Il silenzio e gli occhi sgranati resero visibile la sorpresa sul volto di Mu. Per un momento pensò di star ancora sognando, dandosi subito uno schiaffo mentale per la sciocchezza che le stava passando per la mente. Una sciocchezza che però, a dispetto di ciò che sarebbe stato opportuno, fece accelerare improvvisamente i battiti del suo cuore, bloccandole le parole in gola e rendendole impossibile esprimersi.
- B-buon pomeriggio - disse sussurrando quando finalmente la voce le tornò alle labbra.
- Buon pomeriggio Mu - rispose Saga mostrandosi più sicuro, ma faticando non poco, soprattutto quando vide l'imbarazzo germogliare sulle guance delicate della giovane.
- Cosa... di cosa avete bisogno? - domandò Mu abbassando gli occhi.
- Perdonatemi il disturbo, non avevo intenzione di distrarvi dalle vostre faccende - Saga la vide scuotere lievemente il capo in segno di diniego - avrei bisogno di parlare con vostro padre, se è possibile - ma l'immagine del suo volto arrossato, le labbra piccole e carnose lievemente schiuse ed il respiro più rapido del normale, lo portarono momentaneamente altrove. Facendo riaffiorare alla sua memoria alcune immagini della notte prima. Immagini che rimosse rapidamente per il bene di entrambi.
Assimilando le ultime parole senza particolare entusiasmo, Mu tornò alla realtà, annuendo e sentendo una strana fitta farsi largo tra le sue costole.
- Mio padre non è in casa in questo momento - senza rendersene conto, Mu parlò con leggera delusione. Per un momento, solo per un momento, aveva sperato che quella visita fosse per lei, ma le parole del Capitano, molto chiare e dirette, sgretolarono immediatamente quella briciola di speranza. A dire il vero, anche l'urna di metallo che portava sulle spalle non lasciava dubbi sul motivo della sua visita...
Una delusione che non passò inosservata a Saga, che sospirò dentro di sé biasimando la sua mancanza di iniziativa.
Era ovvio che non fosse andato lì solo per vedere Shion... voleva incontrarla, molto più di quanto fosse disposto ad ammettere, e vedere la delusione su quel volto delicato, i cui occhi si nascondevano timidamente, gli faceva male al punto di voler sollevare il suo mento per accarezzarlo come avrebbe tanto desiderato. Ma come avrebbe reagito Mu se lo avesse fatto? Frustrato, scosse impercettibilmente il capo. Non era il momento, non ancora almeno.
Diversi istanti di silenzio riempirono lo spazio tra di loro rendendo il momento particolarmente imbarazzante, tuttavia, quando vide Saga in procinto di congedarsi, Mu sentì le labbra aprirsi da sole e la sua voce uscire senza averne alcun controllo.
- Mio padre non è in casa ma tornerà presto... se volete potete attenderlo dentro - parlando velocemente, Mu fece spazio tra la porta e l'entrata, aspettando la risposta del Capitano. Poteva sentire il suo viso bruciare di vergogna e il battito del suo cuore salire fino alle orecchie e rimbombare nel suo cervello, mentre i secondi passavano lentamente rendendola più ansiosa di quanto già non fosse.
- Se non è troppo disturbo... vi ringrazio, lo aspetterò dentro casa - rispose Saga leggermente incredulo.
Il Capitano poteva avere molti difetti, e li aveva. Sarebbe bastato chiedere a Kanon e li avrebbe elencati senza esitazione... ma non era uno stupido. Non sapeva ancora come comportarsi, aveva molti dubbi su come porsi per non spaventarla, ma se Mu lo aveva invitato ad entrare, non avrebbe sprecato l'occasione per avvicinarsi a lei.
In realtà non fece neanche particolari ragionamenti. Dopo essersi ripreso dalla sorpresa, acconsentì, infilando rapidamente la porta e seguendo Mu.
L'ingresso della casa era piccolo, ma pulito e in ordine, le pareti erano tappezzate del legno del luogo, e sembravano assorbire completamente la luce che entrava da una piccola finestra posta accanto alla porta. Oltre si intravedevano una scala, che portava al piano superiore, le stanze da letto pensò Saga, e un arco, in direzione del quale seguì Mu per entrare in cucina.
- Prego, accomodatevi -.
Saga si guardò intorno con discrezione. La cucina era abbastanza grande, molto più della sua. Tutta l'attrezzatura era posta contro le pareti, intorno al grande tavolo di legno disposto al centro della stanza. Alcune stoviglie erano appese al muro, mentre altre dovevano essere negli armadietti accanto al lavello. Due grandi credenze colme di barattoli di vetro in cui si intravedevano piante e fiori attirarono prepotentemente la sua attenzione. Le piante di Mu, sorrise a quel pensiero, immaginando per un attimo quanto dovesse essere meticolosa la giovane quando era intenta a preparare i suoi rimedi. Completava il tutto, in un angolo, un grande caminetto in cui crepitava con discrezione un piccolo fuoco, probabilmente sempre acceso per gli usi domestici.
Scostò leggermente una sedia senza distogliere lo sguardo da Mu, che, al contrario, sfuggiva il suo con malcelato nervosismo.
- Posso offrirvi qualcosa? Un tè oppure... uno dei miei infusi? -.
Saga scosse lentamente il capo sorridendo.
- Non voglio disturbarvi -.
- Nessun disturbo, avevo già intenzione di prepararlo per me - rispose Mu incrociando per un momento gli occhi di Saga, prima di riportare rapidamente lo sguardo in basso.
Temeva il suo sguardo, ne aveva una paura indefinibile. Ricordava fin troppo bene quello che aveva sognato, e gli occhi del Capitano erano stati ciò che l'aveva scossa maggiormente, turbandola in modo troppo piacevole perché non fosse pericoloso. Non avrebbe mai dimenticato il modo in cui l'avevano guardata, né ciò che avevano provocato in lei.
- Tutto bene Mu? -.
La voce di Saga la riportò alla realtà.
- Sì certo - Mu alzò le spalle sorridendo imbarazzata per essere stata colta in flagrante - perdonatemi, preparo subito il tè - dopodiché si mise rapidamente all'opera, muovendosi nello spazio senza esitazioni e con la leggerezza che la caratterizzava.
I movimenti erano solerti e aggraziati, captando l'attenzione di Saga che la seguì senza perdere nulla, apprezzando ogni gesto.
Dopo diversi minuti, l'aria profumava del gelsomino che aromatizzava la bevanda calda, e Mu aveva appena finito di riempire due tazze di porcellana, quando due colpi secchi alla porta attirarono l'attenzione di entrambi, facendoli sussultare leggermente.
- Deve essere vostro padre - disse Saga sentendo il tè andargli di traverso prima ancora di averlo assaggiato, pensando a quanto fosse inopportuna, in quel momento, un'interruzione da parte del padrone di casa.
- Busserebbe per entrare in casa sua? - Mu guardò Saga punzecchiandolo, ma sorridendo in un modo che lo distrasse completamente - Torno subito - aggiunse prima di infilare l'uscita per andare ad aprire la porta. Senza molto entusiasmo, a dire il vero.
- Buon pomeriggio Mu -.
Sebbene fosse ad una certa distanza, Saga non fece alcuna difficoltà a riconoscere il proprietario di quella voce e, senza che vi fosse una ragione logica, sentì una certa irritazione salire alle sue labbra per uscire in un sospiro insofferente.
- Buon pomeriggio Comandante -.
- Ti ho detto più volte di chiamarmi solo Shaka - le fece notare il giovane con serietà e garbo.
- Come posso esservi utile? - glissò Mu.
Saga non sapeva se fosse una sua suggestione, ma gli sembrò un saluto molto più freddo di quello che aveva rivolto a lui poco prima. Fortunatamente, dal punto in cui era poteva guardare senza essere visto, ragion per cui, a dispetto della sua solita riservatezza, si sporse per vedere, aprendo bene le orecchie per non perdere una parola.
- Stavo cercando Shion - disse Shaka avvicinandosi leggermente.
- Mi dispiace, ma mio padre non è in casa - rispose Mu facendo un leggero passo indietro.
- Posso aspettare che torni, se non è troppo disturbo per te -.
Saga aveva colto fin da subito la differenza con la quale Mu e Shaka si parlavano reciprocamente. Shaka le parlava con una confidenza che si era concesso da solo, mentre Mu si rivolgeva a lui in modo formale. Non gli era sfuggito il modo in cui la ragazza cercava di mantenere le distanze, né la difficoltà che aveva nel farlo, ma decise di lasciarle gestire la situazione come meglio riteneva. Immaginava che questa non fosse la prima volta in cui si trovava a declinare attenzioni indesiderate, e quindi l'avrebbe lasciata fare. Anche se... qualora l'ospite fosse diventato troppo insistente o duro di comprendonio, non sarebbe di certo rimasto a guardare...
- È meglio che torniate in un altro momento, Comandante - rispose Mu con gentilezza, ma con una punta di distacco che non passò inosservata a nessuno - Ho molto da fare e anche voi - aggiunse accingendosi ad accomiatarsi. Cosa che le fu impossibile, perché Shaka fermò la porta con un braccio, impedendole di chiuderla.
- Perché ti comporti così Mu? - per un attimo, Shaka sembrò perdere la sua abituale impassibilità - Perché non mi permetti di avvicinarmi a te? Lo sai quello che provo ma sembra che non ti importi - vide Mu guardarlo accigliata, non avendo affatto gradito quella sopraffazione da parte sua - Un giorno la mia pazienza potrebbe finire, e un'altra giovane del paese prendere il tuo posto -.
Gli attimi di silenzio che seguirono furono scomodi per entrambi. Per Shaka, perché sentiva di essere andato troppo oltre con le parole e, così come era conscio di essersi lasciato sopraffare dal suo orgoglio, era anche consapevole di quanto fosse sciocco minacciare la donna di cui era innamorato, e per quanto riguardava Mu... rifletté sulle parole di Shaka, interrogandosi seriamente sul perché questo giovane e brillante Comandante insistesse così tanto, a dispetto del fatto che il suo interesse non fosse ricambiato.
Era amore?
No. Era certa che non si trattasse di questo. Un giorno Shion le aveva detto che l'amore, quello vero, è sempre ricambiato, perché non può esistere senza che venga alimentato da entrambi le parti.
La verità era che Shaka non riusciva ad accettare un no come risposta, il che non faceva altro che rafforzare ancora di più in lei l'idea che loro due fossero le persone meno compatibili sulla terra.
- Spero che un giorno non lontano anche voi possiate rendervi conto di quanto siamo diversi, e che non potremmo mai andare d'accordo - rispose Mu con sincerità, scostando il braccio di Shaka per chiudere la porta - Vi auguro davvero di trovare presto una donna che vi corrisponda come meritate, e sono certa che allora potrete finalmente capire che il mio non è un rifiuto, ma il bene di entrambi -.
Stavolta Shaka incassò il colpo, non trovando nulla da controbattere, mentre vedeva il volto che tanto desiderava sparire lentamente dalla sua vista.
Incassò il colpo, ma non lo avrebbe accettato così facilmente. Anche perché era appostato vicino a quella casa già da un po', e sapeva perfettamente chi vi fosse entrato poco prima. A sua volta, però, e a dispetto della sua furbizia, non si era accorto di due occhi che lo tenevano d'occhio già da un po'...
- Va tutto bene? -.
Sentì lo sguardo di Saga passarla da parte a parte, non osando guardarlo per paura di tradire tutto quello che stava provando. Irritazione, per l'invadenza non richiesta, dispiacere, perché non avrebbe mai voluto ferire nessuno, ma anche... confusione, perché non vedeva l'ora di tornare in cucina, e turbamento, perché poteva sentire gli occhi del Capitano percorrerla da cima a fondo, facendola sentire terribilmente bene.
- Sì certo - annuì mentre porgeva a Saga la sua tazza, non convincendolo affatto - mi dispiace, il tè si sarà raffreddato e... -.
- È perfetto, così potremo berlo senza difficoltà - la rassicurò Saga sorridendole, e sfiorandole le dita come aveva fatto la sera prima.
Anche se stavolta non era stato casuale.
- Non posso crederci... di nuovo?! -.
Le certezze di Minosse cominciavano a vacillare. Proprio come la sua pazienza. Ormai si erano già alternati diversi attacchi al campo militare, ma nessuno era andato a buon fine, e vedere tornare alcuni dei loro specter malmenati e malconci, lo irritava non poco.
- Posso sapere che accidenti è successo stavolta? - domandò Rhadamanthys con poca pazienza, rivolgendosi ai suoi sottoposti - Ancora quel dannato Dohko?! -.
- No, ma Deathmask ci ha fatto passare un brutto quarto d'ora... - rispose uno degli specter minori.
- Ah, ho capito... state forse dicendo che abbiamo mandato alcuni di voi solo per il divertimento di Deathmask? Interessante, davvero interessante... chissà cosa ne penserà Hades quando glielo diremo... - aggiunse Aiacos decisamente nervoso, sottolineando le ultime parole.
- E cosa avrebbe fatto Deathmask? - domandò Rhadamanthys, cercando di trovare un senso all'ennesimo fallimento.
Tuttavia, l'unica risposta che ricevette fu il silenzio sepolcrale di tutti i presenti.
Guardò Valentine, il suo fidato luogotenente, aspettandosi che almeno lui, se non altro per la posizione gerarchica che ricopriva rispetto agli specter minori, potesse dargli spiegazioni, ma non trovò niente. A parte i suoi occhi sfuggenti.
A dire il vero, quella domanda aveva fatto tremare impercettibilmente Valentine. Ricordava perfettamente il sadismo di Deathmask, il modo in cui erano finiti nell'imboscata e come quello strano cavaliere si fosse divertito a tormentarli fisicamente e psicologicamente, tenendoli in sospeso tra la vita e la morte. Senza mai sferrare il colpo mortale, li aveva torturati con l'angoscia di poterlo fare in qualunque momento...
Fortunatamente, alcuni dei loro rinforzi erano arrivati in tempo, aiutandoli e lasciandoli nel dubbio di sapere se Deathmask li avrebbe uccisi oppure no.
Minosse sospirò.
Aveva pensato che, con il ritorno a casa di Saga e la sua sostituzione con Aiolia, il campo militare di Atena ne sarebbe uscito indebolito. E invece sembrava che non fosse così. Era certo che Aiolia non avesse le stesse abilità di Saga, tuttavia, dovette ammettere che i cavalieri erano in grado di agire anche senza una guida forte. Anche se... ad onor del vero, c'era sempre Dohko.
La cosa più preoccupante era sapere che Deathmask avesse agito da solo, senza che fosse necessario l'aiuto dei suoi compagni. Cosa sarebbe accaduto se fossero stati tutti insieme?
Minosse scosse leggermente il capo, scoraggiato dalla piega che stava prendendo la battaglia contro l'unico territorio, insieme a quello fedele a Poseidone, che ancora si rifiutava di sottomettersi ad Hades.
- Non scoraggiarti Minosse - Aiacos fece sentire la sua voce - quei dannati devono avere un punto debole, e prima o poi lo troveremo -disse più fiducioso che convinto.
- Il problema è quanto credito ci darà ancora Hades - rispose Minosse a denti stretti affinché i presenti non sentissero - se continueremo a collezionare fallimenti potrebbe rimuoverci dai ruoli di comando - sentì Aiacos sospirare - come ti vedresti ridotto ad uno specter qualunque? -.
- Non dirlo neanche per scherzo! - rispose Aiacos attirando l'attenzione - Non voglio finire come questi idioti - sussurrò subito dopo.
- Allora inventa qualcosa genio... - lo canzonò Rhadamantys che, al contrario degli altri, aveva sentito tutto. Non per altro era uno dei tre giudici di Hades.
- Avete finito di bisticciare come bambini? - lo sguardo di Minosse riportò entrambi alla ragione - Non avete ancora capito... dobbiamo farli capitolare, fare in modo che nessuno possa difendersi o difendere gli altri, neutralizzarli insieme... - sarebbe andato avanti, se all'improvviso non si fosse fermato.
Uno strano luccichio attraversò le sue pupille grigie.
- Siete venuto per sistemare la vostra armatura? - dopo aver preso un sorso del suo tè, Mu abbassò la tazza tenendola tra le mani, portando il suo sguardo in quello del suo ospite. Si sentiva ancora terribilmente in imbarazzo in sua presenza, ma aveva bisogno di guardarlo negli occhi. E che lui ricambiasse.
Saga rifletté per alcuni secondi. L'armatura era il motivo ufficiale della sua presenza in quella casa, questo era certo, ma la vera ragione lo stava appena guardando con le sue iridi grandi e belle e, pur essendone conscio dal momento in cui era uscito di casa, solo in quel momento riuscì ad ammetterlo a se stesso. Ma non avrebbe potuto dirlo, non ora... Mu lo avrebbe preso per pazzo. E forse lo era, perché Mu era entrata nella sua vita come un tornado, rovesciando in pochissimo tempo molte delle sue convinzioni, lasciandolo stordito e catturandolo nel perimetro disegnato dai bellissimi smeraldi che amava così tanto guardare da vicino.
- Mi hanno detto che nessuno, come vostro padre, è in grado di sistemare i nostri equipaggiamenti, inoltre... ho potuto constatare con i miei occhi che corrisponde al vero - Saga non rispose alla domanda, preferendo omettere la verità piuttosto che mentire - tutti i soldati hanno un'armatura impeccabile, tranne me naturalmente -.
- Siete appena tornato - disse Mu rispondendo al sorriso di Saga - è normale che la vostra armatura sia rovinata, ma non dovete avere dubbi sul fatto che mio padre ve la restituirà in perfette condizioni -.
Saga annuì e, approfittando del momento di distensione tra di loro, pensò che fosse una buona occasione per saperne di più su Mu. Anche perché era stanco di conoscere la sua vita dai racconti di Kanon...
- Shion faceva questo lavoro anche quando vivevate in Jamir? - domandò prima di prendere l'ultimo sorso di tè e vedendo Mu annuire alla domanda.
- Mio padre è un fabbro, ha sempre lavorato il metallo per qualunque tipo di utilizzo. Talvolta è accaduto che dovesse riparare delle armature o forgiare armi, anche se... - Mu rifletté un istante attingendo dalla sua memoria - da quello che ricordo, la nostra gente non è abituata né addestrata alla guerra, e molto probabilmente si trattava di commissioni provenienti da altre regioni -.
- Kanon mi ha detto che vi siete trasferiti nel nostro paese una decina di anni fa, subito dopo la mia partenza per la missione - Saga approfittò della loquacità di Mu - Sentite molto la mancanza della vostra gente, della vostra terra? -.
Mu portò una mano sotto al mento, sollevando lo sguardo in aria e riflettendo sulla domanda di Saga.
- Beh, immagino di sì, voglio dire... soprattutto all'inizio, quando siamo arrivati, non conoscevamo nessuno, non sapevamo nulla delle vostre usanze, inoltre... era strano essere gli unici ad avere caratteristiche differenti rispetto agli altri - inconsciamente accarezzò i tilak sulla fronte - però in pochissimo tempo ci siamo ambientati ed integrati bene, e ora non vorrei mai vivere in un posto diverso da questo - concluse sorridendo, vedendo Saga ricambiare ed indugiare con lo sguardo sul suo viso.
- Kanon mi ha detto che il vostro Paese ha avuto problemi con il popolo cinese - disse Saga cautamente, non volendo rischiare di riaprire vecchie ferite.
- Sì, questa è una delle ragioni per le quali siamo andati via, ma non è l'unica - Mu annuì dolcemente - il Jamir è la nostra terra, lì ci sono le nostre radici e la nostra cultura alle quali, ovviamente, saremo sempre legati da un vincolo indissolubile, però... è anche una terra molto dura, gli inverni sono molto freddi - si fermò un momento, abbassando le palpebre e prendendo un respiro - è così che è morta mia madre - e sebbene sentisse un peso sul petto, lo sguardo stupito di Saga la spinse a continuare - la nostra casa ha mura spesse e impenetrabili, ma è situata nella parte più alta del paese... l'anno in cui mia madre morì l'inverno fu particolarmente duro, ricordo che nevicò per mesi senza mai darci tregua... in uno di quei freddi pomeriggi mio padre era impegnato nella fucina e la mamma decise di scendere da sola in paese per andare a prendere quello che serviva in casa, ma purtroppo fu colta da una bufera di neve - Mu abbassò gli occhi - la febbre è durata per giorni e non c'è stato nulla da fare, persino il medico che mio padre era riuscito a portare dalla città più vicina non ha potuto fare niente... -.
Saga capì che, da un momento all'altro, Mu sarebbe crollata sotto il peso di un dolore che non avrebbe mai dimenticato, e non sapeva quanto fosse giusto che una persona che conosceva a malapena assistesse ad un momento così intimo, inoltre... voleva conoscerla meglio, non farla soffrire.
- Per questa ragione Shion decise di portarvi via? - domandò attirando la sua attenzione.
- Sì - rispose Mu annuendo - il clima è stato decisivo, ma mio padre voleva soprattutto che crescessi e vivessi tra le persone, non in una torre isolata in un paese di cui la maggior parte delle persone ignora l'esistenza -.
- Mi sembra una scelta molto saggia -.
- Anche a me - Mu accennò un piccolo sorriso - anche perché ci sono alcune usanze radicate nel mio popolo, che mio padre non condivide e che non ha mai desiderato che io seguissi... e che io stessa, a dire il vero, non ho mai avuto intenzione di rispettare -.
- Ad esempio? - domandò Saga incuriosito.
- Ad esempio il fatto che i matrimoni siano combinati - vide Saga accigliarsi - di solito le unioni vengono decise alla nascita -.
- Dunque anche voi avete un fidanzato da quando siete nata? - domandò senza accorgersi della ruga che si era formata sulla sua fronte - Non mi sembra affatto giusto - aggiunse sussurrando tra sé, ma in un modo che Mu sentì benissimo.
- Sì, credo che mio nonno mi avesse già promessa ad un amico come moglie per suo figlio, nato qualche anno prima di me, ed ignaro della cosa quanto me - rispose sorridendo dell'espressione di Saga - ma credo che ormai se ne sia fatto una ragione... -.
- Lo spero bene! - quando Saga sentì la propria voce, era già troppo tardi. Soprattutto quando vide il sorriso di Mu diventare ancora più grande.
- E come siete arrivati qui? Voglio dire... come mai proprio qui? O meglio... non che mi dispiaccia, ma... - imbarazzato e nel tentativo di cambiare discorso, Saga incespicò tra le sue stesse parole.
- Ho capito, ho capito - Mu sorrise vedendo la vergogna dipinta sul volto di Saga. Per la prima volta il rossore sul viso non era il suo... - un vecchio amico di mio padre gli aveva già consigliato tempo prima di trasferirsi qui - disse Mu - è uno dei vostri cavalieri, si sono conosciuti in uno dei viaggi di mio padre in Cina, e hanno continuato a scriversi lettere anche quando si è trasferito qui... -.
- Dohko - disse Saga, allibito, vedendo Mu annuire.
- Sì è proprio lui - Mu lo guardò sorridendo - mi dispiace averlo visto qui solo un paio di volte, ma subito dopo il nostro arrivo è dovuto partire per la vostra missione e non ho potuto passare molto tempo con lui - alzò le spalle - spero di rivederlo presto -.
- Lo spero anche io - concordò Saga - il punto è che Dohko è il nostro miglior stratega, e se si allontanasse dal campo potrebbe essere un problema -.
- Non fatico a crederlo ma il punto è... - Mu alzò le spalle - sarebbe ora che anche lui riportasse la sua armatura, non oso immaginare in che stato possa essere! - vide l'espressione di Saga concordare con quello che diceva - Solo mio padre può rimettere in sesto il suo equipaggiamento - concluse sospirando.
- Vedo che Shion è celebre in quello che fa - fece notare Saga, sorridendo per la piccola preoccupazione che percepiva da Mu.
- Non lo dico perché è mio padre... - la voce di Mu si addolcì - ma non c'è nessuno che sappia piegare il metallo al suo volere come lui -.
Saga annuì, ed era in procinto di aprire la bocca per fare un'altra domanda che prolungasse la loro conversazione, quando quello che disse Mu, sebbene sussurrato, arrivò nitido alle sue orecchie, lasciandolo totalmente sbigottito.
"Nemmeno io ho ancora raggiunto il suo livello".
Aveva sentito bene?! Mu stava forse dicendo che...
- Mu... -.
- Sì? - la ragazza alzò gli occhi, non rendendosi conto che il Capitano aveva sentito ciò che aveva detto, e messo insieme le cose.
- Voi aiutate vostro padre a sistemare le armature... vero? -.
Per diversi secondi l'unico suono udibile nella stanza fu il leggero crepitio del piccolo fuoco che bruciava nel caminetto.
Mu tentennò, indecisa sul da farsi. Quanto saggio era rendere il Capitano partecipe del piccolo segreto che avevano lei e suo padre? Ebbene sì, Mu aiutava Shion nella riparazione delle armature, e non perché suo padre lo volesse, ma perché aveva una singolare attitudine a sentire il metallo, che la rendeva la persona più adatta a comprendere quali fossero i punti deboli delle armature, e di cosa avessero bisogno. Tuttavia, non era una sciocca, ed era perfettamente conscia del fatto che nessun cavaliere, se lo avesse saputo, avrebbe affidato il suo indispensabile equipaggiamento nelle mani di una donna. Allo stesso tempo, però, non se la sentiva di mentire al Capitano...
Con gli occhi ridotti ad una fessura, Saga osservò la confusione sul viso di Mu, potendovi leggere il dibattito interiore che stava turbando la giovane donna. Ritenendolo profondamente ingiusto.
- Mu... - richiamò la sua attenzione attirando lo sguardo su di sé - non abbiate paura, per me non è un problema il fatto che vi occupiate delle armature - la vide guardarlo sorpresa - dovete sentirvi libera di fare ciò che volete inoltre... da quello che vedo, il risultato non è affatto male! - aggiunse nel tentativo di farla sorridere.
- Dite sul serio? - Mu sgranò gli occhi - Davvero non è un problema? -.
- No, affatto - Saga scosse il capo - se avete questa abilità è giusto che la mettiate a frutto, anzi, dato che vostro padre non è ancora tornato, se volete, potete dare voi un'occhiata alla mia armatura... - le disse incoraggiandola, nel tentativo di rimuovere definitivamente la leggera diffidenza che leggeva nel suo sguardo.
Mu vacillò, non sapendo se quello di Saga fosse solo uno scherzo oppure no, tuttavia... ad essere sinceri, non vedeva traccia di scherno nelle belle giade dell'uomo che la fissava in attesa di una risposta.
- Venite con me - disse dopo quelle che a Saga sembrarono ore, indicandogli di seguirla e dandogli le spalle per fargli strada nel piccolo corridoio che si apriva oltre la cucina.
- Cosa dobbiamo fare di preciso? - gli uomini guardarono il piccolo sacchetto posto sul tavolo, davanti ai loro occhi - Ucciderlo? -.
- No, dovete solo spaventarlo... fargli capire che deve girare alla larga da quella casa -.
Ai confini del paese, in una vecchia e fumosa bettola frequentata da coloro che vivevano ai margini della società e della legalità, tre uomini fissavano di traverso il giovane che stava offrendo loro quel denaro. Un giovane elegante, distinto, un graduato che, nonostante il copricapo, non poteva occultare interamente la sua folta e lunga chioma bionda.
- E poi? -.
- E poi dovete sparire! - rispose il giovane perentorio - Lì dentro c'è quello che vi serve per andarvene e non tornare mai più! - dopodiché voltò le spalle ai tre uomini per uscire furtivamente da quel luogo.
Se qualcuno lo avesse visto lì, davvero non avrebbe saputo cosa fare.
- Sì, è molto rovinata - disse Mu con gli occhi fissi sulla corazza che aveva appoggiato sul tavolo della fucina.
Quello era il pezzo delle armature al quale teneva di più, perché proteggeva i punti vitali.
Alzò momentaneamente lo sguardo per incrociare quello di Saga, che la assecondò annuendo con il capo.
- Anche i bracciali e l'elmo sono ridotti molto male, ma la corazza è quella che mi preoccupa di più - aggiunse.
- Perché? - domandò Saga incuriosito.
- Perché protegge il vostro cuore - rispose Mu con sincerità, sorprendendo leggermente Saga.
Con la delicatezza delle sue mani candide, cominciò a scorrere il pezzo da una parte all'altra, nel tentativo non solo di sentire a livello tattile le crepe e le ammaccature, quanto di capire la natura dell'uomo che indossava quella corazza. E la sentì... quella corazza le trasmise le angosce, i dubbi, le paure di Saga, ma anche la sua forza, il suo valore, il suo coraggio. Chiuse gli occhi, sentendo tutti quei sentimenti scorrerle sulla pelle, impregnarla e passarle attraverso, riempire la sua carne e scuotere i suoi nervi, facendola sentire viva. Vivissima.
- Tutto bene? - domandò Saga vedendola persa.
Mu trasalì, risvegliandosi momentaneamente e fissando gli occhi in quelli di Saga. Solo dopo diversi istanti, tacendo, annuì e, senza distogliere lo sguardo da quello del Capitano, prese uno degli attrezzi che erano appesi al muro.
- Sentite qualche fastidio al petto... giusto? - domandò Mu con una certa sicurezza, lasciando Saga lievemente sorpreso.
- Sì, esatto - annuì un po' incredulo - è come se qualcosa premesse al centro, vicino al cuore - aggiunse indicando la parte.
Saga non avrebbe saputo dire se lo stesse guardando o sfidando con gli occhi, fatto sta che, senza dire null'altro, Mu fissò quello che sembrava un minuscolo scalpello al centro della corazza e, senza alcuna esitazione, con un altrettanto piccolo martello dette un colpo secco che risuonò nel silenzio della fucina.
Mu sapeva che la maggior parte dei cavalieri, se non tutti a giudicare dalla reazione di qualcuno di loro quando aveva anche solo osato toccare un'armatura, sarebbe inorridita vedendola fare quello che stava facendo, e allora sì... decise di sfidare Saga e vedere se, come tutti gli altri, l'avrebbe fermata nel momento in cui i suoi gesti fossero diventati concreti.
Quel colpo, infatti, avrebbe potuto avere due esiti. Riparare la corazza o creare una crepa che la spezzasse del tutto.
Ma Saga non disse nulla, e, quando Mu sollevò di nuovo lo sguardo di lui, fu lei a rimanere sorpresa. Perché lo vide sorridere.
Sentendo il cuore esploderle nel petto cercò di mantenere la calma, almeno all'apparenza, e, dopo aver passato un po' di polvere lucidante sulla parte che aveva appena battuto, la porse nuovamente a Saga, che la indossò per verificare se le sue supposizioni fossero vere.
- Non lo sento più - disse Saga meravigliato - quel fastidio che sentivo qui... - disse indicando un punto al centro del petto - è sparito! -.
Mu annuì avvicinandosi e, esattamente come aveva fatto prima quando il pezzo era sul tavolo, passò le mani da una parte all'altra, accarezzandolo gentilmente, sentendo il metallo liscio scorrere sotto le sue mani delicate. E non rendendosi conto dell'effetto che quella vicinanza e quelle carezze potevano avere sul Capitano.
- C'è ancora molto lavoro da fare ma sono contenta che almeno non vi dia più fastidio -.
Silenzio.
A Mu quella calma sembrò molto strana, ma fu solo quando alzò gli occhi che si rese conto della poca distanza che separava lei e Saga, e dello sguardo scuro e turbato che l'uomo aveva, alternandolo tra gli occhi e la sua bocca.
In altre circostanze Mu sarebbe fuggita a gambe levate anzi... non si era mai trovata in quella circostanza e non era un caso, ma in quel momento non si mosse, lasciando le mani sul metallo freddo e non distogliendo gli occhi da quelli di Saga.
- Mu... - Saga sentì il proprio respiro farsi sempre più agitato e rapido. Si sentiva strano, Mu esercitava su di lui un'attrazione che non riusciva a respingere e, quasi fosse una calamita, si accorse della distanza che si stava accorciando tra i loro volti senza poterla controllare. Qualcosa di magnetico ed istintivo che andava contro ogni ragione.
- Ehm... -.
Sussultando, entrambi si voltarono verso il punto dal quale qualcuno si stava schiarendo la voce, stupiti e sorpresi di trovare il padrone di casa in piedi, fermo sulla soglia della fucina.
- Papà... - come se si fosse appena svegliata da un sogno ad occhi aperti, Mu si allontanò da Saga per avvicinarsi a Shion - non ti ho sentito rientrare - disse visibilmente imbarazzata.
Saga rimase perplesso. Come aveva fatto a non accorgersi dell'arrivo di Shion? Eppure non era tipo da farsi prendere in contropiede facilmente, con il tempo aveva imparato a percepire anche i rumori più insignificanti e mai, mai, in dieci anni, qualcuno aveva potuto prenderlo alla sprovvista.
Shion sorrise furbamente. A sua figlia, per averla colta in flagrante, e al Capitano, perché, nella sua espressione confusa, poteva leggere i suoi pensieri.
- Non è un problema - disse Shion sibillino - cosa stai facendo? Dai uno sguardo all'armatura? - domandò rivolgendosi a sua figlia.
- Sì - Mu annuì, riprendendo il contatto con la realtà - è molto malridotta e ha bisogno di un intervento importante - aggiunse indicando la corazza che Saga indossava - ho sistemato un piccolo spuntone al centro che, con il tempo, avrebbe potuto provocare dei graffi, ma ci sono crepe più o meno importanti che devono essere sanate -.
- Va bene, hai fatto un ottimo lavoro finora - Shion sorrise, accarezzando il volto di Mu - adesso, se non ti dispiace, mi prepareresti uno dei tuoi infusi mentre io do un'occhiata? - domandò vedendola annuire di rimando.
Per qualche istante seguì la sagoma di Mu, finché non scomparve nel corridoio che collegava il laboratorio alla cucina.
- Buonasera - salutò Saga nel momento in cui Shion portò lo sguardo su di lui - Io sono... -.
- Il Capitano Saga - lo precedette Shion - il gemello di Kanon... posso facilmente supporre - aggiunse vedendolo annuire.
- Bene... fatemi controllare la vostra armatura, anche se, già da questa distanza, posso vedere molte cose che non mi piacciono -.
Saga si accigliò, non capendo se le parole di Shion fossero da intendersi a doppio senso. Non gli piaceva lo stato del suo equipaggiamento o quello che aveva visto poco prima?
Tuttavia, l'espressione del più anziano non era in alcun modo ostile, quanto piuttosto... divertita, e Saga fece immediatamente ciò che l'uomo gli aveva chiesto, svestendo la sua corazza e rimettendola sul tavolo, insieme agli altri pezzi che Shion stava tirando fuori dall'urna di metallo.
- Per favore, rimuovete anche la parte superiore dei vostri abiti - aggiunse Shion guardandolo di sfuggita - devo annotare le vostre misure come ho fatto per tutti gli altri... devo avere i vostri dati per poter lavorare meglio -.
Saga non disse nulla, imitandosi ad annuire e fare come Shion gli aveva chiesto, mentre il lemuriano prendeva da un cassetto una fettuccia di stoffa per prendergli le misure.
In realtà, sebbene Shion sembrasse concentrato sul suo lavoro, la sua indifferenza verso il Capitano era solo apparente. Senza che il più giovane se ne rendesse conto, lo stava osservando da prima che lui e Mu si accorgessero della sua presenza, non tralasciando nulla delle sue azioni né espressioni. Non da ultimo, il fatto che avesse permesso a Mu di toccare la sua armatura, e che ora guardasse sempre in direzione dell'ingresso della fucina...
- Eccomi, ho portato... - Mu non terminò la frase, sentendo il cuore salirle in gola, mentre i suoi occhi vagavano freneticamente da una pietra all'altra del pavimento e l'imbarazzo tingeva di carminio le sue guance.
- Sì, puoi andare tesoro - come un felino, Shion si avvicinò prendendole il vassoio dalle mani e parandosi innanzi ai suoi occhi, mentre l'accompagnava all'uscita.
Non aveva considerato che Mu potesse fare così in fretta...
Mu scomparve nuovamente ma, nel momento in cui non fu più visibile agli uomini dentro la fucina, si lasciò andare contro il muro, portando una mano al petto nel tentativo di calmare i suoi battiti. Lo sapeva, sapeva che c'era qualcosa di diverso nel Capitano. Nessuno aveva mai provocato quelle emozioni in lei. Nel giro di pochissimo tempo aveva attraversato sentimenti talmente nuovi e sconosciuti da lasciarla stordita.
Era stato un attimo, un attimo solo, ma non avrebbe mai dimenticato la vista di Saga, il suo corpo forte, la pelle color cannella...
I suoi piedi la riportarono in cucina senza neanche accorgersene, e, sempre con la testa altrove, scostò una delle sedie di legno per sedersi, piegando un gomito e appoggiando il mento sul palmo della mano. Sbuffò, pensando a quanto fosse strano per lei non riuscire a controllare le proprie emozioni.
- Che mi sta succedendo? - sussurrò tra sé e sé spazientita, infilando le mani tra i capelli e portando la fronte sul piano del tavolo.
- Ci vorrà molto tempo? - domandò Saga sull'uscio, preparandosi ad andare via.
- Un paio di giorni di lavoro, non di più - rispose Shion, tenendo le mani incrociate dietro la schiena, ridendo dentro di sé per il modo maldestro in cui il Capitano tentava di dissimulare la ricerca di qualcuno alle sue spalle senza volerlo dare a vedere.
- Mu, tesoro, il Capitano sta andando via - Shion alzò leggermente la voce, ma senza urlare, sorridendo quando sentì il leggero e frettoloso movimento di passi provenire dalla cucina.
- Arrivederci... Capitano - disse Mu mantenendo gli occhi bassi per non tradire il turbamento che ancora provava - spero che la vostra armatura sia pronta presto -.
- Vostro padre mi ha detto che tra un paio di giorni sarà pronta - rispose Saga - ma volevo ringraziarvi per la vostra ospitalità... e per il vostro lavoro - aggiunse vedendola annuire lievemente.
Dopo aver salutato un'ultima volta, Saga si mise rapidamente in cammino in direzione del palazzo. Rimase stupito di come il tempo fosse volato, infatti, quando era arrivato il sole era ancora ben visibile, mentre ora, il buio della notte era interrotto solo da alcune fiaccole poste ai lati della strada. Molto utili, ma distanziate in modo da non illuminare tutti i tratti.
Ed infatti, seppur intenzionato a rivivere nella sua mente i bei momenti trascorsi nel pomeriggio mentre percorreva la strada verso casa, riuscì solo a percorrere qualche metro, quando sentì che qualcosa non andava...
Ebbe solo il tempo di sfuggire dalle braccia di qualcuno che tentò di braccarlo da dietro, che una lama di fronte a lui brillò nel buio rivelando le intenzioni poco amichevoli di chi lo stava aspettando.
Senza indugiare in riflessioni, Saga sgattaiolò distanziandosi di un paio di metri, cercando di capire rapidamente la situazione. Schivò diversi colpi muovendosi con agilità, rendendosi conto che erano due gli uomini che stavano tentando di fargli del male. O almeno sperava che fossero solo due...
Per la sua esperienza, infatti, sapeva di non dover mai dare nulla per scontato. Se qualcuno ti impegnava su un fronte, spesso un altro ti insidiava altrove. Purtroppo, non aveva con sé neanche una parte del suo equipaggiamento, avendola lasciata a casa di Mu, ma probabilmente non era un caso, e quei due sapevano che era disarmato.
Vigliacchi.
E mentre Saga continuava a pararsi riuscendo anche a sferrare qualche colpo ai suoi aggressori e a prendere finalmente il coltello che teneva sotto la camicia per ogni emergenza, quella che era stata la sua unica speranza crollò miseramente, rivelando il pericolo che davvero incombeva su di lui.
A pochi metri di distanza da dove si trovava, un terzo uomo teneva tra le braccia qualcuno che non avrebbe mai dovuto essere lì, la cui bocca era coperta dalla mano grande e ruvida che la teneva imprigionata.
Mu.
-Butta il coltello - intimò, senza urlare, l'uomo che teneva Mu - altrimenti la tua fidanzata farà una brutta fine -.
Saga tentò di ragionare nel più breve tempo possibile, cercando una soluzione che non c'era, ma quando vide una lama illuminarsi vicino al collo di Mu, sentì la paura serrargli la gola, e, senza pensare alle conseguenze di rimanere completamente disarmato contro tre uomini, lasciò cadere il coltello a terra.
Non avrebbe mai rischiato che Mu si facesse male, ma di quella distrazione approfittò prontamente l'uomo che era di fronte a lui, e, anche se Saga si accorse del suo movimento spostandosi velocemente di lato, non riuscì ad evitare la ferita che gli inflisse al fianco.
- Saga! - Mu non si trattenne, e, quando l'uomo che la teneva premette ancora più forte la mano sulla sua bocca, lei lo morse, provocando le sue imprecazioni e il chiaro segno che si preparava a schiaffeggiarla.
Poi, tutto accadde così repentinamente che nessuno dei presenti avrebbe potuto raccontarlo.
Come birilli, i tre uomini caddero a terra, e, prima ancora di capire cosa fosse successo, Mu corse da Saga, che si teneva il fianco con una mano, faticando a rimanere in piedi.
- Saga... - Mu portò le mani alla bocca vedendo il sangue uscire copiosamente dalla ferita, ma la sorpresa durò il tempo di capire che non c'era tempo da perdere. Lo prese sottobraccio, facendolo appoggiare al suo corpo per riportarlo dentro casa.
Quando entrambi alzarono lo sguardo, poterono vedere, dalla finestra del piano superiore, la figura di Shion, che teneva ancora tra le labbra una sorta di flauto. Che, ovviamente, flauto non era. Qualcosa che Saga non aveva mai visto, ma che, a giudicare dal modo in cui Shion teneva, era l'arma che aveva steso i tre malfattori.
Trovarono la porta già aperta, e, con la massima cura, Mu portò Saga dentro, per potergli dare il primo soccorso.
- Portiamolo di sopra - disse Shion caricando Saga sulle sue spalle e avviandosi per le scale, seguito da Mu che prima si premurò di chiudere la porta con tutti i chiavistelli.
- Nella mia stanza - disse Mu quando vide suo padre portare Saga verso la sua camera - il mio letto è più comodo, e il Capitano ha bisogno di un posto confortevole - si affrettò ad aggiungere vedendo sollevarsi uno dei tilak di Shion. Che, tuttavia, non disse nulla, limitandosi a fare ciò che Mu gli aveva chiesto.
Con grande cura, Shion aiutò Saga a distendersi, mentre Mu metteva dei morbidi cuscini dietro alla sua schiena per permettergli di appoggiarsi.
- Non voglio rovinare il vostro letto - Saga interruppe il silenzio tenendosi il fianco con una mano, terrorizzato all'idea di macchiare il candido letto di Mu con il suo sangue.
- Non preoccupatevi, è solo biancheria - rispose Mu dolcemente - state tranquillo, altrimenti la ferita non si chiuderà - aggiunse vedendolo annuire di rimando.
Non era d'accordo, ma non avrebbe discusso con Mu. Anche perché intuiva che farle cambiare idea non fosse cosa da poco...
- Mu, piccola mia... portami dei panni puliti e va' a scaldare l'acqua, dopodiché prepara le erbe che ci occorrono per la medicazione - disse Shion attirando l'attenzione della ragazza - ho bisogno di controllare la ferita del Capitano per capire quanto sia profonda -.
- Certo - Mu annuì e, senza indugiare, fece ciò che suo padre le aveva chiesto. Seguita costantemente da due occhi verde giada che si animavano ogni qualvolta entrasse nella stanza, osservando ogni suo movimento.
- Uhm... - dopo aver aiutato Saga a rimuovere la cintura e la tunica, lasciandolo solo con i calzoni, Shion cominciò a valutare il taglio che uno di quegli uomini gli aveva inferto - è piuttosto grande, e per questa ragione sanguina molto, ma, per fortuna, non è una ferita profonda -.
- Meno male, vi ringrazio Shion - rispose Saga di rimando - per avermi aiutato e per avermi salvato, e mi dispiace arrecarvi tutto questo disturbo, io... -.
- Non scusatevi, non è colpa vostra - Shion alzò una mano mettendolo a tacere - ma, se posso darvi un consiglio, per quanto giusto sia fare attenzione ai nemici, guardatevi soprattutto da coloro che vi sono accanto, perché è lì che si annidano le insidie -.
Saga annuì, stringendo leggermente gli occhi. Shion sembrava un uomo di poche e misurate parole, e se lo stava mettendo in guardia doveva sapere o aver visto qualcosa. Aprì la bocca per chiederglielo, ma l'ingresso di Mu lo distrasse nuovamente.
- L'acqua calda - disse Mu porgendo una brocca a suo padre. Arrossendo nuovamente alla vista del corpo seminudo di Saga.
- Grazie, ora prendi un panno pulito e lava la ferita del Capitano - disse vedendo la faccia sorpresa di Mu - io devo uscire un momento -.
- No, papà, dove vai?! - spaventata, Mu lo tenne per un braccio per impedirgli di alzarsi - Potrebbe essere pericoloso, non sappiamo se ci sono altri uomini là fuori -.
- Sì, in realtà ci sono - rispose Shion sorridendo per la premura della figlia - ma sono le nostre guardie e ho bisogno di parlare con loro... nel frattempo fa' quello che ti ho chiesto, è importante pulire e disinfettare la ferita il prima possibile, io tornerò presto - aggiunse accarezzandole il volto prima di alzarsi e uscire dalla stanza e dalla casa.
- Ma che diavolo... - Milo rimase a bocca aperta, vedendo tre uomini distesi in mezzo alla strada - sono ubriachi? -.
Camus, il vice di Milo, scosse la testa negando, cercando nel frattempo di capire da pochi indizi cosa potesse essere accaduto e cosa ci facessero quei tre lì per terra.
- Non so perché siano qui, ma di certo non sono ubriachi - rispose conciso, come suo solito.
Milo e Camus stavano facendo uno dei loro consueti giri di ronda, essendo di guardia quella sera, e, dopo averne fatto uno senza rilevare alcun problema, al secondo si erano trovati davanti a quella scena alquanto strana.
- Ha ragione il vice Comandante, non sono ubriachi - la voce di Shion ruppe il silenzio generato dalle parole di Camus - sono tre malfattori che hanno aggredito il Capitano dopo averlo visto uscire da casa mia -.
- Che cosa? Il Capitano?! - i capelli blu mare di Milo si elettrizzarono quando sentì l'ultimo nome che si sarebbe aspettato, quello di suo cognato - È ferito? Come sta? Dov'è? - domandò avvicinandosi a Shion con gli occhi spalancati.
In quel momento ringraziò Atena di essere con Camus e non con Kanon. Se il minore dei gemelli avesse saputo cosa era accaduto avrebbe polverizzato quei tre anche inermi. Contravvenendo alle regole scritte dalla stessa dea Atena.
- È ferito, ma fortunatamente il taglio non è profondo, ed è in casa mia, dove Mu gli sta prestando il primo soccorso - con il suo fare pacato, almeno apparentemente, Shion rispose a Milo in base all'ordine delle sue domande.
- Se il Capitano proveniva da casa vostra doveva essere privo della sua armatura, giusto? - domandò Camus - È per questo che è stato ferito? -.
- Esattamente - Shion annuì.
- Ma allora chi ha steso questi tre? - domandò Milo sempre più confuso.
Shion accennò un sorriso che zittì qualunque domanda, rendendo chiaro sia a Milo che Camus chi avesse messo fine a quell'agguato.
- L'effetto del sedativo che ho iniettato nel loro corpo è limitato nel tempo - Shion spiegò rimuovendo anche gli ultimi dubbi - il mio consiglio è di portarli subito nelle segrete del palazzo, e, una volta svegli, cercare di ottenere qualche informazione -.
Milo e Camus annuirono, scambiandosi uno sguardo dubbioso.
- Porterò io il terzo, ovviamente... - Shion roteò gli occhi, divertito per l'espressione di vergogna sul volto di Milo, e per lo stupore su quello di Camus che, in quel momento, non riuscì a nascondere l'ammirazione per l'arguzia, l'ingegno e la scaltrezza del fabbro.
E così fecero, portando ognuno un carico sulle spalle, e avviandosi in direzione del palazzo.
Tuttavia, erano appena partiti, che Camus si voltò alla sua sinistra di scatto, avendo catturato con la coda dell'occhio un movimento che sarebbe stato impercettibile per chiunque. Era sicuro che lì ci fosse qualcuno, non lo aveva visto bene ma aveva percepito la presenza di qualcuno che si muoveva agilmente nel buio della notte, protetto dalle case. Se era lì a spiarli di nascosto, doveva necessariamente essere coinvolto in quella storia, questo era certo.
- Camus, andiamo, non abbiamo tempo da perdere -.
Richiamato da Milo, Camus riprese a camminare sistemando nuovamente il carico sulle spalle, tuttavia, quando incrociò lo sguardo enigmatico di Shion che annuì lentamente, capì di non essere stato il solo ad averlo visto.
Non erano soli, su questo avrebbe messo la mano sul fuoco, ma non era l'unica cosa di cui era certo. Per quanto sfuggente fosse quella figura, la luce delle fiaccole l'aveva catturata per un istante, un solo istante, rivelando l'unico particolare che avrebbe potuto tradire la sua identità. E lui avrebbe riconosciuto quel colore di capelli ovunque...
- Vi faccio male? - domandò Mu impegnata a disinfettare la ferita sul fianco di Saga con un miscuglio di erbe, dopo averla pulita accuratamente con l'acqua calda.
Non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, soprattutto perché il tragitto che i suoi occhi avrebbero dovuto percorrere dalla ferita al volto la faceva sentire molto in imbarazzo, tuttavia, sapeva perfettamente che, dietro al silenzio di Saga, c'era il lenzuolo che mordeva per non urlare.
- No, non siete voi a farmi male - rispose Saga rilasciando la stoffa e cercando gli occhi di Mu. Non trovandoli, portò un dito sotto al suo mento, obbligandola a incrociare il suo sguardo - È la ferita... fa male, ma ammetto di essere fortunato -.
- Questo è vero - Mu annuì, sentendo la sua pelle reagire al piccolo contatto - se mio padre non ci avesse visto... -.
- Non è a questa fortuna che mi riferisco - Saga la interruppe, prendendole dolcemente la mano che lo stava medicando per farle intendere a quale fortuna si riferisse, e vedendola arrossire - Ma alle vostre cure... non ho mai ricevuto cure così premurose, quindi oggi posso dire di essere molto fortunato -.
- Capitano... - Mu sentiva il sangue scorrere più velocemente, il suo viso era in fiamme, ma neanche per un istante pensò di sottrarsi al tocco di Saga, lasciando la sua mano lì dov'era.
- No - Saga negò - non Capitano... chiamami come hai fatto prima, quando pensavi che mi avessero ferito a morte - le chiese lasciando lui per primo da parte le formalità - dillo di nuovo, per favore... -.
Per un momento, Mu temette che il battito furioso del suo cuore potesse arrivare alle orecchie del Capitano. Si sentiva strana, come se, nel giro di qualche secondo, una febbre improvvisa fosse salita dallo stomaco fino alla testa, sciogliendole il sangue nelle vene e riscaldandole la pelle. Stava male... e stava bene. Era certa che, se non fosse stata seduta, le sue gambe avrebbero ceduto, perché Saga non aveva ancora rimosso la mano dalla sua. E neanche lei.
Saga non era di certo uno sciocco. Magari non era un grande esperto di sentimenti ma conosceva certe reazioni e sapeva interpretarle perfettamente. Anche se... non gli avrebbe fatto onore, ma non gli era mai importato molto dell'effetto che lasciava dietro di sé, avendo sempre avuto in mente una sola cosa, vale a dire il campo militare e la protezione della sua gente. Sorrise impercettibilmente, più che altro per non mettere in difficoltà Mu. Non più di quanto già non fosse almeno... il fatto è che vedere l'imbarazzo dipinto sul suo volto, sapere che quelle reazioni fossero dovute alla sua presenza, al suo tocco... lo facevano reagire, e non solo fisicamente. E non si trattava di vanità, perché l'insolito calore che gli riempiva il petto gli dava quella sensazione che, negli ultimi anni, gli era mancata tanto da cercarla tra braccia sconosciute, non riuscendo mai a trovarla.
Casa. In quel momento, l'aria che condivideva con quella splendida creatura che lo faceva tremare con un semplice tocco, era l'aria di casa. Il calore che la sua pelle morbida spigionava a contatto con la sua era il calore di una casa, una casa vera. E quegli occhi così belli, che si rifiutavano di guardarlo per pudore, erano puliti. Come dovrebbe essere la casa di cui ti prendi cura per te e per chi ami.
- Saga... -.
Per un momento, Saga rimase sorpreso. Non sapendo cosa dire. Sarebbe dovuto tornare indietro con la memoria di molti anni, a quando sua madre chiamava lui e Kanon, per riuscire a trovare la stessa dolcezza nel modo in cui suonava il suo nome dalle labbra di Mu.
- Dillo ancora - chiese Saga quasi supplicando, sentendo i suoi occhi inumidirsi leggermente.
In una vita fatta di guerre e di difesa non c'era spazio per la tenerezza, e il gesto più sentimentale che si potesse fare era salvare la vita di qualcuno... ma un uomo non può vivere solo di questo. Nessun uomo potrebbe.
- Saga... - ripeté Mu nuovamente, continuando a mantenere gli occhi bassi e fissando la mano di Saga sulla sua. Ricambiando timidamente la carezza.
- Mu - Saga portò la mano libera sul volto di Mu, accarezzandolo e sollevandolo dolcemente verso di sé, prima di prendere una ciocca lilla che le copriva gli occhi per portarla dietro al suo orecchio - non prendermi per matto ma... mi piace tanto quando lo dici... ripetilo ancora... per favore... -.
Mu sorrise, sentendo una strana felicità invaderle il petto, e stava per aprire la bocca, con tutta l'intenzione di esaudire il desiderio di Saga, se qualcuno non l'avesse battuta sul tempo. E con un effetto completamente diverso.
- SAAAAAAGAAAAAA! -.
L'urlo, proveniente dall'ingresso al piano di sotto, riecheggiò in tutta la casa, seguito subito dopo da un frettoloso movimento di passi che rese chiaro dove si stesse dirigendo il nuovo arrivato.
- Non così... - Saga roteò gli occhi al cielo esasperato, mentre Mu non poté evitare la risata che le uscì spontanea. Talmente spontanea da ipnotizzare chi le stava di fronte.
Sfortunatamente per Saga, Kanon lo riportò alla realtà qualche istante dopo, quando, furioso e agitato, entrò nella stanza di Mu come se stesse bruciando l'intero villaggio.
- Saga! Come stai?!-.
- Kanon... è solo un taglio superficiale - rispose Saga calmo. E divertito dall'agitazione del fratello.
- Chi?! Dimmi chi sono i dannati che ti hanno fatto questo?! -.
- Dovresti dirmelo tu visto che ora sono sotto la tua custodia - rispose Saga sorridendo di lato.
- Giusto... - rifletté Kanon non rendendosi conto del fatto che Saga lo stesse prendendo in giro - ti giuro che me la pagheranno, che si pentiranno di aver attaccato il mio gemello, che... - si bloccò all'improvviso.
Quando le sue belle giade si accorsero di due mani strette l'una nell'altra proprio sotto al suo naso, capì di essere arrivato nel momento meno opportuno. Anzi... non meno opportuno, era proprio il peggior momento possibile, e l'espressione sul suo volto mostrò tutta la consapevolezza di aver interrotto qualcosa sul più bello.
Vedendo la sua faccia, Mu, imbarazzata, ritrasse la sua mano lasciando quella di Saga ad accarezzare l'aria, ma, a parte l'interruzione inopportuna di Kanon, il movimento di passi che seguiva il suo fu più che sufficiente a far capire ad entrambi che fosse la cosa migliore. Almeno fino a quando le cose non fossero state più chiare per tutti.
- Kanon - la voce calma di Shion ruppe il silenzio, riportando l'attenzione di tutti e tre sul presente - aiuta tuo fratello a prepararsi, è meglio che rimanga qui questa notte -.
- Non credo che sia il caso Shion... vi ringrazio di cuore ma non voglio disturbarvi, non più di quanto abbia già fatto - Saga mise un piede a terra cercando di alzarsi, fallendo maldestramente il tentativo e venendo soccorso da Mu.
- Non mi sembra il caso - furono le laconiche parole di Shion, che non perse un movimento di quella scena, pur non dicendo nulla al riguardo.
- Ha ragione mio padre - disse Mu rivolgendosi a Saga, e non notando il sopracciglio alzato di Kanon, che smise persino di respirare per non perdersi nulla - la ferita è ancora aperta e la medicazione che ho appena fatto non durerà fino a domattina. Dovrò rifarla più tardi -.
Saga annuì e, con cautela, si stese nuovamente sul letto aiutato dalle mani di Mu. Erano bastate poche parole della giovane a convincerlo, oltre al fatto di poterla stringere a sé. Certo, non come avrebbe voluto, ma era comunque meglio di niente.
Dal canto suo, Mu lottava contro le strane sensazioni che non facevano altro che amplificarsi di minuto in minuto, e il contatto con il corpo seminudo di Saga non l'aiutava certamente a chiarirsi le idee...
- Bene, allora vi lasciamo soli, così puoi aiutare tuo fratello a prepararsi - disse Shion rivolgendosi a Kanon e tendendo una mano in direzione di Mu facendole cenno di uscire insieme a lui - Capitano... Kanon... buonanotte - concluse prima di uscire, vedendo i due gemelli chinare il capo in segno di rispetto.
- Quando sei pronto a tornare al palazzo ti accompagno alla porta - disse Mu a Kanon, che annuì sorridendo - mentre noi... - spostò lo sguardo su Saga - ci vediamo più tardi per la medicazione - aggiunse vedendolo annuire lentamente.
Rimasti soli, Saga sospirò silenziosamente per evitare che Kanon iniziasse a infastidirlo.
- Che sospiro! -.
Speranza vana, l'espressione maliziosa di Kanon sembrava tatuata sul suo volto.
Saga sbuffò, stavolta senza farne mistero, guardando suo fratello di traverso, prima di allargare a sua volta un bellissimo sorriso sul suo viso.
Sarebbe stata una lunga notte, molto, molto lunga, e probabilmente non avrebbe chiuso occhio. Ma sarebbe stata la notte più bella della sua vita. Almeno la più bella fino ad ora...
