Avete indovinato a cosa si riferiva il titolo del capitolo precedente? Se sì, bravi, se no, andate a leggervi "Guida Galattica per Autostoppisti" o almeno andate a guardare il film con Martin Freeman. Fidatevi.
Detto questo, so che manca Erik, ma intanto sto preparando il terreno per farlo emergere, non preoccupatevi, per ora non accadrà niente di male. Per ora.
43. Piantare dei fiori
Charles fissava se stesso ma gli occhi che gli ricambiavano lo sguardo non erano i suoi, l'azzurro che li aveva sempre contraddistinti era nascosto da un velo rosso come il sangue, tremò di fronte a quella visione.
"Hai paura?"
Charles non rispose ma il suo corpo tremava.
"Chi credevi che fossi?" chiese il suo doppio con tono ironico "Sinistro? No, te ne sei liberato e al suo posto non è entrato nessun altro, credimi. Il tuo corpo e la tua mente sono interamente e totalmente tuoi."
Charles aggrottò le sopracciglia.
"Non capisco … tu sei …"
"Sono parte di te, del tuo essere, della tua anima, del tuo corpo, ne faccio parte come una gamba, un braccio, i capelli … almeno finché li avrai - sì Apocalisse diede solo una spinta al destino, il tuo è quello di diventare come il compianto prozio Jean Luc."
Rise di quella battuta e la sua risata risuonò nel cielo notturno come un tuono minaccioso.
"Non puoi liberarti di me."
Charles era spaventato ma cercò di ostentare una sicurezza che non aveva.
"Un braccio malato si può amputare" disse "Così potrei liberarmi anche di te."
Lui rise ancora scuotendo la testa.
"Chi credi di ingannare? Credi di poter ingannare te stesso? Suvvia, non essere ridicolo! I tuoi pensieri sono i miei, non puoi nascondermi nulla. So che hai paura."
Charles restò in silenzio, osservandolo, non sapeva cosa fare, il suo corpo si muoveva scosso da brividi di paura ma lui era paralizzato dal terrore.
"Cosa sei?"
Un'altra risata, un altro tuono.
"Finalmente una domanda sensata. Cosa sono. Bene, te lo dirò."
L'entità fece un passo avanti con fare minaccioso, la sua voce era pacata, delicata come il rumore delle onde che lambivano le sue gambe.
"Io rappresento tutto ciò che tu hai sempre rifiutato di te stesso: rabbia, odio, rancore, invidia, gelosia … paura. Tutti questi sentimenti mi alimentano, mi rendono più forte, sono tutte le emozioni che ti sei negato di provare, accumulate nella tua coscienza giorno dopo giorno, anno dopo anno, durante tutta la tua vita. Ora sono qui, sono sempre più potente, Charles, e tu non potrai ignorare la mia presenza ancora a lungo. Se lo farai potrei esplodere come una bomba atomica e distruggere tutto intorno a te … o marcire nel tuo essere fino a portarti alla follia, a quella malattia di cui avevi tanto timore. In ogni caso le conseguenze della tua codardia saranno devastanti e non ne avrai il controllo."
Charles respirò profondamente, quelle parole lo avevano scosso nel profondo perché, lo sapeva, rappresentavano la verità, una verità che lui si era sempre rifiutato di vedere.
"Che bravo il Professor Xavier" esclamò l'entità con tono di scherno "È tanto buono, tanto generoso, la sua sola presenza infonde speranza in chi gli sta intorno!"
L'entità rise come di una barzelletta.
"È vero o è una recita? Sì, Charles, non preoccuparti, tu sei questo … ma sei anche me."
Charles aprì la bocca per parlare ma l'entità sapeva già la domanda che lui voleva porgli.
"Capisco il tuo bisogno, non è necessario chiedere. La mente umana, anche la più potente, ha bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi, di identificare i problemi e dare loro un nome. Io sono un problema per te, giusto? Ora mi vedi come un problema ma dovrai imparare che non è così. Lo farai, lo capirai … a suo tempo. Per il momento puoi pensare a me come … Onslaught."
Charles avrebbe avuto tante altre domande ma la sua mente era troppo provata in quel momento, Onslaught gli lanciò un'ultima occhiata divertita poi svanì, inghiottito dalla sabbia e dall'acqua.
"Charles? Charles, svegliati! Stiamo per atterrare!"
La voce di Raven lo riportò alla realtà, dopo la visione aveva preso sonno, sfiancato dalla giornata. Si stiracchiò e si guardò attorno, dall'oblò erano già visibili le prime luci della città, presto sarebbero atterrati.
"Abbiamo tre ore prima del prossimo volo" disse "Le nostre valigie verranno imbarcate direttamente sull'aereo, perciò nel frattempo possiamo rilassarci."
"Aspetta, solo tre ore?" chiese Raven "Non siamo qui per parlare con T'Challa? Avremo abbastanza tempo?"
"Ricorda che si tratta di un incontro segreto, verrà lui in aeroporto, da solo. Non posso rischiare di andare da lui con il rischio di essere scoperto, se decidesse di non unirsi agli Illuminati sarebbe un problema."
"Capisco" rispose Raven "Quindi cosa faremo? Parleremo con lui e …"
"E partiremo per la nostra prossima meta, sì."
"Che stress!" esclamò lei "Sono stanca, vorrei dormire!"
Charles le prese la mano e la baciò dolcemente.
"Ho prenotato dei posti nella sala d'attesa di prima classe" disse Charles "Potrai riposare lì mentre parlo con T'Challa. No, non guardarmi così, preferisco andare da solo."
Lei gli lanciò un'occhiataccia, poi sospirò.
"Ti va bene perché sono davvero stanca."
Charles sorrise, la sola presenza di Raven lo stava aiutando a superare ciò che aveva visto dentro di sé.
"Grazie" disse senza riflettere "Grazie di essere qui con me."
Lei gli diede una spinta sul braccio.
"Idiota."
Era trascorsa un'ora, Charles e Raven erano sbarcati e lei era andata direttamente nella sala d'attesa per riposare in vista del viaggio successivo mentre Charles aspettava inquieto l'arrivo di T'Challa, passeggiando avanti e indietro dentro l'aeroporto deserto a quell'ora di notte. Sapeva che lui sarebbe arrivato ma contava ugualmente i minuti che lo separavano dall'ora dell'appuntamento, non si era preparato un discorso, non voleva sembrare falso, gli avrebbe detto quello che pensava al momento.
Erano trascorsi dieci minuti e ne mancavano cinque all'ora stabilita quando lo vide arrivare.
"Sono qui" disse telepaticamente, nascosto in un angolo in cui non sarebbero stati visti dalle telecamere di sorveglianza.
Nonostante non ci fosse nessun altro T'Challa non parlò prima di essergli arrivato vicino.
"Tu sei Charles Xavier?" chiese dubbioso "Ti ricordavo più vecchio."
T'Challa era come Charles lo ricordava, alto e imponente, emanava un'aura di autorità e sicurezza degna di un leader.
"Sono io" confermò Charles "Sono successe delle cose … ma non è per questo che sono qui."
"Ti avverto" lo ammonì in tono severo "Non credo che riuscirai a farmi cambiare idea. Apprezzo che tu sia venuto fin qui, ma finché il gruppo degli Illuminati rimarrà segreto io non …"
"Non lo è più" lo interruppe Charles.
T'Challa restò interdetto, lo fissò dubbioso.
"Interessante." disse "Spiegati meglio."
Charles prese un profondo respiro, come riassumere tutto ciò che era accaduto in poche parole?
"Fin'ora le decisioni prese dagli Illuminati hanno riguardato singoli avvenimenti, questioni circoscritte a una o poche persone, ora però è diverso. Il Governo degli Stati Uniti ha inasprito la campagna contro i Mutanti, si è alleato con un'azienda che fabbrica sistemi di sicurezza, Securtech, che in realtà fa parte della Essex Corporation; loro hanno recuperato i vecchi progetti di Bolivar Trask e li hanno usati per produrre dei sensori in grado di identificare i mutanti e non solo loro, anche non mutanti che possiedono nel loro DNA il potenziale per generare mutanti. Questo è un problema che non riguarda solo gli Avengers, solo i Fantastici quattro o un singolo Stato … riguarda potenzialmente tutta la popolazione del mondo. Sono riuscito a convincere gli altri dell'urgenza di occuparsi della questione e che i diritti dei mutanti devono essere materia che vada al di fuori della nostra comunità. Per questo motivo sono riuscito a convincerli a sciogliere l'obbligo di segretezza, per ora non è ancora del tutto aperto, ma almeno i nostri più stretti collaboratori sono a conoscenza del gruppo e stiamo agendo insieme per fare fronte al nemico."
T'Challa aveva ascoltato tutto con molta attenzione.
"Un nemico comune?" chiese "Sembra una guerra imponente, non c'è dubbio. Chi sarebbe questo nemico comune? Il Governo degli Stati Uniti?"
Lo sguardo di Charles si fece cupo.
"Se così fosse sarebbe facile" rispose "Il vero nemico è rappresentato dall'odio, dalla paura e dal pregiudizio."
T'Challa annuì, si prese qualche istante per riflettere.
"Il Pregiudizio è come l'erba infestante" disse "Più cerchi di estirparlo e più ritorna."
Charles sorrise, ciò che diceva T'Challa era vero, ma non era ciò che aveva intenzione di fare lui.
"Io non voglio estirpare proprio niente, io voglio piantare dei fiori."
T'Challa sbatté le palpebre, interdetto da quell'affermazione, poi sorrise a sua volta.
"Sarò schietto, Charles. Quanto Tony ci propose di entrare a far parte degli Illuminati io rifiutai perché non potevo sopportare la segretezza e il fatto che pochi decidessero per il destino di molti. So che anche tu la pensi come me e, credimi, non ti ho mai biasimato per essere ugualmente entrato a farne parte, so che nella tua posizione non avresti potuto fare altrimenti. Ti stimavo allora e ti stimo ancor di più adesso che hai lottato per ciò che credi e hai vinto. Accetto di entrare a far parte degli Illuminati e fin da ora mi impegno per aiutare la comunità dei mutanti."
Charles sorrise e un sospiro di sollievo lo fece rilassare.
"Lo apprezzo molto" disse.
"Contatterò Tony per avere un incontro con tutti gli altri, ovviamente accompagnato dai miei consiglieri. Ci sarai anche tu?"
Charles scosse la testa.
"Ho altri programmi ma potrei mandare Erik al mio posto. Diciamo che ho imparato a delegare."
T'Challa rise divertito.
"Mi sembra giusto anche perché, mi duole fartelo notare, ma è evidente che tu abbia bisogno di riposo."
Charles annuì, era vero, nonostante tutto sul suo viso si poteva ancora leggere il suo tormento interiore.
"Ah, posso farti una domanda. È una curiosità."
"Chiedi pure."
"Perché sei venuto fin qui?" chiese "Sapevi che sarebbe stato un incontro segreto, avresti potuto contattarmi con Cerebro."
Charles si strinse nelle spalle.
"Penso che vedersi fisicamente sia meglio, inoltre ne ho approfittato per organizzare una vacanza, già stanotte io e Raven - che mi sta aspettando nella sala d'attesa - partiremo per l'Italia e gireremo l'Europa, nel frattempo ho pianificato una serie di conferenze nelle maggiori Università per parlare dei mutanti dal punto di vista scientifico ma anche da quello umano, per cercare di portare un po' di consapevolezza, sciogliere i dubbi e dissipare le paure che gli umani hanno nei confronti dei mutanti."
" … e per piantare qualche fiore?" chiese T'Challa.
" … e per piantare qualche fiore." confermò Charles.
Charles salutò T'Challa e tornò da Raven e dormì con lei per il tempo che restava prima della partenza. Si imbarcarono e, mentre l'aereo decollava, videro il sole sorgere lentamente all'orizzonte.
"Quanto ci metteremo?" chiese lei, sbadigliando.
"Anche se abbiamo meno km da fare sarà un viaggio più lungo" spiegò Charles "Dovremo fare uno scalo e arriveremo nel pomeriggio."
"Posso conoscere la meta?" chiese lei.
"Lo vedrai."
Trascorsero le ore, Raven e Charles si godettero il viaggio, entrambi i voli furono confortevoli e anche nell'attesa tra uno e l'altro trovarono qualcosa da fare. Mancava poco all'arrivo, il Capitano aveva già annunciato l'imminente atterraggio, ma a nessuno dei due sembrava di aver viaggiato per tutte quelle ore, si sentivano freschi e pieni di energia per esplorare e divertirsi.
L'aereo atterrò, la maggior parte dei passeggeri applaudì mentre gradualmente perdeva velocità sulla pista fino a fermarsi del tutto e raggiungere l'aeroporto dove, finalmente, riuscirono a toccare terra.
Scendendo Raven trattenne il fiato per l'emozione mentre leggeva, al di sopra dell'edificio, la scritta "AEROPORTO G. MARCONI BOLOGNA"
