I seem to have attracted a troll reviewer, please just ignore them!

Bugiardo

Il rivolo di sudore scorse lungo il collo, la goccia scivolò giù, areandosi impercettibilmente per insinuarsi già fredda entro le pieghe della stoffa madida.

L'esile e umida corsa raffreddò il calore così da regalare un insperato sollievo.

Aprì gli occhi, lentamente, la luce abbagliava e feriva la coscienza, i muscoli come disgregati e stanchi, forse solo svogliati e distanti, entro l'insopportabile calura, unico effetto deleterio alla favorevole stagione necessaria a riguadagnare la via verso la costa e così salpare per la vecchia Europa, col favore del mare calmo e dei venti costanti.

Il rollio della nave instupidiva la mente.

Perché l'hai fatto?

La domanda a se stessa eruppe, di nuovo, com'era accaduto nelle settimane precedenti.

Non era sazia di ciò che aveva ascoltato amando André.

Anzi, per ogni giorno che l'amava, il dubbio pareva divorare la coscienza.

La follia dell'incredulità viaggiava di pari passo con il desiderio di sapere, come fosse stata una donna qualunque, d'un qualsiasi lignaggio, che fosse di profonda o modesta coscienza, che fosse martire o santa.

Non era gelosa…

Era…

Il viaggio di ritorno verso la costa era stato faticoso.

Rammentò l'istante in cui aveva riaperto gli occhi, nella radura…

Il volto di André su di sé.

L'odore della polvere da sparo nelle narici.

Una stupida ferita, un graffio di striscio, chissà per mano di chi, se dal fuoco dei miliziani oppure dai francesi.

Quelli, incarogniti come mai prima, erano rovinati addosso al disertore, per riprendersi il prigioniero, che oramai non le contavano più le volte che quello era stato capace di beffarli.

Lo sguardo era corso al corpo dell'altro, trascinato via a forza, nella terribile e struggente dicotomia d'averla rifiutata che poche ore prima, e nell'amarla lì, nell'incredulità di chi si ritrova davanti a un amore così grande da non riuscire a rigettarlo indietro e neppure a stringerselo addosso.

Strideva lo scenario…

Victor Girodel, pallido e quasi senza respiro, s'era rialzato da terra, abbandonando all'abbraccio freddo delle sterpaglie il corpo morto dell'indiana Lua Pietra Incandescente.

Non c'era più traccia di Yellow Jacket.

Aveva pregato Oscar che almeno lui fosse riuscito a fuggire, assieme al neonato indiano.

Un fremito del cuore, come se chiunque avesse avuto pregio di salvarsi in tutta quella storia, avrebbe portato con sé un pezzo di sé e della propria libertà ormai perduta.

Lei, ridiveniva Oscar François de Jarjayes.

Lui, ridiventava André Grandier.

Si era rimessa in piedi.

Argo, guidato da passi tremanti e piombati s'era parimenti rialzato, per raggiungere il piccolo falco precipitato giù, poco distante, il corpo disarmonico e sofferente, la vita appesa all'esile filo della follia.

Si era avvicinata anche lei, aveva raccolto la bestiola ferita, stringendo le ali così da chiuderle, evitare che quelle si spezzassero nella convulsa agitazione indotta dal dolore.

Aveva sollevato lo sguardo andando ai soldati ch'erano rimasti a osservarla, poco lontano.

Alain Soisson era rimasto freddo, seppure impercettibilmente disorientato, come colpito, dall'inusitata freddezza infuocata della donna che, muta, domandava il senso del gesto, la necessità di abbattere l'animale che nulla aveva fatto se non racchiudere nella sua esistenza la selvatica fierezza della fedeltà a un essere umano.

Oscar si sedette sul giaciglio, ricavato, di nuovo, nella cabina dell'imbarcazione ch'era ripartita dalle coste americane diretta a Brest, al comando di un altro ufficiale, che il Capitano Manoush Lemonde, quando era stato raggiunto dalla notizia che la consorte ribelle sarebbe tornata in Francia, s'era precipitato per riabbracciarla e fermarla, così da ripartire entrambi sulla stessa imbarcazione, ma quella non aveva sentito ragione, e sorniona e melliflua come una diabolica bestiola l'aveva convinto a restarsene in America, guadagnarsi la fama che meritava, che lei lo avrebbe atteso all'ennesimo rientro in patria.

Lo sguardo contrariato al mutamento inglorioso che si consumava sull'inusuale palcoscenico si perse nell'afa del giorno che moriva.

La giovane indiana era morta, al suo posto s'era fatto avanti un moccioso più piccolo, rabbioso e impaurito, che pareva avere occhi solo per un certo soldato disertore, mentre lo sguardo di Madame Alexandra Roma Lemonde, era invece inspiegabilmente sereno e sollevato, come se ogni filo d'un immaginario tessuto fosse al posto giusto, fissato e teso al telaio che tesseva il prezioso arazzo.

Il corpo doleva meno.

Nella testa picchiava l'assurdo epilogo, una sentenza già emessa.

Rammentò ancora, mentre si vestiva, chiudendo i lacci della camicia, scostando i capelli dalle spalle.

Il viaggio era iniziato già da svariate settimane…

Rammentò…

Non era più riuscita a scorgere André, non era più riuscita a parlargli.

Che lui la ritenesse colpevole della strage del villaggio indiano…

Vai ora! Come vedi non sono riuscito nel mio intento…quella gente è morta. Tu li hai portati là dentro!

Che lui la vedesse come disgraziata portatrice di un amore destinato a non vedere la luce, a non poter ricevere alcuna benedizione, perché posato sulla farneticazione d'essere contrario alle regole della società, ossia a ciò che essi stessi erano e avrebbero dovuto essere, prima ancora di essere un uomo e una donna…

Il torto di amarla…

Avvolto e distrutto dall'ultimo bacio…

S'era lasciato guidare…

Struggente…

Follia insensata d'un amore senza speranza…

Ma aveva intuito il combattimento…

Il respiro sospeso era appassito.

Avrebbe mai potuto essere davvero solo e soltanto una donna?

Scegliere di amare, quando…

Senza chiedersi continuamente perché e se fosse scelta giusta o sbagliata?

Chi era lei se non quella dannata uniforme che indossava da quando aveva quattordici anni?

Che amarsi così…

Non aveva più veduto André, in compenso s'era ritrovata ad accudire un moccioso indiano meno esigente d'un neonato ma alla pari disorientato e distrutto.

Argo era crollato a terra, solo dopo essersi accertato che il piccolo falco non sarebbe morto.

L'ala era stata steccata. Qualche giorno e sarebbe stato possibile sapere se la bestiola sarebbe tornata a volare.

Il cuore sospeso…

Se non ci fosse riuscita, Pur sarebbe morta.

Un falco che non può più volare…

Un'occhiata furiosa al soldato francese che aveva provato a ucciderlo.

Perché?

Faceva così paura la libertà?

Oscar aveva rammentato i sontuosi pavoni entro recinti dei giardini della Reggia di Versailles. Per impedire che fuggissero, erano state tagliate loro le ali e una zampa chiusa con un lungo laccio.

Com'era possibile immaginare un falco privato della libertà a quel modo…

Aveva discusso con Girodel…

Non aveva sentito ragioni…

Non avrebbe abbandonato Argo.

Il bambino aveva raccontato…

Era accaduto una notte, quando, finalmente, incapace di chiudere gli occhi fino a quel momento e quasi in allerta anche quando li chiudeva davvero…

Argo aveva raccontato com'era riuscito a salvarsi.

Aveva schivato di sbieco il colpo del tomahawk. I coloni americani usavano le stesse armi degli indiani per uccidere gli indiani.

Il sangue di un moccioso come lui, colpito qualche istante prima, era schizzato addosso, confondendosi con l'esiguo rivolo del colpo appena ricevuto.

Il racconto era proseguito.

Oscar, alla luce fioca della candela, sola, assieme al bambino, aveva ascoltato la coscienza diventare nulla più che un grumo di disgraziati pensieri.

Argo era finito sotto altri corpi, allora era rimasto immobile, come morto, forse per un'ora, che forse era morto davvero.

Il respiro accennato, l'udito a cogliere il disperato silenzio, aveva mosso le dita, scorrendo lungo le assi fradice di sangue del pavimento.

Le dita sporche avevano insistito, piantandosi in una fessura, fino a che, senza quasi respirare, gli occhi che bruciavano del sangue rappreso dei compagni ormai perduti, era riuscito a passarci in mezzo, come una serpe che sguscia via dalla tana ch'è divenuta trappola.

Era strisciato fino a ritrovarsi nel fondo della catapecchia, appena in tempo, prima che quella fosse mutata in tomba, incenerita, come enorme pira di fuoco sacrificale, a inghiottire i corpi degli indiani ammazzati.

Il racconto pareva terribilmente simile.

Fingersi morti per restare vivi…

E allora…

Sarebbe stato necessario continuare a vivere fingendosi morti?

La mente corse ad André.

Lui era lì, poco distante, solamente rinchiuso in una specie di gabbia, ricavata sotto il ponte di calpestio della nave.

L'unica concessione ch'era riuscita a contrattare era stata che non fosse messo ai ferri.

Da una nave in mezzo all'oceano dove mai sarebbe potuto fuggire?

Parallelismo feroce…

Il falco incappucciato e dunque cieco, legato perché non fuggisse.

André, là sotto…

Cieco e prigioniero anche lui…

Era sopravvissuto anche lui fingendosi morto o, come aveva ammesso lui stesso, André era morto davvero.

Solo che lei non si era rassegnata, l'aveva cercato, l'aveva scovato in capo al mondo e alla fine lo aveva tirato fuori dall'Inferno per ricondurlo alla vita.

Quale vita?

E dove?

Il regno dei vivi è davvero così affascinante e intenso di contro a quello di Ade?

Chi erano stati loro in quel regno?

Chi sarebbero stati d'ora in poi?

Non era riuscita a restare distante.

Nel buio, Oscar aveva preso la mano di Argo, l'aveva stretta, alla fine l'aveva tirato a sé e abbracciato.

L'altro non aveva avuto la forza di divincolarsi, forse non era mai stato abbracciato da nessuno…

Non ti lascerò solo… - aveva sussurrato al bambino.

E l'aveva sussurrato ad André, anche se lui non era lì, anche se lui l'aveva ricacciata indietro, come se André, fino a quei giorni, avesse amato un'altra donna, non lei, non quella che lui aveva lasciato in Francia, né quella di cui lui aveva scritto in quei lunghi anni, e che lui aveva amato in silenzio.

Ma un'altra donna che ora stava abbandonando di nuovo.

Come sarebbe riuscito ad amarla nella sordida purezza della corte di Francia?

Oscar si ritrovò inspiegabilmente fradicia di sudore, il cuore pulsava impazzito, alla visione di sé, avversaria di se stessa.

Non poteva farci nulla.

Chi era davvero?

Era una semplice donna ed era una contessa ed era un soldato…

Era una donna che amava…

Non sapeva se il suo amore sarebbe stato abbastanza.

Rimbalzavano i frammenti d'immagini…

Argo, unico a conoscere le parole, aveva invocato chissà quali spiriti ancestrali che si sarebbero presi cura di Lua Pietra Incandescente, il corpo bruciato poco prima di partire.

Victor Girodel era rimasto in silenzio di fronte alle lingue bianche e rosse che si liberavano dalla pira di legna.

La cura del falco era divenuta unica ragione di vita del bambino.

Così la strana compagnia si era rinsaldata, le menti si erano ingegnate per proseguire il viaggio senza lasciare nessuno indietro.

Dopo giorni di cammino, si erano ritrovati in quella dannata cittadina.

Erano trascorsi svariati mesi da che c'era finita, dopo essere sbarcata a White Plains, assieme a Madame Roma e alla giovane indiana.

Aveva riconosciuto l'architettura dell'edificio che li aveva accolti al terzo giorno dall'approdo.

Una stamberga dalla facciata ampia e scura, composta da assi di legno nero, che si stagliava fin quasi a scomparire nel cielo severo della sera, il tetto acuto tappezzato di mattoni rabberciati e comignoli da cui fuoriuscivano pennacchi di fumo grigio.

Le pareti incise da finestrelle piccole, oscurate da tendaggi, adornate da mazzi di chissà quali erbe appesi a testa in giù, corone di aglio.

Nessuna insegna se non svariate candele che ondeggiavano lascive al vento della sera, posizionate su un tavolaccio fuori dall'ingresso, assieme alla brocca di vino rosso e alcuni bicchieri sbrecciati.

Non era un luogo di culto ma era come se in esso fosse scorsa una preghiera muta, una sorta di nenia, una domanda di verità, una richiesta di aiuto.

Oscar François de Jarjayes si era ritrovata immolata all'effige della donna perduta.

Ombra di chi un tempo era stata.

Perché l'hai fatto?

Siccome non era ancora tornata a essere una contessa e nemmeno un soldato e quando anche fosse davvero tornata a esserlo, bruciava il desiderio di sapere…

In fondo era tutta colpa di André che l'aveva plasmata a essere quella donna.

Chi era stato André prima che lei comprendesse chi era davvero?

Aveva deciso di entrare nella grandiosa locanda nera di fumo e carica di sentori istoriati di erbe e carne arrostita e aveva chiesto di Miss Claire Donovan.

Non era gelosa…

Era…

Lo sguardo sgranato dinnanzi all'ospite capace di recitare la stessa parte d'un tempo.

Monsieur…che piacere… – s'era inchinata l'altra che in fondo non aveva mai saputo chi fosse – Sono mesi che non ci vediamo…state…bene…

Aveva annuito Oscar…

La carovana, da fuori, s'era arrestata rumorosa sul selciato ancora fangoso.

Oscar aveva guardato l'altra, le parole attorcigliate in gola…

Miss Donovan di contro l'aveva scorta di sbieco, poi, come tutti gli avventori, era corsa fuori, per sincerarsi dell'origine della confusione.

La ressa aveva impedito di vedere bene.

I soldati avevano fatto quadrato attorno al carretto dei prigionieri.

Non c'era solo André ma altri disertori, mentre su un altro carro viaggiavano uomini feriti non più in grado di combattere.

Un carro di eroi e uno di pavidi traditori.

Il cuore in subbuglio…

L'istinto di reputarsi vigliacca e presuntuosa e dannatamente infida…

Dunque era così che sentiva una donna?

Dunque era questo che accadeva quando una donna si ritrovava con le spalle al muro, appesa alle parole dell'uomo che ama, tormentata dal desiderio di credergli ma incapace di farlo?

Se davvero amava André, perché restare lì, a osservare il triste spettacolo, la gogna che scorreva sotto gli occhi?

Se davvero amava André perché il desiderio di conoscere ciò che lui aveva vissuto quando se n'era andato, era divenuto così intenso e severo e nero, al punto da sovvertire qualsiasi pietà, qualsiasi compassione che gli sarebbe spettata, come uomo e come amante?

Se davvero amava André, qualunque fosse stata la vita dell'altro senza di lei…

Lei non l'avrebbe amato di meno.

Dunque le era quasi parso che in quell'accidiosa ricerca della verità, lei stesse sfidando se stessa.

La donna che era stata, Oscar François de Jarjayes, severa, intransigente, incapace di riconoscere e accettare una qualsiasi debolezza di sé come di chiunque altro, diveniva in quel momento più fragile del cristallo, in cerca d'una verità che non sarebbe servita a nulla, se non a dimostrare a se stessa che lei era una donna come tutte le altre.

Gelosa…

Intensamente unica e pura…

Perché?

A che sarebbe servito rammentare a se stessa che lei era una donna?

Unica e al tempo stesso uguale a tutte le altre donne!?

S'era avvicinata alla giovane americana, che quella era trasalita, un fremito istintivo alla vista dei prigionieri che scendevano dal carro, poi s'era voltata di colpo, che s'era ritrovata addosso e contro l'ospite che muto, non le aveva chiesto nulla, seppure l'aveva squadrata, a cogliere il guizzo, il pertugio di chissà quale verità o bugia.

Monsieur…da qui sono passati molti francesi…diversi anni fa…ora non più. Voi siete il primo dopo tanto tempo…

E com'erano questi francesi?

Belli monsieur! Belli come voi! Non avevo mai visto uomini così belli come quelli che ho conosciuto tre anni fa…ce n'era uno…si…un vero gentiluomo…oh monsieur…arrossisco ancora al pensiero!

Chi…

Oscar non aveva mai compreso se quell'uomo fosse André.

Avrebbe potuto essere chiunque, un francese qualsiasi. I soldati francesi, quelli che s'arruolavano in marina o nell'esercito non erano particolarmente attraenti.

Un uomo bello…

E assieme a lui ce n'era un altro…ecco…un altro che…

Ho compreso fosse nobile…come si dice da voi…in Europa…sono restati qualche giorno e poi hanno ripreso la via dei Fingers Lakes…

E che è accaduto quando erano qui…

Mi hanno raccontato com'era la Francia…uno di loro mi ha detto che c'è un palazzo enorme dove dentro ci abitano il re e la regina…un po' come in Inghilterra ma almeno…ecco il re francese non sembra così matto come quello inglese…uno era triste in realtà…ci ho parlato poco…

Monsieur…io rammento solo che quell'uomo era un eccellente…gentiluomo…

Un uomo triste…

Un eccellente gentiluomo…

Monsieur…quell'uomo aveva un volto così bello…occhi chiari…capelli scuri…tutto l'opposto di voi…in un certo senso era come se lui fosse ombra…mentre voi…

Oscar François de Jarjayes aveva squadrato la giovane colona, che Miss Donovan, occhioni azzurri un poco spaventati, impietositi dalla scena, e nelle orecchie i dileggi, gli echi degli sputi, gli strali contro i disertori…

Quell'uomo…- aveva sussurrato piano Miss Donovan – L'ho già visto…

Di colpo…

Ritrovarsi donna.

Una della peggior specie.

O forse semplicemente una donna che scruta lo sguardo di un'altra donna, per scorgervi le labbra dell'uomo, colui che aveva detto di amarla, anzi, d'averla sempre amata.

Affondava nel cono d'ombra più oscuro, ove abitava la parte più nera e instabile di sé.

Si alzò dal letto.

Rammentò che aveva chiesto a Miss Donovan di occuparsi di procurare un pasto a quelli ch'erano giunti nella cittadina.

Soldati, feriti…

Anche i disertori? – aveva chiesto quella un poco commossa.

Sì, anche loro – aveva ammesso, lo sguardo era corso all'effige di André Grandier, che Miss Donovan si era voltata ed era corsa via, che dunque l'ammissione che loro si conoscevano era annidata lì, entro il fremito scomposto dell'innocente mutismo.

Dunque era André l'uomo che Miss Donovan aveva incontrato, quando lui era giunto in America.

Un uomo triste…

Un eccellente gentiluomo…

André che parla di amanti…

André che esce di notte…

André ha conosciuto Mademoiselle Bellenuit a Brest…

Amalie Jenevieux a Parigi.

Ha salvato la sua bambina, Victoire.

Amalie Jenevieux è morta…

Victoire è perduta chissà dove…

La camicia sfilata dai pantaloni, i piedi scalzi, raggiunse il ponte principale, il viso investito dall'aria carica di salmastra umidità.

L'ora coincideva con la pari concessione ai prigionieri di godere d'una boccata d'aria.

Il fatto d'esser in catene non comportava che quelli avrebbero trascorso i prossimi tre mesi chiusi entro le celle sottocoperta.

Era pur sempre una nave francese, della flotta francese, comandata all'ultimo grado, dalla solenne volontà di Re Luigi XVI, che aveva conosciuto André Grandier e dunque…

Lo vide.

Sgusciato fuori dal buco che piombava i ponti sottostanti, il vento sferzava il corpo un poco smagrito, i capelli, seppur stretti da una cordicella, accarezzavano la figura fin quasi alla fine della schiena.

Pareva davvero una sorta di divinità marina, catturata e ormai per sempre prigioniera.

Oscar deglutì a fatica.

Se davvero quella prigionia non fosse stata costruita dall'accusa d'essere un disertore e persino un ladro…

Forse allora le vere sbarre che impedivano ad André Grandier d'essere libero erano semplicemente le sue stesse braccia che l'abbracciavano, stringendosi al suo petto, e le sue stesse gambe, avvinghiate al corpo che tesseva un affondo dopo l'altro, l'orgasmo spesso e iridescente, sfrontato e beffardo…

Lei era la sua gabbia.

Lei, Oscar François de Jarjayes.

Si avvicinò, osservandolo.

Tentò di mostrare sprezzo per il rifiuto che lui le aveva opposto, quando ormai era tornato a essere suddito del re di Francia, plebeo, uomo del popolo, per giunta disertore.

Meglio il disprezzo della pietà. André non l'avrebbe mai accettata.

Lo sprezzo si mescolò all'altro sprezzo, quello d'essere stata respinta, come donna. Quello d'esser forse stata ingannata. Come donna.

Non l'avrebbe amato di meno, era questo l'assurdo.

La corte di occhi scorse avida a circondare, seppur a distanza, lo scontro muto che si consumava sul ponte, il vento in faccia, l'equilibro instabile, i corpi freddi ma furiosi.

I soldatacci erano sgusciati fuori, come topi di fogna che si armano del coraggio indotto da uno spettacolo allettante e profumato e succulento.

Un respiro fondo…

"Come stai?" – chiese André osservandola mentre lei lo guardava, parimenti, il vento a scompigliare i capelli, il corpo magro ma inspiegabilmente teso.

Troppi sguardi, troppe congetture…

Batteva nelle viscere il contatto muto e dirompente…

L'ascesa lieve ora racchiusa in uno sguardo sfuggente…

"Meglio".

Di più non sarebbe riuscita a rivelare.

Volle avvicinarsi, non trovò altro sistema, non seppe elaborare alcuna strategia se non che lo desiderava, osservare l'altro, scrutarne l'animo.

Se fosse stata davvero una contessa, una dama insomma, forse le sarebbe bastato lasciar cadere un fazzoletto ai piedi del cicisbeo, sussurrare parole di vanesia galanteria, o agitare il ventaglio a nascondere ossequi d'amore, o sbattere le ciglia…

Dannazione al suo essere donna…

Non aveva mai avuto timore di nulla.

Volle avvicinarsi, anche lui, ascoltò il desiderio dell'altra e siccome non poteva ammettere che lei si scoprisse, rivelando la tensione, che quella era affare loro, giù cacciata nel fondo dell'anima bianca, e siccome voleva averla, ancora una volta…

Superò il corpo, la mano corse a recuperare una sorta di bastone, uno di quelli che servivano a sganciare corde, a spingere le vele a…

Un altro…

Quasi glielo lanciò, che lei comprese…

"Là sotto non c'è spazio" – sferzò André, senza eccessiva convinzione nell'anelito del combattimento, poco al punto da immaginarsi assoluto il contrario desiderio d'averla addosso – "E dovresti continuare il tuo addestramento. Non sei tornata in forma, non del tutto".

Rimbalzò la chiosa a chiudersi sulle dita, come afferrata assieme al nervoso legno, assieme alle parole a brandelli…

Madame Alexandra Roma, giunta sul ponte, s'era messa in disparte, a godersi l'insolita sceneggiata.

Il bastone stretto…

Oscar François de Jarjayes si mosse.

Rammentò ch'era rimasta fuori dalla cella, mentre Miss Donovan entrava per lasciare quanto era stato preparato per i prigionieri. E quando era giunta dinnanzi al disertore, la giovane aveva chiesto d'essere lei a consegnare le pietanze.

Rammentò allora d'essere rimasta dritta, come piantata lì, poco distante in attesa che i due s'incontrassero.

Di nuovo.

Poche parole…

Dirompenti…

Come state?

Siete voi…

Vi ricordate di me…

Certo…

Aveva atteso, in silenzio, e poi udito lo scarno scambio, parole lievi scorse tra la giovane americana, fuori dalla cella, e l'altro dietro le sbarre.

Un sussulto…

André…- la giovane era sembrata incerta – Non è con voi?

Miss Donovan stava chiedendo di André Grandier ad André Grandier?!

"Perché hai mentito?" – la domanda eruppe schiantata dallo schicco dei legni, guidato con severità.

La prima scintilla.

André parò il colpo, stupito dell'improvviso attacco, della foga che mutava la ripetizione mirata dei colpi entro quella che pareva una vera e propria resa dei conti.

Rispose, anche lui, contrattaccando, rimettendosi in guardia - "Non so a cosa ti riferisci! Di menzogne ne ho dette tante?!".

Sfuggiva il dannato…

"Ehi…Alain…" – Gustav s'era scaraventato giù dalle scale del ponte superiore, quasi rovinando addosso all'amaca appesa ai pali di sostegno del soffitto dello stanzone dove erano alloggiati i soldati scelti come scorta per l'imbarcazione che stava ritornando in Francia, pochi uomini tra cui Alain Soisson, Gusta Dumas, Marcel Duval e Dante Renard.

La stessa compagnia ormai divenuta inseparabile anche nell'avversione al dannato disertore francese e poi a quello che agli occhi di tutti era ancora l'altezzoso giovanotto che parimenti li aveva presi per i fondelli a Brest.

"Il damerino ha attaccato briga col disertore!" – aveva sputato Gustav speranzoso di scuotere il compare di viaggio da quella sorta di apatia che l'aveva preso da quando si erano imbarcati.

"E allora?".

Alain Soisson ci aveva pensato su qualche istante, se la questione davvero fosse di suo interesse o no.

In fondo non erano affari suoi, eppure…

Si stirò con calma.

Si mise in piedi aggiustandosi i calzoni un poco scomposti.

Un passo…

Il compare più giovane gli saltellò dietro come un coniglio che già annusa il dolce sentore del trifoglio che però in quel momento assumeva l'aspetto d'una sorda ma succulenta resa dei conti.

Che idiozia la sfida che si stava inscenando, ma sarebbe stato difficile restare sola con l'altro.

Dunque, muti, s'erano ritrovati complici dello stesso malridotto copione, agli occhi di tutti una sfida tra un disertore e il suo antico padrone, nella testa e nel cuore l'impossibile desiderio, assoluto…

"Finiscila!" – imprecò André, il bastone ruotato a parare il colpo basso, il sibilo verso l'alto e poi di nuovo basso…

I passi indietreggiarono, era a piedi nudi anche lui, avrebbe potuto lasciarsi disarmare, un solo colpo e il legno sarebbe volato via, schiantandosi a terra e il duello sarebbe terminato lì.

Non gl'importava di sfidare Oscar, né d'essere sfidato da lei…

Non riusciva a staccarsi, restava lì, su di lei, correndo veloce alle movenze, agli scatti sinuosi, al corpo che spariva di lato per riproporsi incombente, al legno che d'un tratto pareva assurgere alle stesse movenze dei muscoli, che scorrevano su di sé.

Ogni colpo, un rantolo soffocato accompagnava le domande…

La stizza di doversi spiegare!

Inaudito!

"Perché quella donna…ti ha chiesto di André…dannazione!" – eruppe la chiosa, insinuandosi ruvida nello squarcio d'aria tra il montante e il successivo affondo – "Tu sei André!".

Quasi perse l'equilibrio, sospinto dalle parole più che dal colpo.

"Che stai dicendo?" – replicò arido, che tutto ciò che ottenne fu una testarda sequenza di colpi che risuonarono in successione – "Sei impazzita!?".

Vibrarono i legni nelle mani, tremarono quelle, come a incidere la presa…

Si staccarono di nuovo, che André la tenne a distanza, il legno orizzontale sulla difensiva - "Hai ascoltato la conversazione con quella donna!?".

La chiosa spezzò il respiro e con essa l'ignobile intromissione, a rammentarle ch'era caduta proprio in basso, una come lei, sporcarsi a quel modo per una inutile verità.

Era furbo, era disarmante, era…

André scansò l'immagine di quella donna.

Quella non poteva essere Oscar François de Jarjayes.

Lui stesso s'era ritrovato quasi sul punto di disprezzarla, quando s'era accorto dello sguardo dell'altra rivolto al Conte di Fersen.

Era stato geloso allora.

Non solo perché lei era innamorata del conte e non lo era del servo.

Era geloso di Oscar, donna innamorata, fragile, piccola…

Oscar François de Jarjayes non meritava…

Ora l'amava. Sì, lei lo amava.

E allora davvero quell'amore giungeva a mutarne l'indole sino al punto da rivelarla così fragile e piccola?!

Mai l'avrebbe immaginato…

Mai era stato quello l'intento reale, la necessità spasmodica di salvare il passato di Oscar e con lei il lieve incedere dell'amore capace d'incrinare la teca d'indifferenza verso se stessa.

Io sono schiavo…

Lo sarò per sempre…

Essere schiavo…

Doveva essere grato solo di quella condizione. Solo in essa, lei sarebbe stata libera.

Oscar comprese che la domanda aveva recato il danno voluto.

Ciò che aveva ascoltato non aveva senso.

Si avvicinò di nuovo.

I legni erano più lunghi di semplici spade, non permettevano di restare troppo a lungo ravvicinati.

Colpì il bastone avversario, in successione rapida, così da costringere André a ritrovarsi contro l'albero maestro, senza possibilità di indietreggiare oltre.

Rimase su di lui…

"Chi è André Grandier?" – sputò livida – "Perché hai dato a quella donna il tuo nome?".

"Sei pazza! Non sai quello che dici!".

"E tu stai continuando a mentire!".

Il vento sussurrò ai pensieri d'acquietarsi…

Non sarebbe stato necessario recuperare chissà quale architettura per scovare il senso della recita assai penosa.

E assieme a lui ce n'era un altro…ecco…un altro che…ho compreso fosse nobile…come si dice da voi…in Europa…sono restati qualche giorno e poi hanno ripreso la via dei Fingers Lakes…

Monsieur…quell'uomo aveva un volto così bello…occhi chiari…capelli scuri…

Tutto l'opposto di voi…in un certo senso era come se lui fosse ombra…mentre voi…

La domanda cadde nel vuoto…

Oscar tremò come avesse messo il piede nel bordo scosceso e scivoloso del baratro…

André aveva concesso il suo nome.

Per nascondere colui a cui l'aveva concesso.

I compari attorno digrignarono insoddisfatti, che il duello andava per le lunghe, le bastonate coprivano le scarne sillabe masticate dagli avversari.

Madame Roma rimase impassibile.

Per la prima volta poteva osservare i gesti di colui che Oscar François de Jarjayes aveva cercato, perch'era lui che l'altra aveva rincorso da quando si era imbarcata in Francia.

Mantenne lo sguardo su di lei, intuì l'invocazione muta del corpo, l'incedere contro l'altro, composto di passi veloci, stoccate, ritirate e contrattacchi.

Era stata lei a insegnare a Oscar François de Jarjayes quel poco che c'era da imparare.

Conosceva la rapidità di apprendimento dell'altra, che, se l'avesse voluto, avrebbe avuto la meglio in poco tempo.

Dunque nello scontro c'era dell'altro, lei voleva altro, forse averlo, l'altro, su di sé, i dannati colpi come carezze, gli affondi sordidi baci, i distacchi respiri senz'aria nell'istante in cui i corpi cedono…

"Come facevi a sapere che sarei giunta in America? Isi…e Yellow Jacket…li abbiamo incontrati a White Plains! Li conoscevi già. E poi a Northampton…che è accaduto? Sono morti due soldati…".

Le domande rotolarono addosso, questa volta chiaramente udite dai soldati.

Alain Soisson sussultò nell'apprendere della congettura, del dubbio…

Davvero André Grandier sarebbe stato capace di ordinare d'ammazzare Tiberius e Guglielmo…

Solo lui poteva sapere che erano stati proprio loro ad aggredirlo a Ponta Delgada.

Per via dello sgarro che s'era consumato a Brest.

Oppure…

Per via di quel bacio, sul molo, il giorno della partenza, scorto e maledetto dunque, da colui che aveva scelto i componenti del drappello di scorta alla polvere da sparo.

"Sapevo che saresti arrivata in America…lo sapevo…" – sibilò André contro l'altra, contrattaccando l'affondo inspiegabilmente indebolito – "Non ho idea del perché ma prima del vostro arrivo i soldati inglesi avevano ricevuto diversi dispacci. C'era il tuo nome sopra. E siccome era assurdo vederti qui, in America…ho semplicemente temuto per te! Tu non fai parte della marina francese. Sei un soldato al servizio del Re di Francia!".

Oscar si scansò, intuì lo spasmo di rabbia, André pareva rispondere solo a tutto che ciò che non era dipeso da lui stesso.

Le domande erano senza risposta, ma deponevano per l'irragionevolezza dello scenario.

Bugiardo!

Il castello di menzogne stava crollando…

Perché André aveva mentito…

Tornò contro l'altro.

Lo investì gelida, i colpi sferrati come a cavare fuori una qualunque ammissione, che lungi dall'acquietare la smania, avrebbe solamente dettato il passo della menzogna, e dopo, solo dopo, delle ragioni per cui quella era stata spesa.

L'aveva sempre saputo che André le aveva mentito…

Il punto era comprendere perché.

André comprese di non avere più modo di opporsi.

Era stremato, inciampò quasi in una sartia arrotolata a terra, si tenne ad un'altra corda che penzolava…

"E perché saresti proprio tu sospettato dell'oro che non si trova?".

L'ennesima domanda…

Alain Soisson davvero si tirò in piedi. Lo scenario s'allargava, domanda dopo domanda, gli pareva davvero di non saper più con chi avesse avuto a che fare fino ad allora.

Muto André sferzò il contraccolpo, compose la geometria dei rintocchi sino a che i legni si contrapposero, la sola forza delle braccia a respingere la forza dell'altra…

"Tutto ciò che ho fatto…" – vicinissimo al viso – "L'ho fatto per te".

"Non avresti…".

"Lo so! Non avrei dovuto! Non sei il genere di donna che ama essere salvata! E nemmeno essere amata in silenzio. Come ho fatto finora. Ebbene…mi riprendo la mia schiavitù…e tu…la tua libertà".

Le parole caddero addosso come pietre a picchiare le ossa o spine a graffiare pelle e muscoli.

La menzogna rende schiavi, impedisce di vedere, annebbia i ragionamenti.

Nella schiavitù non c'è scelta, si resta al sicuro.

Oscar scorse il volto di André, vicinissimo a sé, intuì di nuovo il profilo bello e statico, il volto pallido, la scintilla nella bocca inarcata e sprezzante.

Cadde giù nell'umana brillantezza dell'unico occhio che la osservava feroce, come in attesa di spogliarla e affondare le dita dentro di lei, scorrerle addosso, scovarla e tenerla lì, sotto di sé, complice e lieve…

Le parve d'improvviso che la propria libertà, l'istintivo voler svelare il castello di menzogne in cui l'altro l'aveva rinchiusa, sarebbe equivalso a ritrovarsi davvero nuda e perduta, non più protetta dalle sue braccia.

Sarebbe stata libera ma in quella libertà lei l'avrebbe perduto…

L'istinto riemerse, il desiderio bruciante di sapere…

André la spinse via, nell'istante successivo sferrò il colpo decisivo.

La eco si riverberò contro i muscoli, lo strazio d'essere stata beffata, d'essersi vista opporre il proprio bene come giustificazione alle menzogne, scompose le residue forze, annientandole.

Il bastone volò via, quasi tranciando le dita incapaci di restare chiuse…

Sopraffatta, si ritrovò fradicia e raggelata dal vento bollente, mentre i muscoli gridavano reclamando l'agognata carezza ormai impossibile…

Le sue mani, il suo volto, l'ignobile sussurro d'una parola d'amore, il bacio fondo che affondava nelle viscere…

André compose i passi allontanandosi da lei…

La guardò, unica concessione che avrebbe potuto riservarle.

Non aveva risposto ad alcuna domanda.

Rovistò nelle viscere e nel passato e nel rigore d'una vita pura.

"E tu…" – il velo squarciato sull'ipocrisia dell'amore, l'estremo tentativo di sfuggire alla penosa messinscena – "Disdegni ora d'aver amato un disertore…un ladro…e forse anche un assassino!?".

"Tu…tu non sei…questo!" – basso, quasi senza voce…

"E semmai lo fossi?! Potrebbe mai Oscar François de Jarjayes essersi avvicinata così tanto a un disertore…un ladro…e un assassino!? Dunque davvero potrei averti mentito!".

Le braccia s'abbassarono, le dita pungevano erose dallo sforzo…

Oscar lo guardò incapace di comprendere perché André si ostinasse a mentire, anche se comprendeva che lì, davanti al pubblico sprezzante e morbosamente curioso, difficilmente lui le avrebbe detto la verità.

Quale verità…

"André…ti supplico…" – sussurrato…

"No…non voglio vederti supplicare. Nessuno. Non dovresti mai farlo: Non dovrai mai farlo. Accetta la mia scelta…accettami per come sono. Accetta…".

Il mio amore imperfetto…

Implosero i sensi, André si raddrizzò, andando a raccogliere i legni,

"Ti ho tenuto lontano dalla tua vita…".

Oscar intuì il baratro…

Non era André l'uomo che Miss Donovan aveva conosciuto.

Forse non era André l'uomo che aveva contribuito alla morte dei suoi aggressori…

André l'aveva fatto per lei.

Ma lei non aveva mai chiesto nulla…

Dunque quello era il modo in cui lui l'amava.

Le vele spiegate si gonfiarono d'improvviso, il vento sferzò i corpi, quasi innalzandoli, come a galleggiare oltre il groviglio di corde e assi e respiri di cui pareva fatta la misera imbarcazione.

L'equilibrio minato dalla cesura e dallo scarto del legno sotto i piedi…

Oscar tremò, sconfitta dalla sua stessa vittoria.

Quasi rovinò a terra…

Quelli ch'erano lì furono costretti a tenersi, aggrapparsi alle sartie…

L'istinto dettò di fare un passo…

André forzò l'equilibrio, inabissandosi nello sguardo sgranato dell'altra.

La raggiunse, afferrando la mano, chiudendo la presa, spingendola indietro, sfiorandola appena, mentre il battito esplodeva feroce e tutto precipitava innalzandosi, battendo nel ricordo intenso…

"Vivi…" – le disse piano, mentre la bocca sfiorava il viso…

"Come potrei?".

"Vivi per te stessa…non farlo per altri che per te stessa…".

Chiuse gli occhi André intuendo l'equilibrio recuperato, staccandosi così da distanziarsi.

L'ordine corse lungo il legno percosso dai flutti, era necessario tornare tutti sotto coperta, il mare aveva deciso di rompere la tregua calma che aveva accompagnato il viaggio.

Lo strappo frustò i muscoli…

Si ritrovò quasi senza forze…

Grida attorno…

Lo sguardo sgranato intuì la figuretta di Argo che avanzava mentre il pavimento della nave s'inclinava su un lato e il bambino camminava quasi con una mano a terra.

L'altra, un poco sollevata, reggeva il falco.

L'animale era senza cappuccio, il corpo a sfidare le raffiche di vento.

"Vuole…volare…" – balbettò Argo, il falco innervosito dal vorticare disarmonico del vento emetteva strida d'insofferenza.

"Lasciala…" – sibilò Oscar soffocata, mentre chiudeva gli occhi…

Argo staccò il legaccio, sollevò il braccio…

Pur batté le ali, inclinandosi verso l'alto, spiccando il volo, guadagnando rapidamente la cima dell'albero maestro e poi ancora più su.

S'immaginò Oscar che lassù, il cuore del falco avrebbe preso a battere libero.

Cercò André allora, sperando che non fosse già stato portato sotto coperta. Lo vide che tentava anche lui di scorgere la bestiola, lo sguardo muto, quasi livido, come se anche lui, con gli occhi della mente, s'immaginasse di spiccare il volo, scostare da se la cappa statica della propria condizione, di quell'amore così forte da togliere il respiro.

"Torna vero?" – chiese Argo impaurito – "Se si allontana troppo…non c'è niente attorno…morirà…".

Oscar non seppe che rispondere.

In fondo chi avrebbe biasimato quell'animale selvatico che, seppur accudito e curato, non avrebbe mai ceduto la sua libertà, non avrebbe mai accettato di perdere il diritto innato di essere libero anche a costo di perdere la propria vita?

Allora, se André l'avesse amata, se André avesse voluto tenerla con sé, lei sarebbe stata come quel piccolo falco.

Amata e accudita, curata e protetta, ma prigioniera di quella cura, rinchiusa in una vita che non le apparteneva.

Una vita lieve e felice che però non era la sua.

§§§

Può l'amore nascere sulla menzogna?

Può l'amore crescere nella sottrazione dell'altro?

Può l'amore essere già lì, sotto la pelle, negli sguardi sfuggenti, eppure avere necessità di rivelarsi per esistere?

Chi era André?

Chi era stato in Francia?

André era fuggito dalla Francia. Era fuggito da lei.

André aveva scelto di mutare il proprio destino, staccarsi da lei, peregrinare entro terre sconosciute, pur di distogliere il pensiero dall'abisso fondo in cui versava la sua esistenza.

L'amore per lei avrebbe dovuto elevare l'animo, non distruggerlo...

Non si capacitava d'immaginarsi che forse, se anche le fosse rimasto accanto, sarebbe stato costretto a fuggire comunque, ogni giorno, ogni ora, ogni notte, abbassando lo sguardo, camminando mezzo passo dietro a lei.

Mezzo passo…

E quando anche le avessi camminato accanto…

I pugni chiusi, le mani una sull'altra, la fronte appoggiata sopra, come a reggere il peso della sconfitta, i gomiti appoggiati al tavolo, il corpo inclinato, chiuso, un dannato specchio, disgraziato squarcio sul proprio ego, entro le quattro pareti che le erano state riservate.

Madame Roma aveva insistito per restarle accanto, occuparsi di lei, anche se non apertamente detto, attraverso gesti discreti, occhiate fugaci.

Le era parso che quella donna la seguisse, anticipasse le intenzioni, cullasse con sobria eleganza e discrezione gli istanti in cui i ricordi si ammassavano nella mente e allora, forse complice il mare un poco agitato, si inspessivano anche quelli, travolgendo la scarsa lucidità.

Scostò le mani dalla fronte, la superficie liscia e vetrata le riportò la propria immagine.

Si accorse di avere Madame Roma alle spalle, per un istante le parve d'essere ripiombata nel passato quando l'altra, con fare sfrontato, si era accostata a lei e le aveva sollevato i capelli.

Come se una donna fosse tale solo perché può raccogliere i capelli, attorcigliarli, acconciarli così da evidenziale il profilo del viso.

Così s'agghindavano le dame, non lei.

Eppure l'aveva fatto.

Madame Roma lo sapeva. Era accaduto ma non era stato per André.

Strideva nella testa quella sorta di tradimento.

Oscar aveva ceduto. Aveva accettato di mutare abito, immaginandosi di mutare pelle.

Ma non era accaduto.

Per fortuna o per disgrazia.

La sua indole, il suo essere puro, la sua esistenza immacolata e invincibile, era scesa a patti con il macabro rituale che impone alle donne d'agghindarsi, esaltarsi nell'incedere flessuoso d'un abito prezioso.

Si era vestita per Fersen…

André invece l'aveva desiderata, spogliata e amata, nuda, senz'abito.

Perché l'aveva amata così com'era lei.

L'immagine riflessa nello specchio.

Roma si avvicinò, scorse il volto dell'altra.

Rimase in silenzio questa volta, a rimirare un viso, lo sguardo soprattutto, così differente.

Nulla era più indefinito, nulla era intimorito o sfuggente.

Il viso severo declinava un'espressione di rabbia e paura fonda.

Aveva ceduto una parte di sé ad un uomo e quell'uomo se l'era presa ed ora lei non sapeva più come fare per restare salda e vivere sola, come stava accadendo, senza quella parte di sé che l'altro pareva averle sottratto.

Lei era nuda davvero questa volta, inabissata entro i meandri della solitudine cieca dell'anima, una solitudine spessa, dettata dall'assenza dell'altro, ancora più spessa perché lui era lì, sotto le dita, lui era lì, rivelato nel bacio e nella discesa verso il sangue immobile.

La rabbia rivelava la donna che era, sfrontata, ribelle, gli occhi infuriati, il viso un poco più pieno, la bocca imbronciata come di chi vuole e pretende d'essere amata, come di chi vuole amare, adesso, come sola risorsa di vita.

"Qualcuno c'è riuscito alla fine" – sussurrò Roma un poco cinica.

"Non capisco" – tentò di schernirsi Oscar.

"Oh…lo sai bene cosa intendo…".

La mano della donna anziana fece per allungarsi, replicare il gesto di scostare i capelli dalle spalle, ingentilire di nuovo l'incarnato e l'ovale del viso, spogliandolo della massa di capelli arruffati.

Che Oscar si scostò, di scatto, livida e selvaggia, intenzionata a distanziarsi dall'arroganza dell'altra.

Sorrise Roma.

La creatura forgiata dalla mente e dalla testardaggine di Augustin Reynier de Jarjayes si era ribellata.

Non per essere uomo, ma donna.

Forse nemmeno donna ma addirittura persona.

Nessuno l'avrebbe mai ricondotta indietro, alla miseria d'una virtù di rango, all'obbedienza al volere del padre.

Nessuno, tranne l'uomo che l'aveva scovata e messa a nudo.

Madame Roma non lo conosceva.

L'aveva appena intravisto, nelle passeggiate sul ponte, da lontano, mentre quello osservava il paesaggio, come a domandarsi se non sarebbe stato meglio gettarsi in mare e lasciarsi divorare dagli squali piuttosto che da quell'amore impossibile.

E l'altra finiva per ritrovarsi sempre lì, alle volte restava in disparte, alle volte si avvicinava.

Poche parole, pareva che l'unico conforto fosse ormai solo quello di restare vicini, respirare assieme, viversi nel silenzio di un amore impossibile.

Vivere l'amore così, sguardi e parole mute.

Madame Roma non avrebbe avuto modo d'incrociare André Grandier.

Poco male…

Un amore impossibile è risorsa ben più appetibile della ricerca della sua realizzazione.

Mai avrebbe potuto muovere un ipotetico pezzo sulla scacchiera del riavvicinamento, ben avrebbe potuto agire per dividere i due amanti, inducendo in quella separazione la salvezza dell'uno e quella dell'altro.

"Sei una donna adesso" – sibilò Roma, severa.

Che Oscar sussultò - "Lo ero anche prima!" – chiosò isterica e quasi sprezzante.

"Certo, ma prima non sapevi di esserlo e non volevi esserlo…ora…".

"Ora è uguale a prima…" – un respiro fondo, la mente inchiodata al sussurro del respiro di André, mentre la ragione spingeva per ritrovare l'appiglio minimo a restare salda entro i confini sempre più labili della sua vita.

L'uniforme, il grado, la fedeltà verso la famiglia reale…

La lettera da consegnare a Maria Antonietta…

"Rammenti cosa ti dissi, il primo giorno in cui ci siamo incontrate?" – domandò Roma – "Spesso basta cogliere lo stesso gesto semplicemente da un'angolazione diversa. Il tuo baciamano…allora…e ora il tuo stesso volto riflesso in questo specchio…tu parli in un altro modo adesso. Hai scelto chi essere…ciò che ti è stato fatto…".

"Smettila! Non mi è stato fatto nulla!".

Oscar troncò l'insinuazione dell'altra troppo rapidamente.

Si pentì perché non aveva compreso a cosa l'altra si riferisse, che l'altra non sapeva nulla di ciò che le era accaduto da quando era giunta in America.

Chissà invece cosa mai sapeva della sua intera vita, quella scorsa nel passato.

Roma si scostò, avvicinandosi, e scivolando con il corpo su di lei, i visi erano appaiati.

"Vivrai come una donna adesso…sentirai il doloroso pulsare dell'assenza, il rammarico di non aver fatto abbastanza, il senso di colpa, la rabbia, la gelosia. Ascolterai il tuo immenso potere…una donna può tutto. E non è niente! Non sarai mai nulla per nessuno, e cederai dunque tutto ciò per cui sei nata e sei stata cresciuta".

L'insinuazione piombò sui pensieri…

Dunque Roma aveva compreso chi fosse lei, non solo un nome, un uniforme, il rango a cui apparteneva.

Conosceva suo padre, sapeva chi fosse, sapeva a cosa aveva ambito per tutta la vita?

Un figlio maschio per procrastinare la fedeltà della sua famiglia al re?

In fondo era questo che aveva sempre voluto il padre.

Offrire al re il più alto segno di devozione. Offrire un figlio a giuramento di fedeltà assoluta.

Lei, Oscar François de Jarjayes, non era mai stata una persona, una donna o un uomo. Lei era un simbolo, lei era meramente una necessità…

André aveva scompaginato quel disegno…

André l'aveva condotta a riconoscere se stessa, più di Fersen, più di quel dannato abito blu ridotto a brandelli dalla ferocia di altri uomini…

"Oppure potresti tornare a essere ciò che eri…".

Lo sguardo si sgranò…

Ignobile resa…

"Potresti come donna tenere prigioniero un uomo, dentro il tuo corpo, dentro le tue braccia, così da impedirgli di essere libero? Solo per sentirti una donna?!".

"No!".

Il respiro eruppe feroce. Dunque essere una donna avrebbe significato annientare la vita dell'uomo che amava?

Il suo destino contro la libertà dell'altro?

Roma indietreggiò, rise piano - "No! Una risposta degna di te…e allora…".

"Esci!".

"Sì! Ti lascio sola…".

Si ritrovò sola davvero, Oscar.

Si accorse di essere divenuta visibile. Ogni sguardo puntato addosso, mentre lei avrebbe solo voluto vivere in silenzio, non più sola.

§§§

"Ehi…il damerino…non scende quaggiù vero?".

L'appellativo a metà tra il disprezzo e il carezzevole, come se quello in qualche maniera ci sperasse che il damerino sarebbe davvero sceso giù.

Gustav Dumas era seduto a terra, le spalle contro la gabbia ove era André, anche lui seduto a terra, nascosto nel buio fetido della pancia del vascello che lo riportava in Francia.

"Cosa ti importa…perché dovrebbe scendere qui?".

"Per vederti…diavolo…non venirmi a dire che quella avrebbe attraversato l'oceano solo per incontrarsi con quel conte svedese?!".

Pungeva la sequenza…

"Lei è libera di fare ciò che vuole!" – sputò André seccato mentre il pensiero correva al castello di menzogne che a poco a poco stava crollando.

"Lei…perché non lo era anche prima? E poi…libera da cosa?".

Nel silenzio avanzarono passi pesanti.

André s'era già zittito mentre Gustav Dumas, di guardia ai prigionieri, stava investigando il pavimento lercio della stanza in attesa del passaggio di qualche bestiola terricola, ammesso vene fossero nella pancia d'un vascello da guerra.

S'accorse dell'ospite, incespicò rialzandosi, si mise sull'attenti…

"Esci…" - ordinò Victor Girodel, appoggiando la mano destra alla grata, la chiave girata per aprire il chiavistello.

Il soldato abbandono mesto lo strano campo di battaglia, il prigioniero si alzò per comparire nel flebile cono d'ombra del moccolo che illuminava l'atrio che precedeva la stanza.

L'ufficiale guardò il soldato che attendeva.

Com'era sempre stato nella sua vita.

Ridivenivano l'uno plebeo e sottoposto dell'altro e l'altro ufficiale del re e nobile, superiore al primo.

"Quando arriveremo in Francia dovrò condurti a Parigi" – esordì Girodel, l'eloquio terreo e oramai sprezzante, seppur se l'immaginava che l'altro già sapesse quel che l'attendeva – "Verrai portato alla Bastiglia o all'Abbey".

Silenzio, lo scenario era ovvio, meno il motivo per cui Victor Girodel fosse lì a rimarcare la sequenza, nel tono della voce un'insolita freddezza mista a sospensione.

"Intenderai servirti di lei?" – proseguì Girodel – "Eri un servo della famiglia Jarjayes. Lei potrebbe intercedere per te ma tu sai ciò che hai fatto. Se sei colpevole o no a me non interessa. Ti sei chiesto se vorrai trascinare nel fango lei e la sua famiglia?".

André intuì il respiro venir meno.

"Dovrei…disconoscer…" – s'ammutolì André, si stava spingendo troppo oltre – "La…".

Si morse il labbro André, le parole morirono lì.

"Ne abbiamo già parlato. Io tengo a lei, lo avrai già compreso. E terrò a lei qualunque sia stata la sua esistenza. Ma non accetterò che tu la trascini giù, nell'Inferno dei tuoi gesti. Non lo merita. Non merita il disprezzo della corte, dei sovrani, della sua famiglia, semmai vorrà difenderti. E non dubito che lei lo farà!".

"Siete molto magnanimo tenente" – sputò l'altro sprezzante, anche se ammetteva la crudeltà dello scenario.

Amare non è sacrificarsi…

Amare è imporre un sacrificio all'altro…

L'avrebbe mai trascinata via dalla sua vita, facendo leva su quell'amore che prima o poi si sarebbe tramutato in senso di colpa?

L'amava…

E anche lei.

Oscar avrebbe sacrificato se stessa per amarlo.

Sarebbe finita all'Inferno, così come ci sarebbe finito lui.

Un rischio troppo grande imporre il proprio amore di contro alla sua vita…

"Va bene…" – ammise André quasi soffocato, i pugni chiusi e già nei muscoli intuiva farsi strada come un veleno l'assenza di lei.

Ebbene quell'Inferno sarebbe diventato il mondo senza di lei, i passi lontano da lei, il corpo vuoto, gli occhi spenti.

"Non voglio che lei soffra…e la maggior sofferenza che potrebbe subire sarebbe saperti in pericolo, chiuso in una cella" – disse piano Girodel – "Ma allo stesso tempo…la tua esistenza accanto a lei segnerebbe la fine della sua libertà…".

"Non è necessario essere così espliciti…" – sibilò André sprezzante, novello Giuda.

Il castello era lì, il groviglio di menzogne pareva avvolgerlo in modo talmente soffocante, che il respiro veniva via via meno.

La consapevolezza che il dolore più grande sarebbe stato solo lui ad infliggerlo divorava i sensi.

Non c'era verso di scendere ad alcun compromesso, la visione di lei lontana dalla sua storia e dalla sua vita e da ciò per cui era stata educata e cresciuta imponeva di retrocedere da quel fatale mezzo passo.

"Penso che invece sia necessario esserlo…con questo intendo dire che farò di tutto per aiutarti…" – convenne Girodel soddisfatto.

Intervenire per il bene di qualcuno piuttosto che per la sua disfatta era strategia molto più redditizia.

Giuda si sarebbe salvato…

La peggiore delle visioni.

André tentò di scacciare l'amara conclusione di quella storia, doveva per lo meno approfittare dello spiraglio.

"Vorrei chiedervi un favore".

"Che cosa?" – masticò amaro Girodel…

"Io…non so se potrò farlo. Non ne avrò né il tempo, né il modo. Vorrei che cercaste Victoire Jenevieux. Se è ancora viva…vorrei continuare a occuparmi di lei…".

"Quella mocciosa…".

"Quella…" – respirò a fondo André trattenendosi dal prendere a pugni Victor Girodel – "Mocciosa…l'avete detto voi che lei e sua madre hanno ricevuto aiuto da Oscar. Ebbene…non pensate che trovandola, sollevereste Oscar da una sofferenza?".

Victor Girodel soffiò nel vuoto, come ad ammettere che il guadagno sarebbe stato effettivo.

"Trovatela!" – sputò André – "Mi occuperò io di lei…".

"Mademoiselle verrà a saperlo…apparirai ai suoi occhi come un padre degno…".

"E voi come l'uomo che ha rimesso quel padre sulla retta via! O forse…".

Pareva quasi un gioco al massacro…

Sul filo di lama, si misuravano pesi e contropesi, ch'erano poi poste d'una stessa battaglia.

Victor squadrò André sprezzante - "Che vorresti insinuare?".

"Voi accettereste di non sapere se vostra figlia è ancora viva? E dove possa essere finita? Lei…".

"Taci! Mi stai ricattando?! Dunque ciò che si dice di te è vero! Sei davvero un uomo della peggior specie! Un disertore, un ladro…".

"Aggiungete pure un assassino! E un bugiardo! Un'immagine niente affatto degna per un uomo che si è avvicinato troppo al Colonnello Oscar François de Jarjayes! Dunque…o mi ammazzerete voi stesso, qui, adesso, oppure vi fiderete di me. Trovate quella bambina…mi sembra ragionevole…uscirò comunque dalla vita…di…".

"Sei disgustoso! Tratti la vita di mademoiselle come un affare ragionevole…".

André abbassò la testa: "Questi sono affari da plebei! Mi avete sempre considerato tale! Ebbene…lo sarò fino in fondo!".

"E se non uscirai più di prigione?".

"Avete detto che mi avreste aiutato! Questo vi farà ancora più onore! In fondo i nobili magnanimi e generosi sono il fulcro della Francia, di contro alla plebaglia lamentosa, agli intellettuali che fomentano le ribellioni contro la sacra figura del Re…".

"André Grandier! Stai oltrepassando il limite…non mi faccio dire da un plebeo che devo fare nella mia vita!".

"Come volete…".

André indietreggiò di un passo, inchinandosi leggermente come a distogliere dall'altro i cattivi pensieri indotti dal goffo e disarticolato dialogo.

L'insinuazione era stata gettata nel terreno, chissà se sarebbe inaridita, seccandosi sino a diventare un'erbaccia giallastra, oppure sarebbe germogliata e cresciuta, soffocando per sempre sul nascere qualsiasi anelito di vita di quell'amore ormai distrutto.

Andrè rientrò nella cella. Udì alle spalle lo schiocco della chiave che chiudeva nuovamente la sua libertà entro pochi passi.

Mani un poco distanti schioccarono un inaspettato applauso - "Eh…bella messinscena!".

La voce alle spalle non lo colse di sorpresa.

S'era immaginato che quel vascello non fosse poi così ampio da impedire a orecchie fini di udire parole e respiri.

Si voltò, intuì la sagoma del soldato che avanzava, il sibilo d'una specie di risatina beffarda sgusciò dalle labbra di Alain Soisson.

"Davvero bravo! Direi che all'elenco potremmo aggiungere che sei un bravo attore. Uno di quei saltimbanchi che ammaliano i ragazzini con le loro arti magiche! Ma non certo uno di quelli...glabri histriones...come diavolo li appella Gustav! No, tu sei un uomo...".

"Se devi sputare altre sentenze…direi che ormai arrivi tardi!".

"Certo…disertore, ladro, assassino, bugiardo, donnaiolo…e che alto? Oh…pesa parecchio il piatto di quella bilancia!".

"Finiscila!".

"E se andassi a raccontarle tutto?" – il soldato appoggiò la baionetta, si tirò accanto uno sgabello, sedendosi davanti alla porta della cella.

"Sei pazzo? Che dovresti raccontare? Che t'importa?".

"Non lo so, non ci guadagnerei nulla in effetti. Ma togliermi la soddisfazione di veder piangere quella donna…sarebbe impagabile! Se sapesse che la ami al punto da arrivare a passare per un demone dell'Inferno pur di non trascinarcela…all'Inferno! Che poi...dimmi tu quale Inferno peggiore potrebbe esserci che quello di sapere che un uomo mette davanti all'amore...il bene più puro!? Che idiozia!".

Stavolta Alain Soisson aveva colpito nel segno, che l'altro si rivoltò contro la porta, sferrando un calcio, innervosito dall'eloquio idiota e inutile.

"Solo per la soddisfazione di vederla piangere!?" – rimarcò André – "Perché è nobile? Per farle un torto così grande devi odiarli davvero i nobili!".

"No…non perché è nobile…" – sibilò Alain severo – "Ma perché voglio che sappia quanto è stupida a rifiutare un uomo come te! Un uomo che sta facendo di tutto per tenerla lontano da sé e lei sta cedendo a ciò che vede anziché credere in ciò che sente!".

André s'ammutolì, da quando quell'idiota di Alain Soisson teneva così tanto ad André Grandier e soprattutto a una donna nobile…

Un istante…

Silenzio…

"Tu non tieni a me!" – sputò André attaccandosi alle sbarre della finestrella – "Tu vuoi solo vendicarti delle menzogne che non sei riuscito a distinguere! Il tuo orgoglio fatto a brandelli…vero!? E siccome non puoi colpirla…vuoi farlo attraverso me! Lei deve restare lontano dalla mia vita…non lo capisci!? Altrimenti…".

"E tu sei un idiota!" – gongolò Alain – "Una donna del genere…l'ho osservata…l'ho ascoltata…credi davvero sarebbe così stupida da immaginare d'essersi innamorata di un disertore, un ladro, un assassino e un donnaiolo? Tu le faresti un torto enorme".

"Ebbene, non sono fatti tuoi!" – gridò André – "E se anche fosse? E se davvero lei amasse un disertore, un ladro, un assassino? La colpa non sarebbe certo sua ma di quel disertore, di quel ladro e di quell'assassino! Stai lontano da lei!".

Alain Soisson rimase zitto.

Era indeciso se continuare a provocare André oppure stare al gioco idiota dell'altro.

Chissà quale dei due scenari si sarebbe rivelato più deleterio per lo scopo del soldato triste, se rivelare la verità al damerino, che così si sarebbe fatto una ragione di quanto fosse idiota l'altro, ma al tempo stesso avrebbe compreso quanto davvero l'amasse, oppure tacere tutto, così come era intenzionato a fare l'uomo ch'era chiuso nella cella, e che lui stesso avrebbe dovuto scortare fino a Parigi, lasciando l'altra nella disperazione più nera?

"Ne convengo…non sono fatti miei…ma resti un idiota!" – concluse Alain – "Non so se posso definirti un disertore…e nemmeno un ladro…ma di certo non sei un assassino. Sappiamo entrambi che Tiberius e Guglielmo ti hanno aggredito a Ponta Delgada…e penso anche di sapere per conto di chi!".

"Taci!" – André quasi si schiantò contro la porta, ancora un calcio e quella sarebbe crollata.

"Tu dovresti difendere quella donna da quell'uomo…quel conte…lo svedese…e non lasciarle credere che quello sia una specie di santo. E' stato lui secondo me ad ordinare a Tiberius e Guglielmo di picchiarti…il resto…".

"Alain…" – André s'aggrappò alle sbarre – "Io ho pagato caro il mio errore…lei non deve sapere…lei deve…".

"Va bene…io non dirò nulla…e non dirò nemmeno che era lui a correre dietro alle sottane di non so quante dame e damigelle incontrate durante il viaggio. Se ti sta bene figurarti come un libertino…fai pure! Ma sappiamo tutti che era lui…".

Silenzio…

"Non è una stupida…e se ti conosce davvero…lo saprà da sé ch'era tutta una messinscena!" – proseguì Alain avvicinandosi – "Ma perché lo fai? Perché vuoi ferirla a questo modo? Vuoi vendicarti di lei…del fatto che l'hai vista assieme al conte?".

"Un ragionamento degno di te! Un donna che rifiuta un uomo…dovrebbe solo essere punita per questo!?".

"No! Ma nemmeno essere gettata nelle braccia di un altro uomo…che razza di strategia sarebbe…".

"Non la comprenderai mai infatti! Voglio solo che lei non si perda, che non finisca ingoiata dalla mia vita!".

"E per questo devi passare per un disertore, un ladro, un donnaiolo…ma non ha senso…".

"Lo ha per me…non voglio passare per nessuno…".

Alain Soisson si alzò dallo sgabello. La conversazione scadeva nell'assurdo…

"Quell'uomo…non merita di restare santo…" – concluse Alain.

"Ebbene…lei non merita di finire nel fango assieme a me…non m'importa di quell'uomo…ma se lei saprà chi è davvero…".

"La credi così stupida?".

"No…".

"Sei furbo! Le starai lontano così che lei sarà sempre legata a te!" – pungolò Alain che s'era intestardito a recuperare un risvolto luminoso nella tetra e assurda faccenda – "Ottima strategia! In fondo anche passare per un avanzo di galera non è poi così sbagliato. Lei farà di tutto per salvarti…".

"Ebbene questo non potrò impedirlo…ma quando mi avrà salvato…" – sibilò André quasi stravolto, incapace di ammettere ch'era davvero lui ad aver elaborato una strategia così infermale.

"Tu le darai il benservito!" – rise feroce Alain Soisson – "Davvero una messinscena astuta! M'è parsa una donna orgogliosa…credo che così facendo…si libererà di te! Peccato che potrebbe finire tra le braccia di quell'uomo…non ci hai pensato?".

La chiosa galleggiò putrida entro il chiarore sbiadito del moccolo che via via moriva, mentre il buio avanzava.

Il respiro quasi soffocato…

La gola chiusa…

§§§

Lo sguardo osservò la compattezza del paesaggio poco dietro la schiera di case che ornavano il molo del porto di Brest ove l'imbarcazione era approdata.

Il selciato percorso in lungo e in largo dalla gente che accorreva…

Fiori…

Facce mute…

Carretti…

Grida di saluto…

Di colpo…

Lo scenario scavò nella mente. S'immaginò ch'esso fosse riemerso dal giorno in cui lei aveva lasciato la Francia o forse ancora prima quando aveva intravisto salpare la nave su cui era imbarcato André.

Si strinse il giaccone addosso.

La stagione, lì, sulle terre che puntavano in maniera sfrontata contro l'oceano, già declinava verso una sorta di freddo umido e salmastro.

I destini dunque si avviavano a dividersi.

Lei lasciava André e lui lasciava lei.

Di nuovo…

Quella storia appena nata non sarebbe sopravvissuta.

Non era quello il loro destino.

André era morto per lei e ora lei non poteva ricondurlo alla vita di un tempo, schiavo non più di un ceto irrilevante, bensì di un amore senza speranza.

Forse la menzogna più grande era quella che lei dettava a se stessa.

I passi tornarono giù, sottocoperta…

Scorse Victor che ordinava di legare i prigionieri.

Il tempo era finito.

"Aspetta…" – s'avvicinò Oscar.

"No!" – sibilò Victor – "Ora si farà a modo mio!".

Oscar si morse il labbro.

Assurdo sputare in faccia all'altro che André era un servo, uno dei tanti della famiglia Jarjayes.

Un legame che forse l'avrebbe salvato ma al tempo stesso condannato a essere esattamente, quello.

Un servo…

Dunque sarebbe stato meglio che André fosse stato un disertore, un ladro…

Persino un assassino…

Tutto pur di essere libero di essere ciò che aveva scelto.

Non poteva salvarlo…

Se lo vide passare accanto.

Si domandò se André davvero avrebbe voluto essere un disertore, un ladro, persino un assassino, oppure volesse essere salvato.

O se quell'amore, così grande e senza confini che provavano l'uno per l'altra, sarebbe divenuto la peggiore delle gabbie.

"Lascia che ci parli…".

"No!" – biascicò Girodel – "Non è più affar tuo! André Grandier si è arruolato. E come soldato del Re di Francia è diventato un disertore. Ha ammesso che mai più avrebbe giurato fedeltà al re! Forse ha rubato l'oro destinato alle truppe francesi".

Girodel pareva incredulo lui stesso nell'elencare la sequela di malefatte - "E forse…forse due soldati sono morti a causa sua!".

"Quei due…avrebbero ammazzato me!" – gridò Oscar come a restituire un poco di sensatezza allo scenario.

Victor sgranò lo sguardo: "Tu cosa sai? Li avevi mai visti prima?".

Sì…

Avrebbe voluto ammetterlo Oscar. Ma ammetterlo avrebbe svelato ciò che era scorso tra lei e André e soprattutto ciò che gli era accaduto a Ponta Delgada.

Non avrebbe potuto…

S'impose ugualmente…

Superò le guardie, si parò davanti all'altro.

André la guardò, lo sguardo bieco.

Oscar respirò a fondo, un cenno degli occhi impose ai carcerieri di allontanarsi.

Dante e Gustav si fecero da parte, complici nemmeno loro sapevano di cosa, seppur intenzionati ad esserlo di quella sorta di scampolo di respiri.

Bruciava d'essere stati fregati dal soldato triste eppure entrambi nel fondo della testa ammettevano che al posto di quello avrebbero fatto lo stesso.

Victor Girodel fissò André Grandier…

Lui scartò lo sguardo, tornando a quello di Oscar. La guardò, ascoltò la mano di lei appoggiarsi al braccio. Dopo tanto tempo gli parve che lei bruciasse, che lei l'avrebbe davvero amato lì, penetrandolo fin nel fondo più scuro della coscienza.

Ammise che l'amava ma che lei meritava un amore puro e libero…

Ammise che tutto ciò che aveva fatto l'aveva fatto per lei.

Se Oscar l'avesse saputo non gliel'avrebbe mai perdonato.

Così che fu lui a parlare…

"Prenditi cura di Argo…e di Pur…".

"André…lo farò! E' solo questo che vuoi? Io posso…".

"Tu non potrai fare nulla per me. Non dovrai fare nulla!".

"Sei un insolente!".

"Io sono libero…ho scelto di esserlo…ora accetterò le conseguenze della mia scelta…".

"Che cosa c'entra questo con…".

André fece un passo, restava sempre più alto di lei, il viso ancora scuro del sole che gli aveva lambito la faccia durante le ore d'aria nella traversata, le labbra un poco rose dal caldo, dalla salsedine, la barba un poco lunga…

Oscar se lo ritrovò addosso, cadde nell'odore dell'altro, camminò lungo la curva liscia della sua schiena, scorse l'incavo del collo, i muscoli delle spalle, il lieve respiro che increspa i pensieri…

"Noi…" – mandato giù, a fatica, che la mente si ritrovò disgregata dal contatto, come un cavaliere d'improvviso disarcionato.

Disorientava la vicinanza, strideva quel disorientamento.

Oscar François de Jarjayes non si era mai sentita così vulnerabile.

Non lo voleva ma non voleva combattere l'essere disorientata, non almeno da parte di André.

Lui…

"Tu non mi hai mai mentito…" – continuò Oscar, quasi a inchiodarlo lì, come a richiamare a galla chi lui era sempre stato e richiamarlo a sé, imponendo anche a lui la subitanea discesa dei sensi dentro di sé.

Tutto intorno vorticava l'aria marina carica di sentori perduti e olezzi domestici.

Profumi e parole parevano richiamarli indietro, al loro passato, tutto ciò che avevano vissuto, quasi che anche quando non sapevano di amarsi, in realtà s'erano amati lo stesso.

"No…non ti ho mai mentito…e proprio perché non l'ho mai fatto, non ti mentirò mai...".

Fece per appoggiare le mani alle spalle, anche se André era legato, le mani dietro la schiena, ma lui si scostò.

"Vattene…" – ruvido – "Via!".

L'altra non replicò nulla, ammutolita dall'ennesimo rifiuto…

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