Si ripiegò di colpo su se stesso, trattenuto solo dalle catene che gli
segavano i polsi sottili, mentre un lungo rantolo gli sfuggiva dalle labbra
Un unico, veloce sguardo e Severus intuì il motivo della chiamata di Voldemort: c'era un prigioniero da interrogare, un povero essere umano da torturare a lungo prima che la morte potesse scendere pietosa su di lui.
Quante volte, o maledetti ricordi, quante volte aveva donato una sospirata morte misericordiosa, trafiggendo infine con un unico colpo, secco e preciso, il povero cuore della vittima designata!
Insopportabili memorie: era stato lì che la lama affilata del suo pugnale aveva trapassato la sua dolce Beryll. Nella lugubre fortezza, piena di passaggi segreti e conosciuta alla perfezione, ma nella quale non era riuscito a trovare via di fuga per la donna amata, se non l'ineluttabile morte.
Dal primo colpo d'occhio, Severus si rese conto che l'Oscuro Signore aveva già permesso ai Mangiamorte di divertirsi a lungo con la vittima.
L'uomo era in ginocchio, appariva stremato, il volto pesto e sanguinante. Anche gli abiti, lisi e malandati, erano insanguinati. Adesso Voldemort voleva estorcergli informazioni: per questo era stato chiamato.
Si avvicinò adagio osservando il prigioniero che tentava a fatica di alzarsi, mentre le risate dei Mangiamorte, in cerchio compatto attorno a lui, lo colpivano come crudeli staffilate. Il circolo si allargò un poco e Severus poté vedere bene l'uomo che si era rialzato da terra e, con coraggiosa e orgogliosa dignità, fissava il volto piatto da serpente dell'Oscuro Signore.
Per un fugace istante una minuscola scintilla di felicità avvampò nel cuore di Severus: era Remus Lupin.
L'uomo che Alhyssa amava.
- Severus, – constatò Voldemort con voce metallica, priva di emozioni. – ti fai sempre attendere.
- Sono qui, mio Signore. Ai tuoi ordini, come sempre. – rispose altrettanto impassibile.
Un sorriso senza calore stirò le labbra di Voldemort:
- Abbiamo un nuovo prigioniero. E' un tipo difficile e mi serve il tuo aiuto.
Lupin stava fissando Piton: appariva sorpreso, ma anche sollevato. Severus evitò con cura di incrociarne lo sguardo.
- Ho la sensazione che si tratti di un elemento di rilievo, che può fornire interessanti informazioni. - azzardò l'Oscuro – Ma il dolore e la paura distorcono la sua mente ed io non riesco a vedere.
Piton costatò che Remus si era dimostrato abile allievo nella difficile arte dell'Occlumanzia. Quindi, Voldemort ancora non aveva scoperto nulla, né sapeva di aver catturato un importante membro dell'Ordine. Si stava girando quando, con la coda dell'occhio, intravide Malfoy entrare nella sala.
Doveva giocare d'anticipo.
- Lo conosco bene, Oscuro Signore! Una vecchia e disprezzata conoscenza: Remus Lupin. – sibilò Piton con un ghigno cattivo sulle labbra, avvicinandosi al cerchio e facendosi largo con arroganza tra loro.
– Un disgustoso, lurido, intollerabile lupo mannaro! – sibilò, sferrandogli un calcio dietro le ginocchia. – Mi è stato fra i piedi per troppo tempo, dai tempi della scuola fino a oggi.
Lupin cadde di nuovo in ginocchio e Piton lo afferrò ruvido per il mento sollevandogli il viso:
- Non c'è la luna piena ad aiutarti ad ammazzarmi, stanotte, bastardo!
Lupin lo fissava sbalordito, i limpidi occhi grigi velati di dolore e offuscati dalla tristezza. Le iridi di Piton erano un gelido specchio nero, impossibile da scalfire. Remus non riusciva a credere a ciò che stava accadendo e la paura s'impadronì di nuovo di lui, con prepotenza. Un sospiro sfuggì dalle labbra tumefatte, con poche confuse parole:
- Quello scherzo… io non sapevo, Severus…
Un nuovo, violento calcio allo stomaco colpì Lupin che gemette e chinò il capo.
Malfoy si era avvicinato. Un gelido sorriso beffardo era sulle sue labbra:
- E' dolce il tempo della vendetta, vero Severus?
Piton non lo degnò di uno sguardo ed estrasse invece il pugnale. Lo puntò alla gola di Lupin mentre lo sollevava per un braccio e lo spingeva davanti a Voldemort.
- Bene, Severus, è tutto tuo. Sai cosa fare. – intervenne l'Oscuro con voce piatta, nessuna espressione sul freddo volto da serpente. - Quando non avrà più nulla d'interessante da rivelare, allora potrà cominciare il tuo divertimento.
Lupin vide gli occhi sanguigni di Voldemort illuminarsi per una frazione di secondo: l'unico segno vitale nel volto cadaverico.
Piton annuì e fece cenno a due giovani Mangiamorte di seguirlo, e si diresse ai sotterranei della fortezza spingendo rude Lupin.
- Severus… tu non puoi, non ci credo… - mormorò Remus a fatica, le labbra gonfie e lacerate dalle percosse.
- Taci, Remus, non fiatare! – sibilò Piton premendogli il pugnale sulla gola.
Una goccia di sangue zampillò quando la lama scalfì la tenera pelle del collo e Lupin non aprì più bocca.
Giunti alla fine del lugubre corridoio sotterraneo, uno dei giovani Mangiamorte aprì la porta ed entrò con Piton, aiutandolo a immobilizzare Lupin al grosso palo che troneggiava al centro della stretta e buia cella.
Nello sguardo del prigioniero brillava manifesto l'odio per il suo torturatore. Il ragazzo però notò che lo sguardo era anche colmo di sofferenza. Piton gli fece un secco cenno di uscire.
Il ragazzo si richiuse la porta alle spalle mettendosi di guardia di fianco all'altro Mangiamorte, chiedendogli sottovoce:
- Lo hai riconosciuto anche tu, adesso?
- Sì. Era il nostro professore di Difesa Contro le Arti Oscure due anni fa.
- Già, il Mannaro. – sghignazzò il ragazzo più alto.
L'urlo di dolore proveniente dalla cella li zittì per un istante. Ripresero a voce molto più bassa.
- Certo che il professor Piton non scherza.
Un altro urlo, prolungato e agghiacciante, uscì dalla stanza.
- Non ne ho mai avuto il minimo dubbio. – rispose piano l'altro.
Sembrava a disagio e ogni nuovo lamento di Lupin lo raggelava.
Nei successivi minuti i ragazzi rimasero immobili, avvolti dal gelido silenzio del sotterraneo, lacerato solo dalle urla strazianti del prigioniero.
All'improvviso la porta della cella si spalancò e il professore di Pozioni uscì, furente, sbattendosi la porta alle spalle:
- Che nessuno si azzardi a entrare in mia assenza. – ruggì.
Non fece in tempo a svoltare l'angolo del corridoio che incrociò Malfoy.
- Anche tu qui, nobile Lucius? A sprecare la tua notte in questi umidi sotterranei? – chiese, memore delle impudenti insinuazioni rivoltegli solo poche ore prima. – Mi era sembrato di capire che preferissi dedicare le tue notti a ben altre piacevoli incombenze. - concluse, mentre un graffiante sorriso si dipingeva sul volto pallido.
- Ero venuto a controllare il tuo lavoro. – rispose altezzoso. – Non vorrei ti fossi troppo addolcito e non più in grado di far parlare un prigioniero.
Piton picchiò adagio la lama del pugnale, sporca di sangue, sul palmo della mano. Piccole gocce di sangue schizzarono sul suo abito.
- Tu credi? – chiese con indifferenza, inarcando appena un sopracciglio.
Malfoy osservava con disgusto il sangue sulle mani e sui vestiti:
- Sangue di Mannaro. - mormorò sprezzante.
- Sangue, Lucius, solo sangue. Incredibilmente uguale al mio e al tuo. Al nostro purissimo sangue. – sibilò Piton sputando a terra e superando Malfoy.
- Dove vai?
- A prendere del Veritaserum. Inutile perdere tempo adesso: prima le informazioni. – proferì con un ghigno perfido sul viso. – Mi divertirò dopo. Ma tu stai alla larga dal mio prigioniero.
Quando Piton fu di ritorno, Malfoy lo aspettava ancora davanti alla cella, furioso:
- Questi due idioti non mi hanno lasciato entrare. – sibilò.
- Benissimo. – esclamò Piton con un ghigno soddisfatto - Significa che diventeranno ottimi Mangiamorte: hanno obbedito ai miei ordini.
A un cenno imperioso, il ragazzo più alto aprì la porta, approfittando per dare una sbirciata all'interno: il prigioniero era sempre legato al grosso palo, ma era scivolato in ginocchio e le braccia erano tese in alto, trattenute dalle catene che gli tagliavano i polsi. Il capo era reclinato in avanti.
- In piedi, Lupin! – ordinò Piton strattonandolo.
Lo sguardo col quale Remus investì Piton e Malfoy era colmo di odio.
- Apri la bocca. – ordinò Piton avvicinando una pipetta alle labbra serrate. – Aprila, avanti! - sibilò cercando di ficcarla a forza tra i denti serrati.
All'improvviso Malfoy afferrò Lupin per i capelli e gli tirò indietro la testa con violenza.
Gli occhi di Piton lo fulminarono:
- Faccio da solo. Stai alla larga.
- La tua mano mi sembrava troppo dolce. - insinuò Malfoy.
- Forse solo perché appaia più crudele, dopo, per questo mio amico.
Così dicendo Piton sostituì con la sua mano la ruvida presa di Lucius e allungò una violenta ginocchiata al basso ventre di Lupin.
Remus si lasciò sfuggire un gemito di dolore e Severus, fulmineo, gli inserì tre gocce di pozione tra le labbra.
Lupin si ripiegò di colpo su se stesso, trattenuto solo dalle catene che gli segavano i polsi sottili, mentre un lungo rantolo gli sfuggiva dalle labbra e gli occhi si annebbiavano.
Un sorriso crudele aleggiava sul viso pallido e teso di Severus.
- Bene, caro Remus. Ora mi racconterai tutto!
Lupin, con estrema sofferenza, cercava di rialzarsi. Gli occhi grigi, di solito limpidi e sorridenti, erano offuscati dal dolore delle torture subite e lampeggiavano di un rabbioso odio impotente. Fronteggiò con dignità i suoi torturatori e serrò strette le labbra, mentre un lungo tremito squassava ancora il suo corpo magro.
Severus lo fissò a lungo, con attenzione, quindi mormorò, con estrema serietà, quasi parlando con se stesso:
- Non sta facendo effetto! Non è possibile: il Ministero è davvero riuscito a trovare un antidoto al Veritaserum!
- Perché il Ministero? – chiese Malfoy, perplesso.
- Chi altri può interessarsi dell'Oscuro Signore, in questo momento, visto che nessuno è informato del suo ritorno? – rispose sarcastico Piton.
- Al Ministero nessuno crede al suo ritorno! – esclamò Malfoy con disprezzo nella voce strascicata.
- Forse non sei ben informato, Lucius. – sussurrò Piton, un sorriso obliquo a incurvargli le labbra. – Ma io lo scoprirò, stanne certo!
Si girò rapido verso Lupin, gli occhi fiammeggianti d'ira e la bacchetta in mano, esclamando:
- Crucio!
Gli occhi grigi di Lupin si dilatarono subitanei, traboccanti di incredulo stupore. Spalancò la bocca in un'esclamazione di sconcerto, ma ne uscì solo un urlo agghiacciante, saturo d'indicibile sofferenza. Cominciò a contorcersi e dimenarsi, trattenuto dalle catene che tintinnavano, straziandogli i polsi esili. Cadde presto in ginocchio, mentre un ghigno crudele si allargava sul volto eccitato di Piton, dove gli occhi risaltavano come frammenti di ghiaccio nero.
Il mago si volse verso Malfoy che ne ricambiò la schifosa espressione.
- Allora, Remus, cosa ne dici? Era da troppi anni che attendevo questo momento, - sussurrò Piton, con voce soavemente crudele - dalla notte di luna piena in cui ho scoperto, a mio danno, quale era la tua vera natura!
Il mago continuava a tenere la bacchetta puntata con fermezza su Lupin che si contorceva scomposto. Il volto di Piton era una maschera sfigurata dall'odio.
Malfoy sghignazzò, quindi volse le spalle per uscire:
- Bene, Severus, vedo che la dolcezza non fa per te. Oggi pomeriggio, per un momento, avevo avuto l'impressione che… – sussurrò con perfida voce strascinata – ma sono contento d'essermi sbagliato!
Prima di chiudere la porta aggiunse gelido:
- Devo sistemare alcune cose. Ma tornerò più tardi: non voglio perdermi quest'altro spettacolo che hai deciso di offrirmi.
Severus si volse di nuovo verso Lupin, gli occhi febbricitanti.
I due giovani di guardia alla porta chiusa continuarono a lungo a udire le urla strazianti del prigioniero. Poi ci fu un improvviso silenzio. Piton uscì dalla cella richiudendosi la porta alle spalle.
- Che nessuno entri. Mi serve un'altra pozione. – ordinò secco, avviandosi con estrema lentezza lungo il corridoio, quasi zoppicando.
