Allora, ho deciso che, quando sarà utile ai fini della trama e della crescita di Charles, inserirò altre scene un po' spinte, ma saranno comunque contestualizzate e avranno un senso.
Un altro dubbio riguarda il linguaggio. Charles ha più di ottant'anni, è un uomo raffinato ed elegante, ma di tanto in tanto mi piacerebbe fargli dire qualcosa di più volgare. Per esempio in questo capitolo dirà:
"Ho detto che sono cambiato" rispose lui pacato "Non che ho perso il senno."
In realtà avrei voluto fargli dire:
"Ho detto che sono cambiato" rispose lui piccato "Non che mi sono rincoglionito!"
Tra le due ovviamente Charles pronuncerebbe la prima, ma la tentazione di scrivere la seconda è stata molto forte!
21. Musica per non sentire il dolore
Il giorno dopo, seduti al tavolo della colazione, tutti fissavano Charles.
"Ne sei sicuro?"
Erik gli aveva posto quella domanda con viva curiosità e sincera sorpresa.
"Sì" rispose lui, sorseggiando il suo tè "Più che certo. Ormai è evidente, non posso più tornare indietro; ciò che mi è successo va al di là del semplice cambiamento fisico. La telecinesi, i ricordi … tutte queste cose mi hanno cambiato per sempre e io non ho intenzione di restare intrappolato in un'identità che non è più la mia."
"Quindi d'ora in poi sarai X" disse Logan, in piedi accanto alla finestra, intento a fumare il primo sigaro della giornata "Solo X"
"Voi potete continuare a chiamarmi Charles" rispose lui "Ma sì, il Professore è andato in pensione e non ha intenzione di tornare."
"Sono d'accordo, amico mio" disse Erik.
Charles aveva terminato di bere il suo tè, si alzò e andò alla finestra.
"Parlando di cose pratiche" iniziò Erik "Hai detto che oggi sarebbero venuti qui gli altri mebri degli Illuminati. Quando verranno?"
"Non prima di stasera" rispose Charles "Ci troveremo nella stanza sotterranea dove sono contenuti i documenti ma non voglio che gli altri studenti possano rischiare di vederli. Il vincolo di segretezza sia stato sciolto ma solo per voi."
Hank annuì.
"Almeno è un primo passo" disse "Chissà, in futuro ci potrebbe essere la possibilità di un'ulteriore apertura."
"Lo spero" rispose Charles "Per ora …"
Si interruppe, portò le mani alle tempie e chiuse gli occhi.
"C'è qualcosa che non va?" chiese Jean.
"Sì, in effetti sì. Da stanotte mi sembra di sentire qualcosa, delle voci lontane … All'inizio pensavo che fosse solo un sogno, invece … Datemi dieci minuti, devo usare Cerebro."
Senza attendere risposta, si alzò e uscì rapidamente dalla stanza.
Una volta dentro Cerebro non si sedette, restò in piedi, indossò il casco e si concentrò.
"Dove siete?" domandò "Chi siete?"
Nessuno rispose, ovviamente, ma li vide: deboli, spaventati, soli, attraverso le loro menti vide cos'era successo. Con un moto di rabbia si tolse il casco, lo posò e tornò a passi svelti verso la cucina, si assicurò che non ci fossero studenti nei paraggi e una volta dentro chiuse le porte.
"Cosa succede?" chiese Jean "Hai scoperto qualcosa?"
Charles annuì, prese il telecomando e accese la piccola televisione posata sul mobile, era sintonizzata sul canale sportivo ma lui cambiò sul canale informativo. Sullo schermo continuavano a scorrere le notizie ma in quel momento era inquadrato uno studio televisivo dove alcuni giornalisti e opinionisti parlavano di un unico tema, scritto a caratteri cubitali sullo schermo alle sue spalle: RETATA NOTTURNA - 10 MUTANTI ARRESTATI NELLA NOTTE IN UN PALAZZO A NEW YORK
In quel momento stava parlando una donna.
"Sono felice di ciò che è successo stanotte. Grazie a questi nuovi dispositivi di sicurezza un gruppo di pericolosi mutanti è stato consegnato alla giustizia e se continueremo così ci saranno meno mutanti a piede libero e noi potremo finalmente dormire sonni tranquilli!"
Charles spense la televisione con gesto stizzito.
"Dieci arresti" disse "Dieci arresti solo stanotte. Hanno usato quei dispositivi per identificare dieci mutanti. Li hanno arrestati senza alcun motivo, solo per essere mutanti. Li sentiti da lontano ma sono riuscito a trovarli e a sapere dove si trovano con precisione solo con Cerebro. Sono stati trasportati in una struttura speciale dove, a quanto pare, riescono a tenere a bada i loro poteri."
"Dobbiamo fare qualcosa!" esclamò Erik "Charles, muoviamoci, dobbiamo liberarli!"
"Sono d'accordo!" esclamò Scott "Lei sa già dove sono, vado subito a preparare il jet o …"
"Non faremo nulla di tutto ciò."
Tutti si voltarono, Charles si stava versando dell'altro tè, sembrava calmo.
Raven lo raggiunse e gli diede uno schiaffo in pieno viso, talmente forte da fargli cadere a terra la tazza, tutti lo stavano guardando confusi.
"Davvero non vuoi fare nulla?" chiese "Non sei cambiato, Charles! Non cambierai mai!"
Charles non si scompose, usò i poteri telecinetici per raccogliere i cocci e il tè sparso a terra e buttare i primi nel cestino e il secondo nel lavandino.
"Amico mio" intervenne Erik, che nel frattempo aveva raggiunto Raven e le aveva posato una mano sulla spalla per cercare di calmarla "Dobbiamo fare qualcosa! Quei mutanti …"
"Ho detto che sono cambiato" rispose lui pacato"Non che ho perso il senno. Erik, da uno scacchista non mi sarei mai aspettato una reazione simile."
Raven lo guardò confusa.
"Quei mutanti verranno liberati" continuò Charles "ma non ora. Non possiamo agire in modo sconsiderato."
"Non capisco cosa vuoi dire!" esclamò Tempesta "Non possiamo semplicemente liberarli?"
"Come lo faresti, sentiamo." le chiese lui con tono di sfida.
"Non saprei …" iniziò lei, in evidente difficoltà "Andrei lì di nascosto e …"
"... e inevitabilmente finirebbe tutto con uno scontro." concluse Charles.
"Cosa succede, Charles?" lo prese in giro Erik "Non mi dirai che hai paura!"
Charles lo guardò con gli occhi sgranati per lo stupore.
"Avete mai provato, così, per caso, ad usare l'intelligenza di cui siete dotati?"
Quella frase così caustica li colpì duramente, soprattutto perché era stato proprio lui a pronunciarla.
"Ve lo devo proprio spiegare?" chiese, vedendoli confusi "Va bene. Siamo tutti consapevoli del fatto che esiste già un razzismo radicato nei confronti dei mutanti" spiegò, con il tono di un professore che sta spiegando la lezione ai suoi studenti per l'ennesima volta "In questi giorni si sta addirittura acuendo e siamo sull'orlo del baratro. Già adesso stanno alimentando odio e pregiudizio nei confronti di persone che non hanno fatto nulla. Cosa succederebbe, secondo voi, se noi facessimo irruzione e liberassimo quei mutanti con la violenza? Il clima di terrore si attenuerebbe o si accenderebbe ulteriormente?"
Quell'ultima domanda li lasciò senza parole, aveva ragione.
"Io so che sarebbe giusto andare a liberarli e, obiettivamente, ce la potremmo cavare con poco, ma sarebbe comunque un atto ostile e ora non possiamo permetterci di essere percepiti come un pericolo, non possiamo cedere a queste provocazioni. Perché queste" disse, indicando la televisione spenta "sono provocazioni. Sono pronto a scommettere, e non ci metterei tanto a scoprire che ho ragione, che questo non è il primo arresto che fanno, sicuramente è il primo che pubblicizzano."
"In parole povere è una trappola" disse Erik "Vogliono spingerci ad agire per passare dalla parte delle vittime."
Charles annuì.
"Allora cosa facciamo? Aspettiamo?"
"Purtroppo sì." rispose Charles.
Raven abbassò lo sguardo, si sentiva in colpa per come aveva reagito alle parole di Charles e stava cercando il modo per chiedergli scusa.
"Non fa niente" le disse lui, telepaticamente "Ti amo anche per questo, perché non hai paura di mettermi al mio posto e di dirmi ciò che pensi."
Lei sorrise, sollevata.
"Come ho già detto" riprese Charles "Gli altri arriveranno qui stasera. Per il momento non faremo altro se non dedicarci alle nostre solite attività. Io andrò a leggere alcuni dei documenti che avevamo preso dalla Securtech, voglio capire da dove vengono quei collari che inibiscono i poteri dei mutanti."
"Collari?" chiese Hank "Sì, ho trovato qualcosa, andiamo."
Charles e Hank uscirono insieme e gli altri fecero altrettanto, ognuno per andare a svolgere le proprie mansioni.
La giornata trascorse come tutte le altre, Charles e Hank studiarono i progetti dei collari e giunsero alla conclusione che erano molto efficaci, riuscivano a neutralizzare le peculiarità del gene X così come aveva fatto la cura, ma solo quando entravano in contatto con la pelle.
Charles si era diviso tra la ricerca teorica e l'esercizio fisico perciò dopo cena, quando si rese conto che si stava avvicinando l'ora dell'appuntamento con gli altri Illuminati, quasi desiderò di non averli chiamati per andare invece a dormire.
Erano tutti lì: Erik, Logan, Scott, Jean, Ororo e Hank, in attesa di conoscere questi nuovi alleati.
Il primo ad arrivare fu Tony Stark, rumoroso ed egocentrico come sempre.
"Eccomi, eccomi!" esclamò, entrando "Peccato, avrei voluto vedere Cerebro. A tal proposito, Hank, vorrei parlare con te più tardi …"
"Non ora, Tony, stanno arrivando gli altri" tagliò corto Charles.
Nel giro di un quarto d'ora arrivarono tutti: Stephen Strange, Reed Richards, Namor e Freccia Nera.
Charles aveva predisposto un tavolo con una sedia per ognuno e, nonostante lo spazio fosse limitato, riuscirono ad entrare tutti.
"Mi dispiace per la sistemazione" disse Charles "Ma a meno che non vogliate essere visti accidentalmente da uno studente che si alza per andare a saccheggiare il frigorifero, dovrete adattarvi."
Freccia nera si strinse nelle spalle, Charles e Jean risero.
"Sì, in effetti è vero." rispose lui "Ah, Freccia Nera stava pensando che a casa di Tony ci sono troppe distrazioni e alla fine le nostre riunioni durano troppo tempo."
Charles intercettò lo sguardo stupito dei presenti.
"La voce di Freccia Nera è talmente potente che anche un sussurro potrebbe far cadere un muro, per questo evita di parlare e io ho il compito di riportare ciò che lui pensa."
Hank annuì.
"Capita mai che riporti cose che lui non ha pensato davvero?" chiese Erik in tono provocatorio.
Freccia Nera scosse la testa.
"Sta pensando che, nel caso lo facessi, saprebbe farlo intuire dal linguaggio del corpo."
Freccia Nera annuì.
"Se vuoi, Charles, potrei fare io da interprete per stasera" si offrì Jean "Così sarai più libero di parlare."
Freccia nera fece un lieve inchino per farle capire che apprezzava l'offerta.
"Molto bene allora" disse Charles "Come avrete saputo, da quando vi ho parlato ci sono stati degli sviluppi."
"Ho visto" commentò Stephen, lanciando un'occhiata a Tony "Positivi?"
"So ciò che state pensando" disse Tony, alzandosi "Ma è stato fatto a fin di bene. Charles, io …"
"So già tutto" rispose Charles "Non serve essere un telepate per capire che mi stavi mettendo alla prova e che ti sei infiltrato alla Securtech dalla porta principale per poter avere informazioni aggiornate su ciò che stanno facendo."
Tony, che aveva aperto la bocca per parlare, restò così, sbalordito, per qualche secondo, poi la richiuse e sorrise.
"Molto bene" disse, tornando a sedersi "Infatti ho delle novità. A quanto pare la Securtech verrà presto acquisita dalla Essex Corporation."
"Nathaniel Essex" commentò Charles "C'è sempre lui dietro."
"Esatto" confermò Tony "Ho scoperto che, oltre ai sensori che permettono di identificare i mutanti, hanno perfezionato dei collari che permettono di sopprimere gli effetti del gene X, annullando i poteri dei mutanti."
"L'ho visto" intervenne Charles "I dieci mutanti catturati la scorsa notte sono detenuti in un centro speciale e ognuno di loro indossa quel collare."
"Trattati come dei cani!" esclamò Erik, senza nascondere l'ira "Ditemi, ora, cosa dovrebbe trattenermi dall'andare lì e sventrare la struttura da cima a fondo per liberarli?"
"Il fatto che sei un essere dotato di intelligenza, Erik" rispose Charles "Sai benissimo che si tratterebbe di una vittoria temporanea che non farebbe altro che farci precipitare ancor di più nel caos."
Erik sbuffò ma annuì.
"Quindi come pensavi di procedere?" chiese Namor.
Charles si alzò in piedi, tutti lo stavano guardando. Prese un profondo respiro.
"Fin dall'inizio ho sempre saputo che il mio è un sogno assurdo, forse irraggiungibile. Quando conobbi Moira sperai, vidi che c'era del buono in lei, che non tutti gli umani nutrono odio nei nostri confronti, ma ben presto venni a contatto con la realtà. Io pensavo che, come aveva fatto lei, anche gli altri potessero capire, ma Moira era solo una persona e una persona può essere matura e capire. Noi però non abbiamo a che fare con una persona ma con la gente e la gente è un animale ottuso, pauroso e pericoloso* che non riesce a convivere con ciò che non conosce: il colore della pelle, l'orientamento sessuale, la religione, la provenienza … sono tutti motivi per poter provare odio verso qualcuno che nemmeno conosciamo. Per noi mutanti è diverso? No, non lo è. Lo so, è assurdo pensare di poter sradicare ogni pregiudizio, ogni ombra d'odio nel cuore delle persone, sono sentimenti radicati dentro di noi, primitivi, sarebbe come cercare di svuotare l'oceano con un cucchiaino, ma non possiamo nemmeno stare a guardare mentre quelli come noi vengono discriminati, imprigionati, torturati e uccisi."
Charles era arrossito per la forte emozione, tutto il suo corpo era teso, le labbra, le mani, le spalle tremavano.
"Volete vederli? Volete vederli tutti? Tutti i mutanti di questo pianeta? Venite, vi farò vedere Cerebro."
"Non è prudente, Charles" intervenne immediatamente Hank.
"Che importa?" chiese Charles "Grazie a Striker i progetti sono noti da tempo ai servizi segreti, lo erano in parte anche prima, dal momento che tu hai progettato Cerebro mentre lavoravi per la CIA, se volessi potresti anche regalare a Tony una copia dei progetti per quanto mi riguarda, potrebbe costruirsi un Cerebro da tenersi in salotto come soprammobile per quel che mi importa, in ogni caso senza di me o Jean sarebbe inutile."
Erik rise e tutti si voltarono a guardarlo.
"Scusate, mi è venuta in mente una cosa … vecchi ricordi." disse, facendo l'occhiolino a Charles, che capì che Erik si riferiva al momento in cui quel tizio della CIA gli aveva proposto di provare Cerebro per la prima volta. Tony sembrò per un momento pensare che quell'idea non fosse poi così male ma Charles non lo notò.
"Ciò che mi preme farvi vedere ora è ciò che voglio proteggere, a ogni costo."
Charles non attese risposta, scansò la sedia e si avviò verso le scale, seguito subito dopo da tutti gli altri.
"Entreremo dai sotterranei" disse "Così non rischieremo di essere visti."
"Charles …" lo chiamò Hank, correndogli dietro "Non è prudente, non … Ma che diavolo?"
Si guardò attorno, erano già dentro Cerebro, Jean stava sorridendo.
"Vi chiedo scusa per questo piccolo espediente" disse Charles "Un conto è farvi vedere Cerebro, un conto è farvi vedere come arrivarci. Ho guidato io le vostre menti e i vostri corpi fino a qui e non avete conservato memoria del percorso. Ora" disse, prendendo il casco "Osservate."
Gli X Men erano abituati a Cerebro, i membri degli Illuminati erano a bocca aperta, Tony aveva gli occhi lucidi per l'emozione.
Charles chiuse gli occhi, prima partì una musica rilassante poi, attorno a loro comparve il pianeta terra, illuminato da miliardi di piccole luci bianche che si riflettevano sugli occhi dei presenti.
"Questi sono gli esseri umani" spiegò Charles.
"A cosa serve la musica?" chiese Tony "Potresti spegnerla?"
"No" rispose Charles "Mi aiuta a concentrarmi, a non sentire … questo." disse
Le luci cambiarono, di colore e posizione, ora erano rosse e meno numerose rispetto a quelle bianche, ma comunque ricoprivano ogni angolo della Terra che fosse abitato.
"Questi sono i mutanti. Vedete quanti sono? Li volete sentire?"
Charles abbassò una leva, la musica scomparve e al suo posto tutti poterono sentire urla di dolore, invocazioni d'aiuto, risate, pianti. Tutti i presenti si portarono le mani alle orecchie, quei suoni erano strazianti, nessuno avrebbe potuto rimanere indifferente, Charles aveva gli occhi lucidi e rossi per il pianto imminente, alzò nuovamente il volume della musica, poi tutto svanì.
"Capite ora? Capite chi rappresentiamo noi? Non si tratta di un gruppo limitato di persone ma di una e propria popolazione che va al di là delle nazioni, al di là di ciò che è stato creato dalla mente dell'uomo e dalla storia. I mutanti sono una realtà, sono persone con desideri, ambizioni, vite che vanno rispettate come tutte le altre vite."
Charles aveva pronunciato quelle parole con crescente emozione, sempre più coinvolto, poi divenne serio, quasi disilluso.
"Chi inizia le guerre ragiona con i numeri e spesso si dimentica che, dietro a quei numeri, ci sono persone reali, vite reali. Se i politici che inneggiano alla nostra rovina vedessero questo, se vedessero ciò che vedo io …"
La frase gli morì in gola, gli ci volle qualche istante per ritrovare le parole.
"Vi chiedo scusa" disse, mentre grandi lacrime scendevano lungo le sue guance arrossate "So bene che ciò che sogno è pura utopia, tante volte sono stato sul punto di rinunciare ma non posso … semplicemente non posso mollare, non posso …"
Erik fremeva, vedere quelle lacrime sul volto del suo amico lo fece soffrire a sua volta, si avvicinò e, mentre lui si sfilava lentamente il casco di Cerebro, gli posò una mano sulla spalla. Quel gesto, così piccolo, significò molto per entrambi, decenni di lotte in fazioni separate svanirono, ora avrebbero combattuto insieme. Charles era cambiato, era evidente, ma i suoi sogni, le sue aspirazioni, erano sempre gli stessi: il bene dei mutanti, a qualunque costo.
*Spero che abbiate riconosciuto la semi-citazione
