Dannazione...sembro un perfetto idiota! E la parte peggiore non è neanche questa, ma l'irritante sorriso che chi ha causato tutto ciò mi sta rivolgendo guardandomi dal divano. Per non parlare del pollice in su. Ah...dove glielo infilerei quel pollice! Ma non sarebbe carino. No. Ho promesso a me stesso e agli altri che in questa nuova vita sarei stato diverso. O che almeno ci avrei provato.
Tento di allargare il nodo con cui questa stupida cravatta sta cercando di farmi scontare le mie precedenti nefandezze. E ho il sospetto che quel burlone (sto andando bene dai...un tempo avrei detto altro!) di Aphrodite lo abbia fatto apposta per farmi soffrire.
Nota bene...sii prudente quando chiedi ad un amico di aiutarti ma soprattutto...non accettare mai aiuti non richiesti, neanche quando si tratta del tuo migliore amico!
Ebbene, si scopre che l'idiota svedese mi ha abbigliato come un pupazzo per rendermi, a suo dire, presentabile per la cena che la dolcissima Saori ha preteso di organizzare al Grande Tempio per la vigilia di Natale. Ovviamente sono ironico. Saori è una viziata di prima categoria che, oltre ad essere inetta in maniera eclatante, è irritante come una lucertola nelle mutande. Cioè...non che io l'abbia mai provato, ma lo immagino.
Poi dicono di me...come avrà fatto un crudele assassino a diventare un membro dell'élite di Atena?
Oltre alla domanda, datevi anche la risposta. Ma chiedetevi piuttosto come abbia fatto lei a manifestarsi come l'incarnazione di Atena...mistero.
Per di più, dato che i difetti non vengono mai da soli, è anche tirchia come poche. E la cena risicata offerta a buffet questa sera mostra tutta la sua generosità. Fino all'ultimo minuto tutti, e sottolineo tutti, abbiamo sperato che Aldebaran la spuntasse per potersi occupare del banchetto, ma no...l'inetta ha scelto Shaka. Sì Shaka...vorrei sapere se qualcuno lo ha mai visto mangiare in vita sua! Potrei usare molti epiteti per definire Saori ma non posso. Come ho già detto, ho promesso di comportarmi meglio ed intendo farlo.
Muovo il collo da un alto all'altro nel tentativo di fare un po' di spazio che lasci passare un minimo di aria in gola, e dopo aver minacciato il nodo della cravatta, riesco a trovare un po' di sollievo. Me la pagherai Aphrodite...giuro che me la pagherai. La prossima volta che mi pregherai di cucinare uno dei miei piatti di spaghetti lo riempirò di così tanto lassativo da farti rimpiangere il tuo sorriso divertito!
Senza avere molto altro da fare recupero un bicchiere di champagne. No. Non è champagne. È uno spumante economico, evidentemente allungato con acqua, con un odore più simile al polistirolo che al vino. E un vino non dovrebbe mai sapere di polistirolo. Anche perché, come tutti sanno...il polistirolo non ha alcun odore! Ma soprassiedo, evitando di lagnarmi e portando il bicchiere alla bocca mentre l'altra mano è nella tasca dei pantaloni, libera di grattar...lasciamo perdere. Ma, considerato quanto sia divertente questa festa, non siamo lontani dalla verità.
Vorrei sputare. Posso? No, non sarebbe elegante e Aphrodite riderebbe di me per molto tempo. Forse per sempre.
Sto per condurmi da solo alla bocca di Ade, quando, all'improvviso, i miei occhi si soffermano su chi è appena entrato. Se sapesse...se solo sapesse. Probabilmente mi ucciderebbe. Non ho dubbi.
Anche lui non è un angioletto, anche lui, come me, ha portato sulle spalle il peso dell'infamia. Beh, sicuramente meno di me, ma va bene...non si può dire di me che non me la sia cercata.
Con la discrezione che lo caratterizza cerca di passare inosservato, andando subito a sedersi su uno dei divani. Proprio vicino al suo migliore amico.
È solo un amico?
Mi schiaffeggio mentalmente. Non dovrebbero essere affari miei. Tanto non mi guarderà mai.
Da quando siamo tornati in vita non faccio altro che pensare a lui. Dannazione! Ho provato a distrarmi in qualunque modo ma niente. Neanche le donne riescono più a distrarmi. Prima era solo di notte...non appena le mie palpebre si chiudevano compariva lui. Ma poi ha cominciato a perseguitarmi anche di giorno. Ovunque. Il suo viso è sempre davanti ai miei occhi. Bellissimo. E io vorrei solo poterlo accarezzare. Con la punta delle dita per non essere scortese. Con la cura che meriterebbe.
Dopo aver salutato il suo amico e colui che si vocifera ne sia l'amante, si alza ed io sento il bicchiere scivolare tra le mie dita mentre lo guardo venire verso di me. Avvicinarsi a me. Fortunatamente ho i riflessi pronti, quindi il bicchiere resta dov'è, e io comprendo presto il motivo del suo avvicinarsi. Anche lui ha sete. Certo...non poteva essere nient'altro che questo.
-Non te lo consiglio... - è l'unica cosa che riesco a dirgli. Vorrei dirgli altro, non so se il leggero tremolio della mia mano tradisce il mio nervosismo, ma spero di no, perché so che ciò che riceverei da lui non sarebbe altro che il suo sguardo. Come sempre freddo. Come sempre distaccato.
Ma d'altronde...come potrebbe guardare diversamente uno come me? Uno che ha fatto tutto quello che ho fatto io? Il mio solo nome vale più di un documento d'identità. Maschera della Morte.
Sbuffo leggermente, cercando di non darlo a vedere. Sebbene il fastidio sia tanto. Non sarei mai voluto venire, ma colui che condivide il mio tempio e la mia vita da quando sono nato, ha insistito. Non potevamo mancare, Saori non ce lo avrebbe mai perdonato.
E io vorrei solo fargli capire che, a parte il fatto che Saori non ci ha perdonato diverse cose, sono soprattutto gli altri ad avercela con noi per non aver portato a termine i nostri propositi oltre tredici anni fa. Per non parlare di come mettono in soggezione il povero Aiolos...a volte ho la sensazione che voglia prendersi a sberle da solo...ma tant'è.
Sbuffo di nuovo. Che senso ha fare una festa di Natale se la maggior parte di chi vive al Santuario non sa neanche cosa sia? Va beh, soprassiedo. È un vezzo della dea adolescente.
Se qualcuno pensa che io non abbia alcuna stima di questa ragazza spocchiosa, viziata, arrogante, inutile...soprattutto inutile...pensa bene. E non sono l'unico, o meglio, la pensiamo tutti così. E la ragione è semplice...questa tizia, costei per la quale siamo morti più di una volta, ci avrebbe tranquillamente lasciati ammuffire dentro un orrido blocco di cemento, se suo padre non avesse avuto un minimo di pietà per coloro che si erano fatti il cul...cioè, che avevano eroicamente sacrificato la loro vita per la figlia e per l'umanità.
Non contenta di averci abbandonato ad una morte senza onore...e senza vestiti, a dire il vero, dato che eravamo tutti nudi come vermi... il che non mi sarebbe neanche dispiaciuto se almeno avessi avuto davanti ai miei occhi chi volevo...dicevo, l'inutile, non contenta di essersi liberata di noi, ha poi occupato i nostri templi con delle copie sottomarca che, modestie a parte, non somigliavano agli originali neanche al buio, sottomettendo la volontà stessa delle armature d'oro che, mai e poi mai, li avrebbero vestiti sapendo i legittimi proprietari ancora in vita.
Aiolia ha urlato facendosi sentire fino al Peloponneso, Deathmask si è buttato nel turpiloquio, Aiolos dava testate contro una colonna scusandosi con Shura per non averlo voluto ascoltare tanti anni fa, Milo aveva assunto un'espressione che il mio alter ego malvagio avrebbe invidiato, mentre Shaka si è esibito nella preoccupante posizione del fiore di loto che, come si sa, non presagisce mai nulla di buono.
Tuttavia, nulla di tutto ciò è stato necessario, perché un cosmo potente, tanto forte quanto premuroso, si è espanso richiamando a sé tutte le armature...tutte, ma proprio tutte, erano passate sotto le amorevoli cure delle sue mani...e soprattutto, riconoscevano nelle sue mani il nobile lignaggio di chi le aveva create.
Nel giro di pochi istanti, hanno abbandonato gli usurpatori per avvolgere le nostre membra come tante volte avevano fatto prima di allora, riconoscendo coloro che legittimamente le portavano ed emettendo intensi bagliori dorati. Forse di ringraziamento, chi lo sa. Fatto sta che nel momento in cui l'armatura ha nuovamente abbracciato il mio corpo, una sensazione di calore ha pervaso i miei muscoli arrivando fino ai nervi, facendo vibrare quei fili invisibili che tessono quella trama misteriosa che è ancora la mia coscienza. Ah...il residuo di quel cosmo...no, non della copia scadente che pretendeva di sostituirmi senza alcuna possibilità di successo. Quell'altro cosmo...
Torno alla realtà, sbuffando un'altra volta. Mio fratello, colui che aveva promesso di farmi compagnia a patto di venire, è scomparso da sotto il mio naso, lasciandomi in piedi, da solo in mezzo alla stanza, per fiondarsi su un divano a spettegolare insieme ad Aphrodite. Un po' mi viene da ridere, perché sono davvero fatti l'uno per l'altro, il punto è.…quanto si sopporterebbero? Fatto sta che mi ha mollato da solo come un cretino.
Distolgo lo sguardo, portandolo in giro per la grande sala alla ricerca di qualcuno in particolare. Non riesco a vederlo, e, sebbene cerchi di muovermi con discrezione, non posso evitare ai miei occhi di perlustrare ogni angolo nel tentativo di trovare l'unica, vera, ragione per la quale mi sono lasciato convincere a venire stasera. Anche se mio fratello non lo sa. O forse sì...sa sempre tutto.
Niente. Faccio per muovermi verso il tavolo delle bevande, almeno per perdere un po' di tempo, ma la faccia disgustata di Deathmask mi dissuade immediatamente, e mentre torno sui miei passi sento qualcuno aggrapparsi al mio braccio con una presa sottile ma insistente.
Mi acciglio. Non mi piace quando le persone si prendono confidenze non richieste, inoltre, il mio completo elegante perfettamente stirato non tollera queste invasioni di campo. Certo...non avrei nulla di cui lamentarmi se si trattasse della sua presa, nel qual caso, potrebbe usare il mio vestito anche come straccio per i pavimenti...
Invece no. Cerco di mostrare comunque un'espressione cortese, che non mi viene particolarmente naturale, quando, voltandomi verso chi mi afferrava, trovo il volto di Shaka a pochi centimetri dal mio. Troppo, troppo pochi.
Non ho niente contro Shaka, per carità, è un grande cavaliere, potente, bello, autorevole...un filo arrogante, ma nessuno è perfetto, sebbene lui la pensi diversamente. Il punto è che non ho alcun interesse nei suoi confronti, perché sono tutti rivolti ad un'altra persona.
Neanche l'avessi appositamente evocata...girando il viso per sfuggire alla vicinanza di Shaka mi imbatto nei suoi occhi. Dannazione! Ancora fermo sulla soglia della porta, la prima cosa che gli si para innanzi sono io a braccetto con Shaka. La sfortuna mi perseguita, non c'è altro da dire.
Però...però...se proprio devo trovare qualcosa di positivo in tutto questo, vedo da parte tua una reazione inaspettata. I tuoi occhi, quei bellissimi occhi che mi tormentano giorno e notte sono leggermente sgranati.
È perché hai visto qualcosa che non ti piace? Dimmi di sì...dimmi di sì angelo mio...e mi libero in un nanosecondo.
Subito dopo abbassi lo sguardo, assumendo un'espressione che potrei definire triste. È per me?
Devo saperlo, e questa è la ragione per la quale, contro ogni mio desiderio, mi lascio condurre su un divano mentre parole che riempiono uno spazio altrimenti imbarazzante non arrivano alle mie orecchie. Infatti non ti perdo di vista, e, senza tradirmi, continuo a guardarti con la coda dell'occhio per vedere cosa fai. Sono bravo in questo, in effetti, se mio fratello è il re dei manipolatori, io sono il suo vice. Non che ci sia da vantarsi...ma è così. Ho bisogno di sapere se ho attirato la tua attenzione, se vedermi qui a parlare con qualcun altro ti da fastidio. Anche se parlare è una parola grossa...è Shaka che sta parlando, senza che io abbia la minima idea di cosa stia dicendo.
Ti vedo. Sei a disagio e non riesci a nasconderlo, mentre parli con Camus lanci sguardi furtivi nella mia direzione. So che è la mia direzione perché sono certo dell'amicizia, e nulla di più, che lega te e Shaka. Quindi non puoi essere triste per lui.
Concentrato su di te e su tutto quello che fai, non mi accorgo, ahimè, dell'intraprendenza di chi mi sta parlando, e quando sento una mano accarezzarmi il petto sopra la camicia, ho solo il tempo di rivolgere uno sguardo di incomprensione all'autore di tale audacia prima di riportarlo su di te. Ma solo per vederti uscire quasi di corsa, con lo sguardo puntato sul pavimento.
E sebbene distolga i tuoi bellissimi occhi, non riesci a nascondere il velo di dolore che segna il tuo viso.
È per me? Posso avere anche solo una vaga speranza che possa essere per me? Potresti mai amare chi ha causato e ti ha causato tanta sofferenza? Perché con te non potrei mai fingere nulla...sei sempre stato troppo bravo a leggermi dentro e non potrei mai fingere di essere diverso da chi sono. Con te potrei essere solo me stesso...posso essere solo ed unicamente Saga.
Già il semplice fatto di entrare e vedere tutti gli sguardi rivolti verso di me mi mette a disagio. Non ci sono abituato. Non più. Sebbene conosca tutti i miei compagni da quando erano marmocchi che avevano ancora una naturale difficoltà a controllare i loro sfinteri...con sommo dispiacere mio, di Saga e di Kanon, che abbiamo passato buona parte del tempo a cambiare pannolini...mi sento a disagio.
Il problema non sono loro, sono io. Ma che devo dire? Io ho fatto quello che ho fatto a fin di bene. Non avrei mai pensato che la salvezza della reincarnazione di Atena avrebbe provocato la sciagura dei miei compagni d'armi, ma tant'è.
E che dire del mio povero fratello? Prima, era considerato un reietto in quanto fratello del traditore...ora, non è cambiato nulla, perché mi considerano ugualmente un traditore. Il loro traditore, ma comunque tale. Un rompicapo, davvero.
Ok, forse sto esagerando. È che da quando ho cominciato a frequentare la comunità di Rodorio ho scoperto la vocazione per il teatro, e dal momento in cui ho ravvisato la possibilità di avere doti attoriali, tendo ad enfatizzare un po' la realtà che mi circonda. Un po'.
Alla fine dei conti i miei compagni mi comprendono. Forse. Anche se, di quando in quando, mi rivolgono sguardi di biasimo...ad esempio ora, mentre li vedo storcere il muso dopo aver ingurgitato qualcosa proveniente dal buffet.
Do un'occhiata al tavolo sul quale sono le pietanze e mi sento male. E sì che siamo cavalieri d'oro, non nobili di corte! Non abbiamo mai avuto gusti difficili e, tutto sommato, abbiamo sempre mangiato quello che passava il Santuario ma...per tutti gli dei...che cosa sono quelli? Gamberetti o funghi?!
Torno in me scuotendo il capo. Tutto sommato non stavo male all'Inferno. Faceva un po' caldo, questo è vero, ma niente che qualcuno già abituato all'impietoso sole dell'estate greca non potesse sopportare. E poi mi consideravano un eroe. Sì, mi trattavano con rispetto e mi parlavano con deferenza. Più di una volta avrei voluto che mio fratello fosse con me...e invece no. Alla fine sono stato io a tornare qui insieme a lui. La proverbiale fortuna della famiglia Leone Sagittario...
Credo che Deathmask beva per disperazione...non può essere altrimenti, data l'espressione schifata...mentre Camus e Mu, pur essendo nei paraggi del buffet, fanno attenzione a non toccare nulla, insinuandomi quasi il dubbio che nel cibo si annidi qualche sostanza radioattiva.
Ma ditemi a chi...a chi poteva venire in mente di affidare l'organizzazione di una cena a Shaka?!
Giuro...non l'ho mai visto mangiare, ho sempre pensato che si nutrisse solo del suo cosmo e, a giudicare dal suo peso, non credo di essere andato lontano dalla realtà.
Hai tra le tue fila Aldebaran... Deathmask...Camus...e affidi la cena a Shaka? È evidente che questa ragazza ha seri problemi. Come se non fosse bastato lo scherzetto che ci ha fatto al nostro ritorno...
Scuotendo leggermente il capo, perlustro i dintorni con lo sguardo, nel tentativo di trovare qualcosa di interessante da vedere ma l'unico scenario divertente che mi si para innanzi è mio fratello che, insieme al suo amante, si diverte semidisteso su uno dei divani. In preda ad un tasso alcolico evidentemente superiore alla media dei presenti. Prima che mi interroghi su come sia possibile, la vista di una bottiglia in mezzo a loro due risponde alla mia domanda latente. Si sono portati le scorte da casa. Ingegnosi...
No, un momento. Non è l'unica scena interessante. Mi acciglio leggermente quando vedo il cavaliere della Vergine, alias il responsabile di questo disastro, portare una mano sul petto di Saga e accarezzarlo con finta noncuranza. Che mi venga un colpo! No, meglio di no...
Ma vedere il mio amico Saga in preda al panico, se da un lato può provocarmi un leggero sorriso, dall'altro mi preoccupa, perché ne intuisco le difficoltà. So benissimo di chi è innamorato...perdutamente innamorato...anche se non ha il coraggio di avvicinarlo per dirglielo. Tuttavia, non ci vuole un genio per intuire che i tentativi di Shaka non potranno portargli altro che guai. E infatti...
I passi rapidi e leggeri alle mie spalle mi inducono voltarmi, e non mi stupisco di vedere l'oggetto del desiderio del mio amico uscire dalla sala alla velocità di un razzo terra - luna. E sì che è da quando siamo tornati che dico a Saga di darsi una svegliata...ma niente.
Sospiro. Questa serata è un disastro. Annunciato, ma pur sempre un disastro.
Che poi...siamo onesti. Faccio la morale a Saga quando io sono il primo a non essere in grado di affrontare i miei fantasmi.
Volutamente evito di guardare in direzione dell'ultimo divano, perché non ce la faccio. Non posso incontrare il suo sguardo. Non ancora. Mi fa male, ma non per me...per lui. Perché quando lo faccio vedo la sua sofferenza, e io non voglio che soffra. Giuro che farei qualunque cosa per vederlo sorridere nuovamente. Ne sono stato privato per così tanti anni che avrei diritto persino agli arretrati...
Me lo ricordo perché è un sorriso raro e, nella sua rarità, è magnifico. Non l'ho mai visto sorridere così a qualcun altro. A volte la sua bocca si distorce in mezze smorfie ironiche ma nulla più. Solo io conosco il modo in cui suoi occhi si illuminano e le sue labbra si stendono con sincerità e bellezza.
Ma lui non mi guarda neanche, perso nel riflesso del liquido giallo che fa ondeggiare nel calice senza osare bere. Questo, fino a quando non si alza per apprestarsi ad andare via, sfuggendo definitivamente al mio sguardo.
Ti è così sgradita la mia vista?
Ti da così fastidio che io... Aiolos...sia di nuovo vivo?
È solo a qualche passo da me, forse neanche un metro ci divide. Eppure non riesco a dirgli nulla. Vorrei, ma proprio non riesco. Cioè...intendiamoci...non è che io sia un chiacchierone e il mio silenzio passi come un'anomalia. Sono tendenzialmente taciturno. Anzi, toglierei tendenzialmente. Dunque non sembra strano a nessuno, lui compreso, che non lo abbia nemmeno salutato.
Non te lo consiglio...
Alla fine è lui a rompere il ghiaccio dopo l'imbarazzante silenzio che ci ha avvolti sin da subito. Sì, perché sebbene io sia naturalmente introverso, questo silenzio così ostinato non è da me. Parlo poco, ma parlo. È solo che...davvero non riesco a farlo con lui.
Il motivo è semplice, mi sento tremendamente stupido. Non so come approcciarmi perché, in effetti, noi due non abbiamo mai parlato né avuto una interazione che andasse oltre la minima cortesia che si deve ad un compagno d'armi. Anche per questa ragione sono il primo a domandarmi che diavolo sia accaduto da un po' di tempo a questa parte.
Oltre a non essere mai stati amici, non mi è mai piaciuto. L'ho sempre considerato così...così...eccessivo. In tutto, nel modo di fare, di parlare, di muoversi, di combattere. È sempre stato troppo, e per me, che prediligo la discrezione e la sobrietà, non è mai stato interessante. Non è mai stato un'opzione.
Ma, da quando siamo tornati in vita, qualcosa è cambiato e, pur non essendo in grado di comprenderne la ragione, ha cominciato ad insinuarsi nei miei pensieri fino a trovare uno spazio, nel quale si è insediato senza chiedere il permesso. All'inizio ho combattuto... eccome se ho combattuto! Ho lottato per ignorarlo attribuendo la sua scomoda presenza al fatto che, con tutta probabilità, non ero ancora abituato a vederlo in questa nuova veste. Lui, che tra i seguaci di Arles è stato il più crudele, in questa nuova vita ha adottato un atteggiamento completamente differente, spiazzandomi e dando un colpo di spugna a quello che avevo sempre pensato sul suo conto.
Milo mi prende in giro. Lo Scorpione ficcanaso ha intuito fin da subito qualcosa e, da allora, non mi ha dato tregua con i suoi consigli non richiesti...fino a qualche istante fa, non del tutto sobrio e quasi disteso sul suo amante, mi ha costretto ad avvicinarmi a questo tavolo solo per accorciare la distanza che ci separa.
In realtà avrei voluto sfruttare la scusa per buttare giù qualcosa che mi aiutasse a distendere i nervi ma, il suo viso prima, e la sua schiettezza poi, mi hanno dissuaso dal farmi volutamente del male.
Alzo gli occhi al cielo. Quanto bisogna essere stupidi per affidare a Shaka l'organizzazione di un buffet?!
In realtà, non riponendo alcuna speranza in questa serata, ho fatto da me. Speriamo che serva...
Continuiamo a condividere il nostro silenzio, sebbene nessuno dei due faccia cenno di volerlo rompere ma neanche di volersi allontanare. Forse siamo così, anzi...sicuramente siamo così, non abbiamo bisogno di molte parole.
Fortunatamente vedo avvicinarsi qualcuno a me molto caro e che, in una situazione come questa, non mi dispiace avere accanto. Qualcuno che, per certi versi è molto simile a me mentre per altri è il mio opposto, risultando una presenza preziosa nel caos che, ora come ora, è la mia vita.
Anche se... sembra profondamente triste. Non ci vuole molto per capirlo, dato che solitamente il suo volto è l'emblema di una calma rassicurante che, al momento è lungi dal mostrare. Non è da lui...peraltro, essendo appena arrivato, non vedo cosa possa averlo turbato al punto da trasformare la serenità del suo volto in preoccupazione.
Mi basta, tuttavia, guardare nella stessa direzione in cui lo sta facendo lui per capire immediatamente di cosa si stratta. Quante volte gli ho detto che non ha senso lasciarsi bloccare dalla paura, inoltre...è possibile che solo lui non si renda conto che il suo affetto è completamente ricambiato?
Non so a che gioco stia giocando Saga, probabilmente sta cercando di farlo ingelosire per fargli finalmente ammettere i suoi sentimenti, ma non ho dubbi che le attenzioni che sta ricevendo da Shaka lo lascino del tutto indifferente. Lo conosco e, dal modo in cui tiene d'occhio l'angolo in cui siamo, ignorando il suo interlocutore senza troppa discrezione, mi conferma solo che ho ragione.
Purtroppo la situazione sembra sfuggirgli di mano e, quando, approfittando della sua distrazione, Shaka lo accarezza in modo un po' troppo intimo, ho solo il tempo di accigliarmi prima di vedere il mio amico scivolarmi di fianco per dirigersi verso l'uscita con passi rapidi e discreti. L'ho visto...nonostante tutto ho fatto in tempo a vedere i suoi occhi diventare lucidi ma, prima che potessi dirgli qualcosa, si è ritirato nuovamente nella sua solitudine.
Dannazione, ma perché non parlate?!
Lo so, sembra ironico detto da me. Inoltre, mi ritrovo nella stessa situazione di prima, dato che sono nuovamente vicino a lui, nuovamente incapace di dirgli qualcosa.
A questo punto mi innervosisco con me stesso...non ho capito niente, sebbene mi sia stata data l'opportunità di una nuova vita continuo a commettere sempre gli stessi errori, facendomi dominare dalla mia natura. Sono stufo, davvero, e se dovessi rimanere da solo per il resto della mia vita so che sarebbe solo colpa mia, perché non ho avuto coraggio. Non ho avuto il coraggio di cambiare, di mettermi in gioco...al contrario suo. Lui sì, lui ha messo in gioco tutto, a costo di perdere se stesso, ma non è successo e, in cambio, ha guadagnato il rispetto di tutti. Da me qualcosa di più del rispetto...
Prima che anche i miei occhi si riempiano come quelli del mio amico appena andato via, seguo i suoi passi, per cui, dopo avergli rivolto un timido cenno di saluto con il capo, mi avvio verso l'uscita, sperando di raggiungere il mio tempio il prima possibile. Per fortuna non è lontano.
Forse è lo spostamento d'aria, forse è solo l'eco della musica, o forse, più plausibilmente, è la mia immaginazione, ma, prima di infilare la porta del Grande Tempio mi sembra di sentire un debole sussurro...
Ciao...Camus.
Do un'ultima occhiata e l'immagine che il mio specchio riflette non mi piace per niente. E no...non si tratta di una crisi di autostima, semplicemente non vedo ciò che vorrei. Il problema non è di tipo estetico, è che vorrei avere determinazione e fermezza, e che il mio atteggiamento mostrasse questo. E invece no. Sembro abbattuto, e forse lo sono.
Passo dietro alle orecchie una goccia del profumo che Aphrodite mi ha regalato per il mio compleanno. In realtà lo ha fatto lui, apposta per me, e dato che non ho molte occasioni per usarlo, anche perché non me le sono mai sono procacciate, questa sera mi è venuta voglia di farlo. E ho fatto bene...le note che arrivano al mio naso portano al cervello una sensazione di benessere che mi tira un po' su di morale, inoltre, se devo essere sincero, percepisco una nota sensuale che non mi dispiace affatto.
Aphrodite sa quello che fa. Per questa ragione non l'ho mai sottovalutato...
In leggero ritardo, ma comunque entro un tempo ragionevole, raggiungo il Grande Tempio prima che cominci la festa. Premesso che la mia voglia di partecipare a questo evento rasenta lo zero assoluto, non ho alcun dubbio sul fatto che sarà un disastro.
Spero che nessuno mi fraintenda. Shaka è mio amico, un amico carissimo, e proprio perché lo conosco meglio di chiunque altro, ho la matematica certezza del fatto che non sappia niente di cucina, né di come si dovrebbe organizzare un banchetto. E sì che non ci voleva molto a capirlo...
Ma sospetto che la scelta non sia stata affatto casuale. Avrei molto da ridire sulla reincarnazione di Atena della nostra generazione, ma, poiché sono convinto che i miei compagni condividano le mie stesse idee, sarei solo l'ennesima eco delle stesse lamentele.
Sono di pessimo umore, lo so, e non sto facendo niente per camuffarlo. Tento di dire a me stesso che, alla fine dei conti, si tratta semplicemente di una cena e che, non appena il tasso alcolico si sarà alzato, potrò andarmene senza che nessuno se ne accorga, ma le mie idee smettono di avere qualunque importanza nello stesso momento in cui metto piede nella sala patriarcale.
Sono ancora sulla soglia dell'ingresso, non faccio in tempo ad entrare che già ti vedo. E qualunque residuo di speranza io possa mai avere avuto su un eventuale noi si infrange contro il muro della realtà che mi trovo davanti agli occhi. Non sei solo. Al tuo braccio è legato quello di qualcun altro, che si stringe a te con una certa insistenza. Ed io non posso far altro che sentirmi male...quel braccio non è il mio e, a quanto pare, non lo sarà mai.
Perché mi stai guardando come se avessi visto un fantasma?
Non mi devi niente. E se, invece, ti da fastidio l'espressione sorpresa che sicuramente il mio volto sta mostrando, tolgo subito il disturbo, abbassando lo sguardo, cosicché tu non debba più vederla.
Non sono bravo a mascherare le mie emozioni. Sebbene non abbia problemi a mostrare sempre la parte più calma di me, come mi ha insegnato a fare Dohko, non sono mai stato capace di sigillare i miei sentimenti dietro un'espressione imperturbabile. Se sono triste, si vede...se sono felice, si vede...se sono innamorato, si vede...se sto soffrendo, non posso evitare che si rifletta nei miei occhi. Ed è per questa ragione che li punto verso il pavimento. Nella speranza che tu non li veda e che non colleghi le cose.
Non sapevo che Shaka fosse interessato a te, ma tant'è, e se ricambi le sue attenzioni, non posso fare altro che tirarmi indietro definitivamente, riponendo quello che sento per te in un angolo del mio cuore. Lì, dove sarebbe sempre dovuto rimanere. E augurarti ogni bene, perché, anche se non è con me, meriti di trovare la pace che non hai mai avuto, e la felicità che avresti sempre meritato.
Fortunatamente il mio amico Camus sembra essersi accorto di qualcosa e mi fa cenno di avvicinarmi, permettendomi così di non sembrare un perfetto idiota...fermo e a disagio nell'enorme sala patriarcale.
Ad onor del vero anche lui non sembra passarsela meglio di me, e, quando noto chi è a poca distanza da lui, mi è tutto più chiaro. Sfoggio un piccolo sorriso, il primo della serata, che spezza la monotonia sul mio volto. Anche se non è sufficiente a riportare un'ombra di tranquillità nelle mie espressioni.
So quello che Camus prova per questo compagno d'armi e, per quanto strano potrebbe sembrare, nel momento in cui me ne sono accorto, non ne sono rimasto sorpreso. Proprio come è accaduto con Aphrodite, non l'ho mai sottovalutato e ho sempre pensato che fosse migliore di come si ostinava a mostrarsi.
Quando faccio per dirgli che dovrebbe provare a parlargli mi guarda con espressione vagamente ironica. È il mago del ghiaccio, è schivo, riservato, ma chi lo conosce bene sa che ha un'ironia tutta sua, sottile, sagace. Quell'ironia che ora sta mettendo nello sguardo che mi scruta privandomi della facoltà di replica. Perché ha ragione, ha dannatamente ragione.
Quante volte mi ha detto di smetterla di rimuginare sui miei sentimenti e di trovare il coraggio di viverli...
Ora, invece, mi ritrovo in piedi, dando le spalle ad un buffet al quale nessuno osa avvicinarsi, mentre lancio sguardi furtivi all'unica ragione per la quale sono salito al tredicesimo tempio in una serata perfetta da dimenticare.
Perché continui a guardarmi?
Non è una mia impressione, così come io non riesco a staccare gli occhi da te, tu fai lo stesso con me. Che senso ha?
E, per tutti gli dei dell'Olimpo, perché sei ancora seduto su quel dannato divano invece di venire qui a reclamarmi?!
Sembra che Shaka stia parlando da solo, e forse è così, ma non appena realizzo questo pensiero, sono costretto a fare una brusca marcia indietro. La vedo...la vedo e vorrei non averla vista. La mano di Shaka si insinua senza remora, accarezzando il tuo petto con una confidenza che mai avrei immaginato. E che non mi piace per niente.
Non ho neanche il tempo di vedere la tua espressione stupita, prima di abbassare lo sguardo nel tentativo di nascondere le lacrime che mi stanno offuscando la vista. Sento a malapena la voce di Camus...so che mi sta dicendo qualcosa, ma non riesco a capire cosa, perché i miei piedi si muovono indipendentemente dalla mia volontà. Anche Aiolos tenta di dirmi qualcosa, ma non riesce ad intercettarmi.
Senza poterlo controllare, mi allontano con passi veloci e svelti. Sembro più una vergine ferita che un cavaliere, ma non posso farci niente, in questo momento desidero solo la calma del mio tempio e la solitudine delle sue mura impenetrabili, oltre le quali nessuno può sentire il mio dolore.
Se solo avessi alzato gli occhi verso di te per un momento, un solo momento, non avrei potuto evitare di leggere quello che le tue labbra stavano recitando come un mantra, nel tentativo, forse, di scacciare la sfortuna che sembra non darci tregua. Due lettere...un'unica sillaba, che racchiude tutto il tuo mondo senza che io ne sia consapevole.
- Mu... -.
No, sul serio. Non può essere vero.
Quando penso a tutto quello che ho fatto, e che l'ho fatto solo per compiacere questa tizia che sembra sbarcata da un altro pianeta, mi sento davvero male. Vorrei ridere ma è tutto talmente grottesco che l'unica cosa che sento è una fortissima nausea.
Non è neanche in grado di organizzare una cena, figuriamoci difendere l'umanità.
E sì che io sono stato il suo cavaliere più fedele. Che gigantesco idiota!
Quello che mi fa stare peggio, però, non è il fatto di essere al servizio di una persona incapace...in fin dei conti, condivido la stessa sorte dei miei compagni, e questo rende la mia esistenza decisamente più sopportabile...il problema è ciò che ho causato alle vite di alcuni di loro. Nonché alla mia.
Sì, è chiaro di chi sto parlando. Mi sembra di essere seduto su questo divano da una vita, e la mia incapacità di sollevare lo sguardo dal bicchiere che tengo imprigionato tra le mani su una delle mie gambe accavallate, la dice lunga sul coraggio che ho di affrontare i miei fantasmi.
Lo so che sei qui, ti sento. Ti percepisco come ho sempre percepito la tua presenza, sia quando eri ancora vivo e ti prendevi cura di me con la stessa premura che avevi per tuo fratello, sia dopo la tua morte, quando mi sembrava di averti accanto nella solitudine sofferta del mio tempio. O forse...era solo la tua essenza...rimasta attaccata da qualche parte dentro di me. E mai andata via.
La sfortuna mi perseguita con così tanto accanimento che non posso neanche ubriacarmi. Nel momento in cui ho avvicinato il bicchiere alle labbra, il suo contenuto ha fatto desistere ogni mia intenzione. O per meglio dire, mi ha nauseato. Ma d'altronde, non è che avessi molte aspettative su questa serata...sotto tutti i punti di vista.
Accanto a me, Aphrodite e Kanon sembrano gli unici in grado di divertirsi. E fanno bene. Probabilmente questi due portano sulle loro spalle fardelli anche più pesanti del mio, ma è lo spirito ad essere completamente diverso. Hanno preso coscienza di essere nuovamente vivi e non hanno alcuna intenzione di sprecare una nuova opportunità. Se anch'io avessi un decimo del loro entusiasmo, potrei definirmi felice. Tentano anche di coinvolgermi nei loro pettegolezzi, ma niente...sono imperturbabile. Come la maggior parte dei miei compagni.
Da dove sono posso vedere Mu e Camus parlare nel loro modo discreto, mentre Deathmask, per qualche ragione a me sconosciuta, si attarda a qualche metro da loro, dando l'impressione di non volersi muovere. Saga è stato catturato da Shaka, alias la nemesi delle feste, che però sembra parlare da solo, Aiolia e Milo stanno dando spettacolo su uno dei divani, Aldebaran, che è l'unico normale, sta chiacchierando amabilmente con Seiya e Shun, mentre Dohko è l'unico che pare divertirsi, dato che continua a rimanere incollato alle vesti di Shion. Con evidente favore di quest'ultimo.
E poi ci siamo io e te. Che facciamo finta di ignorarci perché non abbiamo il coraggio di guardarci negli occhi. Anche se...mi sembra tutto molto strano. Dovrei essere io quello costretto a non alzare lo sguardo, non tu. Tu non hai fatto niente di male, anzi...
E per quanto, con il senno di poi e visto il comportamento che l'inetta di Saori ha tenuto nei nostri confronti, molti dei nostri compagni tornerebbero volentieri indietro per dissuaderti dal tuo atto eroico, io tornerei indietro solo per cancellare quello che ho fatto.
Per anni sono stato considerato un eroe, il cavaliere esemplare...mentre io mi sentivo morire dentro. Giorno dopo giorno, maledicendo il destino che non mi aveva permesso di morire insieme a te. Perché se ci fossimo uccisi a vicenda, sarei potuto venire con te.
E io ti avrei seguito. Ovunque.
Sono stanco. Di tutto, anche di questa serata che non aggiunge e non toglie niente alla mia solitudine. Tremendamente forte e dannatamente fredda.
Mantenendo ferma la mia intenzione di non guardarti, mi alzo e raggiungo Deathmask, ma solo il tempo necessario ad abbandonare il bicchiere che, nonostante il suo essere nauseabondo, è stata l'unica compagnia della serata. Dopo aver rivolto un breve cenno di saluto al mio amico, mi avvio verso l'uscita, deciso a tornarmene al mio tempio, e determinato a scivolare via con discrezione, nello stesso silenzio che ha avvolto la mia presenza fino a questo momento.
Purtroppo sento il tuo sguardo su di me, e, sentendo il tuo sguardo, ho la dannata tentazione di alzare il mio, pentendomene subito dopo, e tornando immediatamente a fissare il pavimento, quando ho l'ardire di incrociare i tuoi bellissimi occhi.
Istintivamente, senza poterlo controllare, sento i miei riempirsi di lacrime. Non posso piangere. E non perché me ne vergogni... semplicemente non ho il diritto di farlo davanti a te.
Non ho nessuno diritto davanti a te. Sono solo Shura...cioè niente.
Nell'undicesimo tempio, in piedi davanti ad una tavola apparecchiata, Camus accarezzava con il palmo della mano le delicate finiture della tovaglia godendo della sua consistenza.
Chi l'avrebbe mai detto che il freddo guardiano dei ghiacci avesse una particolare predilezione per le cose raffinate? Eppure era così. Con la stessa cura che avrebbe riservato ad un oggetto prezioso, o ad un libro antico, muoveva le sue mani con calma, deliziandosi della trama che sentiva scorrere sotto le sue dita. Un piccolo piacere edonistico.
Il suo sguardo, tuttavia, non rifletteva lo stesso piacere della sua mano. Davanti ad una tavola finemente imbandita anche in ciò che era destinato al palato, il suo pensiero non poteva evitare di soffermarsi sulla ragione per la quale aveva preparato quel banchetto. E soprattutto sulla sua inutilità.
A cosa era servita quella preparazione?
Nella sua mente era ben chiaro, solo...chi avrebbe dovuto condividere con lui quella cena, almeno nelle sue intenzioni, era piuttosto lontano, più precisamente al Grande Tempio. E non avrebbe neanche potuto biasimarlo. Non gli ha mai dato modo di capire nulla. Nessuno dei suoi atteggiamenti ha mai lasciato trapelare uno straccio di interesse nei suoi confronti, e di conseguenza, il fatto di essere solo nell'intimità del suo tempio, non era altro che una logica conseguenza delle sue solite azioni.
Concentrato nel riflettere sulle cause della sua solitudine, non si accorse di quando qualcuno entrò nel suo tempio, e stava ancora rimuginando sulle sue scarse attitudini sociali, quando sentì un tocco sfiorargli la delicata e sensibile pelle del collo.
Istintivamente si voltò, sgranando gli occhi quando davanti a sé trovò niente di meno che il quarto guardiano. Ed è che non se lo aspettava proprio...sebbene fosse ciò che desiderasse di più...
Il volto di Deathmask non mostrava nessuna delle sue abituali espressioni. Non c'era scherno, né malizia, né astuzia, né inganno, in quegli occhi azzurri che, al contrario, sembravano guardarlo con una serietà imperturbabile. Invidiabile persino per lui.
- Hai preparato tutto tu? - quando finalmente parlò, Deathmask lo fece dopo aver percorso Camus dall'alto verso il basso, provocando in lui una strana sensazione, che lo portò ad annuire senza dire altro e tenendo gli occhi fissi in quelli del suo compagno.
- Perché lo hai fatto? -.
A questa domanda, Camus non aveva altra risposta che non presupponesse il fatto di raccontargli tutto, o meglio...di raccontargli cose che non riusciva a spiegare neanche a se stesso. Ma non era facile. Anzi.
Come avrebbe potuto spiegargli che aveva passato l'intero pomeriggio a cucinare nella speranza di condividere la cena con lui? Come avrebbe potuto spiegargli che, ormai da un numero incalcolabile di notti, non riusciva più a dormire nel tentativo di comprendere le ragioni che lo portavano a vedere il suo volto ogni qualvolta provasse a chiudere gli occhi?
Tuttavia, niente di tutto questo fu necessario. Camus non sapeva che, proprio come lui, il quarto guardiano non aveva pace da settimane. Da mesi. Al contrario suo, però, non aveva tentato di razionalizzare la cosa, lasciandola libera di prendere qualunque direzione volesse. Ora, tuttavia, era arrivato il momento di capire se ci fosse qualcosa ad unirli, e la reazione che Camus aveva avuto trovandolo nel suo tempio, non aveva fatto altro che alimentare in Deathmask la speranza di non essere solo in questo caos di emozioni.
Il Cancro riportò l'attenzione sul viso di Camus. Non lo avrebbe detto in quel momento per non sembrare ridicolo, ma lo pensava senza ombra di dubbio...era bellissimo. Con la cura che non aveva mai mostrato e la pazienza che non sapeva di avere, portò le dita alle labbra del francese, accarezzandole con le punte e sentendo la morbidezza della sua pelle liscia. Ci aveva fantasticato? Innumerevoli volte, ma toccarle e, soprattutto, sentirle aprire al suo passaggio, superava qualunque fantasia. Stava davvero assecondando le sue carezze? Sì, e quando, poi, vide le palpebre di Camus abbassarsi dolcemente per godersi quello sfioramento, prese maggiore consapevolezza di sé, rimuovendo le dita, e sostituendole finalmente con la sua bocca impaziente.
All'inizio fu una carezza leggera, un tocco delicato di labbra sconosciute che si apprestavano a scoprirsi, ma, man mano che andavano avanti, quello che era iniziato timidamente divenne via via più audace, fino a quando, com'era naturale che fosse, la lingua di Deathmask chiese il permesso di osare di più. Lo voleva...accidenti se lo voleva. Voleva sentire il sapore di Camus mischiarsi con il suo, assaporarne la bontà...perché era certo che fosse buono.
E Camus lo stupì, non solo concedendogli il permesso ma portando anche le braccia al suo collo, aprendo la bocca e lasciando il loro gusto libero di scoprirsi...di mescolarsi...di danzare seguendo la stessa musica...
Quello che accadde dopo fu solo una naturale conseguenza di qualcosa che era iniziato e che nessuno dei due avrebbe mai potuto fermare...né voluto.
Con la cura che aveva avuto fino a quel momento, il Cancro cominciò ad insinuarsi tra i vestiti di Camus, slacciando lentamente ogni singolo bottone della sua camicia di seta nera, facendo sussultare l'Acquario con gli sfioramenti che, nel percorso, lasciava sulla sua pelle delicata. Quando ebbe rimosso completamente il capo, si sporse sul tavolo e, sotto lo sguardo sorpreso e divertito di Camus, intinse un dito dentro una delle salse che il francese aveva preparato...dopo averla spalmata intorno ai suoi capezzoli cominciò a leccarli fino a pulirli completamente, mentre, man mano, il sorriso di Camus spariva facendo spazio a gemiti soffocati e lasciando le sue mani libere di intrecciarsi tra i capelli ribelli del quarto guardiano per attirarlo contro di sé.
Quando sentì la passione di Camus accendersi sotto le sue labbra, Deathmask mandò definitivamente al diavolo il suo autocontrollo e, portando le mani sulle sue natiche, lo sollevò agevolmente facendogli intrecciare le gambe all'altezza dei suoi fianchi, e dirigendosi speditamente verso la camera da letto senza mai smettere di baciarlo.
A malincuore, dovette separare quel corpo dal suo, ma solo il tempo necessario a stenderlo sul letto, adagiandolo con una cura che la maggior parte delle persone avrebbe trovato impensabile per lui.
Compreso Camus, che non osava dire nulla, ma solo per non spezzare la magia di quella inaspettata intimità. Sì, perché se c'era una cosa che l'Acquario non avrebbe mai immaginato, era che lo spietato guardiano del Cancro, colui che non aveva mai avuto compassione per nessuno, potesse avere un riguardo così attento per qualcun altro. Ma fu proprio quello che sperimentò sulla sua pelle.
Nel modo in cui lo accarezzava continuando a spogliarlo con calma…rimuovendo prima i pantaloni e poi l'ultimo ostacolo che lo separava dal vederlo completamente nudo…dai baci leggeri che lasciava percorrendo la linea del suo volto fino ad arrivare alle labbra…dalla lingua che scivolava lungo il suo collo fino a morire sui suoi capezzoli, dove indugiava qualche istante tormentandoli fino ad esasperarli, prima di riprendere il suo cammino verso il basso, stuzzicando l'ombelico e raggiungendo finalmente l'agognato traguardo.
Camus non poté evitare al suo corpo di inarcarsi bruscamente quando sentì il calore della bocca del quarto guardiano avvolgerlo completamente, e la sua lingua muoversi in modo impertinente…e quando non riuscì più a trattenere i gemiti di piacere che erano inevitabilmente germogliati nella sua gola, sentì la lingua maliziosa aumentare la velocità con cui lo stava portando alla gloria. Se il paradiso somigliava anche solo lontanamente a ciò che stava vivendo in quel momento, non gli sarebbe dispiaciuto morire per l'ennesima volta...
Mettendo per una volta da parte la ragione, Camus decise di spegnere definitivamente il cervello per lasciarsi guidare solo dal suo istinto, e quando Deathmask portò due dita vicino alla sua bocca, non si fece pregare, capendo immediatamente le sue intenzioni...le inumidì leccandole, per poi sentirle, subito dopo, avvicinarsi al suo ingresso ed entrare con delicatezza, nel tentativo di provocargli il minor disagio possibile.
Dal canto suo, Deathmask era certo che il cuore gli sarebbe schizzato fuori dal petto...sebbene stesse pompando il sangue ad una velocità che non poteva definirsi normale, si costrinse ad una calma e una lentezza che non erano da lui. Ma solo perché ferire Camus era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare. Sentiva la sua virilità dolergli e non poteva essere diversamente...disteso su quel letto, completamente offerto a lui e delirante di piacere...Camus era lo spettacolo più bello e sensuale che la natura gli avesse mai offerto.
Lo preparò accuratamente con le dita, dilatando il più possibile il suo ingresso, e quando il disagio lasciò il posto a piccoli ansimi, sentì nel suo petto una sensazione di gloria, che gli rese urgente sostituirsi ad esse. Con una spinta lenta che, per quanto lo torturasse, era necessaria per il bene di Camus, si seppellì dentro di lui tenendo le mani sui fianchi e scivolando sul suo corpo fino a raggiungere di nuovo le sue labbra, che, stavolta, prese con tutta la foga che aveva controllato fino a quel momento, e venendo ricambiato allo stesso modo.
I pesanti tendaggi che oscuravano le finestre lasciavano filtrare timidi spiragli di luna che, uniti alla luce soffusa del lume accanto al letto, proiettavano sulle pareti le ombre di due corpi che si univano nella danza più antica del mondo.
Appagando la appassionata richiesta di Camus, che aveva abbandonato qualunque pudore, Deathmask sorrise muovendosi avanti e indietro dentro di lui con maggior forza, dando colpi rapidi e precisi e deliziandosi dei suoni osceni che uscivano dalla bocca del suo partner, mentre gettava la testa all'indietro e tendeva il suo corpo in risposta al climax di piacere che stava germogliando nel suo ventre. Quando Camus gridò, incapace di trattenere ulteriormente l'orgasmo che, dopo aver stordito i suoi nervi, marchiò la pelle del suo compagno, Dethmask perse definitivamente la sanità mentale. Avvolto dalla caverna umida che, con sempre maggior forza, stringeva piacevolmente il suo membro, si scagliò nelle ultime spinte, rilasciando la sua essenza dentro l'Acquario che, ancora stordito dal piacere, stringeva le sue spalle mordendogli delicatamente il collo.
Le mani ancora intrecciate sul cuscino...le fronti unite che permettevano al loro respiro di mescolarsi...per interminabili secondi, l'unico suono udibile nella stanza fu quello dei battiti furiosi di entrambi, nel tentativo di ritrovare il ritmo regolare.
Quando finalmente si guardarono negli occhi, unirono nuovamente le loro bocche in un bacio. Calmo, lento, dolce. Deathmask uscì con cura dal corpo di Camus, ma solo per poterlo prendere per le spalle e trascinarlo con lui, stringendolo contro il suo petto.
Avrebbero avuto tante cose da dirsi. Come erano arrivati a quel punto...cosa avrebbero fatto da quel momento in poi...quale fosse il sentimento che li legava. Ma lì, nell'inusuale calore della camera da letto dell'Acquario, l'unica verità chiara era quella rivelata dallo sguardo degli occhi azzurri del Cancro incatenato a quegli occhi castani che, ormai, sarebbero stati freddi soltanto per gli altri.
C'era amore nel filo invisibile che li legava. Lo sapevano, così come sapevano che non erano necessarie le parole. Non per loro due...perché parlavano la stessa lingua.
Uno sguardo amorevole attraversò il viso abbronzato di Deathmask quando, dopo poco tempo, sentì il suo compagno addormentarsi, esausto, sul suo petto, e prima di seguirlo nel meritato riposo, non poté evitare di mostrare un piccolo sorriso.
Era stato un assassino. Uno dei più spietati. Aveva amato la vista del sangue, considerandolo un elemento vitale per nutrire la sua crudeltà. Eppure...aveva avuto anche lui diritto ad una nuova vita. E mentre accarezzava dolcemente la testa di Camus pensando alla fortuna sfacciata che aveva avuto nell'essere ricambiato, pensò che da ora in poi, l'unica macchia scarlatta che avrebbe voluto vedere, sarebbe stata la folta chioma che, sparpagliandosi in sottili fili cremisi, riscaldava il suo petto irradiando calore oltre i suoi muscoli...fino alle ossa.
- Ti amo...- un sussurro che non riuscì a trattenere...una verità che non aveva ancora avuto il coraggio di confessare...dedicata unicamente all'uomo che riposava tra le sue braccia.
Senza muovere un muscolo, coperto dalla discrezione che gli regalava la sua chioma disordinata davanti al viso, Camus sorrise, non riuscendo a trattenere la piccola lacrima di gioia che bagnò alcuni dei suoi fili cremisi. Ora, finalmente, dopo un tempo incalcolabile, avrebbe potuto dormire tranquillo.
Era esausto. E no, non era stanchezza fisica. Ormai aveva oltrepassato la casa del Cancro, quindi, non mancava molto per raggiungere il primo tempio. Finalmente. Dopo aver percorso a due a due i gradini che collegavano il Grande Tempio alle dodici case sottostanti, il suo unico desiderio era quello di arrivare il prima possibile, chiudere la porta per mandare un chiaro messaggio ad eventuali visitatori, e sfogare in solitudine il dispiacere che gli soffocava il petto.
Non sarei mai dovuto andare. Anche se...da un lato è stato un bene...almeno adesso so con certezza che non c'è nulla per me...
No, non avrebbe mai potuto prendersela con Shaka. Il sentimento fraterno che lo legava a Shaka era intatto da quando si erano conosciuti, e così sarebbe sempre stato. E riguardo a Saga, per quanto male gli facesse sapere che non avrebbe mai potuto ricambiarlo, nel profondo del suo cuore non poteva fare altro che augurarsi che fosse felice. Questo era ciò che desiderava di più...che la persona che amava fosse felice.
Ormai era arrivato in prossimità dell'ingresso della casa dei Gemelli, istintivamente sentì il petto stringersi in una morsa, ma decise di ignorare quella sensazione. Sarebbe passata. Prima o poi sarebbe passata. Avrebbe richiesto tempo, ma sarebbe guarito da quell'amore senza speranza. E stava attraversando di gran lena quel tempio, che ai suoi occhi era sempre stato magnifico, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Qualcosa che non avrebbe mai potuto ignorare, neanche se avesse voluto.
Erano in pochi a conoscere la sua debolezza. A dire il vero pensava che solo Aphrodite, per ovvie ragioni, ne fosse al corrente, ma evidentemente non era così. E quando sentì le sue narici inebriarsi del dolce profumo delle rose e vide ai suoi piedi un sentiero segnato dai delicati petali di quel fiore che amava, non poté fare a meno di seguirlo.
Razionalmente sapeva quanto fosse sciocco ciò che stava facendo...entrare nella casa di qualcun altro. Il bello è che non era una persona qualsiasi, e dall'idea di volerlo dimenticare all'intrusione in casa sua c'era una distanza abissale, ma non poteva impedire ai suoi sensi di seguire quella scia incantevole. Per un momento, Mu pensò che se dall'altra parte ci fosse stato un nemico lo avrebbe fatto cadere facilmente, ma non poteva farci niente...inoltre, in quella casa si sentiva al sicuro. Non sapeva perché, ma era così.
Con il suo passo leggero, si addentrò nelle viscere del tempio, ignorando ciò che il buonsenso gli sussurrava nella mente. Seguì con curiosità innata il sentiero che via via lasciava dietro di sé, finché, come era ovvio che accadesse, giunse alla sua fine. Che lo lasciò, se possibile, ancor più perplesso.
Nel salotto del tempio dei Gemelli, il fuoco nel caminetto crepitava irradiando un piacevole tepore, bagnando la stanza di luce soffusa e dipingendo le mura di pietra di bagliori color arancio. Tra il caminetto e il divano di fronte, un morbido tappeto era disteso sul pavimento, conferendo al posto una piacevole nota intima, rendendolo ancora più accogliente.
Meravigliato da ciò che lo circondava, fu solo quando vide una coperta e una ciotola di fragole sistemati accanto al tappeto che Mu si rese conto di ciò che stava facendo. Stava spiando qualcosa che era destinato ad un incontro intimo...
Inevitabilmente sentì una spina conficcarsi nel suo petto, andando fino in fondo alla sua carne, quando realizzò che tutto questo non era per lui. Che fosse opera di Kanon o di Saga, non era destinato a lui, ragion per cui, trattenendo le lacrime che minacciavano di uscire dai suoi grandi occhi color smeraldo, fece marcia indietro, per tornare da dove era venuto. Non sarebbe mai dovuto entrare...se fosse stato Saga a preparare quell'accoglienza, evidentemente doveva essere molto innamorato, e questo pensiero gli spezzava il cuore.
Tuttavia, non riuscì a fare più di due passi. Quella fu la distanza massima che due mani grandi e abbronzate gli permisero di fare, prima di cingere la sua vita da dietro e abbracciarlo contro il petto del loro proprietario. Mu avrebbe potuto voltarsi, ma non lo fece. Avrebbe riconosciuto quelle mani ovunque. E anche l'odore dei suoi capelli...conosceva quell'odore sin da bambino, da quando, con la scusa dell'insonnia, affondava il viso paffuto nella chioma indaco del suo cavaliere preferito per addormentarsi...
- Perché sei andato via? - la voce bassa e virile di Saga suonò piacevolmente vicina, facendogli prendere consapevolezza della poca distanza che separava il suo orecchio dalla bocca del greco. Troppo piccola per non andare in confusione...tuttavia, cercò di mantenere la calma.
A quella semplice domanda, però, Mu non aveva altra risposta che non comportasse rivelargli la verità, e mentre era combattuto se confessarla o meno, le immagini di poco prima gli tornarono in mente, riportandolo alla realtà.
- Tu...tu non dovresti essere qui - parlava a fatica, perché i battiti furiosi del suo cuore esigevano più aria che parole - Shaka...lui... - tuttavia non poté continuare, perché le dita di Saga si posarono sulle sue labbra, facendolo voltare verso di lui, in una silenziosa richiesta di tacere.
- Non mi fa onore, ma volevo vedere quanto potessi essere geloso... - disse Saga con la sua voce roca e morbida, facendo scorrere lo sguardo sul viso di Mu - C'è solo una persona che possiede i miei sentimenti e i miei pensieri...tutti...in questo momento è tra le mie braccia e non ho intenzione di lasciarla andare via... - chiarì accarezzando le sue labbra, mentre con l'altra mano teneva Mu per la vita stringendolo contro il suo corpo - A meno che non sia lui a desiderare di andarsene... -.
Mu si trattenne dal respirare. Poteva avere i suoi difetti, come tutti, ma non era uno sciocco, e aveva inteso perfettamente le parole di Saga. Per quanto faticasse a realizzarle. Era vero? La persona che amava da quando ne aveva memoria gli stava dicendo che era innamorato di lui? Beh...evidentemente sì, ma l'unica maniera per capire se stesse sognando oppure no sarebbe stata quella di darsi un forte pizzicotto. No. C'era anche un altro modo per capirlo. E lo preferì di gran lunga.
Sporgendosi di più, posò le labbra su quelle di Saga, indugiando per qualche istante prima di ritrarsi da quella che era stata poco più di una lieve carezza. Provocando in Saga un sorriso tenero. Sì, perché se c'era una speranza che Saga aveva sempre coltivato nel suo cuore, era che Mu non fosse mai stato di nessuno, e quel timido approccio non faceva altro che confermare la sua inesperienza. Razionalmente sapeva di essere egoista...lui aveva avuto diversi partner...o meglio, era stato Arles ad averli avuti, perché il suo unico desiderio era sempre stato quello di poter tornare in sé, ignorando qualunque richiamo romantico o carnale. Fino ad un certo punto. Da quando, infatti, pochi anni prima, Mu era fugacemente tornato al Santuario, mostrando che i suoi tratti infantili avevano ceduto il passo ai lineamenti finemente scolpiti dall'eredità lemuriana e che il suo corpo era diventato quello di un adulto, Saga si era scoperto completamente innamorato, e da quel momento in poi, a dispetto di Arles, i suoi pensieri erano stati tutti per l'Ariete.
Accarezzando, con la gentilezza che meritava, quel viso che da tanto occupava ogni spazio della sua mente, fu lui ad avvicinarsi di nuovo, portando la mano dietro al collo di Mu e prendendo le sue labbra in un bacio che sognava da tempo. Con tenerezza, le accarezzò con le sue, fermandosi di tanto in tanto solo per morderle dolcemente e leccarle in una silenziosa richiesta di aprirsi. Cosa che Mu fece, e nel momento in cui sentì la sua bocca piccola e carnosa schiudersi al suo invito, Saga fece scivolare la lingua al suo interno, legandola alla carne calda e umida del tibetano, assaporandone il gusto in quella danza agognata e seducente.
Le mani si mossero da sole, e fu solo quando si ritrovarono ad accarezzare i fianchi di Mu, dopo aver devotamente percorso il suo collo, accarezzato il suo petto, e sfiorato le sue natiche che Saga recuperò un minimo di autocontrollo...che perse nuovamente un attimo dopo, nel momento in cui sentì Mu inarcarsi contro il suo corpo e affondare le mani fino alle radici della sua chioma, in una silenziosa richiesta di non fermarsi. E non lo fece. Anzi.
Le carezze e gli sfioramenti lasciarono presto il posto ad un altro tipo di tocchi. Dopo aver sollevato la camicia del primo guardiano, Saga fece scivolare le sue mani sulla schiena liscia e morbida, godendo della consistenza di quella pelle di luna così delicata...così sensibile. Lasciando scie roventi ad ogni carezza, furono i sottili gemiti che Mu non riuscì più a trattenere a far perdere definitivamente la ragione a Saga...
Con un solo gesto rimosse completamente il pezzo di sopra di Mu. Aveva bisogno di sentire con la bocca ciò che le mani gli avevano piacevolmente anticipato, ma che non potevano più soddisfare. Afferrando Mu per le natiche e facendogli abbracciare con le lunghe gambe i suoi fianchi, lo condusse davanti al caminetto, stendendolo con cura sul tappeto che aveva preparato. Saga voleva che fosse quello il luogo del loro primo incontro...al cospetto dell'elemento che dominava l'amore della sua vita e al cui calore non vedeva l'ora di consumarsi insieme a lui.
Con abilità rimosse anche pantaloni e biancheria, lasciandolo completamente nudo davanti a sé, interamente offerto al suo sguardo affamato, che non perse un dettaglio del suo viso bellissimo e del suo corpo pallido e voluttuoso...meravigliosamente bagnati dai riflessi corallo che il fuoco proiettava su di essi. Si prese tutto il tempo del mondo. Non avrebbe permesso a niente di distoglierlo da quella visione, da ciò che aveva sempre immaginato ma che ora poteva vedere dal vivo, scoprendolo mille volte migliore, mentre rimuoveva anche i propri vestiti, sotto lo sguardo sognante di Mu. Adorava i suoi grandi occhi verdi e la luce che erano in grado di trattenere al loro interno, anche se...ora quegli smeraldi stavano proiettando un altro tipo di bagliore...
Senza perdere il contatto con i suoi occhi, si distese sopra il corpo di Mu, allungando una mano per prendere una delle fragole nel cestino accanto al tappeto, e sventolarla davanti al suo naso.
- Ti sei ricordato? - Mu non sapeva se essere divertito o sorpreso. Le sue guance rosse per l'imbarazzo, però, erano uno spettacolo troppo allettante per Saga.
- So tutto quello che ti piace... - la voce di Saga suonò dannatamente roca - le rose...le fragole...e quello che imparerò stasera... - disse prima di mettere la fragola tra i denti e avvicinarla alle labbra di Mu.
Mu poteva essere inesperto, ma amava Saga e sentiva il suo stesso desiderio percorrergli i nervi, tendergli i muscoli, infiammargli i lombi. Quando spezzò con i suoi denti il frutto offerto, accarezzò le labbra di Saga con la lingua, prima di farla scivolare nella sua bocca e iniziare una piacevole guerra...dolce, ma deciso, esplorò la cavità di Saga accarezzandola e assaporandone ogni parte, soffocando al suo interno i lamenti di piacere che non riusciva più a trattenere, portando l'eccitazione di entrambi ad un livello quasi insopportabile. Come le loro intimità tumide, strofinando l'una contro l'altra, si confessavano a vicenda.
Dopo aver affondato un'ultima volta la lingua nella bocca del tibetano, Saga scese leccando il collo, mordendo leggermente la clavicola, per poi continuare sul petto niveo e liscio, dove schiuse le labbra sui capezzoli teneri e rosa per morderli e succhiarli, prima di leccarli ed indurirli ancora di più...nel frattempo, le mani avevano già raggiunto la linea che separava le natiche di Mu, e dopo averle aperte, cominciò a stuzzicare il suo ingresso, accarezzandolo ai bordi ma senza tentare di entrare. Con somma disperazione di Mu.
- Saga... -.
Il greco sorrise per quella impazienza. Allargò ulteriormente le gambe del suo agnello e, dopo aver leccato il suo ingresso per inumidirlo, si dedicò a coccolare la sua virilità, mentre una delle sue dita entrava dentro Mu. Sebbene stesse impazzendo per l'urgenza di farlo suo, Saga si prese il suo tempo per prepararlo. Lo amava, da morire, e non lo avrebbe mai ferito. Mai più...
Tuttavia fu Mu a ribaltare la situazione. Sì, perché, per quanto apprezzasse tutta quella cura, aveva disperatamente bisogno di Saga. Ora. Aveva bisogno di appartenergli, di essere suo in tutto e per tutto, e per questo, quando sentì di essere dilatato a sufficienza, ribaltò le posizioni, ritrovandosi sopra il corpo forte e muscoloso del terzo guardiano e mettendosi a cavalcioni su di lui.
Saga spalancò gli occhi, visibilmente sorpreso. E piacevolmente colpito. Gli occhi di Mu, quegli occhi che normalmente trasmettevano calma e pace, avevano un'espressione nuova...le fiamme del caminetto, guizzando nelle sue iridi, danzavano al ritmo del fuoco e dell'impazienza del tibetano, dandogli un'espressione sensuale nella quale Saga si perse quasi del tutto. Quasi. Perché la perdita totale di lucidità si verificò subito dopo, quando vide Mu impalarsi lentamente sul suo membro, muovendo sinuosamente il suo corpo fino a quando non lo ebbe completamente dentro.
Se il suo cervello fosse stato irrorato a sufficienza, Saga avrebbe anche potuto parlare, perché ciò che Mu aveva appena fatto lo stava facendo impazzire, ma l'unico suono che riuscì a produrre fu il gemito roco e profondo che dalla sua gola arrivò alle sue labbra.
Stupendo. Lo spettacolo di Mu a cavalcioni su di lui mentre si muoveva lentamente per abituarsi alla sua taglia era stupendo, e quando si sporse verso di lui, mettendo le mani sul suo petto e lasciando la sua chioma morbida libera di solleticargli la pelle, Saga afferrò saldamente i suoi fianchi assecondando i suoi movimenti.
Per tutti gli dei dell'Olimpo! Se quello era il paradiso avrebbe chiesto ad Ade stesso di ucciderlo...
Mu...il suo agnello...la sua tenera pecorella...stava diventando via via più esigente, mandando al diavolo qualunque pudore e gemendo senza vergogna. Mandandolo dritto agli Elisi.
- Più forte...Saga...più veloce... - ormai completamente disinibito, Mu si inarcava all'indietro tenendosi alle gambe muscolose del suo uomo, per sentirlo toccare, con affondi sempre più decisi, il suo punto più sensibile. Era uno spettacolo bellissimo. E sublime.
Senza allontanarsi di un millimetro, Saga si tirò a sedere facendo aderire ancora di più il suo bacino a quello di Mu, e permettendo ai loro corpi imperlati di sudore di fondersi in un'unica pelle, mentre l'unico suono udibile all'interno del tempio era l'eco delle loro voci appassionate che si invocavano reciprocamente. Quello sfregamento portò, dopo poco, Mu a raggiungere l'apice del piacere sfogando la sua forza in un orgasmo lungo e feroce che, dopo aver fatto risuonare le sue grida, lo lasciò senza fiato. Sentendo le pareti carnose stringersi con forza intorno al suo membro sempre più eccitato dal climax di Mu, Saga si lanciò aumentando ancora di più la forza delle sue spinte, finché l'essenza che era germogliata nel suo ventre riempì con un getto caldo e denso la parte più intima del suo dolce e appassionato agnello.
Ansimando, si guardarono per lunghi secondi, prima che Saga crollasse a terra, con Mu sprofondato nel suo petto, ancora collegati e tentando di riconnettersi alla realtà.
- Ti amo... - prendendo, con delicatezza, il mento di Mu, Saga lo invitò a guardarlo negli occhi, mentre usciva da lui con cura - Non so da quando...probabilmente da quando non ero ancora in me...ma ti amo da morire - e i suoi occhi pieni di tenerezza non mentivano. Non avrebbero mai potuto mentire a Mu.
- Anche io ti amo... - Mu rispose mostrando lo sguardo malizioso che aveva mostrato solo a Saga - ma, a differenza tua, so da quando - attese un momento, dopo il quale la sua espressione cambiò, mostrando tutta la dolcezza che da tempo immemore aveva serbato nel suo cuore - da sempre -.
Non dissero altro. Con un braccio, Saga avvolse le spalle di Mu per tirarlo a sé e stringerlo contro il suo petto, avvolgendo i loro corpi nella coperta che aveva previdentemente lasciato vicino a loro. Accarezzando i sottili fili lilla sparsi sul suo petto, a poco a poco vide le palpebre del tibetano chiudersi e la sua stessa mente intorpidirsi e abbandonare il contatto con il mondo circostante.
L'ultima sensazione prima di addormentarsi fu di pienezza. Non c'era niente che potesse essere paragonato all'emozione di stringere tra le braccia la persona che amava, entrambi esausti dopo essersi reciprocamente donati. Con la stessa intensità. Con lo stesso amore.
Ci sarebbe stato tempo per parlare, per confidarsi e per rivelare tutto quello che non si erano ancora detti. Per viversi come desideravano da tempo.
E anche per mangiare le fragole. Perchè Mu impazziva per loro, e Saga adorava tutto ciò che faceva impazzire Mu. In realtà...Saga adorava tutto ciò che faceva Mu.
Una volta che fu rincasato, Shura sospirò di sollievo. Finalmente solo. Non che, durante la festa, si fosse sentito in compagnia, ma almeno ora non doveva più fingere quello che la maggior parte dei compagni riteneva essere un suo naturale disinteresse nei confronti di tutto e tutti.
Sicuramente la casa era calda. E non era un caso. Aver messo il riscaldamento nei templi era stata un'idea a dir poco geniale, frutto, naturalmente, non della generosità di Saori, bensì di una minaccia di ammutinamento da parte di tutti loro. Compreso Shion. E di certo era stato un comfort piacevolmente accolto da tutti.
Senza neanche preoccuparsi di accendere la luce, si diresse pigramente in camera da letto, spogliandosi, nel tragitto, della camicia che indossava e slacciando la cintura e il primo bottone dei pantaloni. Con la stessa svogliatezza tornò in cucina, pensando che sarebbe stato meglio rinfrescare la gola prima di prepararsi a passare il resto della serata in casa. Tanto non aspettava nessuno. Nessuno sarebbe venuto a trovarlo.
Davanti al frigo aperto, si prese qualche istante per pensare a cosa bere, e, dopo aver scelto una piccola bottiglia di birra, richiuse l'anta, cercando a tentoni l'apribottiglie nel cassetto del mobile accanto, e facendo ripiombare la cucina nell'oscurità.
Quando rialzò lo sguardo, si sentì sobbalzare nel vedere accanto a lui una sagoma che, nonostante il buio, riusciva a delineare perfettamente le fattezze del suo proprietario.
Se fosse stato un umano qualsiasi, Shura era certo che sarebbe morto di infarto. Quella era una scena che aveva visto solo nella finzione, in alcuni film a casa di Deathmask. Ma, ad essere onesto, non era la paura a fargli uscire il cuore dal petto. Era chi aveva davanti a mandargli in cortocircuito il cervello e ad impedirgli di parlare.
- Perché sei qui da solo? - sebbene fosse stato lui ad entrare in casa altrui senza invito, fu Aiolos il primo a parlare, facendo scivolare la sua voce profonda e morbida nell'oscurità della stanza.
E senza ottenere alcuna risposta dall'interpellato, che, dal modo in cui la luce esterna si rifletteva nelle sue sclere, continuava a fissarlo con gli occhi sbarrati.
- Shura... - davanti all'immobilità del suo compagno, Aiolos fece un passo nella sua direzione, ma fu bloccato prima che potesse farne un altro.
- Cosa vuoi? - nonostante tutto ciò che si agitava nel suo petto, Shura fece suonare la sua voce dura. Doveva mandare via Aiolos, allontanarlo da lì prima di dire o fare qualche sciocchezza - Non c'è niente qui che ti interessi. Esci fuori dal mio tempio -.
Molto dura. Troppo per chi, come il Sagittario, lo conosceva da quando era poco più che un bambino.
Incurante delle sue parole acide, Aiolos si mosse solo per accendere la luce, mostrando ad un attonito Shura il suo sorriso bello e caldo. Dannatamente caldo. Shura fece il possibile per mantenere le sue convinzioni, e sebbene quel sorriso toccasse corde della sua memoria che pensava di aver dimenticato, si costrinse a mantenere intatta la sua maschera.
- Ho detto...esci fuori! -.
Pur mantenendo apparentemente la sua abituale calma, Aiolos sentì un moto di impazienza salirgli al cervello. Era stanco di tutta questa storia. Davvero. Shura continuava ad autoflagellarsi nel tentativo di infliggersi una punizione che non meritava. E se lo diceva lui…
Lo spagnolo aveva già espiato le sue colpe, la sua stessa vita era stata un tormento dopo la morte di colui che era stato amico, mentore, primo amore…tutto. Come faceva lui a sapere queste cose?
Semplice. Lo conosceva da sempre, anzi…era certo che nessun altro nel Santuario conoscesse Shura meglio di lui, che sin dal suo arrivo lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, trattandolo alla stregua di Aiolia, del suo stesso sangue. Ma Shura non era suo fratello, e ora che erano adulti, avrebbero dovuto affrontare la vita voltando finalmente pagina. E anche se il Capricorno sembrava pensarla diversamente, sarebbe riuscito ad espugnare quel muro insensato che aveva eretto solo per lui.
Senza attendere oltre, Aiolos si mosse nuovamente, e, ignorando la faccia di Shura, che sembrava terrorizzato da ciò che stava accadendo, lo strinse a sé prendendolo tra le sue braccia. Portando le dita al mento, lo costrinse a guardarlo negli occhi nonostante le deboli proteste.
- N…no…non posso… -.
- Basta - e sebbene la voce non suonasse autoritaria, era ferma, e non ammetteva repliche - è da quando siamo tornati in vita che mi ignori, che mi eviti, che ti nascondi…ti da così fastidio vedermi vivo? -.
Shura tentò di divincolarsi ma fu impossibile. Aiolos era sempre stato più forte di lui e non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare.
- Non capisci…non posso… NON LO MERITO! - e per quanto urlasse, non poté evitare alle sue lacrime di uscire, rigando il suo volto, fino a bagnare la spalla alla quale Aiolos lo teneva ancorato.
- Ti ricordi la prima cosa che ti insegnai quando arrivasti al Santuario? - Aiolos sentì il pianto di Shura attenuarsi leggermente.
- Obbedire...agli ordini del Papa. Sempre. Qualunque...qualunque cosa fosse accaduta - rispose con voce rotta.
- Esatto - Aiolos sorrise - il giorno in cui mi hai ucciso, non ti sei accorto di un particolare fondamentale...hai dimostrato fiducia cieca in ciò che ti avevo insegnato, rendendomi un maestro fiero di te - concluse sentendo le lacrime ricominciare a bagnarlo.
E finalmente Shura si liberò di tutto. Tutto il dolore che aveva accumulato e che non era mai stato in grado di sfogare fu lasciato libero di scorrere dai suoi occhi. Raccolto dalle mani amorevoli di Aiolos, che man mano rimosse le lacrime dal volto amato, finché, alla fine, dopo un tempo che nessuno avrebbe potuto quantificare, Shura si calmò.
E solo allora si rese conto del suo stato, di come fosse semisvestito davanti all'uomo che amava, e di cosa questo potesse comportare.
- Perdonami io...io devo...vado a vestirmi - con la voce resa roca dal pianto, tentò di liberarsi dalla presa di Aiolos, nel tentativo di recuperare un po' di dignità, tuttavia, la presa del greco era più simile ad una morsa che ad un abbraccio.
- Stai bene così - Aiolos parlò con tono basso...e tremendamente dolce - e se me lo permetti...tra un po' non ti servirà nemmeno quel poco che ancora indossi... -.
Shura spalancò gli occhi. Aveva capito bene? Beh...non che il messaggio di Aiolos fosse difficile da comprendere ma...cosa significava? Desiderio o.…altro?
Come era naturale che fosse, il Sagittario comprese immediatamente i dubbi del suo compagno. Si allontanò da lui solo lo spazio necessario a circondare il suo viso con le mani, prima di rivolgergli uno dei suoi caldi sorrisi.
- Ti amo Shura - con i suoi begli occhi verdi percorse i contorni del volto del Capricorno - e non ti permetterò di farti ancora del male. Se dovrò lottare contro la tua testardaggine di capra ostinata, per me non sarà un problema...e se non ricambi i miei sentimenti uscirò dal tuo tempio e non ti importunerò più - l'espressione di Aiolos, pur mantenendo la sua sfumatura dolce, divenne incredibilmente seria - ma non smetterò mai di amarti -.
Shura guardò il viso di Aiolos. Non mentiva. La sua espressione dolce rifletteva le parole che non aveva avuto paura di dire. Al contrario suo, che continuava a trattenere nella sua gola serrata ciò che avrebbe voluto urlare...ciò che avrebbe dovuto urlare. Prese un respiro profondo cercando di recuperare la ragione. Al di là delle sue paure, se voleva avere una possibilità di essere felice in questa nuova vita, avrebbe dovuto almeno cogliere le opportunità che gli presentavano davanti. E che Aiolos, il suo Aiolos gli stava offrendo su un piatto d'argento.
Ora la palla era nelle sue mani, e aveva due possibilità. Andare completamente a fondo e affogare nell'oscurità, o risalire verso la luce.
Avendo intuito le sue intenzioni, Aiolos non si mosse, limitandosi ad allargare il suo bel sorriso quando vide il viso di Shura avvicinarsi timidamente al suo. Tuttavia, quando le labbra dello spagnolo sfiorarono le sue, perse la sua abituale giovialità, per diventare serio. Molto più serio. Con delicatezza portò una delle sue mani alla nuca di Shura, approfondendo il contatto delle loro labbra prima di far scivolare la lingua nella bocca di Shura.
Lo aveva immaginato? Un milione di volte, ma la carne di Shura legata alla sua era una sensazione inimmaginabile...
Con la mano libera gli accarezzò la vita, circondandola con un braccio e facendola aderire al suo corpo.
- Aiolos... -.
Sentire Shura implorare il suo nome gli fece perdere completamente la ragione. Lasciando da parte la tenerezza dei loro movimenti, Aiolos si abbandonò all'amore, al desiderio che provava per il Capricorno, e allora i baci divennero sempre più affamati, le mani percorsero il corpo del suo partner volendo imprimere il loro tocco sulla sua pelle. Affinché non lo dimenticasse mai più.
Dal canto suo, Shura aveva messo da parte tutti i pensieri. Amava Aiolos, da sempre probabilmente, ed era arrivato il momento di dimostrarglielo.
Quando, dopo aver spogliato le sue spalle, il torace muscolo, la vita lavorata, le sue mani raggiunsero le natiche del nono guardiano, le strinse con forza, suscitando un gemito forte. Lasciando i pochi abiti che erano rimasti loro lungo il percorso che separava il soggiorno dalle altre stanze, raggiunsero la camera da letto senza staccare le loro bocche, né fermare le loro mani.
Sapendo di non poter attendere oltre, Aiolos spinse Shura sul letto, incendiando ancora di più i suoi sensi allo sguardo che lo spagnolo gli rimandò. I suoi occhi non nascondevano nulla...Shura lo voleva, tanto, e il modo in cui si distese aprendo sensualmente le gambe non lasciò alcun dubbio sulle sue intenzioni.
E Aiolos non si fece pregare. Ammirando la sua figura, guardandolo con un lampo di lussuria, Aiolos si distese su Shura, lasciando i loro corpi liberi di riconoscersi, di godere della reciproca nudità scoprendosi a poco a poco...e allo stesso tempo, come se si conoscessero da sempre. Intrecciando le mani all'altezza della testa, affondò di nuovo nella bocca di Shura, gustando il suo sapore, leccando e mordendo le sue labbra tenere e carnose, per poi scendere lungo il collo, proseguire tormentando il suo petto, per finire in un punto ben preciso. Lì dove la sua virilità non mentiva, mostrando il desiderio che lo stava sopraffacendo.
Aiolos sorrise, guardando Shura negli occhi prima di ingoiare la sua carne e mandare definitivamente in soffitta qualunque remora, mentre, allo stesso tempo, si dedicava a prepararlo nel suo punto più intimo. Non voleva ferirlo, e prepararlo con cura era fondamentale. Dopo aver leccato un dito lo inserì, cominciando a fare piccoli movimenti per abituarlo a ciò che sarebbe seguito, e quando ciò avvenne, ne aggiunse un altro, aumentando l'ampiezza dei cerchi che disegnava nella sua intimità. Quando sentì un gemito sfuggire dalla gola di Shura, capì di aver sfiorato il centro del suo piacere, e senza voler perdere il ritmo, sostituì rapidamente le dita con il suo membro.
Quando Shura sentì Aiolos entrare dentro di lui, non poté evitare il forte grido che gli uscì dalle labbra. Una fitta di dolore, che lasciò presto il posto al piacere invase i suoi nervi, portandolo ad uno stato di estasi, dal quale uscì soltanto quando Aiolos, dopo essersi mosso molto lentamente per farlo abituare, cominciò a colpirlo come piaceva a lui. Forte, secco, preciso.
- Mas...mas...por favor... - l'autocontrollo di Shura era andato lontano, molto lontano, mentre si inarcava contro Aiolos, serrando sempre di più le gambe intorno ai suoi fianchi.
E Aiolos lo accontentò. Perché voleva. E perché non avrebbe potuto fare altro, dato che non era in uno stato migliore.
Tuffandosi con ancora maggior foga nel corpo di Shura, dopo un pò cominciò a sentire la sua eccitazione farsi sempre più insopportabile, affollandosi nel suo basso ventre con la minaccia di uscire da un momento all'altro. Allontanandosi lo spazio necessario a prendere in mano il membro di Shura, che, come lui, sembrava sulla via del non ritorno, iniziò a scuoterlo vigorosamente, portandolo sempre più vicino all'orgasmo. Quando sentì il forte grido del suo compagno rimbombare tra le mura ed il suo seme bagnargli la mano, Aiolos poté trattenersi solo per un altro paio di colpi, prima di riempirlo di sé, di marchiarlo con la sua essenza, rendendolo finalmente suo. E appartenendogli completamente.
Esausto, Aiolos crollò sul petto di Shura, che dopo aver ripreso fiato, aggrovigliò le dita tra i riccioli castani, accarezzandoli dolcemente.
Avrebbero potuto dirsi qualcosa? Tante, tantissime cose. E lo avrebbero fatto. L'indomani, nel momento in cui io sole avesse bagnato i loro volti, avrebbero avuto tutto il tempo di parlare. Ma non ora.
E mentre Aiolos scivolava in un meritato riposo, godeva ancora dei postumi dell'orgasmo che aveva condiviso con Shura, ripensando con soddisfacente sorpresa al modo delizioso in cui il suo Capricorno si era abbandonato al piacere.
Per questo, era ben cosciente, e aveva le orecchie aperte, quando un flebile sussurro raggiunse le sue orecchie.
- Ti amo... -
Alzò lo sguardo, in tempo per vedere un dolcissimo sorriso abbellire il volto pallido del decimo guardiano, e fu l'ultima cosa che sentì prima di addormentarsi felice. Ci era riuscito. Shura aveva finalmente sorriso di nuovo.
