E poi…quello era a Northampton…".
"Vi ho detto che non c'entra".
"A Northampton…sono esplosi i magazzini della polvere da sparo. Quell'uomo non è francese, dunque non ho alcun potere su di lui. Saranno questi americani a decidere. Domani verrà riportato indietro".
Tremò il sangue…
Si ritrovò da solo…
La stanza era vuota…
Un'altra decisione da prendere.
Se era libero…
§§§
Vai ora! Come vedi non sono riuscito nel mio intento…quella gente è morta. Tu li hai portati là dentro!
Tu li hai portati là dentro!
Un respiro fondo mentre ascoltava il respiro muto del bambino che dormiva.
La presenza innocente tagliava i pensieri, imponeva di restare lucidi.
Si era saputo che al villaggio indiano erano stati trucidati tutti. Anche neonati come Yas.
Sua madre gli aveva salvato la vita gettandolo nelle braccia di Oscar François de Jarjayes.
Quel bambino era una sorta di appiglio alla libertà, alla vittoria della vita sulla morte.
Un tocco alla porta…
Le fila del destino erano divenute legacci troppo stretti e soprattutto…
Inutili.
Quando il legame è stretto ci si illude ch'esso sia così stretto che nulla potrà mai reciderlo.
Un legame stretto soffoca ma al tempo stesso infonde la sicurezza che nulla potrà reciderlo.
Quando improvvisamente quel legame si sfila, slacciando la sua presa, la libertà diviene smarrimento, soffocante muro d'acqua in cui a poco a poco si finisce per annegare.
L'istinto allora impone di respirare…
Così come si è tanto amato…
Così l'istinto di vivere impone di continuare ad amare per sempre.
"Vieni avanti…" – disse piano Oscar alla vista di Lua ch'era entrata, la porta chiusa alle spalle e adesso stava lì, muta, gli occhi sgranati non tanto alla vista di ciò che c'era nella stanza, quanto al baratro in cui era caduta.
Non aveva mai sperato che Victor Girodel l'avrebbe amata.
Ma nemmeno s'immaginava d'essere respinta, una volta, due volte, per sempre.
Aveva offerto tutto…
E quel tutto era niente! L'ennesimo rifiuto l'aveva ricacciata indietro, al suo essere nessuno.
"Come stai?" – chiese Oscar alzandosi, andandole incontro.
Avrebbe dovuto temerla.
In realtà le parve d'essere come l'altra, smarrita e svuotata, instupidita dal rifiuto di André.
Si può amare così tanto da rifuggire Amore per il Bene dell'altro?
"Che ne sarà di questo bambino?" – chiese Lua stancamente, come fosse morta un'altra volta, l'ennesima, e di nuovo, un'altra volta, fosse risorta – "E di Yellow Jacket?".
Lo sguardo di Jacket, le dita ch'erano scorse sul suo viso.
Le era accaduto di pensarci, le aveva ascoltate su di sé e per la prima volta aveva udito la libertà di amare e lasciarsi amare.
Aveva ascoltato il richiamo feroce e struggente di un amore respinto che si piega e ondeggia sotto la furia della tempesta.
E quando anche quell'amore fosse stato sconfitto e distrutto e quando anche lei fosse stata libera di rifiutare l'Indiano Yellow Jacket, lui avrebbe continuato ad amarla.
Tenacemente…
Quell'amore così assurdo le aveva fatto rabbia.
La stessa che provava verso il proprio amore per Victor Girodel.
Lua Pietra Incandescente non voleva essere salvata da nessuno. Non voleva dipendere dall'esistenza di qualcun altro.
Era libera…
Ma voleva che Jacket si salvasse
Una specie di punto d'orgoglio…
L'ultima salvezza…
"Non lo so" – ammise Oscar – "E' davvero piccolo. Quanto a Jacket…credo lo ritengano responsabile dell'assalto ai magazzini di polvere da sparo, a Northampton. Potrebbe essere consegnato agli ufficiali americani".
Un passo…
Il loro mondo sarebbe andato in rovina…
Il loro mondo sarebbe divenuto uno scorcio squallido d'un passato di antica gloria, un fazzoletto di terra ove sarebbero sopravvissuti nella superstizione e nell'odore delle malattie e dell'alcool propinato dai nuovi coloni.
Ma più su, a nord…
Ancora più a nord…
Nella Nuova Francia…
"Lasciatemi…lasciatemi prendermi cura di lui. Nova era come una sorella per me…" – sussurrò piano Lua – "E Isi…Isi mi ha salvato la vita…".
Oscar rimase in silenzio.
Rammentò lo scenario che aveva scorto, poco prima di avventurarsi verso lo schieramento avversario.
Lua era laggiù, lo sguardo via via sconvolto nell'apprendere che lei sarebbe stata rimandata indietro, al villaggio indiano.
Da quando l'aveva conosciuta, non aveva fatto altro che restare nell'ombra dei passi di Victor Girodel.
Il repentino mutamento segnava una cesura oppure era l'ennesima sfida.
"Mi è stato detto che i coloni americani sono giunti al villaggio anche grazie alle tue indicazioni…quella gente è morta…" – abbozzò Oscar con la ferocia della disperazione, ch'era la stessa calata addosso a lei.
Rivelare la chiosa fatale…
Lua aveva condotto i coloni americani al villaggio.
Per mettere in pericolo la vita di colei che adesso l'indiana diceva essere stata come una sorella?
Ma quel villaggio era il predestinato, perché lì c'era lei, perché da lì s'era dipanata la ricerca del Colonnello Oscar François de Jarjayes.
Lua aveva semplicemente accelerato i tempi.
Lua si era mossa entro la feroce ricerca del proprio bene, della propria felicità.
Lua voleva Victor Girodel e se non avesse avuto lui, gli avrebbe dato ciò che lui stava cercando…
Un disertore e un ufficiale francese prigioniero del primo.
Una visione distorta ma coerente…
O forse…
Forse Lua avrebbe condotto Victor Girodel sullo stesso baratro ove lui l'aveva condotta.
Il vuoto generato da un amore che non c'è, quando il proprio per l'altro non basta più, quando non c'è più pace alla visione di sé senza l'altro.
Mandò giù Oscar, ingoiando le accuse.
"Non mi credete?" – Lua avanzò d'un passo, lo sguardo quasi perduto, fisso avanti a sé, come rapito dalla visione della sconfitta.
"Non lo so".
"Vi capisco…ho tentato di uccidervi".
"Tu ami Victor Girodel. L'incoerenza dei tuoi gesti ha comunque una sua coerenza, per quanto atroce e ingiusta. Ma non credo che saresti davvero capace di fare del male a qualcuno".
Un sorriso quasi infernale increspò la bocca di Lua Pietra Incandescente - "Voi credete che gli uomini e le donne siano portati naturalmente al bene. Anche Monsieur Benjamin Franklin credeva fosse così. Io non credo che esista il bene e nemmeno il male. Io ho fatto ciò che era meglio per me".
"Dunque per te esiste l'egoismo, unica strada per orientare i tuoi gesti! Come potrei credere allora che il destino di questo bambino ti consentirà di soddisfare il tuo egoismo!?".
"Perché voglio salvarlo! Perché adesso il mio egoismo vuole così. E' sbagliato? In fondo anche per egoismo si può fare il bene…".
"E Victor?".
"Lo lascio a voi".
"Non lo ami più?".
"Victor rivivrà ciò che io ho vissuto per lui".
Sussultò Oscar - "Stai parlando di nuovo…".
"In maniera egoista! Lo so! Credevo che Victor mi avrebbe amato. Ma non posso costringerlo. Mai lui mi degnerà d'un solo sguardo così come guarda voi! Ebbene, voi amate un altro uomo. E la peggior condanna di Victor sarà amare una donna come voi".
Il respiro s'arrestò…
Oscar rivide se stessa…
Amava André Grandier…
"Anche così si uccide un uomo!" – sibilò Lua.
La visione eruppe squarciando il velo, rompendo di nuovo la geometria di storie già scritte.
"Come farai?".
"Con lui, Jacket, se lo lascerete libero, se mi aiuterete a farlo fuggire…me ne andrò con lui".
Se lei non fosse stata Oscar François de Jarjayes…
Se lei fosse stata una donna qualunque…
Forse avrebbe fatto lo stesso.
"Tu…vorresti…andartene con Jacket?" – domandò Oscar, forse l'aveva già intuito, ma le pareva di avere fame adesso e sete e desiderio di veder scintillare un barlume di luce nell'immane e tragico gorgo.
Lua fece un passo, superò l'altra, si sedette accanto al neonato.
Gli accarezzò la guancia, l'indice lisciò la pelle ambrata e morbida e paffuta.
Quello ebbe un brivido, fu lì lì per svegliarsi sussultando.
L'altra iniziò a intonare una melodia lenta e lieve, bassa e ritmata, una specie di ninna nanna dalle parole incomprensibili.
Yas cacciò uno sbadiglio e proseguì nel suo sonno.
"Che ne sarà di questo bambino?" – gli occhi asciutti e duri – "Quando voi ve ne andrete? Con chi crescerà? Nessuno potrà raccontargli di sua madre e di suo padre. Nemmeno voi potrete farlo perché voi non siete indiana, siate francese. E Isi e Nova…non li conoscevate bene. Lui non sopravvivrà in una di quelle città piene di gente, grida, fumo, polvere. Yellow Jacket mi aiuterà".
Oscar ascoltò la supplica, lo scenario eruppe ineccepibile. Scelte ce n'erano poche. Avrebbe dovuto rischiare.
"Va bene" – ammise, senza nemmeno sapere come avrebbe fatto – "Per questa notte resta qui…domani…".
"Non c'è molto tempo…" – continuò l'altra – "Ho saputo che Jacket verrà portato via domani".
Lo sguardo si sgranò all'ammissione feroce. Victor l'avrebbe voluta con sé, Lua l'aveva rifiutato.
Non spiegò dunque come lo sapeva, ma Lua sapeva che quella era l'ultima notte di una nuova primavera.
§§§
Non pareva esserci più neppure rabbia.
Non ne aveva mai avuta nei suoi confronti, eppure forse era stata davvero la rabbia a spingerlo a partire.
L'amava allora e l'amava adesso, e nonostante il tempo trascorso tutto era immutato, se non addirittura ingigantito dal sussulto dei muscoli, dall'avanzare lieve e intenso e fondo dei brevi respiri della resa.
L'aveva toccata fin nell'anima…
L'aveva toccata forse, fino nel fondo della coscienza.
Avrebbe mai potuto onorare quell'amore?
Amandola e basta?
Lo scenario era terribile.
Era un disertore, era accusato di essere un ladro.
Era e sarebbe stato sempre un plebeo.
L'amava…
Sarebbe bastato amarla?
Era solo quello che avrebbe potuto offrirle?
La scorse mentre s'aggirava per i corridoi giù, al fondo dell'enorme edificio che fungeva da caserma, ricovero di animali e polvere da sparo, stazione di posta e rifugio di quelli che non avevano ove stare e attendere e vivere, in quel paese ed erano lì solo per far la guerra agli inglesi.
La vide venirgli incontro, che solo un'ora prima lui stesso l'aveva rifiutata e respinta e spinta via.
Difficile immaginare che Oscar François de Jarjayes si sarebbe fatta ricacciare indietro, quell'orgoglio forse solo scalfitto dallo smarrimento indotto da parole feroci, ma pure al momento accantonato, messo da parte, forse proprio le parole così tese e rozze avrebbero indotto l'altra a non arrendersi e a chiedere conto di ciò che erano diventati, di ciò che avevano vissuto.
Nella penombra appena illuminata da una torcia a muro, André Grandier scorse il viso di Oscar François de Jarjayes e per quanto la volesse lontano da sé, si ritrovò smarrito e sconvolto mentre la osservava e le parole morivano in gola.
Oscar François de Jarjayes non avrebbe mai dovuto sapere nulla.
Lo scorse anche lei, il primo sguardo fu di stupore nel trovarlo fuori dalla cella.
E poi disprezzo misto a rabbia.
Il rifiuto che André aveva opposto non l'avrebbe accettato, non sarebbe stato più possibile.
Feriva il distacco…
Nemmeno sapeva perché lui era lì, fuori…
Risorse quel dannato orgoglio, solo che questa volta era uno strano miscuglio d'istinto e possesso, rivalsa e nostalgia.
Oscar François de Jarjayes temeva di tornare a essere ciò che era sempre stata.
Ossia solo e soltanto Oscar François de Jarjayes.
Oscar François d Jarjayes temeva che André Grandier non avrebbe avuto abbastanza disprezzo contro di lei per…
Amarla…
Non avrebbe mai rischiato di infangare il suo nome.
D'istinto, senza aprir bocca, lo spinse indietro, nell'ombra scura, lontana dalla torcia.
Vai ora! Come vedi non sono riuscito nel mio intento…quella gente è morta. Tu li hai portati là dentro!
Tu li hai portati là dentro!
Rimbombavano le parole, la verità atroce del suo errore, il peso enorme della sconfitta…
Porvi rimedio non avrebbe mai cancellato nulla. Il disprezzo salì nauseante…
André…
Di nuovo lo cercò con gli occhi.
Lo vide, appoggiato al muro della scuderia, braccia consente, aria severa, in attesa, come al solito.
Aggrappato alla vita di lei, ai suoi ordini, alle sue balzane pensate.
Stavolta i passi la portarono ad avvicinarsi.
Non udiva rumori, nessun rimestare di ferri o nitriti di cavalli o grida di fabbri od inservienti…
Nessun andirivieni nonostante fosse quasi il tramonto.
Luce lilla ammantava le cime dei pioppi poco più in là, le betulle agitavano al vento le tenere foglie, le fontane zampillavano esigui getti, le condotte chiuse dal mastro fontaniere, in previsione della notte.
Il mastro fontaniere…
Chissà se ci aveva parlato lo strano scienziato…
Perle liquide schizzate sul selciato di mattoni rossi, asciugate dal calore della pietra e dissolte in un istante.
Le dita si strinsero attorno al bavero della giacca dell'altro…
André aprì gli occhi e la guardò severo. Era ad un pollice da lei ma lei non sentiva nessun odore di sapone, nulla…
Intravide disprezzo, quello sì, lo stesso disprezzo che lui le aveva riservato nella scuderia.
Salì il proprio sprezzante intento di cavargli dalla faccia quell'espressione…
Il tempo di sporgersi e catturare le labbra…
Il tempo di scorrere alla nuca e tenere lì la testa, mentre il corpo, senza peso, s'adagiava su quello di lui, attirato dalla presa, tenuto fermo dal bacio…
No, stavolta era tutto vero…
Le mani scorsero al viso, afferrarono la testa, la bocca s'aprì alla bocca, come non avesse desiderato altro, come fosse lì, solo lì, in quell'incontro nervoso e freddo, che lei sentiva di ritrovare il lucido sprezzo per amarlo e continuare ad amare se stessa, innamorata di lui.
Il bacio l'avvolse, André si lasciò guidare dallo struggimento, mentre le mani si piantavano alle spalle di lei, stringendole, provando a ricacciarla indietro.
Follia insensata d'un amore senza speranza…
Per qualche istante si ritrovò a combattere contro di lei, perduto entro il respiro sublime, entro la bocca amata e ora conosciuta…
Per qualche istante, ebbro dell'acuto sentore, cedette, il cuore rimbombava nel petto, allargando la vibrazione veloce alle viscere, al sesso…
Il respiro appassì piano piano…
"Sei uscito" – appena sussurrato – "Sei…".
"Sono libero…".
"Libero?".
André si morse il labbro.
Era libero…
E non lo era affatto.
"Non c'è tempo!" – digrignò sprezzante, avaro di spiegazioni.
Non c'era tempo davvero…
"Devo liberare Jacket" – un sussurro – "Con lui non saranno così magnanimi".
Mentiva e al tempo stesso diceva la verità.
La magnanimità non era contemplata per nessuno.
Lo sguardo folle corse allo scenario, Oscar si staccò, mentre lo guardava, forzando se stessa ad allontanarsi così da non restare invischiata nel respiro dell'altro.
"Lua…" – disse piano, senza guardare l'altro, le mani appoggiate al petto, il rimbombo opaco del cuore sotto i palmi – "Vuole portare via il bambino. Ha detto che lo farà assieme a Jacket, così si salveranno entrambi".
André rimase in silenzio, ad ascoltare…
"Voglio crederle…" – ammise Oscar, come a convincere se stessa, piuttosto che l'altro.
"Quella giovane…non ha esitato a colpirti…voleva ucciderti".
"Non ho certezze. Ma so che non potrò portare con me quel bambino. E' troppo piccolo. Ma non voglio nemmeno lasciarlo con chi non sa nulla di lui. Lua lo conosce…e…".
"Anche Yellow Jacket" – ammise André intuendo dove voleva condurlo l'altra – "Lui era legato a Isi e a Nova".
"Non abbiamo tempo per comprendere se possiamo fidarci" – concluse Oscar – "Di certo l'indiano farà di tutto per portare in salvo quel bambino e Lua…lei…".
"Va' a prenderla".
"André…".
"Va' a prenderla! Io porterò fuori Jacket".
"Ma…".
"Vai…il disertore sono io! E sono un ladro e un donnaiolo e…tanto vale andare fino in fondo!".
"Smettila! Perché vuoi rischiare?".
L'altro si voltò un istante…
Avrebbe voluto abbracciarla…
Le dita rimasero ferme, il senso di nausea indotto dalla mancanza di coraggio frustò le viscere…
Si scostò.
Il mondo precipitava a poco a poco. Nulla di tragico, nulla d'irreparabile.
Semplicemente i destini andavano via via distanziandosi.
Tanto valeva giungere alla fine di quel tempo, il più presto possibile.
§§§
Faceva ancora freddo.
Il bambino dormiva beato.
Fu costretta a svegliarlo.
Assurdo…
La balia richiamata in fretta, gli occhi un poco assonnati, si mise ad allattarlo, calma, quasi addormentandosi sul piccolo.
Faceva ancora freddo.
Dante Renard s'era appisolato su una panca, nel fondo scuro dell'ultimo magazzino ch'era stato adibito a cella.
Un'altra cella, un altro scorcio freddo che racchiudeva un'anima abbandonata a se stessa.
André Grandier conosceva quello ch'era stato il compagno di viaggio di un tempo.
Quel tempo era finito…
E tempo non ce n'era più.
André Grandier era un disertore.
Aveva tenuto in ostaggio un ufficiale della Guardia Reale del Re di Francia.
Aveva detto che non avrebbe mai più giurato fedeltà a un re, al suo re.
E forse…
La lama scorse lucida, avvicinandosi alla faccia di Dante.
André attese e l'altro, anche se dormiva, si rese conto di non essere più solo.
Gli occhi si sgranarono un poco per volta, prima alla vista del coltello e poi ancora di più nello scorgere quello che l'impugnava, a pochi pollici dal viso.
"Che diavolo…" – balbettò Dante – "Ma non smetti mai d'andarti a cercare rogne?!"
"Apri la porta della cella".
"Sapevo che eri diverso da noi…" – sibilò Dante sollevandosi – "Ma non certo idiota fino a questo punto!".
"Non devi preoccuparti" – rimarcò André – "Non sia mai che tu abbia a rimetterci".
"Che vorresti fare?".
Un respiro fondo - "Liberare una persona che non merita di stare là dentro e di finire i suoi giorni come la gente che è stata ammazzata. Non lo pensi anche tu?".
Dante Renard si diede del pazzo, che lo pensava anche lui, ma se avesse eseguito quella richiesta...
"Vi prenderanno!" – obiettò senza coraggio.
"Apri quella porta!".
"Dammi un pugno!" – ghignò Dante, lucido e folle al tempo stesso.
"Che…".
"Senti…non voglio che qualcuno pensi che ho lasciato andare l'indiano!".
"Preferisci che pensino che sono stato più sveglio di te?!".
"Vai al diavolo André Grandier! O cambio idea…".
Il pugno corse a sfidare la mascella del soldato…
Il tonfo del corpo schiantato contro la parete…
"Dannazione!" – imprecò Dante, mentre lanciava la chiave della cella al soldato disertore e si rialzava massaggiandosi la faccia.
Faceva ancora freddo.
Yellow Jacket era stranito, quasi incredulo mentre osservava il soldato che l'aveva tenuto in scacco sino ad allora, ritto in piedi, immobile, avanti a sé.
"Che sta accadendo?" – chiese Jacket, il fiato sospeso…
"Devi andartene!" – digrignò André, la rabbia scorreva nelle vene, mescolata al terrore che tutto sarebbe stato inutile, senza senso.
Il cuore era solo, la pallida eco del battito dell'altro cuore risuonava via via sempre più lontano, mentre il proprio correva veloce, quasi si sarebbe udito, al passaggio delle ombre fuggiasche.
Eppure tutto aveva un senso di fronte allo scenario di un altro uomo, anche un solo uomo, rinchiuso in una cella, scrutato come un animale, impiccato o chissà scalpato per via del suo nome, per via di quell'assurdo onore macchiato che vantava d'essere la ragione di tante vendette.
I passi rincorsero il buio crescente.
Il chiarore della torcia ondeggiò sospinto dalle ombre dei corpi appiattiti contro il muro sbrecciato.
Oscar scorse André…
Il corpo istintivamente si ritrasse a pararsi davanti a quello di Lua e del neonato, ch'era sveglio ma inspiegabilmente calmo, come se gli occhi fossero fissi a rincorrere le mille piccolissime luci che scivolavano mute su, sulla volta nera e fonda.
Il pigolio sommesso della vocetta…
Jacket, l'indiano Yellow Jacket, da sempre impassibile, inevitabilmente freddo della posa greve indotta dalla paura e dalla certezza che il suo mondo, la sua legge, la sua terra e la sua gente fossero ormai irrimediabilmente perdute, sussultò, tremò quasi, alla vista di Lua che teneva in braccio il bambino.
Lua guardò l'altro, lo sguardo altrettanto scuro e severo, fondo, come stesse implorando solo con la mente, di perdonarla e di accettarla così com'era, anche se lei non l'avrebbe mai amato e l'altro non avrebbe avuto alcuna speranza.
Oscar si fermò un istante…
André la guardò di nuovo…
Poche parole…
"Torna indietro! Li accompagno io!".
"No!" – a muso duro.
"Nessuno crederà che ti ho costretto! Ancora!" – sibilò André, come in preda alla follia – "Sei un soldato del re di Francia…".
"Bada!" – rimbeccò l'altra – "Non c'è tempo da perdere. Ti seguirò. Non m'importa chi sono in questo momento…loro devono salvarsi! Almeno loro! E se resterò con voi almeno non ci attaccheranno".
Sarebbe durato chissà quanto lo scontro verbale, mentre le dita parevano percorse da mille spine acuminate.
Il trambusto crebbe…
Sparute luci presero a illuminare le finestre, i chiarori a rincorrersi mentre il vociare dava conto che la fuga era stata scoperta.
Dante non li aveva traditi ma forse altri erano stati messi in allerta.
"Via!".
I cavalli sellati in fretta…
Quattro…
Portati via dalla scuderia, mentre il piantone finiva a terra con un solo pugno in faccia.
Roma s'era infilata il pastrano. Era corsa giù, fuori dall'edificio che la ospitava assieme all'indiana e all'ufficiale.
Si ritrovò appoggiata al muro, in silenzio, la giovane balia che scrutava il buio.
"Perché siete qui?" – l'apostrofò stupita.
"Il bambino aveva fame" – ammise l'altra fredda.
"Il bambino…a quest'ora? Non c'è nessuno di sopra".
"Il bambino aveva fame…deve tornare alla sua terra…spero riuscirà a essere libero…" – disse piano la giovane indiana avviandosi verso il sentiero che riconduceva al suo villaggio.
Roma tremò.
Non era possibile…
Era buio…
Faceva ancora freddo.
Il firmamento di stelle imperlava i respiri veloci, mentre i cavalli procedevano silenziosi lungo la strada che conduceva al fiume.
Inutile affannarsi a lanciare gli animali al galoppo. Sarebbe stato pericoloso. Meglio scomparire, inghiottiti dalle mille strade che s'inoltravano nella boscaglia.
"Come faremo domani?" – chiese Oscar, come sospesa…
"C'è un villaggio sotto la protezione degli inglesi. Non sono tutti ostili agli indiani. E' poco distante da qui. Se riusciremo a raggiungerlo…il bambino potrà sfamarsi" – pianificò Jacket mentre osservava la giovane indiana cavalcare ritta, il bambino saldamente fasciato al corpo – "Resteremo lo stretto necessario e poi proseguiremo da soli. Voi dovete tornare indietro".
André negò.
"Non possiamo lasciarvi da soli" – si unì Oscar.
"Viaggeremo attraverso un sentiero indiano. Non è conosciuto dai coloni…ci condurrà nella Nuova Francia" – tentò di contestare Jacket – "Ci vorranno sei giorni…".
"Allora resteremo con voi finché non saremo tutti abbastanza lontani" – bassa, senza appello – "Poi torneremo indietro".
Che lo sapevano d'essere bersaglio e salvezza al tempo stesso…
Che l'imprecazione sgusciò rabbiosa mentre gli occhi osservavano il buio fondo della notte.
Faceva ancora freddo.
Victor Girodel aveva dato ordine di cercare il soldato disertore che aveva fatto fuggire l'indiano.
Quanto a Oscar François de Jarjayes…
Se Victor Girodel aveva avuto qualche dubbio sul fatto che lei non fosse stata davvero prigioniera di André Grandier…
Ora aveva certezza di quanto aveva sempre saputo.
André Grandier aveva commesso un errore. L'ennesimo…
Aveva rinunciato alla sua libertà e di nuovo s'era preso la libertà di Oscar François de Jarjayes.
Un ladro di libertà…
§§§
L'alba giunse ad ammantare i quattro cavalieri che viaggiavano lenti e cauti, in fila, lungo il crinale di una collina, dopo essere risaliti dal greto del fiume.
Il cuore era calmo.
Il moccioso sbadigliava e cominciava ad agitarsi.
Il cuore tremò…
L'alba zozza d'una giornata infernale…
Chissà se la eco della fuga s'era sparsa come un incendio che non lascia tregua, correndo lungo le polverose e bianche strade costruite dai coloni, oppure era penetrata silenziosa lungo le valli, attraverso i sentieri nascosti, appena incisi nella coltre di foglie morte e solo qualche ramo sapientemente spezzato a indicare la via…
André strattonò le redini.
Lo sguardo fisso avanti a sé, poi su, verso il cielo, mentre il rimbombo d'un crescendo di cavalli al galoppo s'insinuava feroce lungo le vene, come se tutto fosse perduto, come se lui fosse stato ricacciato indietro, allo scenario terribile del villaggio incendiato.
Lua scese da cavallo, slacciò la lunga fascia che legava a sé il bambino, quello batté le palpebre, accennando ad una sorta di sorriso, una lieve increspatura della bocca, felice di vedere un volto, insicuro s'esso fosse amico oppure…
La giovane indiana baciò il bambino sulla fronte.
Un bacio lungo, come se le labbra volessero assaggiare l'odore latteo della pelle, il sentore dell'innocenza, il battito fondo della vita.
"Sono stanca…" – sussurrò lieve – "Tieni tu il bambino".
Jacket si sorprese ma non s'oppose alla richiesta. Si caricò il fagotto, fasciando il neonato contro il petto, così da proteggerlo, così che il battito del proprio cuore avrebbe calmato quello dell'altro.
Lua risalì a cavallo…
Oscar la seguì con lo sguardo, poco lontano una radura, l'ennesima, una specie di ferita insinuata nella terra e le cicatrici incise tra le pietre e gli arbusti, gli alberi tagliati e sradicati, forse per ottenere legna da ardere e sopravvivere al lungo inverno.
Il cuore corse…
Il cuore si perse mentre ascoltava il richiamo acuto della bestia che spuntava da ovest.
Guardò in alto, su, scorse il piccolo falco che radeva la cima degli alberi dirigendo il volo verso lo stesso spiazzo che stavano per raggiungere i cavalieri.
Le strida perforarono la coscienza.
André tremò colpito dal richiamo dell'animale, addestrato a riconoscere il pericolo.
Intuì che la bestia, chissà come, li aveva ritrovati.
Non era sola. Pur recava con sé la morte e la vita al tempo stesso.
Lo sguardo si colmò della sagoma dei miliziani che sbucavano dalla parte opposta della radura.
Quelli avevano seguito il falco…
Il falco aveva insegnato la strada agli avversari. O forse aveva guidato il sopravvissuto.
Correva il moccioso…
Come rinsavito dal magro sonno che si era concesso per riprendere fiato, Argo aveva scorto i cavalieri dietro a sé, così come la vista gli aveva riportato quelli che gli venivano incontro.
Aveva seguito il falco, gli aveva chiesto, muto, di condurlo fuori dall'Inferno, avvolto dalla disperazione d'essere sopravvissuto, il terrore inciso sulla pelle, il sangue a lordare le vesti stracciate.
Prese a correre alla vista di André e quello s'impietrì riconoscendolo, comprendendo ch'era davvero lui, che il bambino, un altro bambino, s'era salvato.
L'istante dopo ordinò di lanciare gli animali al galoppo e di seguire la via che rientrava nel bosco.
Oscar vide André scattare in avanti, sfuggire al controllo della coscienza, correre incontro al moccioso indiano che correva a sua volta per fuggire mentre gli occhi imploravano di non abbandonarlo, che lui aveva fatto di tutto per salvarsi e…
Alle spalle…
Fu Oscar a comprendere che i sentieri indiani non erano conosciuti soltanto dagli indiani.
Alle spalle sorgeva il galoppo concitato dei soldati…
Riconobbe le uniformi…
Riconobbe Girodel…
Comprese che doveva tornare indietro, fermare almeno i francesi, rimettersi nelle mani della sua antica vita, perché la libertà che aveva reclamato per sé non le spettava, non avrebbe avuto il diritto di viverla e tenerla stretta tra le dita.
L'aveva rubata alla sua propria Storia…
La vista spaziò rapida, il cavallo trattenuto con forza, le redini a imporre all'animale di tornare indietro.
André scorse il gesto, comprese che ormai, l'unico appiglio a cui aggrapparsi era impedire che gli indiani venissero ripresi.
Jacket e Lua potevano credere in un destino diverso.
Loro due invece sarebbero tornati alla vita di un tempo, ricacciati dentro il loro destino.
Scie contrapposte s'incunearono a disegnare una sorta d'infernale vortice.
I miliziani presero a sparare contro quelli ch'erano ancora al centro della radura…
Girodel diede l'ordine di fare altrettanto…
La destra alzata…
Riconobbe il volto dell'altra…
Fiammeggiarono gli occhi mentre Oscar arrestava il cavallo, le braccia larghe a impedire che quelli sparassero…
Il cielo plumbeo insinuava pioggia…
"Fermati!" - gridò parandosi di traverso contro l'avanzata dei francesi.
"Togliti di mezzo!" – gridò Girodel beffato dall'orgoglio sfrontato di Oscar François de Jarjayes ed ancor più furioso che l'altra si fosse lasciati irretire dall'ennesima promessa di libertà – "Stai proteggendo un disertore".
"Non fuggiremo!" – come a tentare d'ammansire la rabbia, come a disprezzare la mancanza di fiducia di Girodel in ciò che era lei, in ciò ch'era sempre stata.
Un soldato.
Che però quel soldato veniva meno a se stesso e al giuramento di fedeltà che aveva composto indossando l'uniforme.
Non l'aveva sulle spalle in quel momento eppure…
"Sì…" - blaterò Marcel, la baionetta spianata contro il damerino – "Ma chi si crede di essere?! Questa crede di fare quello che vuole?".
"E' sempre un ufficiale!" – ribatté Alain, la baionetta puntata contro la donna che li squadrava, tutti, come fosse stata davvero un comandante ribelle.
Se quel dannato Girodel gliel'avesse ordinato…
Con che coraggio le avrebbero sparato?
Victor sgranò lo sguardo.
Intuì che il vortice alle spalle assumeva le fattezze mostruose d'una specie di tempesta…
Entro flutti di polvere e zolle sollevate dal calpestio degli zoccoli, Argo venne raggiunto.
Quasi gli cadde addosso André, mentre scendeva di colpo da cavallo, s'appiattiva a terra, il bambino sotto di sé, a proteggerlo dai colpi che schizzavano sulla terra arida, nessun riparo, solo sterpaglie secche, sontuosi arbusti di menta e erbe selvatiche, a ostruire la mira degli avversari e appesantire l'aria dell'incedere arrogante della primavera.
Sentori di malva e camomilla abbracciati all'acuto e struggente tanfo della polvere da sparo…
Yellow Jacket si voltò a cercare Lua, gli occhi corsero a scorrere all'orrido scenario.
Oscar respirò piano, fissando Girodel - "Vattene!" – gridò, mentre riprendeva le redini e sferzava il cavallo a tornare indietro.
"Caz…" – sputò Dante quasi senza parole – "Quella sì che sa parlare!".
Girodel fulminò i soldati mentre ordinava di mantenere le baionette spianate e stavolta…
Mirare ai miliziani!
Implicito l'ordine a proteggere il damerino…
Un colpo alle reni per lanciarsi all'inseguimento…
"Tse!" – biascicò Marcel – "Tutto per difendere quei musi rossi!".
"Pensa…" – s'avvicinò Gustav Dumas – "Pensa se quella fosse il nostro comandante! E se tutto questo lo facesse per difendere i francesi!?".
"Non dire idiozie!" – sputò Marcel stranito.
Alain Soisson fissò lo scenario mentre il sangue s'illiquidiva…
Non c'era una ragione al mondo perché quella donna si fosse gettata allo sbaraglio per difendere tre dannati pellerossa.
Quelli non erano nessuno, men che meno per una ch'era nobile…
Eppure…
Yellow Jacket cercò Lua, non era più dietro di sé. Comprese perché gli aveva chiesto di tenere il bambino.
André si rialzò tentando d'indietreggiare. Vide Oscar arrivargli incontro…
Il cuore quasi si spezzò mentre le pallottole sibilarono addosso, scorrendo sulla pelle, scontrandosi…
L'unico occhio agghiacciato dalla visione infernale…
Il cavallo trattenuto, la vide quasi trafitta, il corpo che crollava a terra…
Gridò Girodel, che i soldati presero a sparare contro i miliziani.
Prese a correre André, la raggiunse, lo sguardo incontrò gli occhi…
Un respiro…
Oscar trattenne il respiro mentre le dita premevano il fianco, tinte di rosso, di nuovo…
Rabbia soffiata assieme al terrore…
Lo sguardo di entrambi corse alla figuretta esile lanciata contro i dannati…
"No!" – che fu Girodel, alle spalle, a gridare mentre vedeva Lua lanciare il cavallo contro i soldati americani, le briglie abbandonate, il sangue e la carne incisi dal piombo che trapassava la vita.
André si strinse addosso Oscar, tentò di comprendere s'era ancora viva…
Argo muto li guardava entrambi…
Yellow Jacket arrestò il cavallo…
Solo un istante…
Lua moriva, le braccia spalancate contro il vento, il cuore trafitto dalle pallottole e da un amore mai vissuto…
Yellow Jacket sferzò il cavallo, scomparendo nel ventre della boscaglia, il bambino addosso come unica ragione di una vita che da quel momento sarebbe scorsa in solitudine.
André afferrò l'arma che Oscar portava alla cinta…
Attese, chiuse gli occhi…
Attese…
Alle spalle intuì che qualcuno si stava avvicinando…
Si voltò spianando l'arma…
I colpi, sovrapposti, sfilarono in aria…
Girodel sparò contro quello ch'era divenuto ormai l'avversario…
Il Tenente Colonnello Williamson si ritrovò sospinto all'indietro dal duplice colpo, inflitto all'unisono dalle due armi.
Lo sguardo sgranato, le orecchie ricolme degli spari che spazzavano la radura, le baionette dei francesi contro i miliziani…
"Maledetti!".
Un rantolo, il corpo s'afflosciò percorso dall'ultimo respiro…
Alain Soisson parimenti prese la mira, come volesse recidere l'assurdo legame, vendicarsi dell'affronto, lavare l'onta d'essere stato beffato più e più volte.
Il colpo scorse nell'aria…
La bestiola schizzò di lato, lo scarto sghembo e sgraziato del corpo piumato attinto, schiantato dal piombo…
Il falco rovinò a terra, ancora vivo, incapace di riprendere la via del cielo…
Victor Girodel non comprese.
Non comprese subito perché i passi forsennati lo portarono contro il corpo della giovane Lua, in ginocchio, le braccia a sollevare il peso lieve…
"Che…hai…fatto?" – chiese, inorridito, mentre il cuore implodeva, improvvisamente percorso dall'acuta visione dell'altra, dall'esistenza che scivolava entro lo sguardo bieco della morte.
Non l'amava, non l'aveva mai amata eppure…
Era stato ladro della sua libertà…
La voce debole…
La mano destra sgusciò per salire su, avvicinarsi al viso.
Victor Girodel rammentò quando l'aveva conosciuta.
Afferrò d'istinto la mano, stringendola, stavolta con inusitata dolcezza…
La mano rimase lì, chiusa nella presa, ferma.
Girodel assecondò il gesto, seguendolo…
Le dita s'appoggiarono al volto…
Le dita s'immersero nei capelli…
"Victor…" – il nome ripetuto, accarezzato…
Victor s'impietrì…
Non avrebbe avuto alcun senso domandare la ragione del gesto.
Lua schiuse le labbra…
"Dammi un bacio…" – chiese, un filo di voce, che lei non aveva rubato nulla, che l'altro rimase fermo e poi si chinò a baciare la bocca, assaggiando il sentore minerale del sangue.
Strinse a sé il corpo piccolo che moriva.
"Perché?" – domandò di nuovo ormai straziato, forse non a Lua ma a se stesso.
Domandava a se stesso perché non era stato capace di amare Lua.
Non l'aveva mai amata e non l'avrebbe amata mai e dunque si chiedeva perché non avrebbe potuto amarla ugualmente così da indurla a salvarsi.
Le aveva rubato la libertà…
Lua accarezzò i capelli, le dita tornarono a intrecciarsi a quelle dell'ufficiale.
"Perdonami…resterai solo…" – sussurrò mentre gli occhi si riempivano di lacrime – "Non avrai più accanto a te l'unica donna che ti amava e che ti avrebbe amato sempre".
Girodel s'irrigidì…
L'affondo feroce ammantato dell'impietosa verità…
"E non potrai mai avere l'unica donna che ami e che amerai sempre…ma che non ti amerà mai".
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