Erano passati sette mesi dalla guerra per la supremazia, l'imponente battaglia che si era svolta a Marinford tra i pirati di Barbabianca e la marina militare.
Avrei voluto esserci? Certo! Sebbene fossi conscia che non avrei potuto far nulla o che molto probabilmente sarei morta in un vero e proprio massacro.
Non ero un pirata, né mai all'epoca avrei pensavo che lo sarei diventata in futuro.
Non possedevo nessuna abilità particolare e mettermi a confronto con coloro che navigavano i mari in quel periodo era fuori discussione, nonostante in parte facesse parte del mio DNA.
Non ricordo come vissi i primi mesi dopo aver visto negli schermi ciò che accade a Marinford. La mia mente aveva voluto rendere i ricordi vaghi e ovattati per mantenere salda la mia integrità mentale. Dopotutto in quella guerra avevo perso tra le persone a me più care.
La vendetta fu ciò che mi permise di reagire, o meglio, accese in me il desiderio di una speranza ormai spenta. Senza di essa probabilmente mi sarei lasciata morire!
Fu la rabbia e l'odio che mi portarono a reagire e a intraprendere un viaggio che speravo mi portasse a consumare la mia rappresaglia.
Fin da piccola mi appassionava la storia e la cultura, ma in particolare tutto ciò che comprendeva la vita stessa. Si potrebbe dire che adorassi la conoscenza, benché definirmi archeologa fosse limitativo.
Nel mondo mi sembrava solo di vedere fin troppa incoerenza: la giustizia della marina; l'idea di libertà dei pirati o la sottomissione dei potenti. Tutto era tanto caotico da risultare incomprensibile e privo di ogni stabilità.
Non avevo mai preso parte effettiva a una fazione proprio per quel motivo, benché mio padre fosse stato un pirata e a lui devo praticamente tutto.
Avevo bisogno di diventare più forte, molto più forte, e per questo iniziai a cercare lo strumento che mi permettesse di raggiungere il mio obbiettivo, dato che all'epoca credevo fosse la mia opportunità migliore.
Non so perché mi affidai a una leggenda, forse ero talmente disperata da non sapere che altro fare, oppure semplicemente speravo che dietro a quella storia ci fosse qualcosa di reale.
Il tutto partiva da un oggetto che sapevo si trovasse a Tikal, un'isola del mare settentrionale. Un libro per la precisione, conservato in un museo privato di una famiglia nobile del luogo.
Durante il viaggio avevo pensato a un piano per impossessarmi del tomo, ma appena arrivai mi resi conto che le cose erano ben diverse da come me le aspettassi.
Entrai facilmente nelle grazie della famiglia, dopotutto ero abbastanza abituata alla vita dei nobili e fingermi tale non mi fu difficile.
Riuscì a farmelo mostrare, vendendo così anche il luogo in cui fosse custodito. «Dicono che questo libro sia molto antico e che tratti di una leggenda, ma è scritto in una lingua che nessuno riesce a decifrare. Neppure tra gli esperti del settore che ho chiamato per tradurlo ho trovato qualcuno che ne capisse il significato» mi spiegò il Signore della villa.
Mi sorpresi a quelle parole, mentre osservavo con falso disinteresse il libro. Un volume fatto interamente in pelle rossastra, con dei simboli occulti stampigliati sopra. «Capisco, sarebbe bello se qualcuno lo potesse decifrare» dissi, mentre prendevo nota mentalmente del significato dei glifi che avevo visto. Già! Ero capace di leggerli e avrei solo dovuto mettere in atto il mio piano.
Tuttavia, ovviamente, nulla andò come previsto.
Durante la notte, mentre mi recavo nella sala adibita al museo della famiglia, ci trovai già dentro qualcuno.
Era tardi e la residenza era avvolta nel silenzio. Non feci alcun rumore, mentre mi infilavo nella stanza buia credendo di essere completamente sola, ma appena entrai dovetti fermarmi. Di fronte a me, illuminata dalla fioca luce proveniente da una delle vetrate del salone, vidi l'ombra di un uomo dalla fisionomia longilinea con un cappello in testa, armato di spada.
La figura si voltò nella mia direzione, mentre abbassava la mano con la quale aveva appena preso il libro. Rimasi in silenzio, osservando l'uomo che si trovava di fronte a me a poco meno di qualche metro.
Non disse nulla, limitandosi a guardarmi.
Mi morsi le labbra, avanzando di qualche passo vero di lui... «Lascia quel libro...» intimai, per quanta autorità potessi dimostrate in quel momento. Ero stata abbastanza a lungo con pirati da non aver timore di quello che per me era solo un semplice ladro «…o mi metto ad urlare!»
La figura rimase in silenzio, osservandomi come a volermi studiare e io fermai i miei passi mostrando incertezza, a poco più di un metro da lui.
I miei occhi si erano lentamente abituati al buio e ora, grazie anche alla vicinanza, riconobbi colui che avevo davanti.
Lo avevo visto apparire sui giornali e sulle taglie della marina. «Trafalgar Law» mormorai a bassa voce, senza nascondere la sorpresa e rendendomi conto che di fronte non avevo affatto un semplice ladro, ma uno dei pirati della generazione peggiore, la cui fama era a dir poco terrificante.
Lui non si scompose di una virgola, accennando un sorrisetto divertito, allungò quindi la mano sinistra di fronte a sé, senza togliermi gli occhi di dosso.
«Room!»
La mia sicurezza svanì in pochissimi istanti, mentre facevo un passo indietro allarmata. Non mi accorsi del potere effettivo del frutto del diavolo vista la poca visibilità, ma mi misi subito in allerta.
«Shambles» mormorò, prima di scomparire letteralmente di fronte ai miei occhi, come se là non ci fosse mai stato.
Rimasi immobile a bocca aperta a fissare il punto in cui l'istante prima si trovava il pirata.
«Cazzo!» mormorai a bassa voce tra me e me, mettendomi le mani nei capelli e riprendendo lentamente coscienza di quello che fosse appena successo.
Ebbi un attimo di esitazione, rimuginando su ciò che avrei potuto fare in quel momento, completamente nel panico.
Mettersi a cercare nuovamente il libro, ora che si trovava nelle mani di Trafalgar, era come cercare di buttarsi in una gabbia piena di leoni affamati, lo sapevo benissimo, ma ero talmente disperata che pensai di non avere altra scelta.
Lasciai la villa trafelata, riflettendo su dove andare per trovare quello stramaledetto dottore. Fuori persino il tempo sembrava volersi prendere gioco di me, visto che la pioggia aveva appena iniziato a cadere lenta e inesorabile; non molto, ma abbastanza da far sentire maggiormente il gelo umido dell'isola insinuarsi nelle ossa.
Che diavolo se ne fa di un libro come quello... non è di nessun interesse per un pirata...
Pensai tra me e me, mentre riflettevo su dove avrei potuto trovare quell'uomo. Mi fermai, cercando appena riparo tra i vicoli della città silenziosa e addormentata.
Difficilmente avrebbe ormeggiato al molo e sicuramente la nave si trovava in qualche anfratto o qualche cala isolata dell'isola, dove i pirati sarebbero potuti stare più tranquilli.
La più vicina non era molto lontana, una piccola caletta a qualche chilometro dalla città, ben nascosta da alberi e dalla vegetazione, che avevo notato mentre studiavo la cartina dell'isola progettando il recupero del libro.
Non ci misi molto, dopotutto una delle mie uniche qualità sui cui potessi contare era velocità e resistenza, benché ancora a livelli umani, e ciò mi permise di essere celere nel raggiungere la zona designata. Non nego che mentalmente mi stessi ripetendo di quanto stupida e sciocca fosse quell'idea e che sicuramente ne avrei pagato le conseguenze.
Rallentai, cercando di evitare di fare rumore, grazie anche alla pioggia che aveva iniziato a farsi via via più consistente e che rendeva l'atmosfera rarefatta e ovattata.
Quando mi affacciai sulla scogliera rimasi nascosta dietro la fitta vegetazione per qualche istante. Sotto di me si apriva un anfratto nel quale vidi ormeggiato placidamente un sottomarino giallo, illuminato da delle lanterne. Di fronte ad esso, lungo la battigia e la spiaggia interna della calotta, vari uomini stavano iniziando a prepararsi per salpare.
Tutti portavano una tuta grigia, con stampato sopra il Jolly Roger simbolo dei pirati Heart.
Li avevo trovati!
Rimasi immobile, ignorando la pioggia battente che ormai mi aveva letteralmente inzuppato. I miei occhi cercavano la figura del capitano che speravo di vedere tra i ragazzi trafelati (e probabilmente anche loro inzuppati) per i preparativi della partenza.
«Hai trovato ciò che cerchi?»
Trasalì non appena sentì la voce che mi aveva appena posto la domanda. Una voce calma, posata e soprattutto sicura di sé. Mi voltai, ritrovandomi a poca distanza la figura di Trafalgar Law, avvolto in un abito nero, con un cappuccio che lo riparava dalla pioggia nonostante il cappello visibile sotto ad esso.
Nel tono della voce avevo percepito una sottile ironia, ma nella sua espressione non ne vidi nessuna.
Sì … in quel momento mi maledissi per la stupida idea che mi era passata per la mente.
