Bellatrix: "CHE STREGA SEI?"
Anche quella volta quando tornai a casa era già notte inoltrata, era più comodo in questo modo, non dovevo dare troppe spiegazioni a nessuno e nessuno le domandava.
Non avrei mai potuto dire candidamente che prendevo lezioni di arti oscure dal mago oscuro che tutti conoscevano col nome di Lord Voldemort.
Che le prendevo ormai da tempo e stavo diventando brava.
Prendevo tempo e intanto tacevo con quasi tutti coloro che mi conoscevano.
La casa sembrava deserta, mi diressi silenziosamente nella mia stanza da letto. Aprii la porta senza fare alcun rumore, nonostante i cardini di legno pesanti e antichi, mi richiusi la porta alle spalle e sospirai di sollievo.
Mi guardai attorno: la camera era rischiarata soltanto da alcune candele lasciate dagli elfi per accogliere il mio ritorno, il fuoco nel camino era acceso anche se la fiamma era fioca, aggiunsi un paio di tizzoni e mi tolsi il mantello nero.
La testa mi faceva un male terribile, avevo i brividi e la nausea per il forte dolore. Spensi tutte le candele, sperando che il buio mi desse un po' di sollievo, ma purtroppo nulla cambiò.
Quel dolore forte restava ad attanagliarmi la testa, impossibile da descrivere tanto era forte.
Attesi ancora, provai a sdraiarmi sul letto e chiudere gli occhi per riposare.
Non ne fui capace: ad ogni singolo minuto, il dolore aumentava sempre di più, rendendomi ogni azione quasi impensabile. Mi rannicchiai dunque sotto le coperte, ancora vestita, tentando di dormire, ma senza risultato.
Stavo solo male ed ero angosciata.
Se le sole lezioni di legilimanzia e l'occlumanzia, mi riducevano in quello stato, come avrei fatto ad affrontare tutto il resto?
Come avrei fatto a resistere a tutto l'allenamento vero e proprio, quello che sicuramente sarebbe arrivato in seguito?
Mi sentivo sola e afflitta. Avevo un crollo delle forze.
Quelle lunghe ore passate a sforzare la mente mi avevano tolto le energie.
Tentai comunque di pensare ad una soluzione, in quel modo non potevo più andare avanti.
Il mio maestro mi aveva dato la ricetta di due pozioni utili per alleviare questi effetti collaterali delle prime lezioni: foglie di carpino essiccate; essenza di fiori in grappolo di ulivo, entrambe andavano disciolte in succo di corteccia di noce.
Non ricordavo il seguito. Avevo tutto scritto da qualche parte, ma non potevo nemmeno pensare di fare le cose da sola, il mio corpo non ce la faceva più.
Ovviamente non avevo seguito il suo consiglio di preparare le pozioni antecedentemente alle lezioni. Credevo di essere troppo brava per avere bisogno di rimedi che mi aiutassero.
Ero stata sciocca, ingenua e supponente e d'altra parte, non mi era mai capitato di stare così male per degli incantesimi.
Se solo lo avesse saputo il mio maestro mi avrebbe rimproverata.
"Non sei troppo brava, sei solo troppo sicura di te. È evidente che invece ti sbagli."
Mi avrebbe detto sicuramente così, immaginai le sue parole e il suo tono duro in mezzo a tutto quel dolore.
Mi domandavo spesso se lui avesse una cattiva opinione di me.
Chiusi gli occhi e a quel pensiero mi venne da piangere, ero totalmente abbattuta per tutto.
Rimasi così a lungo, senza quasi capire dove fossi e il tempo che stava passando. Solo dopo aver passato chissà quanto in quel modo penoso, mi decisi per davvero a cercare una soluzione.
Mi misi a strisciare verso il camino, per mandare un messaggio a Rab tramite la cenere.
Non usavo il normale metodo dei maghi, il mio maestro me ne aveva insegnato un altro, più sicuro.
Bisognava soffiare sulla cenere, dando la forma alle parole tramite un piccolo incantesimo, così che, in qualsiasi luogo e momento, si poteva comunicare con qualcuno di fiducia in maniera assolutamente segreta.
Per qualche motivo sconosciuto persino a me stessa, lo avevo insegnato anche a Rab, solamente a lui e in quel momento tornò molto utile.
Arrivò infatti poco dopo, si palesò direttamente nella mia stanza.
Senza quasi salutarlo gli spiegai la situazione, chiedendogli di aiutarmi con la pozione.
Si mise al lavoro senza fare troppe domande e in men che non si dica trovò ingredienti e compose la pozione.
Era davvero molto bravo.
Me la diede da bere e lentamente la sorseggiai fino a terminarla tutta, poi mi sdraiai un momento in attesa che facesse il suo effetto.
Lentamente i dolori si affievolirono, la mente tornò più sgombra, ebbi un vero sollievo.
Quando riaprii gli occhi Rab era seduto accanto a me sul letto, era in silenzio totale e mi guardava.
Restammo per diversi attimi così, fermi a guardarci.
"Perché non hai chiamato il tuo fidanzato, Bellatrix?"
Mi alzai leggermente dal materasso.
"Ti ho arrecato molto disturbo chiedendo a te di venire?"
Scosse la testa, ma rimase in attesa della mia risposta.
Fui semplicemente sincera.
"Rod non è mai troppo contento quando mi vede fare cose al limite della sopportazione, soprattutto durante le lezioni di arti oscure."
Feci una pausa, non sapevo se aggiungere altre spiegazioni, ma mi venne spontaneo sfogarmi.
"Sembra proprio che non sopporti le arti oscure, a volte è insofferente persino con il mio maestro. Davanti a lui non si fa notare, ma quando siamo soli me ne accorgo."
Rab mi guardò e mi fece un sorrisetto strano.
"Curioso."
Mi guardò in modo ironico. Non capii: sembrava alludesse a qualcosa, ma non feci in tempo a chiedere nulla che si alzò e si diresse verso i cassetti dove tenevo le erbe magiche e officinali.
"Ti preparo un unguento che ti sarà utile, aspetta."
Mi rimisi sdraiata e restai in attesa.
Dopo poco Rab si sedette vicino a me, di nuovo sul letto, scostandomi i capelli dalla fronte e appoggiando un panno imbevuto di estratto di gelsomino sulla fronte.
In quel momento, fra noi sorse un silenzio strano.
Pieno di parole non dette e gesti incompiuti, un silenzio molto morbido e sensuale.
Stavo con gli occhi chiusi, ma sapevo che mi stava guardando, lì al buio, mentre ero sdraiata sul letto.
Sapevo a memoria come faceva, come mi guardava: prima i vestiti, poi il seno e le gambe.
Ha un modo di desiderarmi vagamente simile a quello di Rod, ma decisamente più discreto.
Sentivo solo i nostri respiri, le fitte intanto diventavano sempre più rare, meno dolorose.
Mi aspettavo mi baciasse a tradimento, ma non lo fece, restò a lungo ad accarezzarmi con lo sguardo senza dire una parola.
"Credo di aver capito che mio fratello sia un po' geloso del tuo amatissimo e affascinante maestro."
Scattai subito, non volli nemmeno sentire quelle frasi.
"Che ti viene in mente? Non è vero che amo il mio maestro, io amo Rod, sono fidanzata con lui. Non ha motivo di essere geloso."
Ogni volta che si parla di amore, soprattutto se si parla di amore per il mio maestro, chiarivo sempre che non era assolutamente vero. Perché ovviamente l'amore non esisteva. Era la prima cosa che lui mi aveva insegnato, non gli disubbidirei per nulla al mondo.
Io non lo amavo affatto.
"Te l'ho sempre detto che mio fratello è un idiota e non capisce niente. Però le tue reazioni sembrerebbero dargli ragione, talvolta."
Mi sedetti sul letto davanti a lui che mi sorrise contento di vedermi riprendere un po' di vitalità.
"Cosa vuoi dire?"
Scosse la testa, impiegò un po' prima di rispondere.
"La tua reazione. Hai negato con così tanta veemenza, che al contrario la tua sembrava proprio un'affermazione."
Mi sorrise. Io invece abbassai gli occhi, non gli dissi nulla e giocherellai a lungo con le coperte prima di fargli una domanda che mi passava per la mente da un po'.
"Davvero non vuoi diventare un mangiamorte? Non vuoi essere uno di noi? Sei intelligente, bravo, intuitivo."
A quelle parole però, improvvisamente, il suo sorriso cambiò, l'atmosfera che si era creata si dissolse e Rab diventò nervoso, prima di rispondermi si alzò in piedi.
"Non mi interessa. Non posso esaudire tutti i tuoi desideri, Bella. Tu sei abituata a dare ordini, che poi tutti eseguiamo alla lettera, ma sinceramente, io mi sono stancato."
Mi rabbuiai molto, non capii la sua reazione.
Mi domandavo da dove gli venisse tutta questa rabbia, e perché si ostinasse a stare distante dal gruppo.
"Ora devo andare. Cerca di dormire un po', altrimenti domani sarai comunque sofferente."
Mi fece un sorriso triste.
Quasi dolce.
Ricambiai di malavoglia: non ero soddisfatta, lo sentivo distante e sfuggente, non capivo perché fosse sempre così leggermente triste.
Comunque lo salutai senza chiedere nulla. Mi addormentai poco dopo assolutamente insoddisfatta.
Non riuscivo a capire per quale motivo Rab, sempre così gentile e disponibile, avesse iniziato a sfuggirmi continuamente dalle mani.
L'indomani stavo molto meglio, ripresi le lezioni senza dire nulla al mio maestro, ma da quel momento presi per bene le misure e iniziai a preparare prima pozioni ricostituenti, calmanti e antidolorifiche.
Cercai di capire come gestirmi e le reazioni del mio corpo alla magia oscura. Non era semplice. Molto spesso sbagliavo e mi ritrovavo stremata per vari giorni.
Passammo dall'occlumanzia, alla legilimanzia, alle pozioni fino alle tecniche di battaglia.
Passavano i giorni e le settimane.
Talvolta mi esaminava e non dovevo davvero sbagliare nulla. Erano momenti importanti, cercava sempre di capire quali fossero le mie risorse, quali competenze avessi appreso.
Quella volta ci sedemmo ad un grande tavolo di legno chiaro, dall'inizio alla fine di quelle specie di esami non mi parlava mai, mi domandava solamente mille cose.
Andavamo già avanti da tempo quando lo vidi fermarsi per un momento.
Per un attimo appoggiai il mento sulla mano, lo guardai attenta in quel momento di tregua.
Quando sfogliava le pagine del libro sul quale mi faceva le domande, i capelli gli andavano sempre davanti agli occhi. Anche se li allontanava con un gesto della mano, quelli ritornavano imperterriti al loro posto, gli unici che si ribellavano al suo volere.
Allora chinava la testa di lato, per farli scansare in maniera naturale, poi lèggeva sul libro.
Succedeva sempre così.
Io lo trovavo affascinante. A volte mi sentivo il cuore battere più veloce, altre le guance diventare più calde. Mi bastava guardarlo per avere mille sensazioni dentro di me.
Poi lui mi riportava velocemente alla realtà.
"Le sei facoltà magiche."
Erano le domande a bruciapelo che mi piacevano di più, fra noi diventava quasi una sfida, un gioco che desideravo continuasse sempre e a lungo.
Continuammo avanti così, dopo un'ora buona che parlavamo delle pozioni più utili. Dopo avermi lanciato un'occhiata, per riportare la mia attenzione dove voleva che stesse.
Io ero comunque stremata, ma il suo sguardo serio, concentrato, pretenzioso e penetrante, non mi lasciava spazio a dubbi: dovevo farmi forza e rispondere.
E soprattutto rispondere bene.
"Sono: visualizzazione, concentrazione, accrescimento energetico, carico dei poteri sulla bacchetta magica e poi, se necessario, alterazione stato di coscienza, liberazione dell'energia in eccesso."
Ricambiai quello sguardo fierissimo, sfidando i suoi splendidi occhi neri, sui quali ricadevano quei capelli altrettanto neri e piuttosto lunghi.
"Bene."
Era imperturbabile, mi incalzò subito con un'altra domanda.
"Passiamo avanti: strumenti dell'elemento terra."
Mi sentii sollevata, la domanda era più semplice.
"Gli strumenti devono esprimere l'essenza della terra, sono la sabbia, l'argilla, le pietre, i cristalli, i ceppi intagliati, il pentacolo, le radici delle piante."
Lui annuì e mi interruppe quasi subito.
"A proposito di piante, per cosa utilizzi l'equiseto e la verbena?"
"La verbena è antinfiammatoria e antifebbrile, l'equiseto è antiemorragico. Le uso nel caso di ferite dopo un duello, o a causa di un'infezione. Per la magia curativa quindi."
Lo guardai, era sempre serio.
"Brava, ora dimmi, quali sono le simbologie del sole?"
Non mi lasciava il tempo nemmeno di pensare, botta e risposta, botta e risposta, in continuazione, voleva sempre che arrivassi d'istinto, immediatamente, alle risposte, pretendeva la perfezione.
A volte, quando ero pronta e preparata, stabilivamo una tale connessione mentale, dal punto di vista delle conoscenze della magia di base, che mi pareva quasi di sentirlo più vicino, più legato a me.
Forse era una mia impressione, ma mi faceva sentire quasi inebriata, ne volevo sempre di più.
"Rappresenta l'aspetto maschile della magia, influenza i riti magici quasi quanto la luna. La sua energia è potente, arrogante, dispotica e autoritaria."
Risposi tentando di accelerare i tempi di reazione alle domande.
"Possiamo controllare questo processo energetico coi nostri poteri?"
Ho scosso la testa senza parlare.
"Per ora no."
Aggiunse quelle parole con un certo ghigno. Forse stava lavorando per cambiare questa condizione.
Ricambiai quel sorriso stupendo, quel regalo di complicità che mi fece.
"Sì, mio maestro. Per ora soltanto."
"Cos' è l'aura, Bellatrix?"
Riprese subito ad incalzarmi.
"Il campo di energia che circonda gli esseri viventi, penetrando l'aura con la nostra energia magica, possiamo iniziare a modificarne i comportamenti e creare scompensi, o diminuire l'energia dell'organismo in questione, fino alla morte."
Risposi velocemente, su questo ero ferrata, era un argomento che mi piaceva molto, ma lui pareva leggermi sempre nella mente e cambiò puntualmente la domanda.
Scavava sempre nei miei punti deboli.
"Luna in gemelli."
Io mi domandai cosa leggeva nella mia mente.
Cose di cui nemmeno io sapevo l'esistenza?
Segreti troppo profondi, che non ammettevo a me stessa?
Emozioni che non sapevo di provare e che non volevo nessuno sapesse?
E se lui un giorno capisse quanto mi fa battere il cuore un suo semplice sguardo?
Con tutti quei pensieri che mi martellavano il cervello, non ci capii più molto e dunque tentennai.
"Non mi ricordo bene."
Mi guardò male.
"Luna in gemelli! Avanti, rispondi bene."
Insistette con tono cupo, arrabbiato.
"Hem... versatile, imprevedibile."
Non mi venne davvero in mente altro.
Non fu ovviamente soddisfatto.
"I punti deboli?"
Pretendeva veramente tutto, i particolari, le sottili differenze. Mi morsi le labbra, non lo volevo deludere, non volevo un'altra sgridata.
Per fortuna ebbi un lampo di genio.
"Superficiale, prende decisioni improvvise, lo si può indurre a fare ciò che si vuole se si agisce su di lui con rapidità, sfruttando le sue iniziative poco ponderate."
Conclusi guardandolo direttamente negli occhi e sorrisi.
"Perfetto. Che strega sei?"
Lo vidi ormai disteso e soddisfatto.
"Uff! Non lo so, maestro, come faccio a capirlo? Ditemelo per favore, non posso più vivere con questo dubbio."
Gli risposi contenta, ansiosa di sapere, ma allegra e felice. Quell'esame era finito e lui era soddisfatto. Lo avevo capito subito.
Quando il mio maestro era contento di me, di come ero preparata nella teoria e di come reagivo alle sue pressioni, mi poneva sempre questa come ultima domanda.
La domanda a cui non ho assolutamente risposta già da tempo.
Lui rise, con una risata splendida, improvvisa e rumorosa, mi prendeva in giro tutte le volte, perché non riuscivo a comprendere che strega fossi, qual'era l'elemento che mi apparteneva e mi distingueva dagli altri.
"Ditemi che mago siete voi, almeno questo, vi prego."
Eravamo seduti, con miriadi di libri sul tavolo. Mi avvicinai a lui, mi piaceva quando sentivo il suo profumo e la sua vicinanza, mi faceva vibrare la carne e la pelle.
Non so se aveva mai notato quanto mi piacesse stargli fisicamente vicino.
"Te lo dirò, ti ho detto, dopo che sapremo di te. Acqua, aria, terra, o fuoco? Avanti, dimmi, ragazzina!"
Ancora non aveva perso l'abitudine di chiamarmi ragazzina. Ancora utilizzava quel nomignolo che mi faceva sentire piccola e inutile accanto a lui.
Mi innervosivo sempre quando lo sentivo. Avrei desiderato essere più grande, più adulta, ma non sapevo come diventarlo, come fargli capire che, in qualche modo, avrei voluto essere perfetta per lui.
"Non ci capisco davvero, ogni giorno cambio idea e opinione."
Lo guardai preoccupata.
"Mio Signore, voi l'avete capito che genere di strega sono?"
Lui mi guardò a lungo, alzandosi poi in piedi, stiracchiandosi in maniera aggraziata.
Aveva quell'aria criptica, misteriosa, superiore, allegra in cuor suo, tipica di lui quando si sentiva a suo agio.
"Certo che ho capito, io so tutto di te, cose che nemmeno tu sai. Non è ancora il momento di saperlo evidentemente, non hai ancora capito il significato dei tuoi poteri, non sai tante cose e devi comprenderne altre."
Tentai di parlare, ma mi zittì con un gesto.
"Ora basta comunque, vieni, usciamo."
Lui amava molto stare fuori, all'aria diventava ancora più bello, soprattutto quando il vento gli accarezzava i capelli e gli sfiorava la pelle.
Io lo guardavo e mi sentivo sempre molto orgogliosa di lui, non solamente perché era così bello, ma anche per il suo potere, la sua intelligenza e il suo carattere così enigmatico.
Quel giorno il vento gli accarezzava così bene i capelli, che una sensazione strana di affanno e bisogno iniziò a pulsarmi nello stomaco e nelle vene.
Era come un desiderio sinuoso che lentamente mi pervadeva tutta.
Gli rivolsi la parola, domandando la prima cosa che mi venne in mente per distrarmi da tutti quei pensieri che mi pulsavano nella mente.
"Quando inizieremo coi duelli, maestro?"
Continuò a guardare il cielo, a godersi l'aria sul viso.
"Non appena avrai imparato a scatenare tutta la tua energia."
Lo guardai attentamente, non capivo perché mi era così difficile fare ciò che mi chiedeva, non ero ancora riuscita a far fuoriuscire tutto il mio potere.
"È troppa per non sfruttarla completamente, te l'ho già detto. Quello che hai imparato a scuola non basta."
Fece una pausa, poi spostò lo sguardo su di me.
"Come vanno gli esercizi?"
Circa un mese fa, mi fornì di diversi piccoli rametti di legno di noce, uno più grande dell'altro, fino ad una dimensione della metà di quella della mia bacchetta, privi del nucleo interno.
Mi allenai a scatenare il potere da dentro di me per provocarne l'esplosione.
Mi parve molto facile all'inizio, ma in seguito poi, mancando il nucleo che in buona parte canalizza la magia, diventò un'impresa davvero ardua.
"Sono circa a metà maestro, è sempre più difficile."
Ero avvilita per questa mia incapacità, ma lui non mi consolò minimamente.
"Sei indietro, vedi? Impegnati di più, dedica più tempo agli allenamenti! Devi metterci l'anima."
Sospirai: non capiva che l'anima, l'amore, la passione, io ce li mettevo sempre, ma non ero così potente come lui.
"E con gli esercizi di controllo come va?"
Alzai lo sguardo verso di lui, non potei che rispondere la verità.
"Un vero disastro."
Scosse la testa.
"Non hai controllo, sei ancora troppo impulsiva, immatura. Comunque questo non è un grosso problema per me, il grosso problema è che tu impari presto a far fuoriuscire tutto il tuo potere, tutto Bella, non ti devi risparmiare, non ne devi avere paura."
Annuii, lui però continuò a parlarmi con pazienza.
"Mi è indispensabile e ti è indispensabile. Non voglio tu sia come quegli incapaci che escono da scuola e non hanno idea di quali siano le loro reali capacità. Tu sei la mia allieva, la mia creazione, ti voglio grandiosa."
Fece una pausa guardandomi.
"Intesi?"
Mi persi nei suoi occhi penetranti.
"Intesi, mio maestro."
Lasciò passare lunghi momenti di silenzio, poi mi parlò nuovamente.
"Ti voglio con gli altri Mangiamorte durante una di queste nottate. Ci sono cose da fare. Giusto per fare qualche prova sul campo, non devi perdere l'abitudine, il senso della battaglia reale."
Gli sorrisi, sapevo che non mi voleva mischiare agli altri Mangiamorte, ma sentivo anche io il desiderio di sentire l'adrenalina delle azioni vere, senza la pratica non si sviluppa la conoscenza.
"Certo, maestro, non attendevo altro."
