Prompt: Family
Coppia: Sasuke x Itachi
OS Modern AU
Trigger: Incesto
Rating: Arancione
Dalla vetrata del terminal, Sasuke osservava la pista che tra poco lo avrebbe inghiottito. Si era fermato solo un secondo per spostare il fuoco sul suo riflesso, non si era mai visto così: pallido, stanco e con la frangia spettinata. Lo smoking e la camicia abbottonata fino in cima, solo una ventiquattr'ore per portarsi dietro il meno possibile.
Già, perché il Sasuke che era stato fino al giorno prima era meglio che restasse a terra. I primi trent'anni della sua vita, dovevano evitare di seguirlo.
Sasuke aveva sperato da sempre di colmare quel vuoto che sentiva praticamente da quando era nato, però non pensava che sarebbe accaduto così, e, soprattutto, che il motivo della sua mancanza fosse quello.
Tutto normale, aveva cercato solo di fuggire da falsità e insoddisfazione che respirava intorno a sé ogni giorno. L'intera famiglia si era annullata per essere inglobata dalle spire dell'azienda di Madara; chi era stato povero, come i suoi genitori, aveva addirittura rinunciato alla personalità.
Ma il denaro non aveva potuto colmare i loro gusci vuoti e anaffettivi.
Sasuke cercava qualcosa, un'emozione, una scintilla con cui accendersi il cuore e distinguersi dalla massa di zombie che lo circondava.
La notte scivolava per le strade armato di macchina fotografica per immortalare la vita di qualcun altro, gli album che creava erano le favole su cui fantasticava. Personaggi con una vita difficile ma vera, vicoli puzzolenti che nascondevano sentimenti autentici, vissuti e lottati.
Poi una notte lo aveva visto. Abitava al piano terra, le finestre ampie, basse e senza tende permettevano a Sasuke di seguire i suoi movimenti da una stanza all'altra. L'appartamento era modesto, lampadine che pendevano spoglie dal soffitto annerito, mobili di legno scadente confezionati a mano. Quando si era seduto, Sasuke lo aveva perso di vista, però aveva iniziato a sentire l'ipnotico borbottio di una macchina da cucire.
Risvegliatosi dalla specie di trance in cui era, Sasuke si era reso conto di aver commesso un crimine non avendolo fotografato. Nessuno avrebbe mai potuto essere più elegante in quella semplicità, tutti gli incravattati e le ingioiellate che presenziavano alle riunioni di Madara e sedevano a fare numero alle interminabili cene di lavoro, avrebbero dovuto solo inchinarsi davanti a colui che Sasuke aveva appena visto. Sottile, flessuoso, solo una tuta nera di cotone. Nessuno al mondo aveva capelli così lisci e una pelle di porcellana come quella. Il profilo del suo naso era perfetto.
Sasuke si era avvicinato alla porta scrostata, doveva averlo, carpire la sua immagine.
Senza pensare, aveva bussato. La macchina da cucire continuava ad andare, forse aveva coperto il suono, ma la porta era aperta e Sasuke l'aveva spinta.
Quello era il salotto, un divano, un caminetto acceso, un piccolo televisore e una radio vecchia di almeno vent'anni. La credenza con solo qualche piatto all'interno sembrava voler rilasciare schegge al primo tocco. Tutto immacolato e profumato di pulito.
Sasuke si era schiarito forte la gola e la macchina da cucire si era finalmente fermata. Lui era apparso da una porta in fondo alla stanza e si era avvicinato lentamente, silenzioso, per niente turbato dalla presenza di un estraneo.
Sasuke tremava.
"Ehm…" ormai lo aveva davanti; perso in quelle ciglia dalla lunghezza straordinaria, Sasuke non aveva fatto caso quando l'ossidiana di quegli occhi fosse simile alla sua "Ho avuto un guasto alla macchina e ho il cellulare scarico."
L'altro aveva accennato un sorriso, le labbra dovevano essere di una morbidezza disarmante: "Il mondo di oggi dipende tutto da quella scatoletta. Io non posso permettermi l'abbonamento, spero che un vecchio telefono fisso vada bene lo stesso."
"Ma certo."
"Vieni" la sua voce era stata un soffio leggero.
Sasuke lo aveva seguito, erano passati davanti alla stanza dove l'uomo stava lavorando. Si trattava di costumi teatrali o qualcosa del genere, una gonna tempestata di lustrini aveva ferito gli occhi di Sasuke.
Il telefono era sul comodino della camera. Gli unici arredamenti erano il letto in ferro battuto e un piccolo armadio, l'uomo non doveva avere molti vestiti. La stanza era fredda, probabilmente il camino in salotto era l'unica fonte di riscaldamento, la finestra era la sola oscurata da una tenda a fiori.
"Grazie" Sasuke si era seduto sul letto in attesa che l'altro lo lasciasse solo.
La macchina da cucire era ripartita. Naturalmente, Sasuke non doveva fare nessuna chiamata, accarezzava la macchina fotografica appesa al suo collo cercando di elaborare una scusa per usarla.
Di nuovo silenzio, quanto tempo era passato? I muscoli di Sasuke si erano irrigiditi. Cercava di cogliere qualche rumore per capire cosa l'altro facesse, forse doveva solo andare in bagno.
Niente. Silenzio di tomba. Ma come faceva?
La porta si era socchiusa piano facendolo sobbalzare.
"Sei riuscito?" l'uomo aveva fatto capolino senza entrare, Sasuke non aveva mai visto tali discrezione e delicatezza.
"Sì, a posto" Sasuke era scattato in piedi "Viene a prendermi mio padre tra un'ora."
Sarebbe bastata per aggiungere quella meraviglia al suo album?
"Hai fame? Aspettami in salotto, ti preparo qualcosa."
Dannazione, un angelo. Sasuke meritava davvero tutti questi riguardi? Insomma, gli era piombato in casa senza neanche presentarsi. Le dita accarezzavano ancora la macchina fotografica mentre si faceva abbagliare dalle fiamme del camino, quella creatura straordinaria andava ricordata per sempre.
Se non fosse stato per il leggero affondarsi del divano, Sasuke non si sarebbe accorto di lui. Gli si era seduto accanto e gli porgeva un vassoio con crostini, maionese e sottaceti. Li aveva confezionati col poco che aveva in casa, ma ci aveva messo il cuore.
"Grazie" Sasuke ne aveva afferrato uno con le dita tremanti.
La maionese era fatta in casa. Erano anni che Sasuke non sentiva un sapore simile, da quando la famiglia era diventata benestante e la mamma aveva smesso di fare molte cose a mano. Però, diamine… quella maionese era identica a quella che faceva la mamma.
"Se hai qualche problema puoi parlarmene" dopo aver preso a sua volta un crostino, l'uomo aveva posato il vassoio sul tavolo davanti a loro. Lo guardava conciliante, il sospiro che aveva esalato non era nient'altro che comprensione "Non voglio sapere il tuo nome."
"Non ho nessun problema" dopo il primo morso, Sasuke aveva posato il crostino per evitare di stozzarsi, sentiva tremare persino lo stomaco di brividi simili al freddo "Come ti viene in mente?"
"Solo gli abiti che hai addosso rappresentano quello che io guadagno in quattro mesi, questo gioiello di elettronica conclude l'anno" i bellissimi occhi dell'uomo si erano posati sulla macchina fotografica, poi erano tornati dolci sul viso di Sasuke "Cosa cerca uno come te tra questi vicoli in piena notte?"
"Te l'ho detto, mi si è rotta la macchina e ho il cellulare inservibile" Sasuke aveva assottigliato gli occhi e stretto le labbra, le sue parole erano state vento gelido.
"Non lo sai che un telefono fisso costa più di un abbonamento oggigiorno? Quello che hai visto di là è un pezzo d'antiquariato."
Incredibile come quell'uomo riuscisse a essere sfrontato pur mantenendo la sua disarmante gentilezza, Sasuke avrebbe voluto balzare in piedi, infilare la porta, sbatacchiarla e non tornare mai più, al diavolo l'album. Ma qualcosa lo inchiodava al divano.
Ancora uno di quei sospiri impercettibili e comprensivi: "Sei annoiato, vero? Schiacciato dalla voragine di vuoto che hai intorno, la gabbia dorata in cui ti hanno messo ti impedisce di esprimerti. Puoi dirmi tutto quello che vuoi, davvero. Ti ascolterò volentieri."
L'uomo aveva raccolto il vassoio, si era alzato in piedi per andarsene. Mossa strategica: lo stava lasciando solo per invitarlo a riflettere.
Stavolta Sasuke si era alzato; ferito nell'orgoglio e nei più reconditi segreti, si era sfilato la macchina fotografica e aveva afferrato l'uomo dalla lunga coda che gli ricadeva in mezzo alla schiena. Lo odiava, ma ne era attratto spietatamente.
Gli aveva tirato i capelli per adagiarselo sul corpo, l'altro si era fatto girare. Mentre lo trafiggeva con lo sguardo, a Sasuke era sfuggito quanto la loro pelle fosse simile.
Sasuke non sarebbe mai riuscito a leggergli l'anima come lui aveva appena fatto e questo lo faceva schiumare di rabbia. L'altro era su un gradino che lui non sarebbe mai riuscito a salire.
Sasuke gli aveva afferrato la vita con forza; afferrandolo da una coscia, lo aveva sollevato per sbatterlo sul divano di schiena, poi gli si era sdraiato sopra.
Si, era schiacciato dal vuoto e dalla deprivazione dei sentimenti. Cosa era l'amore? Aveva mai avuto un vero amico?
Quell'uomo non aveva neanche un telefono, gridare aiuto in quella desolazione sarebbe stato uno spreco di energie, aveva solo serrato gli occhi mentre Sasuke lo spogliava scoprendo che sotto la modesta tuta c'era una perfezione mai vista.
Sasuke non aveva capito quanto i loro corpi fossero simili nemmeno dopo che si era denudato a sua volta.
L'altro lo lasciava fare mentre Sasuke, gli accarezzava le gambe snelle, non si era mosso mentre gli affondava nella carne ansimando e ghermendolo con le mani. Era lì per lui. Davvero, come aveva detto.
Sasuke ne aveva avuti tanti di orgasmi nella vita, ma erano stati piatti come il deserto di emozioni in cui viveva. Si era sentito vivo solo lì, per la prima volta a trent'anni, in casa di uno sconosciuto.
"Scusa" la ragione era tornata, Sasuke si rivestiva tremante.
L'altro era rimasto immobile, sdraiato con gli occhi chiusi.
"Mi dispiace… davvero."
Nessuna reazione mentre recuperava la macchina fotografica e la faccia gli si rigava di lacrime.
"Scusa!" Sasuke aveva gridato dalla strada verso la porta ormai chiusa.
E poi, Sasuke era tornato, le gambe lo trascinavano lì ogni notte malgrado tutto. Non vedeva l'ora di terminare le sue insulse giornate costellate di maschere e falsità per tonare da lui.
Lui che lo ascoltava e capiva davvero senza giudicare.
Non si erano detti i nomi, ma non serviva. Ogni sera il fuoco del camino diventava più caldo, il viso dell'altro si illuminava davanti ai regali che Sasuke gli faceva, tra cui un cellulare.
E le foto se le erano scattate insieme. Sorridenti, con le mani intrecciate, mentre si baciavano stesi sul tappeto.
Sebbene Sasuke non sapesse niente di cucito, lo aiutava nei lavoretti di sartoria che svolgeva la notte per arrotondare, quello che entrambi facevano di giorno restava fuori dalla porta. L'altro rideva agli amorevoli rimproveri con cui avvertiva Sasuke di non pungersi con l'ago o di non affettarsi le dita con la macchina da cucire.
Poi facevano l'amore, sempre sul divano avvolti dal calore del camino.
"Ti va di andare a cena? Domani, io e te da soli."
Come risposta, Sasuke si era trovato il mignolo dell'altro avvolto al suo.
Sasuke era rientrato a casa contento e con le guance arrossate.
Felice.
Appagato, sebbene ancora nessuno si fosse presentato. Quella sì che era stata una cena!
"Sasuke."
Nella penombra notturna, Sasuke non aveva visto suo padre seduto in salotto, il tono grave lo aveva fatto sobbalzare.
"So dove sei stato, Sasuke."
Il viso del padre era finalmente diventato visibile nella fioca luce lunare, quando perdeva tempo in questi giochi di chiaroscuri era sempre pessimo segno.
Il nome dell'uomo che amava, questo doveva comunicargli suo padre. Itachi, il figlio venduto ancora in fasce per non morire di fame, sei anni prima della nascita di Sasuke.
Ecco cos'era quel vuoto inspiegabile che Sasuke vedeva in fondo agli occhi della mamma.
Ecco perché il papà spesso si infuriava senza motivo.
E Sasuke si era sempre sentito con un pezzo mancante.
"Non è vero, non ti credo!" con la bava alla bocca e accecato dalle lacrime, Sasuke riempiva di pugni il petto del padre "Hai paura che io sfugga al tuo controllo, vero? Che mandi in frantumi il prezioso castello di bugie di Madara che tanto amate? Non ti permetterò più di distruggermi la felicità in nome del denaro, mai più!"
Il padre gli aveva bloccato i polsi per trascinarlo a forza davanti al cassetto della sua scrivania. L'atto di nascita di Itachi era lì, insieme al suo. Allegata, la ricevuta del pagamento con cui avevano potuto comprarsi la casa.
La mera vendita di un oggetto qualunque.
"Sei un mostro" aveva sibilato Sasuke con la faccia gonfia di furia e pianto "Una famiglia di mostri!"
"Sasuke…"
La porta sbatacchiata aveva soffocato l'ultimo tentativo del padre.
Qualcuno una volta aveva detto che è impossibile fuggire da se stessi poiché ci si viene sempre dietro.
Itachi…
Suo fratello. L'uomo che amava.
Forse Sasuke non avrebbe potuto lasciare a terra la sua vita, ma almeno sperava che Itachi, col tempo, potesse dimenticarlo. Non gli aveva detto niente, non lo aveva più visto, il dolore avrebbe potuto ucciderlo.
Meglio non far sapere a Itachi da che famiglia di mostri veniva.
Con gli occhi della mente, Sasuke visualizzava Itachi buttato sul letto a piangere chiedendosi perché il suo amore lo avesse lasciato così, senza avvertirlo. Itachi lo avrebbe aspettato chissà ancora per quante notti, poi il dolore si sarebbe placato permettendogli di ricominciare.
Meglio sparire.
Un nuovo giorno nasceva sulla città, ma Sasuke non faceva più parte di quel mondo.
Un inchino alla hostess.
"Buongiorno, comandante."
Itachi, ti amerò per sempre.
