I ragazzi, mentre aspettavano il pullman per attraversare il Bosco Girandola, sono stati colti in pieno da un acquazzone. Fortunatamente hanno trovato rifugio in una villa in mezzo al bosco, abitata da un signore e da sua figlia, ma si sa… le apparenze ingannano.
Una triste verità
Quel giorno, i quattro si alzarono piuttosto tardi, rispetto al solito. Avevano cenato molto più tardi del solito e di conseguenza si erano coricati molto più tardi del solito.
Per fortuna, l'Infermiera aveva dato loro le chiavi dell'ingresso del Centro Pokémon, in modo che i quattro potessero rientrare quando volevano.
Dopo colazione, i quattro erano usciti dal Centro Pokémon e si erano diretti alla fermata del pullman.
«Che programmi abbiamo per oggi?» Chiese Carlos, non appena varcata la soglia del Centro Pokémon. «Sinceramente non saprei. Ieri è stata una giornata bella intensa… per cui cosa ne dite se ci prendiamo una giornata per noi? Ci riposiamo… niente lotte… niente allenamenti… dopo quello che è successo ieri, penso sia il minimo» Propose Ash. «Pensandoci bene… i Varietà sono stati sospesi… Anita ha appena vinto la sua seconda medaglia… direi che non è una cattiva idea.» Rispose Serena. «Se per voi va bene…» Si aggiunse Anita. «Magari potremo visitare la fabbrica della Amon, dopotutto l'avete vinta no?» Propose Carlos. «Mi pare una buona idea.» rispose Ash. «Che ne dite?» Chiese Ash, ottenendo parere positivo da parte di entrambe le ragazze. Non che fossero particolarmente interessate, ma, essendo anche merito loro, l'idea di godersi il risultato degli sforzi loro e dei loro Pokémon non era poi una cattiva idea.
Per loro fortuna, il sistema di trasporti pubblici di Austropoli era uno dei più efficienti del mondo.
L'ATPA, Azienda Trasporti Pubblici Austropoli era l'azienda che si occupava del servizio. Poteva contare su di una grandissima flotta di mezzi e su ogni linea i tempi di attesa erano minimi su tutte le linee.
Inoltre il prezzo degli abbonamenti e dei biglietti era estremamente conveniente, facendo in modo che quasi tutti pagassero biglietti e abbonamenti. Dopo neanche due minuti, infatti arrivò un bus, uno dei tanti mezzi della flotta. Come la gran parte dei mezzi dell'azienda era prodotto dalla Amon. Aveva una livrea semplice ma riconoscibile, principalmente bianca, con delle parti arancioni.
Nella parte superiore del parabrezza vi era un pannello luminoso che indicava il numero della linea e il capolinea. Non avendo particolari piani per quella giornata, se non il visitare la fabbrica della Amon.
Appena il bus si fermò, l'autista premette i pulsanti che permettevano l'apertura delle porte, in modo da permettere ai passeggeri che dovevano scendere di farlo e al contempo di permettere a Ash e ai suoi amici di salire a bordo. Per fortuna trovarono dei sedili liberi in cui sedersi.
Il capolinea della linea XE era Piazza Bianca, al centro della città, non troppo lontano da Palazzo Reshiram, sede della Camera Nera.
Da lì sarebbero partiti per fare un giro turistico di quella zona della città, per poi dedicare il pomeriggio alla tanto desiderata da Carlos, visita alla Amon.
Ash, durante il viaggio in pullman ne approfittò per prenotare la visita vinta al torneo. Per sua fortuna era una procedura piuttosto semplice. Era bastato mandare un messaggio al numero che gli era stato invitato due giorni prima.
"Buongiorno, sono Ash Ketchum, uno dei partecipanti al Torneo a doppi incontri di Zefiropoli. In coppia con Anita White e abbiamo vinto il primo premio, una visita alla fabbrica della Amon"
In quel messaggio, Ash cercò di essere il più conciso possibile. In ogni caso, la risposta non si fece attendere:
"Salve Ash. Siamo ben felici di vedere che hai deciso di venire a visitare il nostro stabilimento. Saremo ben felici di accogliere te e i tuoi amici. Siamo disponibili a qualsiasi orario, la sola cosa importante è dare del preavviso di almeno tre ore, in modo da essere perfettamente pronti per la visita."
Ash rispose al messaggio immediatamente.
"È possibile prenotare una visita per questo pomeriggio?" Scrisse Ash.
"Certamente. E, anzi, posso garantire che non potevi fare una scelta migliore. A fare da guida a te e ai tuoi amici ci sarà Hiroshi Amon in persona, l'attuale presidente e amministratore dell'azienda. A presto!
Ricordo che l'indirizzo è Via Zafferanopoli 80"
Ash, dopo aver letto il messaggio, si limitò a ricambiare i saluti.
Nel frattempo il pullman aveva fatto diverse fermate e numerosi altri passeggeri erano saliti e scesi. Tra cinque fermate sarebbe toccato anche a loro scendere, a meno che non volessero ripetere il giro.
«Beh… allora? Sei riuscito a prenotare la visita?» Chiese Carlos, piuttosto impaziente. «Fatto… fatto. Questo pomeriggio ci andremo. Almeno così avremo qualcosa da fare.» Gli rispose Ash.
Le ragazze non sembravano molto entusiaste della cosa, speravano solamente che la visita non durasse molto e che potessero presto dedicarsi ad attività più interessanti.
Dopo alcuni minuti il pullman si fermò al suo capolinea, in un angolo di Piazza Bianca. Come diceva il nome, la piazza era completamente realizzata in marmo bianco.
Il pavimento era composto da grossi lastroni bianchi che riflettevano la luce, in maniera quasi accecante. Lo stesso materiale costituiva le panchine accanto agli alberi.
Al centro della piazza una grossa statua di un Pokémon bianco, dall'aspetto maestoso. Era un enorme Pokémon simile ad una viverna bipede. L'ottima realizzazione della statua permetteva di cogliere anche il minimo dettaglio, come le penne e le piume bianche che ne rivestivano il corpo. La testa ricordava una sorta di volpe o qualcosa di simile. Il volto era ricoperto di peli bianchi. Dietro la nuca possedeva una lunghissima chioma bianca, con un po' di peli arruffati sopra. Il collo invece era lungo e magro. Le ali erano enormi e presentano quattro artigli bianchi alle loro estremità. Sul bacino possedeva una zona con del pelo più lungo, piuttosto disordinato. Le enormi zampe inferiori avevano una peluria meno compatta. Ogni zampa aveva quattro grossi artigli, tre davanti e uno dietro. La coda ricordava un'enorme turbina con le piume e i peli che formavano due anelli intorno ad essa, illuminati da una potente luce rossa. Fuori dalla coda turbina vi era un'altra coda. «Quel Pokémon è Reshiram. Ed è il Pokémon leggendario della Verità. Ed è anche il simbolo della Camera Nera.» Spiegò Carlos. «Infatti la Camera Nera non è molto lontana da qui, ma non penso sia aperta al pubblico.» Aggiunse poco dopo.
«Visto che non abbiamo molto da fare…» Carlos iniziò ad attraversare distrattamente la strada.
Ash, dopo aver dato un rapido sguardo da ambo i lati della strada cerò di acchiappare l'amico per la maglietta, cercando di evitare che venisse investito, senza successo.
Un motorino, in quel momento stava passando per quella strada, prendendo in pieno il ragazzo e facendolo cadere. Per fortuna la persona che stava guidando il mezzo, aveva notato la presenza del ragazzo e aveva iniziato a frenare, lasciando sull'asfalto una striscia di gomma.
«Ahi!» Carlos si rialzò massaggiandosi un po' il fianco sinistro, dove era stato colpito. «Ma fai un po' di attenzione la prossima volta!» Si lamentò. «Ringrazia Arceus che non mi sono fatto molto male o altrimenti…» La persona alla guida del motorino, nel frattempo, si era alzata e aveva spento il motore del mezzo, per poi metterlo in sicurezza sollevandolo con il cavalletto. Si tolse anche il casco.
«Mi dovevi ripagare per nuovo…» Il tono di voce del ragazzo divenne mano mano più basso, fino a spegnersi completamente, non appena il ragazzo incrociò lo sguardo con chi guidava il motorino.
Una bellissima ragazza dai lunghi capelli neri, che le arrivavano quasi al sedere, dai tratti del viso molto delicati. Aveva dei grandi occhi verdi. Era
leggermente truccata, con dell'ombretto violetto e del rossetto. Era leggermente più bassa di Serena e aveva un fisico molto
simile alla nativa di Kalos.
Indossava una giacca motociclistica nera in finta pelle, dei jeans firmati e delle scarpe dall'aspetto elegante, apparentemente
piuttosto costose. «Tutto bene?» Chiese la ragazza, apparentemente piuttosto preoccupata nei confronti di Carlos. «Scusa se ti ho preso! Sono proprio distratta! Ma perdonami!» Tentò di scusarsi.
«Stai tranquilla… sto bene… è stato solo all'inizio che ho accusato un po' il colpo… ma ora sto bene…» Il ragazzo strinse i denti pur di non ammettere la sua reale situazione.
«Oh…! Che maleducata che sono!» La ragazza si rimproverò da sola. «Non mi sono presentata!» Aggiunse. «Piacere di conoscervi… mi chiamo Asami.» La ragazza si presentò al gruppo.
«Io mi chiamo Ash e lui è il mio amico Pikachu.» Il nativo di Kanto si presentò per primo. «Pika-Pikachu!» Si presentò il Pokémon Topo. «Piacere di conoscerti! Io mi chiamo Serena.» Si presentò la nativa di Kalos.
«P… piacere… io sono Anita…» Si presentò la giovane Allenatrice. «Io, invece sono Carlos… devo ammettere che alla fine non è stato male essere messo sotto.» Carlos cercò di sdrammatizzare la situazione.
«Per favore… potete non dire nulla di questo incidente?» Chiese la ragazza. «Oh! Ci mancherebbe altro!» Rispose Carlos, senza nemmeno pensare.
«Sapete… mio padre è un tipo piuttosto apprensivo. Pensate se scoprisse che ho avuto un incidente con il motorino…» Spiegò la ragazza. «Sentite… per sdebitarmi… vi faccio fare un giro dei luoghi più turistici della città… cosa ne dite?» Propose Asami. Non avendo molto da fare, i quattro accettarono. La ragazza mise in sicurezza il suo motorino, per poi unirsi al gruppo.
«Dimmi un po'...» Ash si rivolse alla ragazza, che nel frattempo si era unita al gruppo, che nel frattempo si era avvicinata a Ash, ingelosendo non poco Serena. «Sei un' Allenatrice, una Performer o…» La ragazza interruppe Ash prima ancora che completasse la frase. «Non sono un'Allenatrice.» Rispose la ragazza. Dal suo tono sembrava che, per lei, fosse la cosa più normale del mondo. «Mio padre non vuole che diventi un'Allenatrice.» Rispose la ragazza, in tono triste. «Dopo quello che è successo alla mamma, ha voluto così.» Spiegò in tono triste. «Scusa… non volevo…» Ash cercò di scusarsi. «Oh! Non fa nulla. Non potevi saperlo.» La ragazza cercò di assumersi la colpa.
Nel frattempo, i cinque avevano percorso un po' di strada, raggiungendo un edificio rivestito di marmo, con un ampio portone d'ingresso.
«Questo è il museo d'Arte di Austropoli.» La nuova arrivata presentò l'ampio edificio al gruppo. Ash e Carlos non sembravano particolarmente entusiasti della cosa. Un altro museo da visitare dopo quello di Zefiropoli? Per i due ragazzi non era cosa. «Io adoro questo posto… ci vengo molto spesso. Credo che ormai Manuel si sia sta stancato.» La ragazza si lasciò sfuggire un'informazione di troppo. Per sua fortuna nessuno sembrò prendere troppo sul serio la cosa.
Pochi istanti dopo, Asami si avvicinò al bancone.
«Oh! Sei tu! Asami… due biglietti come al solito?» Chiese la giovane donna addetta alla biglietteria. «Questa volta me ne servono cinque.» Rispose la ragazza. L'addetta alla biglietteria sorrise. «Sono felice di vedere che ora hai dei nuovi amici.» Commentò l'addetta, mentre strappava i biglietti. Senza dire una parola, Asami pagò quanto dovuto. L'addetta diede un rapido sguardo al gruppo di persone poco dietro di lei. Non notando alcun volto noto le fece la fatidica domanda: «Scusami se sono indiscreta, ma posso sapere come mai Manuel non è con te?» Asami cercò di inventarsi una scusa: «Beh… ecco. Non si sentiva molto bene, così mio padre ha pensato di trovare qualcun altro per accompagnarmi.» L'addetta, pur non bevendolsela del tutto, decise di non farsi ulteriori domande. Si limitò unicamente a consegnare i biglietti alla ragazza, la quale, in seguito si occupò di distribuirli ad Ash e agli altri.
La visita al museo durò quasi due ore, ma fu inaspettatamente interessante, anche per Ash e Carlos. I due si aspettavano i soliti quadri incomprensibili, o delle gigantesche statue dalla dubbia interpretazione. Ma niente di tutto questo. Anzi.
Grazie alle numerose esposizioni interattive, i due si divertono parecchio, nonostante le loro basse aspettative.
Usciti dal museo si era fatta ora di pranzo.
Come per la visita al museo, Asami prese l'iniziativa: «Visto che è ora di pranzo, cosa ne dite se andiamo a mangiare in ristorante? Ne conosco uno delizioso poco lontano da qui… vedrete… vi stupirà!» Li invitò la ragazza. «Non vi preoccupate… offro io!» Aggiunse poco dopo. I quattro non poterono far altro che accettare la proposta della ragazza.
«Giusto per conoscerci un pochino meglio…» Carlos cercò di attaccare bottone. «Hai detto di non essere un'Allenatrice… quindi… cosa fai nella vita?» Le chiese. «Nulla di particolare. Mio padre è il proprietario di una grossa azienda, per cui i soldi non sono un problema, anche se, come dicevo, è parecchio apprensivo. Se non ho scuola o se non devo andare a lezioni di arti marziali esco con le mie amiche. Anche se non siamo mai da sole. Mio padre insiste sempre per avere qualcuno che mi controlli e si assicuri che non mi succeda nulla… come se non sapessi cavarmela benissimo da sola.» Carlos fece un breve gesto, come a fare una domanda: «È quel Manuel di cui hai parlato?» La ragazza fece cenno di sì con il capo: «Anche se mio padre non gli chiede mai nulla, talmente tanto si fida.» Spiegò. «Perdonami se sono indiscreto…» Chiese Ash, a sua volta. «Ma… qualcuna delle tue amiche è un'Allenatrice oppure, anche loro, come te non sono Allenatrici? Se è così mi sembra strano. Perché, a parte poche eccezioni…» Ash punzecchiò leggermente Anita: «Ho sempre visto persone entusiaste di iniziare il loro viaggio. Poi, conta che qui ad Unima l'età minima per partire è di sedici anni, mentre in altre regioni è di dieci… qui dovete aspettare anche di più…» Asami fece cenno di no con la testa. «Nessuna di loro ha dei Pokémon. Anche solo parlarne è un tabù.» Ash sembrava stupito da quelle parole. Dopo poco anche Anita aveva imparato ad apprezzare il fascino delle lotte Pokémon«Mi sembra strano.» Commentò Ash. «Anche se non avete dei Pokémon… avrete assistito a delle lotte… dei Varietà o…» Asami scosse nuovamente la testa. «Mai. Mio padre me lo ha sempre impedito, e avendo sempre Manuel a controllare. Come ti ho detto è per quello che è successo alla mamma. Da allora non solo mi ha detto che non mi avrebbe mai permesso di diventare Allenatrice, ma non voleva nemmeno che studiassi da libri che parlano di Pokémon. E lo stesso vale fuori casa, con Manuel. Ogni volta che ci capita di andare in biblioteca, controlla ogni singolo libro che voglio leggere o prendere in prestito. Considerate che voi siete i primi Allenatori che conosco.» Ash fece cenno di aver capito. «Mi sembra davvero strano che non ti permetta nemmeno di assistervi, ma va bene… non insisterò.» Asami sorrise. «Nessun problema. Voi invece cosa fate nella vita?» Chiese. «Io sono un'Allenatore, ma io mio sogno è quello di diventare un Maestro Pokémon. E farlo con Pikachu e tutti i miei altri amici Pokémon. Non so ancora bene cosa devo fare per ottenere questo risultato, ma dopo che abbiamo vinto il Torneo Mondiale per l'Incoronazione, ho capito che ancora non bastava. Per farlo avrei dovuto aiutare una persona a raggiungere il suo obiettivo.» Ash raccontò la solita storia di come mai sia giunto ad Unima e di come abbia conosciuto Anita. «Affascinante!» Commentò Asami. «Io, come ti ha detto Ash, sono un'Allenatrice. Io e i miei Pokémon abbiamo ancora tanto da imparare, ma Ash dice di essere contento dei nostri risultati. Fino ad ora abbiamo vinto due medaglie.» Raccontò Anita. Anche in questo caso, Asami sembrava piuttosto affascinata dalla cosa: «Viaggiare dove vuoi deve essere fantastico!» Commentò. «Io invece sono una Performer e Coordinatrice Pokémon.» Raccontò Serena. «Noi Performer ci esibiamo insieme ai nostri Pokémon nei Varietà. Degli spettacoli incentrati sui Pokémon davanti a centinaia di persone. Sono spettacoli divisi in due fasi. Nella prima affrontiamo una sfida a tema, come per esempio dei quiz sui Pokémon o delle gare di acconciatura, delle gare in cui prepariamo dei PokéBigé o cose simili. Nella seconda fase cerchiamo combinazioni di mosse e di passi di danza. Mentre nelle Gare lo scopo è quello di esaltare la bellezza delle mosse e dei Pokémon, anche nelle lotte.» Asami sembrava ugualmente affascinata. «Io… invece…» Carlos cercò di raccontare la sua storia, ma venne interrotto. «Eccoci qui!» Asami indicò l'insegna del ristorante Àlamode. Era una piccola porta sormontata da un'altrettanto piccola insegna a led, scritta in corsivo.
All'ingresso un giovane, alto e magro, vestito in maniera piuttosto elegante, squadrò i cinque. «Signorina Asami… vedo che lei ha portato degli amici… me lo lasci dire, non me lo sarei mai aspettato. Certo… per farlo si è dovuta ridurre a vestirsi sciatta come loro.» Asami fece uscire fuori una parte di sé che mai fino a quel momento aveva mostrato: «Senti… o ci fai entrare o chiederò a mio padre di farvi chiudere!» Il ragazzo, spaventandosi, per quelle parole, fece cenno al gruppo di entrare. «Accomodatevi pure.» Lì invitò. Dopo aver percorso uno stretto andito, i cinque giunsero in una piccola sala con
appena una mezza dozzina di tavoli. Poco dopo, il ragazzo fece accomodare i cinque nel solo tavolo grande disponibile.
«Immagino prendiate il menù degustazione Gourmet, giusto?» Non notando alcuna risposta, il ragazzo spiegò in cosa
Consistesse. «Il menù degustazione Gourmet comprende diverse portate, sono i migliori piatti che questo ristorante ha da offrire.» Spiegò il ragazzo. Dopo un rapido scambio di sguardi, Asami confermò quella scelta.
Sin dalle prime portate, che arrivarono dopo diverso tempo, Ash si rese conto dell'errore. Il tipo di piatti che servivano era in totale controtendenza con i suoi gusti.
Fosse stato per lui, avrebbero pranzato da Big George, lo stesso locale in cui avevano cenato il giorno prima. Ad ogni assaggio di quegli strani cibi proposti, dalle forme e dai colori improbabili e dai sapori incomprensibili, rimpiangeva le abbondanti porzioni di Big George. Terminato il pranzo, Ash aveva ancora più fame di prima. Dopo pranzo, i cinque uscirono dal locale, camminando senza una meta precisa.
«Hai programmi per questo pomeriggio?» Chiese Carlos. «Noi abbiamo prenotato una visita alla fabbrica della Amon, cosa ne pensi, vuoi venire con noi?» Le propose.
«Oh! C'è un piccolo problema… che ancora non vi ho detto… il proprietario della Amon è mio padre. E probabilmente si starà chiedendo come mai non sono ancora rientrata a casa. Vorrei chiedervi un piccolo piacere.» La ragazza cercò di fare lo sguardo più tenero possibile. «Qualsiasi cosa.» Rispose Carlos. «Potete fare finta che non ci conosciamo? Sapete… mio padre…» La ragazza cercò di spiegarsi. «Nessun problema!» Rispose Carlos, senza nemmeno farle finire la frase. «Stavo dicendo…» La ragazza si mostrò un po' infastidita per essere dall'interruzione. «Mio padre non vuole che io diventi un'Allenatrice e potrebbe pensare che lotti o che mi esibisca coi Pokémon degli altri.» Cercò di spiegarsi. «Anche se immagino che le mie amiche morirebbero di gelosia scoprendo che sono riuscita a conoscere degli Allenatori. Magari possiamo scambiarci i numeri, così quando mio padre sarà fuori per affari, vi presento a loro… tanto se resto a casa, Manuel non ha motivo di venire. Per cui, cosa ne pensate? Possiamo scambiarci i numeri?» Propose la ragazza. «Ma certo! Ci mancherebbe altro!» Carlos sembrava piuttosto entusiasta della cosa.
Scambiati i numeri, i cinque raggiunsero nuovamente Piazza Bianca, dove Asami aveva parcheggiato il suo motorino. La ragazza prese il suo casco dal bauletto sotto il sedile del mezzo e fece per indossarlo. «Ci vediamo più tardi!» Li salutò, prima di partire.
Di nuovo in quattro, non avendo molto da fare, decisero, di comune accordo, di dirigersi verso l'indirizzo dato a Ash, luogo in cui avrebbero dovuto visitare la fabbrica della Amon.
«Bene…» Serena aprì l'applicazione delle mappe sul suo Smart Rotom. «Bene, per arrivare in via Zafferanopoli, dobbiamo prendere due pullman. Dobbiamo fare dieci fermate con la linea S, che parte da qui, poi dobbiamo prendere la linea QR e fare quindici fermate. Il Pullman si ferma proprio di fronte all'ingresso.» Spiegò la nativa di Kalos.
«E credo che stia anche per arrivare.» Ash diede un rapido sguardo verso destra, notando un pullman della linea S, di passaggio. Alcuni istanti dopo, il bus si fermò, con uno sbuffo, proprio davanti ai quattro.
Rapidamente, l'autista fece aprire le porte, permettendo a un gran numero di passeggeri di salire a bordo e a Ash e ai suoi amici di salire a bordo. «Non vi preoccupate, ci penso io ad avvisarvi quando sarà il momento di scendere.» Si offrì Serena.
Dopo diverse fermate, venne il momento di scendere, per prendere il secondo pullman, arrivato pochi istanti dopo il precedente.
Per loro sfortuna, il bus era piuttosto affollato e, contrariamente ai viaggi precedenti i quattro dovettero farsi tutte e dieci le fermate in piedi.
Giunti all'ingresso di via Zafferanopoli, Serena prenotò la fermata. Poche centinaia di metri dopo, l'autista arrestò il mezzo, permettendo ai quattro di scendere.
Via Zafferanopoli era una via lunga e larga, costituita da interminabili file di grattacieli in acciaio e vetro. Sembravano tutti esattamente uguali. Ai lati della strada numerose auto parcheggiate, erano quasi tutte della Amon. Tra i vari mezzi parcheggiati, vi era anche il motorino di Asami.
Percorsi alcuni metri, i quattro raggiunsero l'edificio indicato. L'enorme logo che campeggiava sulla facciata dell'edificio non lasciava spazio ad interpretazioni, era l'edificio in cui aveva sede la Amon.
«Ma non dovevamo visitare una fabbrica?» Chiese Carlos, alquanto dubbioso. «L'indirizzo che mi hanno mandato è questo. Magari prima di farci visitare la fabbrica, vogliono farci visitare la sede centrale?» Ipotizzò Ash. «Se è così… allora andiamo!» Carlos sembrò recuperare tutto l'entusiasmo in un colpo solo.
Salì in pochi istanti i gradini che separavano l'ingresso dell'edificio dal marciapiede, costringendo Ash e le ragazze a seguirlo.
Il ragazzo venne rapidamente inghiottito dalla porta girevole, raggiungendo l'interno dell'edifico, seguito dagli amici.
Appena entrati dentro l'edificio, i quattro vennero accolti da un'ampia e luminosa stanza d'ingresso con delle pareti chiare.
La stanza era ricolma di piante di diverse specie, mentre su alcune pareti erano appesi dei quadri di noti artisti.
Vi erano anche numerose sedie in cui accomodarsi durante le attese. Di fronte ad esse un tavolino con diverse brochure, una per ogni prodotto dell'azienda.
Dal più piccolo scooter al più grande aereo quadrimotore. Vi erano anche alcune brochure dedicate ai natanti, solo che a differenza di tutte le altre, era specificato che i mezzi mostrati erano dei render e non dei modelli realmente prodotti, a causa della politica di rispetto del cliente stabilita dall'azienda.
Su di un altro ripiano, non troppo lontano, troneggiava una macchinetta del caffè, una di quelle che macinavano direttamente i chicchi.
Carlos non fece in tempo ad afferrare uno degli opuscoli, che subito venne interrotto da una voce femminile. «Ah! Siete voi!
Coloro che hanno vinto l'esclusiva visita alla Amon! Un attimo e sarò subito da voi!» Capendo che si trattava di una
questione di pochi istanti, il ragazzo desistette dalla sua idea e si limitò ad imitare il comportamento degli amici, sedendosi
su una di quelle sedie.
Pochi istanti dopo, i quattro vennero raggiunti da una donna sulla trentina. Aveva dei capelli castano scuro tenuti stretti
nella parte posteriore. I suoi occhi erano, invece, castano chiaro. Indossava una camicia bianca e una gonna rosa. Le
scarpe, invece, erano nere, con un tacco piuttosto basso.
«Oh! Salve!» Li salutò. «Quindi siete voi che avete vinto la visita qui? Mi pare di avervi visti in tv… prima che il Team Plasma
attaccasse… Tu dovresti essere Ash…» La donna porse la mano al nativo di Kanto. «Piacere di conoscerti.» Poco dopo si
rivolse all'Allenatrice più giovane. «Tu sei Anita, giusto? Mi pare che tu abbia lottato accanto a Ash al torneo.»
Timidamente la giovane confermò il suo titolo. «Andando per esclusione… tu sei Serena…» La donna si rivolse alla ragazza dai capelli color miele «E tu sei Carlos, invece…» concluse.
«Siete arrivati in leggero anticipo, ma non dovrebbe essere un problema. Il signor Hiroshi Amon dovrebbe essere già in ufficio. Io sono Trisha, la sua assistente. Mi ha incaricato di accompagnarvi da lui, nel suo ufficio.» La donna fece cenno ai quattro di seguirla. «Il suo ufficio si trova al ottantesimo piano.»
In breve tempo, i cinque attraversarono un andito e presero l'ascensore. L'ascensore era ampio e ottimamente illuminato. «Il signor Hiroshi non gradisce particolarmente i Pokémon… se potete farli entrare…» La donna cercò di essere il più gentile possibile. «Temo non sia fattibile. Pikachu odia stare dentro la Poké Ball… per questo è sempre qui con me.» Il ragazzo accarezzò il suo Pokémon, che al solo pensiero di entrare nella Poké Ball, stava iniziando ad emettere delle sottili scintille dalle sacche elettriche sulle guance. «Non ti preoccupare. Non ti farò entrare nella Poké Ball.» Lo rassicurò.
«Credo che per il Campione del Mondo possa fare un'eccezione.» Il tono della donna sembrava essere piuttosto rassicurante. Un breve segnale acustico avvisò i cinque che l'ascensore era arrivato a destinazione.
«Wow! Che velocità!» Carlos sembrò stupito dalla rapidità di quell'ascensore.
Appena l'ascensore si aprì, la segretaria guidò i quattro verso una porta poco lontana. Era realizzata in legno pregiato molto scuro ed molto rifinita. «Questo è l'ufficio di Hiroshi… spero non abbia da fare.» La donna si avvicinò alla porta, lasciando Anita e gli altri alcuni passi indietro. La donna premette il pulsante che attivava il videocitofono.
Pochi istanti dopo le rispose una voce maschile: «Ah! Sei tu… Trisha, vieni pure. Immagino che ci siano anche i ragazzi che hanno vinto la visita… è così?» Chiese. La donna si limitò ad annuire. «Allora non essere timida! Presentameli!» La invitò, mentre faceva scattare il meccanismo di apertura della porta. La donna entrò, seguita a ruota dai quattro.
La stanza era enorme e ben illuminata. In fondo troneggiava una scrivania di mogano, con piano in cristallo. Nelle pareti vi erano diversi quadri dipinti da noti artisti, mentre posate sul pavimento, delle piante di ficus. Davanti all'enorme scrivania un ampio tappeto pregiato. Lo stesso pavimento della stanza era un costosissimo parquet.
Seduto su di una poltrona da ufficio in pelle un uomo sulla cinquantina, dalla corporatura robusta. Aveva dei capelli brizzolati e un volto dalla forma leggermente squadrata. Indossava degli occhiali rotondi dalla montatura dorata. Era vestito in giacca e cravatta. Nonostante fosse vedovo indossava ancora la fede all'anulare sinistro.
Vicino a lui, su di una sedia simile, era seduta Asami, venuta a trovarlo dopo essersi congedata con i quattro. «E così voi siete i quattro fortunati vincitori del tour alla fabbrica della Amon?» Chiese, retoricamente l'uomo. «Piacere di fare la vostra conoscenza. Io mi chiamo Hiroshi Amon e sono il presidente di questo gioiellino. Lei, invece, è mia figlia Asami.» La ragazza dovette sforzarsi un po' per sembrare che incontrasse i quattro per la prima volta.
Dopo il consueto giro di presentazioni, l'uomo e la figlia si unirono al gruppo. «Trisha… hai il resto della giornata libero. Torna pure a casa. Domani partirò per un viaggio d'affari. Resterò fuori almeno una settimana. Ho bisogno del tuo aiuto.» L'uomo si rivolse alla sua assistente. «Quanto a voi… vedo che tenete tutti i vostri Pokémon nelle Poké Ball… tranne te… Ash… giusto? Puoi far entrare il…» Prima di andarsene, Trisha disse qualcosa all'orecchio del suo capo. «Nessun problema… ma solo perché sei tu. Mi sembri un ragazzo piuttosto sfacciato e coraggioso. Faresti successo in un mondo estremamente competitivo come il mondo degli affari.» Si complimentò l'uomo.
«Inizialmente avevo pensato di farvi visitare solo la fabbrica, ma poi ho pensato che sarebbe stato interessante mostrarvi anche il museo dell'azienda.» Spiegò. I sei presero l'ascensore, diretti al sessantesimo piano. Con una rapidità impressionante, l'ascensore raggiunse il piano scelto dall'uomo.
«Qui c'è il museo, o per meglio dire, il primo dei livelli su cui è costituito il nostro museo.» Iniziò a raccontare l'uomo, prima ancora che potesse mostrare qualcosa.
L'ascensore si aprì, permettendo ai presenti di accedere ad una stanza enorme e illuminata da delle enormi finestre. All'interno della stanza vi erano delle carrozze, e delle auto molto primitive, dall'aspetto parecchio simile a delle carrozze. Appesi al soffitto degli aerei, anch'essi dall'aspetto piuttosto primitivo.
«La Amon è attiva nel settore dei mezzi di trasporto da duecento anni. L'azienda appartiene alla nostra famiglia da quando Kamui Sato, immigrato dalla lontana regione di Johto, raggiunse la regione di Unima. Fuggendo da modeste condizioni di vita, Kamui immigrò per la regione di Unima, più precisamente verso Austropoli. Come sapete a quei tempi, gli immigrati non erano ben visti. Si pensava portassero malattie o che rubassero il lavoro agli onesti lavoratori… insomma sapete com'era la mentalità all'epoca.» L'uomo introdusse il discorso. «Per un immigrato, trovare un lavoro era estremamente difficile, a meno che non si trattasse di lavori estremamente umili, come per esempio i lustrascarpe o gli spazzini. Lavori che nessuno voleva fare. I più fortunati lavoravano nelle fabbriche, ore e ore, con stipendi da fame. Non avevano nemmeno i soldi per comprarsi il pane. Quelli che erano un minimo più fortunati…» Per Asami quella era una storia sentita e risentita, per cui non accennò la minima espressione, contrariamente a Ash e i suoi amici, che sembravano essere parecchio incuriositi dalla cosa.
«… lavoravano come manovali. E questo, per fortuna, è stato il caso di Kamui. Dopo aver svolto per diversi anni delle professioni umili, riuscì ad essere assunto come manovale da un carrozziere, un'officina specializzata nella costruzione di carrozze. Era una delle carrozzerie più famose di Austropoli e tutta le regione di Unima. Allora il metodo più comune per trasportare persone e merci. Allora anche i treni erano ad uno stadio abbastanza sperimentale, e venivano utilizzati principalmente nelle miniere. In ogni caso… Kamui venne preso parecchio in simpatia dal proprietario della carrozzeria, un signore di una certa età, vedovo e senza eredi.» Ash e Carlos stavano iniziando ad avere le palpebre abbastanza pesanti, e, dalle parole di Hiroshi, sembrava che la storia fosse ancora lunga. Infatti, nel frattempo, Hiroshi aveva proseguito con il racconto: «Kamui si impegnava nel suo lavoro e il suo capo lo notava particolarmente. Quando il signor Gunther capì che non gli restava molto da vivere, decise di nominare Kamui come unico erede, ad una condizione.» L'uomo diede un rapido sguardo ad Ash e a Carlos. Notando come i due stessero per cedere, decise di ravvivare un po' il racconto: «Che Kamui adottasse il suo cognome, Amon, per l'appunto. Dopo la scomparsa di Gunther, gli affari proseguivano bene, nonostante la carrozzeria non fosse gestita da un nativo di Unima. Nonostante questo, Kamui sembrava essere piuttosto insoddisfatto. Sembrava come se mancasse qualcosa, anche se non sapeva spiegarsi cosa.» Finalmente l'uomo fece cenno ai suoi ospiti di seguirlo. Dopo alcuni passi, l'uomo indicò una carrozza, con agganciati due statue in plastica di Bouffalant. «Naturalmente prima dell'invenzione del motore a combustione, la norma era quella di usare la forza dei Pokémon, come i Bouffalant o i Tauros. In casi in cui era necessaria ancora più forza, usavano i Mudsdale, dei possenti Pokémon originari di Alola. Beh…»
L'espressione dell'uomo mutò per alcuni istanti, diventando quasi schifata. «In alcune regioni i Pokémon vengono ancora impiegati per fini turistici. Con delle carrozze non troppo diverse da queste.» L'uomo fece alcuni altri passi avanti. «Questo
pezzo rappresenta una rivoluzione nel mondo dei trasporti. Si tratta di uno dei pochissimi pezzi della collezione a non
essere un prodotto della Amon.» L'uomo si avvicinò ad uno strano accrocco, non troppo diverso da una carrozza, tranne
per l'assenza di statue di Pokémon davanti alla stessa. «Si tratta della prima automobile di sempre. Come potete notare, è
estremamente simile ad una carrozza, tranne per il fatto di non avere dei Pokémon a trainarla.» Ancora altri passi avanti.
«Questa, invece, è la prima auto prodotta dalla Amon.» L'uomo indicò un mezzo non troppo diverso dalla carrozza mostrata
in precedenza, tranne per il fatto di non avere le pareti laterali e di avere un tetto a baldacchino che copriva la panca posteriore. La panca anteriore, realizzata, come quella dietro, in pelle, aveva davanti una barra e diverse leve. Poco davanti, il mezzo, aveva due rudimentali fari, tondi, realizzati in ottone. Dei fari che altri non erano che delle lampade ad acetilene. «Questa è l'Amon KP03, il terzo prototipo di automobile prodotto dalla Amon. immagino che vi starete chiedendo come mai si chiami KP03 e non KP01. Non è così?» Chiese retoricamente. Asami fece un piccolo gesto con la mano, come per far intendere al gruppo, conosciuto la mattina stessa, che Hiroshi amasse andare parecchio per le lunghe. «Il motivo è molto semplice. KP sta per Kamui Prototype, mentre il numero indica l'ordine di realizzazione del prototipo. La KP01 e la KP02 sono state distrutte in degli incendi, avvenuti durante i collaudi.» Raccontò l'uomo. «A quel tempo non molti credevano nel successo delle automobili. Pensavano che sarebbe stata una moda passeggera e che le carrozze trainate dai Pokémon sarebbero rimaste per sempre. Ma per fortuna, la testardaggine di Kamui ha ripagato.» L'uomo accennò un sorriso.
«Prima di cedere l'azienda al figlio Takuma, riuscì a dirigere i progetti per il primo modello di auto in serie. L'Amon KS01, che potete vedere qui.» L'uomo indicò un veicolo con una forma già piuttosto diversa da quella di una carrozza, con un cofano piuttosto corto e dalla forma squadrata.
Le somiglianze con la KP03 erano principalmente dovute alla forma dei fari e al tetto a baldacchino, che, questa volta copriva anche la panca anteriore, che ora presentava un vero e proprio volante, dalla forma rotonda. «KS, naturalmente sta per Kamui Series. E la KS01 è il primo modello di auto prodotto in serie dalla Amon. In una ventina di anni ne vennero prodotti quindici milioni di esemplari, diventando di fatto la prima auto di grande produzione del mondo.» L'uomo guidò il gruppo fino ad un modello in scala di un primitivo aereo, realizzato in legno e tela, con due eliche fra le due sottili ali.
«Questo modello in scala è una riproduzione del primo aereo prodotto dalla Amon. l'AFP1.» L'uomo proseguì con il tour, mostrando numerosi pezzi. Tra cui la prima auto prodotta da quando a Kamui era subentrato il figlio Takuma, lo stesso che aveva ordinato la produzione di treni sia merci che passeggeri.
«Altro grande merito di Takuma…» Riprese l'uomo, dopo aver fatto offrire un caffè a tutti, in modo che non crollassero addormentati. «È stato quello di lanciare la Amon nelle competizioni automobilistiche. Quella che vedete qua è la ARP1, Amon Racing Prototype 1, la prima auto della Amon a correre in un campionato. Rispetto alle auto attuali sembra molto antiquata, ma vi posso assicurare che i risultati sportivi che ottene furono di tutto rispetto.» L'uomo indicò una vettura bianca e azzurra dalla forma squadrata, con l'anteriore dominato da un ampio radiatore. Montava delle ruote alte e sottili. Il lungo cofano motore presentava numerosissimi sfoghi per l'aria. L'abitacolo era estremamente arretrato, con il pilota che sembrava quasi sedere sull'asse posteriore. «Purtroppo Takuma non la vide mai vincere.» Il tono dell'uomo si fece triste. «Mio bisnonno Akira, invece la vide vincere eccome. Anzi. Fu lui stesso a portarla alla vittoria, nella cinquecento miglia di Boreduopoli.» Raccontò, con una punta di orgoglio. «Anche se il suo obiettivo era un altro… espandersi ben oltre Unima. E, per farlo, nulla era meglio delle corse. Il miglior modo per farsi pubblicità. Per questo decise di partecipare alla prima gara oltreoceano, la Ventiquattro Ore di Gloriopoli, nella regione di Kalos. E, alcuni anni dopo al Gran Premio di Azurria, il più prestigioso del CMA, anche se la Amon è stata anche tra le Scuderie che hanno partecipato al primo Gran Premio del CMA, il Gran Premio di Galar…» In quel caso corsero con la AEP01, che potete vedere qui. L'uomo indicò nella direzione di una vettura che riprendeva delle forme più simili ad un'auto stradale di quel periodo, ivi compresi due fari, dalla forma a goccia, per quanto avesse la carrozzeria aperta.
«Purtroppo, per le prime due edizioni a cui partecipò, non riuscì mai a tagliare il traguardo. Il terzo anno fu quello buono. L'equipaggio composto da mio bisnonno e da Rory, un pilota e progettista, riuscirono a vincere. Il grande successo portò molta pubblicità. E tutti volevano acquistare le nostre auto. Tra i grandi meriti di Akira vi fu anche quello di scommettere sugli aerei a reazione, una tecnologia, allora ancora acerba ma che…» Il signor Hiroshi raccontò per filo e per segno l'intera storia di come la compagnia abbia sperimentato numerose volte, prima di giungere al successo, e di come anche Akira abbia poi ceduto il testimone al figlio Haru.
Nel frattempo il gruppo aveva preso l'ascensore, per salire al sessantunesimo piano. «Veniamo ora alle pagine più insanguinate della storia della Amon, la guerra dei Sei Anni.» Raccontò l'uomo. «Come molte altre aziende, anche alla Amon fu praticamente imposto di convertire la sua produzione in modo da sostenere lo sforzo aziende, terminata la guerra, fecero finta di nulla, cercando di ripulire l'immagine. Cosa che invece, per decisione di mio nonno non è mai stata fatta. Così come si è deciso di continuare la produzione di moto. Inizialmente, infatti, la produzione di moto sarebbe dovuta avvenire unicamente per l'esercito, ma dato che, terminata la guerra, molti civili le volevano, Haru decise di produrre anche delle due ruote per i civili, declinandole in varie cilindrate.» L'uomo mostrò alcuni esemplari di carri armati e alcuni modelli in scala di aerei da guerra. Poco dopo, ricollegandosi al discorso delle moto, mostrò le diverse due ruote esposte.
La visita proseguì con Hiroshi che raccontava di come l'azienda avesse subito numerosi danni dai bombardamenti e di come la ricostruzione post bellica fosse stata estremamente difficile. «Inoltre, la Amon è stata in grado di produrre un acciaio estremamente resistente e leggero, ed in guerra è stato utilissimo. I combustibili erano razionati e avere un carro più leggero ma resistete quanto e più di quelli avversari, ha permesso ad Unima la vittoria in quella sanguinosa guerra.»
Raccontò di come Haru e il figlio, Kazuki guidarono l'azienda in quelle fasi delicate, riuscendo a produrre dei modelli di grande successo adatti alle tasche delle persone impoverite dalla Guerra.
Raccontò anche di come, dopo alcuni anni Kazuki prese le redini dell'azienda, permettendo alla stessa di rientrare nel mondo delle corse e tornare la gente a far sognare.
Raccontò infine di come, prima di lasciargli le redini dell'azienda, avviò la produzione di autobus, sia urbani che extraurbani che Granturismo, per lunghe distanze, oltre che avviare la produzione di trattori stradali.
In quel momento i sei avevano raggiunto il terzo piano del museo, in cui erano esposti i modelli di attuale produzione e dei prototipi degli stessi.
«Venendo ai giorni nostri, la Amon è un colosso dell'industria nel settore dei trasporti… e, come da tradizione di famiglia, anche io ho dato il mio contributo, ampliando ulteriormente i settori di produzione della Amon, scommettendo sul settore del trasporto navale, sia per quanto riguarda le navi porta container che quelle da crociera, non tralasciando anche le imbarcazioni private nel settore lusso. Quando sarà il suo momento e Asami prenderà le redini dell'azienda, toccherà a lei scegliere in che settore innovare.»
Dopo una visita così lunga e, per certi versi noiosa, Hiroshi invitò il gruppo a prendere nuovamente l'ascensore, diretti agli ultimi piani dell'edificio. Come sempre, l'ascensore fu estremamente rapido a raggiungere il piano indicato. L'ultimo servito
dell'ascensore.
«Purtroppo l'ultimo piano dovremo farcelo a piedi.» Hiroshi invitò i cinque a seguirlo. «Ora, finalmente potrete far visita ad
uno degli stabilimenti della Amon. Ci andremo in elicottero, almeno così da risparmiarci il traffico.» Spiegò l'uomo. I sei
salirono una rampa di scale, raggiungendo il tetto dell'edificio, su cui era posteggiato un grosso elicottero nero. Presentava
sui lati due enormi loghi della Amon «Naturalmente anche questo è stato prodotto dalla Amon.» Commentò l'uomo, con
fierezza. «Rappresenta il massimo della tecnologia in fatto di elicotteri. Potrebbe pilotarlo perfino un bambino, talmente è automatizzato.» Commentò in tono scherzoso.
Una volta saliti a bordo, l'uomo fece sollevare in volo l'elicottero, agendo sui comandi con una straordinaria delicatezza. In
poco meno di venti minuti, raggiunsero una serie di colossali edifici in cemento grigio, attorno al quale erano parcheggiate centinaia di auto. Tutte della Amon, naturalmente.
«Vedere una piccola parte del nostro impero dall'alto è meraviglioso, non è vero, figliola?» L'uomo si rivolse alla figlia,
seduta accanto a lui. Asami sembrò ignorarlo. Sapeva bene che suo padre era un tipo vanitoso, e solitamente cercava di
assecondarlo, ma non quella volta.
L'uomo spinse il mezzo più avanti del punto di atterraggio, intenzionato a mostrare qualcos'altro. Poco dopo fece salire di
quota il mezzo di svariati metri, proseguendo oltre la serie di edifici, verso una destinazione che, ben presto, fu comprensibile a tutti. Inizialmente
apparve una grossa fila di alberi, piuttosto alti. «Questi alberi sono molto utili per schermare i rumori del nostro circuito di
prova.» raccontò l'uomo. «La Amon, nei suoi principali stabilimenti possiede anche dei circuiti di prova. Questo di
Austropoli è il più lungo. Come potete notare…» L'uomo continuò il sorvolo, superando i box. «Sorge su di un territorio
abbastanza collinare, per cui è una pista ricca di saliscendi. Tra tutte le piste della Amon è anche la più lunga, quasi cinque chilometri e mezzo. È omologata grado 1 dalla FMA e dalla FMM. Per cui è possibile svolgere qualsiasi evento automobilistico e motociclistico.» Raccontò l'uomo. «E, dato che la Amon ha una sua Squadra Corse, usiamo i nostri circuiti per i test delle nostre auto da corsa. A cui partecipa anche Asami, con degli ottimi risultati. Quest' anno sarà anche al via della Ventiquattro ore di beneficenza di Spiraria, come allenamento per la prossima Ventiquattro ore di Gloriopoli.» Raccontò l'uomo, elogiando la figlia, ma facendola anche sentire a disagio. «Baa! Certe cose sarebbe meglio tenerle per noi!» Lo rimproverò. L'uomo fece finta di nulla, completando il sorvolo della pista, che in quel momento era deserta. «Qualsiasi risultato otterremo sarà comunque un successo. Come Scuderia, in via del tutto sperimentale, e con una speciale deroga della FMA, stiamo utilizzando un comparto strategie, senza Pokémon.» Ash assunse una strana espressione. «In che modo i Pokémon possono aiutare in una gara, se a correre sono le persone?» Chiese. «Molte scuderie usano dei Pokémon nel ruolo di strateghi per le loro capacità, anche se ci sono dei limiti. È una cosa abbastanza noiosa da spiegare. Noi, in via sperimentale utilizziamo un Supercomputer per il medesimo compito. Dovesse funzionare, sarebbe un bene per i Pokémon, che non dovrebbero stressarsi viaggiando da una parte all'altra del mondo.» Quelle parole furono abbastanza per convincere Ash . «Wow! Sembra essere una tecnologia davvero incredibile!» Commentò.
Terminato il sorvolo, l'uomo fece atterrare il mezzo nell'apposito spazio, dalla forma ad H.
Una volta atterrato l'uomo fece aprire il portello e scese dal mezzo, invitando gli altri a fare lo stesso. Percorse alcuni metri in linea retta, salvo poi deviare verso un percorso indicato con delle linee gialle.
«Ora, vi prego di seguirmi… quello che vedete per terra sono delle linee di guida per le visite… una sorta di percorso sicuro. In questo modo evitiamo possibili incidenti e non disturbiamo chi lavora.» Spiegò l'uomo, in tono fiero.
Poco dopo, Hiroshi aprì una porta e fece entrare la figlia e i suoi ospiti. Era una stanza piuttosto piccola, con delle pareti bianche e una scala in metallo. «Da qui saliremo su una sorta di ponte sopraelevato, che ci permetterà di osservare il lavoro in fabbrica senza disturbare.» Spiegò.
Una volta saliti e raggiunto il ponte sopraelevato, l'uomo iniziò la sua spiegazione. «In questa parte dello stabilimento avviene la prima fase della produzione delle scocche. Si parte da questi…» L'uomo indicò delle grosse bobine di lastre di metallo. «Sono delle lastre in acciaio speciale, leggero e anti corrosione.» Spiegò. «Vengono caricate in un macchinario, chiamato srotolatore, dove vengono, come dice il nome, srotolate e appiattite. Abbiamo una bobina per ogni parte dell'auto, dato che ogni componente deve comportarsi in modo diverso, nel malaugurato caso di incidente. Quello che costituisce l'abitacolo deve essere quasi indistruttibile, in modo da evitare che chi è a bordo venga schiacciato, mentre quello che costituisce la parte anteriore deve essere in grado di deformarsi, assorbendo quanta più energia possibile. Mi rendo conto che sia un discorso un po' complesso, ma… andiamo avanti. Dopo essere state srotolate, le varie lastre vengono tagliate, in base alla dimensione dei pezzi che devono costituire.» Continuando a camminare erano giunti nei pressi di un grosso macchinario che tagliava le diverse lamiere in svariate dimensioni.
«Una volta fatto questo, le lamiere vengono stampate, facendo in modo che assumano la forma desiderata. Una volta fatto questo, alcune parti che sono costituite da più componenti, come le portiere e i cofani, vengono assemblate, attraverso un processo di saldatura. In più, nelle portiere vengono inserite delle spesse barre di metallo che ne incrementano la resistenza. Quelle che vedete, in questo momento sono le portiere della Spectre, una coupé a quattro posti.» L'uomo continuò con la sua spiegazione.
«Dato che qui vengono stampati contemporaneamente tutti i pezzi per assemblare una singola scocca, ogni componente che esce viene identificato da un codice univoco. Ogni auto viene così assemblata con pezzi che hanno il medesimo identificativo, anche se questa procedura avviene in un altro capannone, che raggiungeremo fra poco.»
Mentre i ragazzi proseguivano la visita alla Amon, in una delle stazioni di polizia della città, il lavoro proseguiva come ogni giorno, occupandosi della difesa della città dal crimine, raccogliendo denunce e occupandosi di piccole e grandi questioni.
Tutto cambiò quando, sulla scrivania di una delle Agenti apparve un documento che denunciava un presunto avvistamento di diversi Seguaci del Team Plasma in un quartiere di Austropoli anonimo e triste, costituito da parecchi grattacieli, tutti uguali. Non vi erano aiuole o aree verdi, il quartiere era noto anche come CEA, acronimo di Centro Edilizia Amministrativa.
Secondo le parole della presunta denuncia, l'avvistamento era avvenuto da un ufficio di una delle tante aziende che avevano sede in uno dei tanti edifici di quel quartiere.
La denuncia non presentava molti altri dettagli, se non il fatto che, insieme ai Seguaci, vi fosse un ragazzo in abiti civili. Purtroppo la denuncia non presentava altri dettagli, ma, per fortuna, la persona a cui quel foglio era arrivato, riteneva quelle informazioni più che sufficienti per procedere.
«Ragazze! Venite qui!» l'Agente richiamò l'attenzione delle colleghe, rapidamente una mezza dozzina di Agenti si radunarono attorno alla scrivania della collega.
«Come potete notare da questo documento, sembrerebbe che il Team Plasma abbia rapito un civile e che lo abbia preso come ostaggio.» La donna presentò la situazione alle colleghe, che sin da subito, drizzarono le orecchie.
«L'edificio si trova nel quartiere CEA ed è uno dei più vecchi, stando alle dichiarazioni. È un'operazione molto rischiosa, avremo a che fare con delle persone che sono contro gli Allenatori. Potrebbero risultare ostili nei nostri confronti, qualora portassimo dei Pokémon con noi.» Spiegò. «Abbiamo un nucleo specialistico che opera senza Pokémon.» Ricordò una delle colleghe. «Potremo far intervenire loro, con la scusa di un semplice controllo. Inventiamo una scusa qualsiasi, ma che sia abbastanza credibile. Anche solo sapere chi è il proprietario dell'edificio. Non sono riuscita a risalire a chi sia il proprietario. Potremo usare questo come scusa per il controllo, nel caso servisse.» Aggiunse poco dopo. «Ottima idea!» Le risposero le colleghe, in coro. L'organizzazione del piano fu piuttosto rapida. Venne contattato il capo del dipartimento dedicato alle operazioni senza il supporto dei Pokémon.
Il capo del dipartimento si distingueva dalle colleghe per le diverse decorazioni sulla sua uniforme. Appena arrivata, prese
in mano il foglio con la denuncia e lo lesse rapidamente. «Quindi si tratta del Team Plasma… capisco perché abbiate
richiesto l'intervento del mio reparto. Secondo la legge fino a quando manifestano per le loro idee, sono liberissimi di farlo, la legge lo permette, ma qualora si dovessero prefigurare dei reati, come, in questo caso, il sequestro di persona, ovviamente dobbiamo intervenire. Trattandosi di un'organizzazione per la liberazione dei Pokémon, non possiamo rischiare che i vostri Pokémon siano messi a rischio. Per questo motivo vi occuperete solamente del coordinamento. Seguirete l'operazione da distanza e interverrete se necessario.» Spiegò.
In poche ore l'operazione venne allestita. Alle sei di pomeriggio, cinque auto della polizia raggiunsero la zona più interna del quartiere CEA. Un quartiere di edifici amministrativi, realizzati principalmente in acciaio e vetro, con gli edifici più vecchi realizzati in cemento, come quello indicato dalla denuncia.
Le due auto in testa si fermarono e parcheggiarono poco lontano da quell'edificio. Da ognuna delle due, scesero quattro
Agenti, che si diressero verso l'edificio incriminato.
Raggiunto il portone, realizzato in metallo, rivestito con una pellicola che ricordava il legno, una delle otto Agenti provò a
bussare, aspettando, invano, una risposta. Provò quindi a suonare al citofono. «Polizia! Siamo venuti qui per un controllo!»
Gridò. Nessuna risposta. Provò di nuovo, ottenendo il medesimo risultato. «Se non rispondete, saremo costrette a sfondare
la porta!» Minacciò. Nessuna risposta. Le Agenti si trovarono quindi costrette, loro malgrado, ad abbattere la porta con delle
cariche esplosive. Erano dei piccoli cilindri metallici.
Le poliziotte le posizionarono in diversi punti della porta. Punti che, a un occhio inesperto potevano sembrare completamente casuali, ma che, in realtà erano appositamente studiato per impiegare la minor quantità di esplosivo, e di
conseguenza, ridurre al minimo i rischi. Si trattava pur sempre di esplosivi, dopotutto.
Posizionate le cariche, le poliziotte si allontanarono ad una distanza di sicurezza, prima di azionare le cariche. Un'esplosione fece cadere il portone verso l'intero, causando un frastuono. Sembrava che nessuno se ne fosse accorto, né fuori, dall'edificio né dentro.
Le poliziotte fecero incursione all'interno dell'edificio, mettendo mano alle loro pistole, in caso fosse stato necessario. Sembrava che l'edificio fosse completamente vuoto.
Dopo aver perquisito diverse stanze al piano terra, senza trovare nulla in nessuna di quelle stanze, proseguirono nei piani successi, senza trovare nulla.
Sembrava che quell'edificio fosse completamente immacolato. Tutti gli uffici erano perfettamente puliti e in ordine. Scrivanie con sopra dei computer e dei mobili portadocumenti.
Le Agenti esaminarono ogni mobile e ogni computer, senza trovare nulla. I computer erano perfettamente intonsi, mai utilizzati. E i mobili erano perfettamente vuoti e intonsi, come se nessuno li avesse mai usati.
Lo stesso poteva dirsi dei piani successivi. Giunsero alla fine all'ultimo piano, dove si trovava l'appartamento dell'addetto alla manutenzione degli ascensori. Vuoto e pulito anche quello, come se mai nessuno lo avesse abitato.
«Credo che la segnalazione sia stata una cantonata!» Si lamentò una delle Agenti, in tono frustrato. «Abbiamo solo perso tempo!» Commentò un'altra. Rapidamente, le poliziotte abbandonarono l'edificio e tornarono alle loro auto. Due altre agenti avrebbero fatto la guardia all'edificio fino a quando, dei muratori, non avrebbero riparato la porta.
Il clima nella stazione di polizia era quanto più teso. «Sembra quasi che quella soffiata sia stata opera del Team Plasma, per farci perdere tempo. Quell'edificio era intonso, nonostante l'età.» Commentò una delle poliziotte, mentre chiacchierava con le colleghe, prima di smontare dal lavoro. «Io, invece credo che, in qualche modo sapessero della perquisizione e quindi abbiano fatto sparire tutto. E poi non possiamo ignorare la testimonianza riguardo quel ragazzo rapito e condotto lì.» Le rispose una collega. «E come?» Chiese una terza poliziotta, intromettendosi nella conversazione. «Se hanno rapito una persona, avranno pur lasciato qualche traccia… mi sbaglio? Il rapimento al torneo è avvenuto davanti agli occhi di centinaia di persone.» Riprese la prima.
Nel frattempo, i ragazzi avevano concluso la loro visita allo stabilimento della Amon, vedendo, dall'alto come veniva assemblata la Spectre, a partire dalle lamiere stampate e saldate, all'assemblaggio della scocca, il conseguente trattamento anticorrosione e la verniciatura, avvenuta immergendo la scocca in una vasca di vernice.
Una volta che la vernice era stata cotta, in un enorme forno, il fondo dell'auto e altre parti vennero trattate con una speciale verniciatura dalla finitura piuttosto grezza.
Solo in quel momento, sulla scocca verniciata, cominciarono le procedure di assemblaggio, con tutti gli organi che permettevano alla vettura di muoversi e di tenere la strada. Solo allora si passò al montaggio del complesso impianto elettrico, quindi degli interni, dall'aspetto lussuoso. Vi furono infine le fasi di assemblaggio finale, come fari, ruote e paraurti, e l'inserimento dei vari , le auto venivano portate in una zona separata per i collaudi finali.
«E questo è come nasce una delle nostre auto.» Concluse Hiroshi. Ash e gli altri erano, incredibilmente riusciti a non addormentarsi. «Sono felice di vedere dei ragazzi giovani ancora interessati a queste cose… molti oggi pensano che sia tutto facile, che le cose vengono fuori dal nulla, invece…» Aggiunse poco dopo, mentre accompagnava il gruppo verso l'elicottero, con cui li avrebbe riportati nuovamente alla sede centrale dell'azienda.
«Non preoccupatevi, vi accompagneremo fino all'uscita.» li rassicurò Hiroshi, mentre li conduceva verso l'ascensore. Terminata la rapida corsa in ascensore, i sei uscirono e raggiunsero l'uscita dell'edificio. «Spero di incontrarvi di nuovo!» Si congedò Hiroshi. «Lo spero anche io.» Rispose Carlos, rivolgendo il suo sguardo ad Asami. La ragazza non sembrò gradire quell'attenzione.
Dopo aver raggiunto la fermata del pullman, e aver atteso appena qualche minuto, i quattro salirono a bordo, i quattro iniziarono a pianificare la giornata seguente.
«Dopo una giornata di riposo, domani riprenderemo con gli allenamenti.» Propose Ash. «Questa volta vorrei partecipare anche io. Se non ti dispiace. Houndour mi è sembrato molto soddisfatto dell'allenamento dell'altro giorno.» Gli rispose Carlos. Ash non sembrava affatto infastidito da quella proposta. «Per me va bene.» Rispose Anita. Pochi istanti dopo, Serena le disse qualcosa all'orecchio. «Secondo me non me la racconta giusta… con quella Asami.» Anita si limitò a sorridere a quelle parole. Farsi bello come Allenatore, avendo al suo fianco il Campione del Mondo. «E poi il padre di Asami ha detto che partirà per affari, e lei ci aveva detto che quando suo padre sarebbe stato fuori, ci avrebbe fatto conoscere le sue amiche, per cui ho pensato che non sarebbe poi una cattiva idea beh… ecco… fare una lotta dimostrativa insomma…» Propose Carlos. «E poi, io sono pur sempre il capopalestra vicario di Levantopoli, per cui potremo simulare una lotta tra Sfidante e Capopalestra.» Aggiunse poco dopo.
«Una lotta… dimostrativa?» Chiese Serena. «Sicuro non ci sia dell'altro?» Aggiunse poco dopo, pur sapendo già la risposta. «Sicurissimo. Penso che, per Asami sia più di aiuto vedere due Allenatori di un livello più normale… diciamo appartenenti alla Classe Base… piuttosto che un Campione del Mondo.» Il ragazzo cercò una giustificazione. «Per me è una buona idea.» Si limitò a rispondere Ash, ignaro di tutto.
Il giorno seguente, i quattro si alzarono alla buon'ora e, dopo colazione si diressero nel campo lotta, sul retro del Centro Pokémon. «E, dopo una bella colazione, direi che è il momento ideale per un bell'allenamento.» Propose Ash, incontrando, su tutti, il favore e l'entusiasmo di Carlos, mentre Anita era rimasta più tranquilla. Dopotutto ormai gli allenamenti erano la norma.
Prima di iniziare l'allenamento, Ash aveva richiamato dei Pokémon dal laboratorio del Professor Oak, in cambio di alcuni
dei Pokémon che aveva con sé.
«Direi che possiamo cominciare con l'allenamento. Carlos ha con sé due Pokémon, per cui ci alleneremo simulando una lotta in doppio in cui useremo due Pokémon a testa…» Ash si voltò verso Serena. «No… fate pure senza di me. Anche se ancora non so quando ripartiranno i Varietà, ma meglio tenersi pronti.» Rispose la nativa di Kalos. «Nessun problema, c'è abbastanza spazio per tutti.» Le rispose Ash, rassicurandola.
«Se siete pronti, possiamo partire.» Li invitò Ash, mettendo mano a due delle sue Poké Ball. «Allora possiamo cominciare.» Li invitò. Anita e Carlos non se lo fecero ripetere due volte, facendo altrettanto.
Carlos mandò in campo Houndour, mentre Anita la sua Herdier. Ash, invece mandò in campo la sua Bayleef, un Pokémon
quadrupede, dall'aspetto di un rettile. La usa pelle era di verde-giallastro pallido. Aveva in un lungo collo e delle zampe
robuste con un artiglio piatto ciascuna. La sua coda di medie dimensioni, mentre gli occhi erano piuttosto grandi. La loro
iride era rossa. Le narici erano piuttosto piccole, mentre la sua bocca era simile a quella di un dinosauro o di una tartaruga.
Il collo era decorato da sette foglie verdi che sembrano arrotolate. Sul capo ne possedeva una foglia più, con il gambo piegato all'indietro e che sembra essere stata morsicata da un insetto sul lato sinistro. Appena uscita dalla Poké Ball, la Pokémon si diresse a grande velocità contro il suo Allenatore, mostrando tutto il suo amore, strappando una e Quilava.
«Non è con me che devi farlo!» Ash la riprese bonariamente.
Anita scansionò quella strana Pokémon con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom: «Bayleef, Pokémon Foglia. Tipo
Erba. Esemplare femmina. È uno dei Pokémon iniziali della regione di Johto. È l'evoluzione di Chikorita. Il collo di Bayleef è agghindato da foglie, dentro cui è presente il piccolo germoglio di un albero. L'aroma emanato da questo germoglio ha un effetto energizzante sull'uomo. Mosse conosciute: Foglielama, Corposcontro, Forzantica, Campo Erboso.» Poco dopo, si concentrò sul secondo Pokémon mandato in campo da Ash. il suo Quilava. Un Pokémon quadrupede dal corpo allungato e snello. Il suo pelo era prevalentemente color crema, tranne sulla schiena e sul capo dove presentava un colore verde scuro. Le orecchie erano triangolari nella parte esterna, mentre l'interno era rosso, me l'iride. Il muso era arrotondato, mentre le zampe anteriori erano più lunghe di quelle posteriori. Sulla testa e sulla parte posteriore del corpo delle grandi fiamme.
Il Pokémon Vulcano passò sotto la lente dello Smart Rotom di Anita: «Quilava. Pokémon Vulcano. Tipo Fuoco. Esemplare maschio. È uno dei Pokémon iniziali della regione di Johto. È l'evoluzione di Cyndaquil. Mosse conosciute: Lanciafiamme, Ruotafuoco, Comete, Eruzione.» La ragazza ripose il suo Smart Rotom nella borsa. «Se siete pronti, possiamo iniziare.» Li invitò Ash. «Questa volta cominciamo noi!» Li avvisò. «Quilava! Colpisci con Ruotafuoco! Bayleef tu attacca con Foglielama!» Ordinò. Mentre le fiamme sul corpo del Pokémon Vulcano iniziavano a crescere e ad avvolgere il suo corpo, il Pokémon iniziò a roteare su se stesso, in direzione di entrambi gli avversari, mentre, da dietro di lui, Bayleaf lanciava una gigantesca coltre di foglie affilate.
«Houndour! Cerca di bruciare quelle foglie! Usa Bracere!» ordinò Carlos. Dalla bocca del Pokémon Buio uscì una fiammata, che raggiunse la tempesta di foglie, riducendole rapidamente in cenere.
La situazione di Herdier era decisamente meno favorevole, cercava continuamente di fuggire dal suo avversario, che non smetteva di braccarla. Ben presto sarebbe stata raggiunta e sembrava che la sua Allenatrice non avesse intenzione di darle un comando. Sembrava quasi che fosse ipnotizzata dal vedere quei due Pokémon inseguirsi. «Proviamo così! Usa Fossa!» Ordinò la ragazza, dopo aver ragionato un po'. La Pokémon Fedeltà scavò rapidamente un buco nel terreno, nascondendosi sotto terra.
«Insegula!» Ordinò Ash. «Bayleef! Tu vai con Forzantica!» Aggiunse poco dopo.
Mentre Quilava si lanciava dentro alla fossa scavata da Herdier, dal terreno si sollevavano dei grandi massi, circondati da un'aura violetta. Rapidamente, Bayleef, scagliò quelle pietre in direzione del suo avversario. «Cerca di schivare!» Ordinò il ragazzo, mentre i massi già iniziavano a raggiungere il campo di lotta. «Prova a schivare!» Ordinò Carlos, mentre il suo Pokémon saltava da una parte all'altra, cercando di evitare i massi.
Nel mentre, nel terreno sotto il campo di lotta Quilava aveva raggiunto e colpito Herdier, facendola violentemente uscire fuori dal terreno. Nel frattempo, Houndour venne colpito da uno dei massi.
«Bayleef! Usa Corposcontro! Quilava usa Comete!» Ordinò Ash. La Pokémon Foglia si mise a correre rapidamente contro la sua avversaria, mentre Quilava aveva cominciato a generare dei raggi di energia a forma di stella, che a loro volta stavano a loro volta lanciando dei fasci di luce, contro entrambi gli avversari.
Appena i raggi di energia colpirono il campo di lotta, sollevando un'ampia quantità di terra, che nascose Bayleef alla vista dei suoi avversari. «Herdier! Cerca di capire dov'è Bayleef e attacca con Rogodenti!» Anita cercò di ordinare un attacco, dopo che tanto Herdier quanto Houndour non avevano fatto altro che subire.
Dalla bocca della Pokémon si iniziarono a generare delle fiamme, che rapidamente avvolsero l'intera bocca. La Pokémon si avventò contro l'avversaria in cosa, mordendola ad una gamba. «Leeaaaaf!» Gridò la Pokémon.
«Toglitela di dosso! E attacca di nuovo con…» Serena, che nel mentre si stava allenando con la sua squadra per il prossimo Varietà, pur non avendo ancora idea di quando sarebbe stato, li interruppe. «Mi ha appena scritto Asami. Suo padre è partito per lavoro, mi ha detto che, se vogliamo, possiamo passare da lei.» Spiegò. «Penso sia una buona idea.» Rispose Carlos. «Se le dico di sì, fa venire qui il suo autista.» Aggiunse poco dopo la nativa di Kalos. «Intanto facciamo fare un controllo ai Pokémon che hanno appena lottato. Non si sono risparmiati in questo allenamento.» Ash riportò tutti alla realtà. Nel mentre, Serena aveva risposto alla figlia del magnate, accettando la sua proposta. Entro una mezz'ora, un autista li avrebbe prelevati e portati a casa sua.
Curati i rispettivi Pokémon, i quattro uscirono dal Centro Pokémon, in attesa dell'autista, che non tardò ad arrivare. Era alla guida di un minivan grigio chiaro, prodotto, ovviamente, dalla Amon.
Come spesso accadeva con questo tipo di veicoli, i vetri posteriori erano oscurati, ma delle cromature attorno alla cornice dei vetri ne snellivano la linea.
Appena l'uomo fermò il pulmino, i quattro si avvicinarono. Una delle porte posteriori scorrevoli si aprì, spinta da un meccanismo elettrico.
Poco dopo un meccanismo elettroidraulico fece sollevare il sedile posteriore, per permettere l'accesso alla terza fila di sedili, ove si accomodò Carlos, lasciando che Ash e le ragazze si sedettero in seconda fila. Una volta saliti tutti a bordo, l'autista fece chiudere la porta elettrica.
Gli interni, come si poteva intuire dalla classe del mezzo, erano curati e realizzati in materiali pregiati, pur se non si trattava di vera pelle, ma piuttosto di un materiale ecologico che la imitava alla perfezione e radica di noce.
«Permettetemi di presentarmi. Io mi chiamo Pastor e sono l'autista privato della signorina Asami.» Si presentò. I quattro lo
salutarono, presentandosi a loro volta. Poco dopo, l'uomo tentò di attaccare bottone con i suoi passeggeri: «Mi sembra
strano che il signor Hiroshi permetta a sua figlia di conoscere degli Allenatori, ma non protesto. Dopotutto sono pagato per
scorrazzare sua figlia e le sue amiche, non per farmi domande.» Commentò l'autista, continuando a guidare, in direzione
dell'abitazione della famiglia Amon. Dopo aver fatto inversione, l'uomo iniziò il vero viaggio in direzione dell'abitazione
della famiglia Amon. «La signorina Asami mi ha detto che vi eravate già incontrati quando avete visitato la fabbrica della
Amon. e che lei è rimasta molto colpita da voi.» Iniziò. «Si, in effetti, ogni volta che le parlavamo delle nostre esperienze,
sembrava sempre molto affascinata.» Rispose Ash. «Suo padre non le ha mai permesso di conoscere degli Allenatori, prima
d'ora. Si vede che l'Allenatore più forte del mondo sia riuscito a convincerlo.» I quattro si scambiarono un rapido sguardo.
L'uomo non doveva sapere la verità. «Può essere.» Gli rispose Serena.
Dopo una mezz'ora di viaggio, il minibus giunse davanti ad un cancello in metallo prezioso. Grazie a dei sensori, l'enorme cancello si aprì, permettendo al minivan di entrare. «Non vi preoccupate, siamo quasi arrivati.» Li rassicurò l'autista, mentre imboccava il vialetto. Una strada lastricata circondata da numerosi alberi, che ombreggiavano la strada.
Dopo cinque minuti buoni, finalmente l'autista si fermò, facendo aprire la porta e permettendo a Ash e alle ragazze di
scendere. Aprì la sua porta e fece per scendere a sua volta. «Non ti starai dimenticando di qualcuno?» Si lamentò Carlos,
rimasto ancora seduto in ultima fila. «Oh! Mi scusi… signorino.» L'uomo premette i pulsanti per riaprire la porta e attivare il
sistema di sollevamento del sedile posteriore, permettendo al ragazzo di uscire. «Ora, se volete seguirmi…» Li invitò a
seguirlo. Dopo una breve camminata, giunsero di fronte ad un ampio portone in legno. L'uomo suonò il videocitofono, non
appena giunto di fronte al portone. «Signorina Asami. Sono arrivati i suoi ospiti.» Poco dopo un rumore elettrico un rumore
elettrico segnalò l'avvenuta apertura del portone.
Pastor si aspettava di incontrare Valtteri, il maggiordomo, per cui rimase alquanto sorpreso, ritrovandosi davanti Asami. «Oh! Salve, signorina. Sono sorpreso… mi sarei aspettato di trovarla…» L'autista si mostrò parecchio sorpreso. «Abbiamo
chiesto a Valtteri di prendersi la settimana libera. Per questa settimana posso sopravvivere anche solo con Adrian, che si
occupa della cucina.» Rispose la ragazza. «Capisco, signorina. La lascio ai suoi ospiti, allora.» L'uomo si congedò con i suoi
passeggeri e poi con Asami, quindi tornò al suo minivan, per andare a prendere le amiche di Asami. Un'altro viaggio, lungo almeno quanto il precedente, poi, finalmente, il meritato riposo.
«Entrate pure!» Li invitò Asami, mentre si scostava leggermente, per farli passare. Dall'ampio ingresso, era possibile intravedere un pavimento in marmo pregiato e dei mobili in legno scuro. Dal soffitto pendevano dei lampadari, anch'essi dall'aria piuttosto costosa.
Su uno di essi era posata la foto di una donna bellissima, con dei grandi occhi verdi e lunghi capelli neri. Aveva un fisico slanciato e sembrava essere piuttosto alta. Indossava un abito elegante che le sembrava cucito addosso.
Nessuno se la sentì di fare domande su chi fosse quella donna, anche perché la risposta era piuttosto evidente.
«Oh! Sono così contenta del fatto che abbiate accettato il mio invito! Senza mio padre in mezzo ai piedi e senza una guardia che mi è costantemente con il fiato sul collo, possiamo anche stare un po' tranquilli. Cosa ne dite, vi faccio fare un giro di casa?» Propose la ragazza. «Oh! Ma certo! Ne saremo entusiasti!» Rispose Carlos.
Per via del grande entusiasmo del giovane, Ash e le ragazze si trovarono costretti a visitare quella gigantesca abitazione, ricolma di stanze, tutte enormi, e tutte arredate con dei mobili estremamente costosi.
Terminato il lungo giro di quell'abitazione, che sembrava interminabile, finalmente i cinque giunsero in salotto. Come il resto delle stanze, anche quella stanza era arredata con dei mobili costosi, a partire dagli ampi divani, in finta pelle, simile a quella dei sedili del minivan, alle librerie, in legno pregiato, passando per i tavolini da caffè, il biocaminetto e l'enorme televisore a schermo piatto.
«Tra non molto dovrebbero arrivare anche le mie amiche, mi perdonerete se vi lascio un pochino da soli.» La ragazza si scusò in anticipo, con un inchino.«Non fa nulla, figurati!» Le rispose Carlos.
Serena e Anita si scambiarono un rapido sguardo d'intesa, la situazione era ben peggiore di quanto potessero immaginare.
Pochi istanti dopo, qualcuno suonò al citofono. Dal momento che il sistema era centralizzato e collegato direttamente al telefono di Asami, per la ragazza fu sufficiente guardare chi si trovava davanti alla telecamera e, per decidere se aprire o se far intervenire le guardie di sicurezza. Beh, solitamente se qualcuno arrivava all'ingresso, non vi era motivo di preoccuparsi, e questo era il caso.
Accanto a Pastor, il suo autista, vi erano tre ragazze. Una di loro aveva i capelli castani lunghi fino alle spalle, degli occhiali da sole di una nota marca di lusso, degli orecchini costosi.
Indossava una maglietta nera con stampato il marchio "Mistral" in bianco, su sfondo rosso e una gonna rossa a quadri. Indossava delle scarpe eleganti e delle calze che le arrivavano fino al ginocchio. Tra le tre ragazze era quella con la carnagione un po' più scura. Come le altre sue amiche poteva avere al massimo diciott'anni.
La seconda era bionda e aveva gli occhi verdi, come smeraldi. I suoi capelli, contrariamente all'amica, erano piuttosto lunghi, come quelli di Asami.
Indossava una camicia bianca e azzurra, dei pantaloni eleganti in tessuto liscio e delle scarpe eleganti.
La terza ragazza aveva i capelli di uno strano colore, tendente al grigio, ancora più lunghi dell'altra. Erano tenuti stretti da un grosso fiocco rosso. Come la prima indossava degli occhiali da sole di una marca costosa.
Indossava un top rosso con dei bottoni che sembrava essere una camica e una minigonna blu. Indossava delle scarpe un po' più sportive delle altre due.
Appena aperta la porta, Asami si allontanò dal salotto, per accompagnare le sue amiche. Fino a quando quest'ultima non le aveva raggiunte, Pastor era rimasto con loro. Appena l'autista incrociò lo sguardo con la padrona di casa, si defilò.
Senza dire una parola, Asami accompagnò le amiche in salotto.
«Mi chiedo come mai ci hai chiesto di venire qui con così tanta urgenza. Non ci hai detto nulla… solo di venire da te appena possibile.» Chiese la bionda.
«Vedrete… vedrete.» La ragazza cercò di non rovinare la sorpresa alle sue amiche. Era riuscita ad essere criptica nel messaggio che aveva inviato loro e voleva continuare ad esserlo.
Dopo averle condotte nel salotto, le amiche di Asami assunsero un'espressione piuttosto sconvolta. «Ma loro… loro sono…» Intervenne la ragazza con il grosso fiocco. «Degli Allenatori!» La castana anticipò l'amica. «Ma tuo padre non ti aveva proibito di frequentareli? Anche i nostri genitori hanno fatto lo stesso. Come farai con tuo padre? E con gli inservienti?» Chiese la bionda. «Non preoccuparti. Ho chiesto a tutti di non dire nulla. Mi hanno promesso che avrebbero tenuto le bocche cucite.» Le rispose Asami. «A proposito… non pensate che sia un po' scortese non presentarsi davanti ai nostri ospiti?» Propose Asami. Le ragazze fecero dei passi avanti, in direzione dei quattro.
«E così, voi siete degli Allenatori?» Chiese la castana. «Sapete? Io non ne ho mai incontrato uno prima d'ora… oh! Che sbadata! Io mi chiamo Sorya.» Si presentò la bionda, mostrando più coraggio delle altre due amiche. La ragazza porse la mano ad Ash. «Io mi chiamo Ash e lui è il mio amico Pikachu.» Il nativo di Kanto si presentò per primo. «Pika-Pikachu!» Si presentò il Pokémon Topo, facendo fare un passo indietro alle tre amiche di Asami, che mai prima d'ora avevano avuto un contatto così vicino con un Pokémon. «Piacere di conoscerti! Io mi chiamo Serena.» Si presentò la nativa di Kalos. «P… piacere… io sono Anita…» Si presentò la giovane Allenatrice. «Io, invece sono Carlos.» Si presentò l'ultimo. Poco dopo si presentarono anche le altre due ragazze. La castana si chiamava Magali, mentre la ragazza con il grosso fiocco, invece, si chiamava Kelly.
«E così… voi siete degli Allenatori?» Chiese Magali. «Quindi… di preciso cosa fate… oltre a far lottare i Pokémon? Dico.» «Quella è solo una piccola parte.» Le rispose Ash. «Non che le lotte siano importanti o altro. Anzi. Sono fantastiche. E il solo modo per capirlo è provare. Diventare Allenatori è anche viaggiare per il mondo. Conosci delle persone e dei Pokémon che altrimenti non conosceresti. E crei con loro dei legami che ti porti dietro per tutta la vita. E non dimentichiamo che visiti dei luoghi spettacolari, che altrimenti non visiteresti mai.» Ash cercò di riassumere. «Ma le lotte non sono il solo
motivo per cui partire per un viaggio.» Aggiunse poco dopo. «Per esempio io partecipo ai Varietà Pokémon, o alle gare Pokémon» Iniziò Serena, facendo incuriosire le amiche di Asami. «Sarebbero?» Chieserlo le tre ragazze, piuttosto
incuriosite. «Degli spettacoli incentrati sui Pokémon davanti a centinaia di persone. Sono spettacoli divisi in due fasi. Nella
prima affrontiamo una sfida a tema, come per esempio dei quiz sui Pokémon o delle gare di acconciatura, delle gare in cui prepariamo dei PokéBigé o cose simili. Nella seconda fase cerchiamo combinazioni di mosse e di passi di danza. Mentre
nelle Gare lo scopo è quello di esaltare la bellezza delle mosse e dei Pokémon, anche nelle lotte…» Cercò di spiegare la nativa di Kalos.
«Sembra interessante…» Rispose la bionda. «Ma sembra altrettanto faticoso.» Aggiunse poco dopo. «Regalare un sorriso a
chi ti guarda esibirti, magari delle persone che stanno passando un momento difficile o qualsiasi altra cosa, ti ripaga da ogni
fatica.» Rispose la nativa di Kalos. «Un po' come quando mio padre da dei bonus in busta paga ai dipendenti. Anche loro
sorridono quando guadagnano qualcosa di più. Anche se per farlo devono lavorare parecchio duramente.» Rispose Asami. «Beh… più o meno…» Rispose la nativa di Kalos, in leggero imbarazzo.
«La cosa più bella del diventare Allenatori è che chiunque può diventarlo. Chiunque può puntare in alto e ottenere qualsiasi
risultato. Nessuno ti giudica per quello che sei o simili. Partiamo tutti da zero. Io e Pikachu siamo partiti da Biancavilla, una
cittadina nella regione di Kanto… allora non andavamo per nulla d'accordo… ora, invece, siamo inseparabili.» Iniziò a
raccontare. «Come per il Torneo Mondiale per l'Incoronazione, di cui siamo i campioni in carica. Tutti partono da zero… dalla classe base, e poi, vincendo si arriva sempre più in alto. Anche se prima di arrivare lì, ne abbiamo fatta di strada…»
Ash raccontò la sua storia, da quando era partito nel suo primo viaggio per la regione di Kanto, al fianco di due Allenatori molto più esperti di lui, a quanto lui stesso sia diventato il punto di riferimento del gruppo. Parlando anche di come sia diventato Campione del Mondo insieme ai suoi Pokémon e di come mai abbia deciso di affrontare il viaggio per realizzare il suo sogno. «Sembra davvero faticoso!» Commentò la castana. «In realtà, quando passi il tempo con gli amici e
ti diverti, non pensi alla fatica.» Le rispose Ash. «Dici?» Gli chiese la ragazza con il grosso fiocco. «Il solo modo per
capirlo, è provarlo.» Le rispose.
Asami decise di alleggerire un po' la situazione: «Solitamente di queste cose se ne occupa il personale, ma vorrei che la cosa fosse il più informale possibile. Per cui… abbiate un po' di pazienza, che me ne occupo io.» Esordì la giovane. «Volete qualcosa da mangiare?» Propose. «Oh! Ma certo! Ci mancherebbe!» Le rispose Carlos. «Se vuoi posso darti una mano a portare le cose.» Si propose. «Molto gentile da parte tua.» Le rispose la ragazza. «Andiamo.» Lo invitò.
I due raggiunsero rapidamente la cucina, il regno di Adrian, il cuoco. Se solo ci fosse stato. A quell'ora, di solito andava in
negozio a rifornire la dispensa di cibo. Naturalmente la ragazza lo aveva avvisato della presenza di ospiti e del fatto che questi ultimi avessero dei gusti più semplici e meno raffinati.
Prima di invitare i ragazzi conosciuti il giorno prima e le sue amiche, aveva ordinato dei dolci da una pasticceria della città.
Inoltre aveva anche fatto recapitare delle bibite di vario tipo. Una sorta di merenda di metà mattino.
Dopo aver mangiato, venne, finalmente il momento per Ash e per i suoi amici, svelare il reale motivo per cui avevano accettato di venire da lei.
Fra una chiacchiera e l'altra, Carlos, finalmente, trovò il modo di introdurre il suo discorso. «Stavo pensando ad una cosa…» Esordì, mentre finiva di mangiare una ciambella doppia. «Visto che nessuna di voi è un'allenatrice vedere lottare un Allenatore come Ash, che è il Campione del Mondo, potrebbe farvi pensare che le lotte siano qualcosa di elitario, mentre se a lottare è qualcuno con un po' meno d'esperienza, è il modo migliore per avvicinarsi alle Lotte.» Aggiunse poco dopo. Le sue parole avevano una chiara intenzione, che non sfuggì affatto agli occhi delle ragazze.
Terminata la merenda, Asami espose il più grande problema, in quel momento: «Purtroppo qui in casa non abbiamo un campo lotta o altro del genere. E, qui siamo piuttosto lontani dalla città.» Ash le fece cenno di non preoccuparsi: «In viaggio non hai sempre a disposizione un vero e proprio campo… basta anche uno spazio aperto abbastanza grande e che non ci siano oggetti che possano rovinarsi.» Spiegò. «Abbiamo lottato nei boschi, in riva ai laghi e tanto altro. Immagino che in questa casa ci sia un cortile o qualcosa di simile…» La padrona di casa si alzò e invitò gli altri a seguirla. «Beh.. Si, in effetti abbiamo un piccolo cortile. Potrebbe andare bene, se, come dici basta che sia uno spazio aperto.» In alcuni minuti, il gruppo raggiunse, il "piccolo" cortile. Una superficie estremamente ampia, realizzata con delle ampie lastre antiscivolo.
Sebbene fosse abbastanza normale che un cortile fosse realizzato in quel modo, questo rovinò i piani di Anita, che lottando con Herdier, non avrebbe potuto usare Fossa. Ormai aveva imparato ad usarla come strategia evasiva, per quanto fosse semplice e facilmente contrastabile, era pur sempre la sua prima vera e propria strategia. Ma, d'altra parte, non voleva deludere l'amico facendo lottare un altro Pokémon.
«Visto che questa è la prima volta che assisterete ad una lotta, vi consiglio di prestare attenzione.» Carlos cercò di richiamare l'attenzione di Asami e delle sue amiche, che si erano sedute su di una panchina-altalena. Intorno all'ampio cortile non mancavano piante di ogni specie e decorazioni da giardino di vario tipo. «Certo che chi si occupa di questo posto ha proprio un bel lavoro da fare.» Commentò Ash, osservando quello che, secondo gli standard di Asami, era un piccolo cortile.
Poco dopo si accomodò, accanto a Serena in una delle panchine-altalena sul lato di quel cortile. Pikachu si era invece accomodato sulle sue gambe.
«Questo è un incontro dimostrativo, per cui non è necessario che qualcuno arbitri la lotta.» Spiegò Carlos, mentre mandava in campo il suo Houndour. Anita, come pianificato, mandò in campo la sua Herdier. «Possiamo cominciare!» Carlos prese l'iniziativa, lasciando di sorpresa Anita, che quasi non aveva fatto in tempo a posizionarsi dal suo lato del campo improvvisato. «Fai pure tu la prima mossa.» La invitò.
«Proviamoci, allora. Herdier! Usa Azione!» Ordinò la ragazza. La Pokémon fedeltà si mise a correre contro il suo avversario, pronta a colpirlo. «Houndour! Cerca di schivare e poi attacca con Braciere!» Il Pokémon Buio si scostò poco prima di venir colpito dalla sua avversaria, mentre dalla sua bocca usciva una piccola fiammata, in direzione della sua avversaria.
«Cerca di schivare!» Ordinò la ragazza. La Pokémon si spostò rapidamente, evitando il colpo avversario. Il primo turno della lotta era terminato con un nulla di fatto.
«Ma quindi? Le lotte Pokémon sono un cercare di evitare gli attacchi degli avversari?» Chiese la bionda. «Niente affatto!» Rispose l'Allenatore di Houndour. «Usa Rogodenti!» Ordinò il ragazzo.
La bocca del Pokémon Buio si rivestì di fiamme, mentre si avvicinava con grande rapidità alla sua avversaria. «Herdier! Usa Azione!» Ordinò la ragazza. La Pokémon si mise a correre in direzione dell'avversario, mentre veniva avvolta da un'aura rosata. «Ma questa non è Azione!» Commentò Ash, mentre richiamava alla memoria l'ultima volta che aveva visto usare una mossa del genere. Fino a quando non si ricordò dell'Herdier di Aloé. «Ma certo!» Il tono del Campione del Mondo era quello di qualcuno che aveva fatto una scoperta estremamente importante. «Quella mossa è Carineria. È una mossa di tipo Folletto molto potente.» Spiegò all'amica.
Nel mentre i due Pokémon erano venuti al contatto, con Houndour che venne sbalzato in aria dalla violenza dell'impatto. «Usa Braciere, ora che sei in alto!» Ordinò Carlos.
Dalla bocca del Pokémon Buio scaturì nuovamente una debole fiammata, puntata verso il terreno, che, sfortunatamente, non riuscì nell'intento di colpire l'avversaria. «Aspetta che atterri e usa Carineria!» Ordinò Anita.
Pochi istanti dopo, il Pokémon Buio atterrò, proprio a pochi metri dall'avversaria. «Usa Braciere!» Ordinò Carlos. La debole fiammata uscita dalla bocca del Pokémon si schiantò contro l'avversaria, non causandole particolari problemi, e permettendole comunque di portare a termine il suo attacco, scaraventandolo sul lato opposto di quel cortile.
«Houndour!» Il tono di Carlos sembrava piuttosto preoccupato. Poco dopo si girò in direzione del suo Pokémon. Era riverso a terra, privo di sensi. Il ragazzo si avvicinò al cagnolino Fuoco/Buio. Appena arrivato, il Pokémon cercò di rimettersi in piedi, per avvicinarsi all'Allenatore. «Meglio non fare sforzi, riposati un po'!» Il ragazzo fece rientrare il suo Pokémon nella
Poké Ball, seguito, poco dopo da Anita, che fece lo stesso con Herdier.
«E così questa sarebbe una lotta Pokémon? Non mi sembra nulla di poi così entusiasmante.» Commentò la ragazza con il grosso fiocco. «Nulla che valga la pena.» Si aggiunse la bionda. «Forse sarebbe stato meglio far fare questa dimostrazione ad Ash.» Commentò Carlos, in tono affranto. «Io, invece l'ho trovato piuttosto affascinante! Se non fosse per mio padre…» Asami andò contro l'opinione delle sue amiche, facendo sorridere Carlos.
Poco dopo, la padrona di casa diede uno sguardo al suo telefono. «Oh! È quasi ora di pranzo.» La ragazza richiamò l'attenzione di tutti. «Cosa ne dite? Restate qui a mangiare?» Propose. Tutti accettarono senza riserve, dopotutto rifiutare un così gentile non era di sicuro una buona idea.
Il gruppo, grazie alla guida di Asami, raggiunse la sala da pranzo. La tavola era già stata apparecchiata per tutti. Il personale
di casa non aveva pensato ai Pokémon, ma non era un problema.
Conoscendo la situazione di Asami, i quattro avevano portato con loro delle ciotole e del cibo per Pokémon. Almeno per pranzo erano a posto.
Dopo il pranzo che, fortunatamente, rientrava di più negli standard di Ash e dei suoi amici. Erano dei piatti che, già dall'aspetto e dagli odori, apparivano piuttosto familiari.
«Ho notato le vostre reazioni l'altro giorno, per questo ho chiesto ad Adrian, lo chef, di preparare qualcosa di un po' più semplice. E sembra che abbia mantenuto la promessa.» Spiegò Asami.
Mentre nella mega villa della famiglia Amon si consumava il pranzo, il signor Hiroshi, era partito per il suo viaggio già da
diverse ore. Se tutto fosse andato secondo i suoi piani, sarebbe già dovuto essere a bordo del suo aereo privato, probabilmente già a qualche migliaio di metri di quota. Tuttavia, un piccolo imprevisto fece fare marcia indietro al magnate.
All'uscita della città, l'uomo incontrò una lunga fila di pick up neri, con le insegne del Team Plasma. Tutti si stavano dirigendo verso una sola direzione, una stretta strada di campagna.
L'uomo, che ben conosceva quel che era accaduto al torneo di Zefiropoli, sponsorizzato dalla sua azienda, voleva fare
chiarezza. Appena possibile, l'uomo fece inversione e si diresse verso la stazione di polizia. Questo avrebbe voluto dire ritardare un po' la sua partenza, se questo avesse fatto bene alla sua immagine.
Arrivò al commissariato di polizia, un edificio storico della città, nel minor tempo possibile. Appena arrivato e sceso dalla sua auto, venne immediatamente accolto da una delle poliziotte, che prestava servizio lì.
«Oh! Salve signor Amon!» l'Agente salutò il magnate, appena lo incontrò. «Salve signorina.» L'uomo salutò l'Agente a sua volta. «Cosa la porta qui, signore?» Chiese la donna.
Per la poliziotta era abbastanza strano che uno dei cittadini più ricchi della regione, se non il più ricco, si recasse di persona per sbrigare delle questioni del genere.
«Come sa, la mia azienda ha sponsorizzato il Torneo a doppi incontri di Zefiropoli, come da diciotto anni a questa parte. E, come è noto a tutti, l'ultima edizione del Torneo è stata funestata da un attacco del Team Plasma.» Spiegò l'uomo. «Signore, so bene cosa sia successo. Sarebbe potuto essere un disastro, ma si è riuscito a limitare i danni, per quanto una persona sia stata rapita.» Rispose l'Agente. L'uomo cercò di mostrarsi quanto più dispiaciuto possibile. «Spero che quella ragazza stia bene e che sia tornata a casa sana e salva.» Rispose. «Purtroppo non abbiamo notizie.» L'uomo assunse un'espressione preoccupata. «In ogni caso, sono venuto qui proprio per il Team Plasma.» Iniziò a spiegare l'uomo, catturando completamente l'attenzione dell'Agente. «Dica pure, signor Amon. Qualsiasi informazione può essere utile a sconfiggere il Team Plasma.» Rispose l'Agente. «Mentre uscivo dalla città, per via Rossa, ho visto diversi mezzi del Team Plasma, erano dei Pick up neri, di una nostra azienda concorrente, la Mayen, che si erano diretti tutti verso una strada secondaria. Non so come si chiami la via, ma era la sola strada asfaltata a cui si può accedere da Via Rossa.» Spiegò l'uomo. «Interessante…» Rispose la poliziotta. «Quanti mezzi?» Chiese poco dopo. «Erano almeno una decina e sembravano carichi di merce. Era coperta da dei teli, quindi non so cosa ci fosse di preciso dentro.» Spiegò. «Purtroppo non ho altre informazioni.» Aggiunse poco dopo. «Va benissimo così, signor Amon. Il suo contributo potrebbe essere fondamentale per sconfiggere il Team Plasma.» Lo ringraziò l'Agente. «Arrivederci, signorina!» L'uomo se ne andò immediatamente, dopo aver registrato la sua denuncia. Non attese nemmeno di ritirare il documento che attestava la sua presenza lì. Sembrava avesse molta fretta.
La testimonianza del magnate passò immediatamente per le mani di altre Agenti, nella sala dedicata alle riunioni. In sala le stesse Agenti che il giorno prima avevano autorizzato la fallimentare operazione al CEA. «Ragazze…» Esordì una delle poliziotte. «Abbiamo di nuovo a che fare con il Team Plasma. Questa volta la testimonianza è del signor Amon, il capo dell'omonima azienda.» L'agente che aveva raccolto la denuncia iniziò a spiegare la situazione alle colleghe. «Dice di aver visto diversi mezzi con i loghi del Team Plasma andare verso una strada di campagna all'uscita di Via Rossa. Erano carichi di merce, ma, dato che era coperta da dei teli, non è riuscito ad identificarla. Ha detto anche che non è difficile capire quale sia la strada che hanno preso, perché è la sola strada asfaltata secondaria.» Spiegò. «Per certi versi è molto più dettagliata della testimonianza anonima al CEA, ma non possiamo rischiare un secondo fallimento.» Rispose una collega. «Trattandosi sempre del Team Plasma, interverrà il Nucleo Specialistico.» La prima poliziotta iniziò a pianificare. «Non possiamo permettere che facciano irruzione, come l'altra volta. Dobbiamo anzitutto scoprire di più sulla posizione di quell'edificio e agire di conseguenza.» Si intromise una terza poliziotta. «Intanto sappiamo dove operano e abbiamo una testimonianza più consistente.» Ribatté la prima. «Per cui, la prima cosa da fare è scoprire se questo edificio esiste realmente e a chi appartiene. Non siamo state in grado di scoprire a chi apparteneva l'edificio al CEA, ma magari, in questo caso, saremo più fortunate.» Spiegò. «Intanto, vediamo un po' di capire dove si trova questo edificio…» L'Agente aprì il suo computer portatile e, dopo che quest'ultimo completò le procedure di avvio, aprì il programma dedicato alle mappe. Contrariamente ai programmi civili, quello ad uso militare era continuamente aggiornato.
Partendo da via Rossa, alla poliziotta non le ci volle molto tempo prima di trovare la strada di cui parlava l'uomo. Percorrendola, sia pure in maniera virtuale, le poliziotte, scoprirono la presenza di un ampio edificio prefabbricato, dall'aria anonima. Presentava degli ampi finestroni e alcune serrande. Nel momento in cui erano state scattate le foto, appena qualche giorno prima, l'edificio era completamente chiuso.
«Ora che sappiamo che l'edificio esiste, dobbiamo scoprire a chi appartiene, e quindi indagare sull'effettiva presenza del Team Plasma.» Spiegò la prima.
Nel mentre, il gruppo aveva finito di pranzare, e il personale aveva iniziato a sparecchiare la tavola. «Cosa ne pensate? Andiamo a guardare un film?» Propose Asami, incontrando il favore di tutti.
La ragazza accompagnò il gruppo nell'home theater della casa. Un'enorme stanza con numerose poltrone scure in finta pelle, dispose come se fossero in un cinema, in modo da permettere anche a chi si trovava più in fondo di vedere lo schermo. Un potente proiettore era agganciato al soffitto. Appena Asami prese un telecomando dalla parete e premette un
pulsante. Il proiettore si accese mostrando l'immagine di default sull'ampio telo bianco in fondo alla stanza. Ash, dando un rapido sguardo alla stanza, notò la presenza di numerose casse, posizionate in punti strategici, per permettere un maggior
coinvolgimento anche da quel punto di vista.
«Abbiamo tantissimi film tra cui scegliere…» La ragazza mostrò ai presenti una schermata con una lunga serie di titoli di film. Ash non ne conosceva neppure uno. «Abbiamo anche la macchina dei popcorn, se ne volete, servitevi pure.» Propose
la padrona di casa, incontrando il favore di Ash.
Le due ore successive, per Ash, Pikachu e Carlos furono un'autentica tortura. Il film era il tipico film romantico che come protagonista aveva la solita ragazza sfortunata e maldestra innamorata del ragazzo più bello della scuola, il capitano della squadra sportiva, che si tratti di calcio, di rugby o di altro, poco importava. Nel caso specifico di quel film, si trattava di rugby. Durante il corso del film, alla ragazza capitarono diverse disavventure, ma, alla fine del film, la ragazza riusciva a fidanzarsi con il detto ragazzo, scatenando reazioni commosse da parte delle ragazze e totale disinteresse da parte dei ragazzi, che si erano addormentati all'incirca ad un quarto del film.
«Pensavo ad una cosa…» Propose Serena. «Visto che prima Carlos e Anita hanno fatto una dimostrazione di una lotta, cosa
ne pensate se io e la mia squadra diamo una dimostrazione di un'esibizione, come se fossimo nella seconda fase del
Varietà.» Propose la nativa di Kalos. «Si, mi piacerebbe molto vedere un'esibizione, soprattutto di una professionista
come te.» Dalle parole di Asami traspariva una grande ammirazione. La ragazza guidò nuovamente il gruppo verso lo stesso cortile dove Anita e Carlos avevano dato la loro dimostrazione di una lotta.
Come in precedenza, tutti coloro che non erano coinvolti nella dimostrazione, si sedettero nelle panchine sospese. «Sono sicuro che la sua esibizione vi piacerà.» Ash anticipò l'esibizione dell'amica.
Non potendo usare mosse come Pietrataglio, Serena decise di non far partecipare Pancham alla sua esibizione, limitandosi a Delphox e Sylveon. Le sarebbe piaciuto far debuttare Lilligant, ma temeva che la Pokémon potesse aver paura, davanti a un gruppo di persone abbastanza nutrito. La ragazza mandò in campo le due Pokémon, compiendo un piccolo passo di danza nel farlo. Dalle due Poké Ball uscirono la sua Delphox e la sua Sylveon.
«Delphox è l'evoluzione di Fennekin, uno dei Pokémon che vengono donati ai nuovi Allenatori nella regione di Kalos. Mentre Sylveon è una delle otto evoluzioni di Eevee, un Pokémon molto speciale che è in grado di evolversi in Pokémon diversi.» Spiegò Carlos, mentre mostrava ad Asami e alle sue amiche le descrizioni Pokédex delle due Pokémon.
«Quindi Eevee si evolve in Sylveon solo quando sviluppa un forte legame con l'Allenatore?» Chiese Asami. «Davvero affascinante!» Commentò.
Nel mentre la ragazza aveva dato un rapido sguardo al gruppetto di spettatori. Comprendendo di avere la loro attenzione, diede il via alla sua performance.
«Possiamo iniziare! Delphox! Uaa Introforza! Sylveon! Usa Comete!» Ordinò la ragazza. La Pokémon Volpe generò dal suo bastone delle sfere di energia dal colore bluastro lanciandole in aria. Pochi istanti dopo, la Pokémon Legame spiccò un salto e generò dei raggi di energia a forma di stella, dal colore dorato, che si unirono alle sfere di energia lanciate da Delphox. «Delphox usa Fuocobomba!» Ordinò poco dopo. La Pokémon generò una gigantesca stella di fuoco che andò ad inglobare i due attacchi lanciati in precedenza. «Delphox, usa Psicoraggio!» Ordinò poco dopo. Dal bastone della Volpe si generò un raggio di energia dal colore violaceo che colpì la stella di fuoco, rimbalzando contro le sfere di energia e le stelle lanciate da Sylveon. «Chiudiamola qui! Sylveon! Usa Vento di Fata!» La Pokémon Legame generò una potente corrente d'aria che investì la composizione creata in precedenza, facendola esplodere in una gran serie di scintille e polvere colorata.
La ragazza concluse la sua esibizione con un inchino.
«Davvero meraviglioso!» Commentò Asami. «Mi chiedo quanto lavoro ci sia dietro questa esibizione.» Aggiunse poco dopo. «Vedo che avete apprezzato la nostra esibizione. Questo ripaga tutto il nostro lavoro.» Le rispose la nativa di Kalos.
Terminata l'esibizione dell'esperta Performer, le amiche di Asami se ne andarono, salutando la ragazza e i suoi ospiti. Appena fu certa del fatto che le ragazze fossero state prese in custodia da Pastor, la ragazza si rivolse ai suoi ospiti. «Dovete perdonarle. Loro non sono molto avvezze a queste cose. Io trovo queste cose estremamente affascinanti e pensavo che anche a loro potesse interessare.» Si scusò la ragazza, con un piccolo inchino. «Non fa nulla.» Le rispose Ash. «Forse, per loro, vedere non basta e, non potendo lottare o esibirsi, non possono provarlo di persona...» Alcuni istanti dopo, qualcuno suonò di nuovo al citofono. Era Kelly. Senza dire una parola, Asami aprì la porta, permettendo all'amica di rientrare. Rapidamente la ragazza raggiunse l'amica e i suoi ospiti. «Perdonami se ti ho detto che me ne sarai andata e ora sono tornata di nuovo, ma… ora che non ci sono né Sorya né Magali, posso dire quello che davvero penso. Con loro temevo di essere esclusa. Ma la verità è che come te, anche io ho trovato le lotte e le esibizioni estremamente affascinanti. Solo che non ho il coraggio di oppormi ai miei genitori e diventare un'Allenatrice. Per te è anche più difficile. Tuo padre controlla ogni tuo singolo movimento con delle guardie. I miei non arrivano a tanto, ma vogliono che torni sempre a casa la sera e pensano che i Pokémon siano pericolosi… ma i vostri mi sono sembrati tutti amichevoli e così ho pensato che, forse i miei si sbagliavano.» La ragazza cercò di scusarsi. «Forse un giorno troverò il coraggio. Magari ci riuscirai anche te. E allora viaggeremo insieme e saremo una coppia imbattibile, affronteremo insieme ogni ostacolo e saremo imbattibili.» Kelly guardò Asami con occhi sognanti. «Vedrai che anche tu, un giorno diventerai un'Allenatrice. E farai ricredere i tuoi genitori sui Pokémon.» La incoraggiò Ash. «Lo spero. Ora però devo andare. Si staranno chiedendo che fine ho fatto. Ci vediamo!» La ragazza con il grosso fiocco si congedò con il gruppo, tornando al mezzo, per essere riaccompagnata a casa.
«Perdonami se sono indiscreto, ma come mai tuo padre non vuole farti diventare Allenatrice?» Le chiese Carlos, rompendo il silenzio. La padrona di casa si sedette sul divano e fece cenno ai suoi ospiti di fare altrettanto. «Vedete… mio padre, come anche i genitori di Kelly, è un tipo protettivo, ma dopo quello che è successo alla mamma… è diventata un'ossessione.» la padrona di casa iniziò il suo racconto. «Mia mamma è morta quando avevo quattro anni. Si chiamava Kara. Per cui non l'ho potuta conoscere molto. Quasi tutto quello che so su di lei, lo so grazie a mio padre.
La mamma era una vera avventuriera, una persona che aveva dedicato la sua vita a prendersi cura dei Pokémon, ma non voleva restare ferma in un solo posto. Voleva viaggiare ovunque e prendersi cura dei Pokémon. Ovunque. Non importava quanto fossero grandi o quanto potessero essere pericolosi. Lei era sempre in prima linea per curarli. Non era un'Allenatrice. Si preoccupava solamente del fatto che stessero bene. Molto spesso, i Pokémon di cui si prendeva cura erano stati vittima di persone senza scrupoli, che tentavano di catturarli, per fare soldi. Spesso non riuscivano nel loro intento e li abbandonavano, lasciandoli feriti, anche in maniera grave. Divenne famosa per come riusciva, con le sue competenze, a salvare anche dei casi che molti davano per impossibili.» I quattro sembravano estremamente interessati dalla sua storia. «Lei aveva deciso di non diventare Allenatrice, dopo quello che era successo ai suoi genitori, i miei nonni materni. Morirono quando lei aveva quindici anni, in un incidente aereo. I loro Pokémon vennero affidati ad un'agenzia specializzata, in modo che potessero essere dati in adozione a degli Allenatori. Lei ancora era troppo piccola per diventare un'Allenatrice. E questo la fece desistere dal diventarlo, facendole desiderare più di ogni altra cosa di occuparsi dei
Pokémon, in particolare di quelli che non avevano un Allenatore. In pochi anni divenne immediatamente famosa per questo, ogni tanto partecipava a delle cerimonie in cui veniva premiata per il suo impegno. In una di esse lei e mio padre si conobbero. Mio padre non era ancora a capo della Amon. Ma non è molto importante. Dopo i primi incontri in questo tipo di occasioni, iniziarono anche a vedersi in occasioni più informali. Ma non è molto importante. Anche quando si fidanzarono e quando si sposarono, la mamma continuava, per quanto possibile, ad occuparsi dei Pokémon selvatici feriti. Mio padre mi ha raccontato che fece lo stesso anche quando era incinta di me, prima che i medici glielo impedissero. Riprese quasi completamente le sue attività quando ero piuttosto piccola, stando a quello che diceva mio padre, mi portava all'asilo nido.
Nel frattempo, il nonno ormai pensava di essere troppo aniziano per continuare a guidare l'azienda, così passò il testimone a mio padre, suo figlio più grande. Il nonno aveva già iniziato a sponsorizzare diversi eventi e diversi tornei, così mio padre decise di continuare la sua opera. Tutto andava per il meglio, fino a quando, in una delle tante missioni, la mamma non si
imbatté in un grosso Pokémon selvatico. Da come lo descriveva mio padre, era rosso e molto aggressivo. Era stato
gravemente ferito da delle persone e… lei tentò di aiutarlo.» Gli occhi della ragazza iniziarono a riempirsi di lacrime. «Ma lui la scambiò per qualcuno che voleva aggredirlo e la attaccò. Per lei non ci fu nulla da fare. Da allora mio padre ha totalmente cambiato opinione sugli Allenatori, vietandomi di diventare un'Allenatrice e mandando delle guardie a
controllarmi in ogni momento.» Serena diede un fazzoletto alla ragazza, in modo che potesse asciugarsi le lacrime. Dopo diversi minuti, Asami si riprese un po', desiderosa di continuare a parlare, sia pure di argomenti più leggeri. «In più, mio padre ha pensato più alla sua immagine e all'immagine dell'azienda, continuando a sponsorizzare i tornei e altri eventi. Lui
dice che lo aveva fatto per mantenere l'immagine dell'azienda.» Riprese. «In effetti ricordo che, prima di ogni lotta del
torneo, veniva ripetuto di continuo che la Amon pubblicizzava il torneo.» Rispose Ash. «Per organizzare un torneo del
genere servono molti soldi, e lo stesso vale anche per i Varietà. Dopotutto se l'ingresso è libero, da qualche parte i soldi li
devono pur prendere.» Intervenì Carlos. «Vero, da quello che mi avete mostrato, sia le lotte, sia i Varietà sono davvero stupendi da guardare. Capisco come mai la gente voglia vederli. Ma, e qui vi chiedo scusa, perché non voglio sembrare come mio padre o come mio nonno, che pensano solo agli affari, ma…» «Fai pure!» a invitò Carlos. «Né i tornei né i Varietà mi sembrano un modello d'affari di successo, se hanno bisogno dei soldi degli sponsor per tirare avanti.» Serena le fece cenno di no. «Non è esattamente così. I tornei e i Varietà vengono trasmessi in televisione e via internet. E le aziende che li trasmettono devono pagare chi si occupa di organizzarli per trasmetterli. E loro stessi danno anche un compenso a noi Performer. Lo stesso accade anche per le gare.» Spiegò la nativa di Kalos. «Immagino che più voi siate famose, più il cachet, sia alto e tu, mi sembra sia una delle più famose, è così?» Chiese Asami. «Beh, diciamo che il compenso varia di più in base al prestigio del Varietà o della gara, ma anche l'esperienza conta. Per esempio, il Varietà di Austropoli è il Varietà più prestigioso di tutti, mentre la Gara Pokémon più prestigiosa è la Coppa Adriano.» Le spiegò Serena. «Lo stesso vale per i tornei. Più il torneo è prestigioso, maggiori sono le ricompense.» Spiegò Carlos. «E lì conta anche la posizione di arrivo. Più arrivi avanti, maggiore è il compenso. E posso solo immaginare quale sia il compenso al Torneo Mondiale…» Nel mentre, Serena aveva mostrato ad Asami il funzionamento di quelle carte. Cliccando sulla Scheda Allenatore si avviava la schermata del sistema di pagamento. Anita fece lo stesso. Contrariamente all'amica più grande, la ragazza dovette configurare l'impronta digitale. Fatto questo, la ragazza poté accedere alla stessa schermata di Serena. Giocando tra le impostazioni riuscì anche a vedere anche i due accrediti avvenuti fino a quel momento. «È per questo che pago sempre tutto io.» Ash si era stancato di sentir parlare così tanto di soldi e voleva concludere al più presto quella conversazione.
Asami, comprendendo le parole di Ash, decise di passare ad un altro argomento. «Stavo pensando… perché non passate qualche giorno qui con me? Almeno non sono da sola.» Propose. «Mi sembra un'ottima idea. Voi che dite?» Rispose Carlos. Gli altri accettarono la proposta della ragazza con meno scene. Dopotutto passare qualche giorno in una dimora così lussuosa non era una cosa che capitava tutti i giorni.
Per fortuna dei loro Pokémon, i ragazzi avevano ancora con sé una buona scorta di cibo, ma, per il giorno seguente ne dovettero ordinare dell'altro, operazione svolta in poco tempo.
Durante la cena, Asami accese la televisione, che era sintonizzata su di un canale in cui davano in continuazione programmi di storia di vario tipo, intervallati solo da un breve notiziario alle otto e mezza.
«Per cui si pensa che il Castello Sepolto, che si trova nel desert…» la voce calma e posata del narratore venne interrotta dalla musica del Telegiornale. Strano. Erano le nove. L'edizione delle otto e mezza doveva già essere stata trasmessa. Sullo schermo, dopo il logo del Telegiornale, il TG 35, dato che il canale era il trentacinquesimo, con in sovraimpressione apparve la scritta "EDIZIONE STRAORDINARIA" poco dopo, una sola giornalista, seduta alla sua scrivania aveva dei capelli biondi racchiusi in una semplice coda ed indossava un abito elegante: «Buonasera. Ci scusiamo con il pubblico per l'interruzione, ma ci vediamo costretti a trasmettere una brevissima edizione straordinaria del TG 35. LA Polizia ha infatti, appena arrestato il Capopalestra di Austropoli, Artemisio, reo di aver collaborato con il Team Plasma. Una denuncia parlava di un edificio nella periferia della città in cui si erano radunati diversi Seguaci. L'immobile risultava appartenere al Capopalestra, è stato perquisito dalle autorità e al suo interno sono stati trovati materiali con le loro insegne e progetti di dispositivi da loro utilizzati. Il Capopalestra è accusato di essere il mandante di un attentato terroristico, di un sequestro di persona e di un presunto sequestro di persona.» Spiegò la donna. «Sul posto Jean Faby.» l'immagine si spostò su di un uomo sulla quarantina, con dei capelli castani tagliati cortissimi e occhi dello stesso colore. Era vestito in giacca a cravatta e sembrava essere un professionista del settore. «Pochi minuti fa il Capopalestra Artemisio è stato arrestato, direttamente nella sua Palestra. Stava affrontando uno sfidante, in quel momento. Appena le autorità lo hanno raggiunto l'uomo non ha opposto alcun tipo di resistenza, salendo a bordo dell'auto della polizia con la tipica flemma che lo accompagna. Si attendono le sue dichiarazioni e quelle della Lega Pokémon, anche se la sospensione del suo ruolo è una certezza. A più tardi con i nuovi aggiornamenti.» L'uomo chiuse il servizio, facendo tornare la linea allo studio. «In attesa di novità concludiamo questa edizione straordinaria e riprendiamo con la programmazione regolare della rete.» Annunciò la giornalista.
«Per me Artemisio è completamente innocente!» Ash diede un sonoro pugno al tavolo.«Lui è un Capopalestra. Lui ama davvero i Pokémon. Non collaborerebbe mai con il Team Plasma.» Aggiunse. «Credi che qualcuno stia cercando di incastrarlo?» Chiese Serena, dubbiosa. «Certo. Dobbiamo solo capire chi e come mai.» Le rispose, estremamente convinto. «Per quanto ne so, non possono arrestarlo senza processo. In questo caso può restare in arresto preventivo solo per trenta giorni. Domani potresti andare parlare con lui.» Gli propose Asami. «Lo farò sicuramente.» Rispose Ash. Terminata la cena, i cinque si guardarono un film, sempre nell'home theater. Questa volta non un film romantico, ma una commedia. Almeno così i ragazzi, Pikachu compreso, non si addormentarono durante la proiezione. Terminato il film, Asami accompagnò i suoi ospiti nelle rispettive camere dedicate agli ospiti.
Il giorno seguente i cinque si alzarono alla buon'ora. L'orario di visite mattutino era piuttosto presto, per cui Ash avrebbe dovuto posticipare gli allenamenti di quella mattina.
Subito dopo colazione e dopo essersi lavato e cambiato, Ash venne immediatamente accompagnato da Pastor al carcere della città, in particolare nella sede distaccata dedicata a coloro che erano in attesa del processo.
L'edificio era anonimo e realizzato in cemento grigio. Aveva un aspetto estremamente triste e austero, ma d'altronde lo scopo di quell'edificio non era di sicuro felice.
Ash entrò da solo, percorse i pochi metri che lo separavano dall'ingresso, percorse una breve scalinata ed entrò all'interno dell'edificio. All'ingresso un'Agente seduta sulla scrivania, davanti ad un ampio schermo piatto. Sulla stessa scrivania una pila di scartoffie e un portapenne.
«Buongiorno!» Salutò Ash, appena entrato. «Buongiorno a lei.» Lo salutò l'Agente. «Immagino che lei sia qui per visitare qualcuno… è così? In tal caso l'orario delle visite inizia fra cinque minuti. Intanto possiamo proseguire con la perquisizione… faccio io o preferisci che sia un collega a farlo?» Ash rimase completamente calmo. «Faccia pure.»
Dopo una rapida perquisizione, l'agente non trovò nulla di strano. «Sei pulito. Dammi un attimo che chiamo una collega che ti accompagnerà dalla persona che stai cercando.» Pochi istanti dopo, una seconda agente, esattamente identica alla collega, sgusciò da una stanza. «Bene… quindi lo affidi a me? Ha già superato i controlli?» Chiese. «Tutto a posto.» Rispose.
«Bene… Ash…» Lo incalzò la seconda agente. «Ti accompagno nella stanza dedicata alle visite. Chi sei venuto a visitare?» Chiese. «Artemisio, il Capopalestra, dovrebbe essere qui… dopo che è stato arrestato.» Rispose Ash. «Non ti sbagli. Lo faccio venire. Intanto ti accompagno nella stanza.»
Il Campione e l'Agente percorsero diversi anditi, fino a raggiungere una stanza piuttosto piccola, con diverse telecamere e microfoni. «Non ti preoccupare. Le telecamere servono solo per evitare che i visitatori possano passare oggetti proibiti ai detenuti.» Spiegò l'Agente. Per il resto, nella stanza c'era solo un grosso tavolo in metallo e una sedia. In fondo alla stanza una seconda porta.
Pochi istanti dopo, quella porta venne aperta. Da essa sbucarono due poliziotti, entrambi uomini, che scortarono l'uomo all'interno della stanza. Era stato ammanettato, per evitare di rappresentare un pericolo. «Vedi di non sgarrare, o la tua fedina penale sarà ancora più sporca.» Lo intimò uno dei poliziotti, prima di andarsene.
Una volta che Artemisio e Ash furono "soli" il Capopalestra prese immediatamente la parola. «Ash. Mi aspettavo di sicuro una tua visita, ma non così presto.» Il Campione gli rispose, con un sorriso. «So benissimo che sei innocente e so che chi ti
ha fatto arrestare è il vero colpevole.» Il Capopalestra assunse uno sguardo triste. «Non è così semplice. Non siamo in un film del Pokéwood.» «Film o no, sono sicuro che tu sei innocente.» Gli rispose Ash. «Mi hanno incastrato in pieno. Hanno trovato tutto quel materiale in una mia proprietà. Poco importa chi l'abbia messo. Lo hanno trovato.» «Ma se non lo hai messo te. Come è finito lì dentro?» Chiese Ash. «Io, quel magazzino lo ho comprato da poco. Tu sei il Campione, lo sai. I Capopalestra devono mantenere l'ordine ed il decoro della loro Palestra. Io sono un' artista e adoro dipingere ed esporre i miei quadri, solo che la Palestra stava diventando troppo piena. Per cui rischiavo di essere sospeso o peggio. Così ho comprato un magazzino dove portare alcune delle mie opere. La mia idea era quella di aprire una mostra, o qualcosa del genere.» Spiegò. Ash aveva ascoltato la spiegazione con attenzione, non notando nulla di strano. «Avevo intenzione di mettere un sistema di allarme e di videosorveglianza e avevo valutato diverse opzioni e ne avevo ordinato uno, ma, per installarlo ci voleva del tempo e io avevo urgenza di spostare le mie opere dalla Palestra al deposito. Così ho assunto una guardia.» Ash fece un piccolo cenno con il capo senza parlare. «Io non ho nemici. Qui in città tutti mi vogliono bene. Forse solo…» Di colpo la porta da cui era entrato Ash si aprì. un'Agente entrò nella stanza. «L'orario delle visite è terminato.» Si limitò a dire, accompagnando nuovamente Ash all'ingresso. Pochi istanti dopo anche Artemisio venne riaccompagnato nella sua cella. Ricongiuntosi con l'autista, Ash tornò alla villa di Asami, potendo finalmente iniziare con gli allenamenti.
I due giorni seguenti trascorsero allo stesso modo, con degli allenamenti svolti sotto l'attento sguardo di Asami e guardando dei film con i quattro amici.
Tutto stava andando bene per i cinque, Asami, per la prima volta era anche stata in grado di avere un contatto più ravvicinato con i Pokémon arrivando anche ad accarezzarli e a giocare con loro.
Aveva tuttavia declinato le offerte da parte di Ash e Carlos di provare a lottare e da parte di Serena di tentare un'esibizione.
Durante uno degli allenamenti, il telefono di Asami squillò. Per rispetto verso la padrona di casa, Ash e Anita interruppero la lotta simulata, che, in quel momento, vedeva il Bulbasaur del ragazzo affrontare Oshawott.
Asami si allontanò il telefono dall'orecchio e coprì il microfono. «È mio padre. Ha detto che è tornato prima dal suo viaggio di lavoro, a causa di un imprevisto. Sta per arrivare qui, e… non deve sapere nulla.» Si affrettò a spiegare la ragazza, prima di riprendere la chiamata. «Scusa, dovevo dire una cosetta ad Adrian…» Asami cercò di inventarsi una scusa con suo padre. «Non è un problema. Sono pronta ad aspettarti! Ti voglio bene!» La ragazza salutò suo padre.
Immediatamente, Asami accompagnò i suoi ospiti in una delle tante stanze della casa. «Vi prego. Fate silenzio. Conosco bene mio padre. Appena arriva mi saluterà, darà un bacio alla foto della mamma e andrà nel capanno degli attrezzi a dedicarsi alla sua passione per il fai da te. Quando sarà lì potrete andare.» Spiegò la ragazza.
Ash e i suoi amici seguirono le sue istruzioni. Nel mentre, Asami scese le scale e raggiunse il padre, che nel frattempo era appena entrato in casa.
Come previsto dalla ragazza, l'uomo diede un bacio alla foto della moglie defunta, quindi si diresse dalla figlia. «Sono felice di vedere che tu stai bene… ma non mi aspettavo nulla di diverso, dopotutto un giorno dovrai gestire un colosso come la Amon. È giusto che inizi da qualcosa di più piccolo.» La salutò. «Non esageriamo… non è la prima volta che mi lasci da sola in casa.» Rispose la figlia. «Sai, anche con me, il nonno mi faceva gestire il personale, prima di farmi gestire l'azienda…» L'uomo le rispose con fare nostalgico.
«Ora però, scusami ma vorrei rilassarmi un po' con del sano fai da te. Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi.» Aggiunse poco dopo, mentre usciva dalla casa, per dirigersi in un capanno, poco lontano.
Appena il padre si allontanò, Asami si mise immediatamente in contatto con coloro che ormai poteva considerare suoi amici. Mandò loro un messaggio: "Mio padre è andato nel capanno degli attrezzi. Ora potete andare." Scrisse.
Ash e i suoi amici uscirono dalla stanza, cercando di fare il più piano possibile e si avvicinarono all'ingresso, pronti ad uscire e ad andarsene, dopo qualche giorno di bella vita.
Appena Ash e i suoi amici fecero per andarsene, qualcuno suonò al citofono più esterno. Asami diede un rapido sguardo a chi stesse citofonando. Si trattava di due Agenti Jenny ordinarie, con la loro solita divisa marrone.
«Salve, Agenti.» Le salutò Asami. «Come posso esservi utile?» Chiese. «Stiamo cercando il signor Amon. Avremo alcune domande da fargli, non è nulla di grave, sia chiaro. Vorremo solo parlare con lui, per una piccola cosa… nulla di grave.» La ragazza aprì la porta esterna senza fare altre domande.
Le due agenti, dopo aver percorcorso la lunga strada che separava il cancello d'ingresso dall'ingresso vero e proprio dell'abitazione. Le due poliziotte, giunte al vero e proprio ingresso, dovettero suonare di nuovo un videocitofono. Asami aprì di nuovo la porta, permettendo alle due poliziotte di entrare.
Le due agenti, appena entrate, non trovarono un cinquantenne dalla corporatura robusta e dai capelli brizzolati, ma una giovane ragazza dai lunghi capelli neri e dagli occhi verdi. Poco dietro di lei due ragazzi e due ragazze. Sulla spalla di uno dei ragazzi un Pikachu maschio.
«Oh! Salve! Immagino che lei sia la figlia del signor Amon…» La salutò: «Immagino che loro siano suoi amici.» La poliziotta indicò i quattro. «Non si sbaglia, Agente.» A quel punto intervenne la seconda poliziotta: «Come le abbiamo detto al citofono, vorremmo parlare con suo padre.» Asami sorrise. «Non è un problema. Dovrebbe essere nel capanno degli attrezzi. Sapete? Nel tempo libero ama dedicarsi ai lavori manuali.» Spiegò. «Allora andiamo!» La invitarono le agenti. La ragazza accompagnò le due donne senza esitare. Ash e i suoi amici rimasero lì. Era abbastanza scortese andarsene senza salutare la padrona di casa.
«Secondo voi loro sono venute qui per la storia del Team Plasma?» Chiese Carlos, rompendo il silenzio. «Non credo.» Rispose Ash. «Il signor Hiroshi non è un Allenatore ed è molto protettivo nei confronti di Asami, ma non è di certo un reato. E poi, se fosse contro gli Allenatori, non sponsorizzerebbe di certo un torneo di lotta.» Rispose Serena. «Vero, ma allora come mai sono venute qui?» Chiese Carlos. «Non saprei, avranno i loro motivi.» Rispose Ash.
Nel mentre, la ragazza aveva accompagnato le due poliziotte al capanno degli attrezzi. Era un edificio piuttosto piccolo, una
sorta di prefabbricato. Aveva un paio di finestre che permettevano un'adeguata illuminazione con della luce naturale.
La porta d'ingresso era socchiusa, permettendo alla ragazza e alle due poliziotte di entrare.
Le due donne misero mano alle loro pistole d'ordinanza, pronte a sparare, in caso di necessità. «Qui non c'è nessuno!» Si
lamentò una delle poliziotte. «Magari è in bagno. Provo a bussare.» Propose la padrona di casa, mentre bussava contro la
porta del piccolo bagno.
La ragazza si aspettava di sentire la voce del padre che si lamentava perché qualcuno lo stava cercando o qualcosa del
genere. Invece non ottenne alcuna risposta. «E allora dov'è tuo padre?» Chiese una delle due Agenti.
La stanza era perfettamente in ordine. Sulle pareti vi erano appesi tantissimi attrezzi diversi, chiavi morse, chiavi a bussola, cacciaviti, brugole, oli lubrificanti di vario tipo, su diversi banconi vi erano diversi macchinari da banco, dai torni alle smerigliatrici, passando per dei trapani e dei dremel, oltre a degli strumenti che sembravano essere usciti da un film dell'orrore, piuttosto che da un laboratorio di fai da te.
«Abbiamo saputo che era rientrato prima dal suo viaggio di lavoro. Volevamo solo fargli delle domande. Ha sporto una denuncia a riguardo del Team Plasma, ed è stata davvero utile alle nostre indagini. Magari potrebbe sapere dell'altro.» Spiegò la seconda. «Capisco. Ma non so davvero cosa dire.» La ragazza sembrò piuttosto dispiaciuta.
«Potrebbe essere andato da qualche altra parte.» Propose una delle due poliziotte. «Impossibile. Questa abitazione è
protetta da un sistema di videosorveglianza gestito da un'intelligenza artificiale. Riconosce i volti di chiunque si trovi in
tutta la proprietà. Se volete, posso avviare una ricerca e vedere se mio padre si è spostato.» La ragazza prese il suo telefono e aprì l'applicazione del sistema di videosorveglianza. Avviò immediatamente la ricerca per cercare di capire se suo padre si fosse spostato da qualche altra parte. L'esito fu chiaro sin da subito. "Nessuna corrispondenza".
«E allora dov'è finito?» Chiese una delle due poliziotte. «Questo capanno ha delle telecamere o?» Chiese la seconda Agente. «Non che io sappia. Mio padre ci tiene alla sua privacy.» Rispose la ragazza.
«Si… ma quanto ci mettono!» Carlos si stava iniziando a spazientire. «Non troveremo mai una stanza per stanotte, se continuiamo così!» Il ragazzo sembrava veramente nervoso.
«Cosa ci vuoi fare? Stanno parlando di cose molto importanti, non possiamo disturbarla.» Gli rispose Ash. «Come desideri, ma io ho un brutto presentimento.» Gli rispose Carlos. «Non trovi che sia sospetto che Artemisio sia stato arrestato e che due giorni dopo, il signor Hiroshi sia tornato dal suo viaggio di lavoro?» Chiese poco dopo, con fare da investigatore. «Poi tu sei andato a parlargli. Hai insistito tanto sulla sua innocenza.» Ash stava iniziando a perdere la pazienza. Carlos stava iniziando ad insistere un po' troppo. «E va bene! Andiamo. Ma se ci chiedono di andarcene, non insistere.» Ash cercò di accontentare l'amico.
I quattro si diressero verso il capanno degli attrezzi, dove potevano udire le due Agenti fare delle domande alla ragazza. In quel momento le stavano chiedendo come mai non fosse diventata un'Allenatrice, nonostante suo padre finanziasse i tornei di lotta e altri eventi.
Le due poliziotte rimasero sorprese dalla presenza dei quattro. Pensavano che sarebbero rimasti in casa. Ma, magari il loro contributo poteva comunque tornare utile. Non fecero nemmeno in tempo ad arrivare che subito, una delle due poliziotte iniziò a far loro delle domande: «Da quanto ho capito siete stati ospiti della signorina Amon in questi giorni… avete notato qualcosa di strano o no?» I quattro fecero cenno di no. «Tutto normale. Ci siamo allenati e Asami ha assistito ai nostri allenamenti. E poi abbiamo guardato qualche film…» Rispose Carlos, cercando di scagionare la ragazza.
«Ash! Noi due dobbiamo parlare in privato.» Una delle due agenti richiamò l'attenzione di Ash. Il ragazzo si avvicinò senza protestare. Quando i due furono vicini, l'Agente lo invitò ad uscire. Il ragazzo obbedì all'Agente, incamminandosi dietro di lei. I due uscirono dal capanno e si diressero nuovamente verso la villa, in modo da essere sicuri di essere in un luogo isolato e lontano da orecchie indiscrete.
«Finalmente possiamo parlare in pace…» L'Agente si rivolse a Ash. «Immagino che tu abbia capito chi sono. Ti starai chiedendo perché sono venuta qui.» Ash si sentì travolto dagli eventi. «Più o meno…» Abbozzò una risposta. «So che tu hai parlato con Artemisio, poco dopo che è stato arrestato. Sei riuscito a parlare con lui perfino prima del suo avvocato. Io, come te, sono convinta della sua innocenza. Puoi dirmi di cosa avete parlato?» Chiese.
«Beh, non di molto. Mi ha detto che lo hanno incastrato. Non sa chi sia stato, ma sembrerebbe che qualcuno abbia usato il suo magazzino come deposito del Team Plasma. Solo che non sa chi sia stato né perché.» Le rispose Ash. «So che tu e Artemisio avete lottato contro degli operai nel Bosco Girandola. La notizia è stata diffusa ovunque.» «Abbiamo solo fatto quello che era giusto.» Rispose il ragazzo. «Potrebbe esserci un legame fra la vostra lotta contro gli operai e il suo arresto.» Ipotizzò l'Agente. «In più, in quel palazzo dove prima si trovava il Team Plasma non è stato trovato nulla. Trovare informazioni sulla persona a cui apparteneva non è stato affatto facile. Poi ho scoperto che apparteneva a…» Prima che la Agente potesse finire la frase, il suo telefono iniziò a squillare. L'Agente rispose immediatamente al telefono. «Stiamo tornando.» Rispose immediatamente. I due tornarono rapidamente al capanno. «E allora dov'è finito il signor Hiroshi?» Chiese l'Agente rimasta con i ragazzi. «Magari c'è qualche passaggio segreto o qualcosa del genere.» Propose Carlos. «Andiamo! Questo non è un film!» Gli rispose Ash, appena rientrato. Una delle due Agenti prese le difese di Carlos: «Non è un'ipotesi da escludere. Se il signor Hiroshi non è uscito di casa. Non è qui e non è in casa, non dobbiamo escludere nessuna ipotesi.» Ash prese una delle sue Poké Ball dal borsello. «In questo caso so chi ci può dare una mano.» Ash fece uscire dalla Poké Ball il suo Gengar. Appena uscito dalla Poké Ball, il Pokémon Spettro si mise a ridere, inquietando i presenti. «Bene, Gengar! Abbiamo bisogno del tuo aiuto! Puoi vedere se qui ci sono dei passaggi segreti o qualcosa del genere?» Gli chiese Ash. Il Pokémon Ombra si nascose sotto il terreno, alla ricerca di qualcosa. Rimase sotto il terreno diverso tempo, facendo venire delle domande ai presenti su quello che poteva aver visto. Qualche tempo dopo, il Pokémon Ombra sbucò dal terreno. «Hai visto qualcosa?» Chiese Ash. Il Pokémon Ombra fece cenno di sì, quindi cercò di spiegare, a modo suo quello che aveva visto. «Quindi sotto c'è qualcosa che non va?» Chiese Ash. Il Pokémon Ombra fece nuovamente cenno di sì con la testa. «Interessante, ma purtroppo non basta. Ci serve almeno essere sicuri l'aiuto di… un collaboratore di giustizia indipendente. E, per avere il suo aiuto bisogna richiedere diversi permessi… non è una cosa da poco.» Spiegò una delle due poliziotte. «Non preoccuparti di questo… so essere particolarmente convincente.» Rispose la sua collega, mentre prendeva il suo telefono. «Scusate, se mi allontano un po', ma devo fare una chiamata importante.» Cercò di inventare una scusa, per potersi allontanare.
Alcuni minuti dopo, l'Agente tornò dalla sua collega e dai ragazzi. «Allora. Per far arrivare i Collaboratori dobbiamo aspettare parecchie ore. E, nel frattempo la situazione potrebbe peggiorare. Dovremo intervenire.» Controbatté la collega.
La prima poliziotta sbuffò. «E va bene! Ma sai bene che se facciamo un altro buco nell'acqua, rischiamo il posto?» «E tu vuoi rischiare il posto di lavoro perché non siamo intervenute?» La riprese la seconda, chiaramente più interventista.
«E va bene!» La prima perse la pazienza. «Allora vediamo se questo passaggio segreto esiste e dove conduce.» Dal suo tono di voce era chiaramente evidente la sua scarsa fiducia.
«Gengar… potresti indicare il punto migliore dove colpire?» Chiese Ash. Il Pokémon Ombra attraversò di nuovo il pavimento, alla ricerca del punto più adatto.
Riemerse in superficie dopo alcuni istanti, indicando il punto, a suo parere più adatto, per colpire. «Visto, Pikachu? Colpisci quel punto con Codacciaio!» Ordinò Ash.
Il Pokémon Topo saltò dalla spalla del ragazzo e, dopo aver preso slancio colpì con precisione il punto indicato da Gengar. L'impatto della sua coda con la pavimentazione aprì in due una parte del pavimento, rivelando quello che si trovava lì sotto.
Una lastra di metallo, coperta da delle mattonelle assolutamente identiche a quelle del resto del pavimento, copriva
l'accesso ad una scala interrata.
Dal fondo era possibile anche vedere i due pistoni idraulici che, in condizioni normali, avrebbero dovuto sollevare quella parte di pavimento.
Prima ancora che le poliziotte e i cinque potessero entrare lì dentro, la poliziotta più dubbiosa delle due, si rivolse alla padrona di casa: «Signorina Asami, lei sapeva di questo passaggio segreto?» La ragazza fece cenno di no con la testa. «Io sapevo solo del capanno e della sua passione per il fai da te.» Cercò di spiegare.
«Se non hai nulla da nascondere, allora vieni con noi. Se ti fa sentire più a tuo agio, fai venire pure i tuoi amici.» Le rispose la seconda agente.
Il gruppo, scortato dalle due poliziotte, scese quella rampa di scale, che conduceva ad un lungo andito, illuminato da diverse luci sul soffitto. «Sembra tutto tranquillo… fin troppo tranquillo.» Commentò una delle due Agenti. Continuarono a camminare per diversi metri, in silenzio. Solo il leggero rumore dei loro passi sul metallo.
Il loro cammino venne interrotto solo da una barriera di elettricità che impediva di andare avanti. «E questo come ce lo
Spiega?» Chiese la poliziotta. «Non so di cosa si tratti.» Continuò ad insistere la ragazza. «Qualsiasi cosa sia, sicuramente serve per evitare che degli intrusi ficchino il naso nei suoi affari.» Rispose l'altra. «In ogni caso, se dobbiamo andare avanti, dobbiamo trovare il modo di passare.» Aggiunse poco dopo.
«Se dovessimo distruggerla, rischieremmo di sollevare molto fumo e di rendere l'aria irrespirabile… non penso che distruggerlo sia una buona idea.» Commentò la seconda.
«Avete dei Pokémon di tipo Terra?» Chiese la prima, mentre mandava in campo il suo Excadrill, un Pokémon dall'aspetto di una grossa talpa dal pelo prevalentemente marrone, decorato da delle macchie rosse sul corpo. Sulle ginocchia e ai lati delle zampe anteriori si trovavano dei grossi spuntoni. Le zampe posteriori, più piccole di quelle anteriori, possedevano tre piccole dita, mentre quelle anteriori avevano tre enormi artigli, che sembravano fatti d'acciaio. Il muso era bianco, il naso rosa, le guance avevano due strisce verticali rosse, dello stesso colore delle piccole orecchie. Parte del corpo del Pokémon era rivestito da corazza fatta di un materiale simile all'acciaio che copriva il collo e buona parte della fronte.
Anita analizzò il Pokémon Sottoterra con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Excadrill, Pokémon Sottoterra. Tipo Terra e Acciaio. Esemplare Maschio. Costruisce una tana simile a un labirinto 100 m sotto terra. A volte apre buchi nei tunnel della metropolitana. Mosse conosciute: Metaltestata, Giravvita, Frana, Fossa»
«Se può essere d'aiuto, credo che Sandile sia felice di dare una mano.» Ash mandò in campo il Pokémon Sabbiadrillo. «Oh! Certo che può dare una mano!» Rispose la seconda. «Benissimo, posizionatevi sotto la barriera.» Ordinò l'agente.
I due Pokémon obbedirono, posizionandosi sotto la barriera elettrica. «Non preoccupatevi, sono dei Pokémon di tipo Terra, sono immuni all'elettricità.» Spiegò l'Agente, mentre i Pokémon di tipo Terra interrompevano una parte della barriera elettrica, permettendo al gruppo di passare oltre.
Una volta passati, la poliziotta e Ash richiamarono i rispettivi Pokémon nelle Poké Ball. «Facciamo attenzione, potrebbero esserci altri sistemi di protezione o delle altre trappole.» La seconda Agente invitò il gruppo a fare attenzione.
Il gruppo continuò a camminare lungo quel corridoio metallico, senza incontrare ulteriori ostacoli, fino a giungere ad un ampio portone, alto e largo come l'intera parete. «E qui come facciamo?» Chiese Asami, più determinata che mai a venire a fondo della vicenda. Nessuno sapeva cosa rispondere. Quel portone sembrava essere davvero molto resistente. Non sembrava ci fosse modo di aprirlo. Il portone non aveva dei cardini che potevano essere abbattuti, ma era un portone scorrevole. «Forse ho avuto un'idea.» Ash osservò meglio il portone. «Pikachu non ha modo di appoggiarsi per abbatterlo con Codacciaio, ma forse sono cosa possiamo fare.» Ragionò. «Una di voi due…» Si rivolse alle poliziotte. «Ha un Excadrill. E ho sentito dal Pokédex di Anita, che conosce Giravvita. Potrebbe usarla per aprire un varco.» Propose. «Un po' estremo, ma non abbiamo molta altra scelta.» Rispose la seconda Agente. «Vieni fuori, Excadrill!» La donna mandò nuovamente in campo il suo Pokémon. «Forza, Excadrill! Usa Giravvita su quel portone!» Ordinò. Il Pokémon Sottoterra saltò e si mise a roteare su se stesso a grandissima velocità, trapanando rapidamente la porta e creando un'apertura sufficientemente ampia per permettere a tutti di entrare. La stanza era buia e inaspettatamente silenziosa.
Appena entrati vennero accolti da una voce maschile, coperta da un effetto simile a quello di una radio. «Sapevo che sareste arrivati fino a qui! Ash è un ragazzo molto scaltro. Sapevo che avrebbe trovato un modo per trovare l'ingresso. Sapevo che aveva un Gengar. Sapevo che il tuo Pikachu avrebbe abbattuto facilmente la porta del passaggio segreto. Sapevo che con un Pokémon di tipo Terra avresti potuto neutralizzare la barriera elettrica. E sapevo che in un modo o nell'altro avresti anche abbattuto questo portone. Ma la tua corsa finisce qua!» Pochi istanti dopo si sentì un forte rumore metallico, come se qualcosa di ingombrante ed estremamente pesante si stesse muovendo. Pochi istanti dopo si accese una grande serie di luci, illuminando la stanza a giorno.
Appese alle pareti, in fondo alla stanza, diverse insegne del Team Plasma. Poco lontano, una serie di robot, alti svariati metri, realizzati in metallo nero. Presentavano dei cavi e dei pistoni idraulici che ne permettevano il movimento.
Nella parte superiore, in quello che sembrava essere il petto, una piccola cabina di pilotaggio con un sedile e diversi comandi. «E questo posto cosa sarebbe?» Chiese Asami, incredula. «Figlia mia… eppure credevo fossi una ragazza intelligente…» Rispose la voce.
«Quando ho scoperto che i tuoi amici sono degli Allenatori, non ci ho visto più. Sai bene che io non volevo che tu diventassi come loro.» Il robot iniziò a muoversi, seguendo i comandi impartiti dall'uomo.
«Gli esseri umani sono cattivi. Trattano i Pokémon come se fossero i loro schiavi! Deturpano l'ambiente per vivere meglio, fregandosene se questo ferisce o uccide i Pokémon! E, come se non bastasse, li fate lottare contro la loro volontà in scontri all'ultimo sangue!» Il robot inziò a muoversi. «Ma questa cosa finirà ben presto! Quando il Team Plasma vincerà, Uomini e Pokémon vivranno separati,e allora sì che il mondo vivrà in armonia!» Ormai il robot era a pochi metri dal gruppo.
«Forza, Pikachu! Colpiscilo con Fulmine!» Ordinò Ash.
Il Pokémon Topo Spiccò un salto, mentre rilasciava delle potenti scariche elettriche dalle sue guance. Per poi lanciare il potente attacco contro il robot. «È inutile che ci tentiate, questi prodigi della tecnologia sono resistenti agli attacchi di qualsiasi Pokémon! Sono stati studiati apposta per gli Allenatori come voi! Hahahahaha!» L'uomo rise malvagiamente.
«Se solo Pikachu non basta, allora mi farò aiutare da tutti gli altri!» Ash mandò in campo gli altri cinque Pokémon che aveva con sé. Bulbasaur, Bayleaf, Gengar, Quilava e Sandile. Per la prima volta da quando si era unita alla sua squadra, il ragazzo non aveva con sé Servine.
«E cosa pensi di fare con loro? Pensi che dei Pokémon nemmeno evoluti possano in qualche modo essere una minaccia?» Commentò Hiroshi, sprezzante del pericolo.
«Sandile! Usa Fossa! Cerca di rendere il terreno più accidentato possibile! Gengar! Usa Palla Ombra! Bayleaf! Forzantica! Bulbasaur! Vai con Energipalla! Quilava! Eruzione! E infine, Pikachu! Usa Fulmine!»
Rapidamente tutti e sei i Pokémon seguirono gli ordini. L'Excadrill dell'Agente, senza che lei gli dicesse nulla, si unì a Sandile, nella missione di modificare la conformazione del terreno.
Rapidamente quella serie di potentissimi attacchi formata da una potente scarica elettrica, una serie di sfere di energia oscura dal colore violaceo, delle sfere di energia simili, di colore verde, un gran numero di massi avvolti da dell'energia violacea e una gigantesca vampata di fuoco colpirono il robot, che nel frattempo sembrava stesse lottando per restare in equilibrio a causa dei due Pokémon di tipo Terra, che avevano causato numerosi avvallamenti nel terreno attorno al robot.
Se, per alcuni istanti sembrava che questo avesse sortito degli effetti, dopo pochi istanti, la realtà venne a galla. Il robot era ancora perfettamente in piedi, con la sua protezione verniciata di nero, che brillava come se non fosse mai stata toccata.
«Mi sembrava di avertelo detto! Quest'armatura resiste agli attacchi di qualsiasi Pokémon! È inutile che insisti! Anche se tutti voi aveste sei Pokémon a testa e attaccaste tutti in una volta, questo robot non subirebbe alcun danno! È stato studiato apposta. Siamo partiti dall'acciaio che usavamo nella Guerra dei Sei Anni e lo abbiamo ulteriormente migliorato!» Commentò Hiroshi, quasi divertito, mentre con il robot, con una delle sue braccia meccaniche, prendeva e lanciava contro una delle pareti, il Quilava di Ash.
Il Pokémon Vulcano venne schiantato contro la parete con una violenza inaudita, creando un grosso buco nella parete. «Quilava? Stai bene?» Chiese Ash, in tono preoccupato. «Ma come?» Il tono di Hiroshi nascondeva una finta sorpresa. «Ti preoccupi dei tuoi Pokémon? Se ci tenessi davvero, non li avresti neanche fatti lottare. Anzi. Non li avresti nemmeno catturati!» Hiroshi lo aggredì verbalmente, prima di dirigersi fisicamente verso di lui. Nel mentre, Quilava cercava di divincolarsi da quel muro, contro cui era stato scaraventato.
Il corpo del Pokémon venne avvolto da una luce azzurrognola, mentre diventava più lungo e muscoloso. Le fiamme sul suo corpo divennero ancora più calde e potenti.
Rapidamente si mise a correre a grandissima velocità, diventando una gigantesca palla di fuoco, che rapidamente raggiunse il gigantesco robot colpendolo nella parte posteriore. Nonostante la potenza dell'attacco, il robot quasi non vacillò.
«Magari, se il terreno fosse un po' più scivoloso…» Ipotizzò Ash, mentre ormai il Robot era pochissimi metri da lui. Le parole di Ash sembravano cadere nel vuoto.
«Forza, Anita! Fa usare Geloraggio al tuo Oshawott!» Serena esortò l'amica, spaventata dal terribile pensiero di vedere Ash ferito da quel gigantesco ammasso di metallo.
l'Allenatrice più giovane mandò in campo il Pokémon Lontra. «Cosa pensi di fare con quel nanetto?» Chiese Hiroshi, quasi prendendo in giro il Pokémon della ragazza. «Tu non sei un nanetto! Tu sei il mio primo amico Pokémon! Dimostra quel che sai fare! Geloraggio!» Ordinò la ragazza, rassicurando il suo Pokémon.
Dalla bocca del Pokémon Lontra si generò un raggio di energia gelida, dal colore azzurrino, che rapidamente congelò il terreno ai piedi del robot.
«Vanilluxe! Dagli una mano! Usa anche tu Geloraggio!» Una delle due Agenti mandò in un campo un Pokémon simile ad una sorta di grosso cono gelato fatto di ghiaccio. Possedeva tre punte, la punta centrale era quella più lunga. Possedeva due teste formate da neve con una forma conica irregolare con tanti pezzi di ghiaccio sulle teste. La testa destra aveva degli occhi aperti celesti con le pupille viola, con un po' di bava che gli colava dalla bocca, anch'essa viola. Quella sinistra, invece, aveva gli occhi chiusi e la bocca viola, priva di bava. Tuttavia possedeva una protuberanza di ghiaccio simile ad una cannuccia. Anita analizzò quel Pokémon con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Vanilluxe. Pokémon Bufera. Esemplare femmina…» La voce di Carlos si sovrappose a quella del dispositivo. «Ma ti pare il caso? Stiamo per essere uccisi e tu ti informi su quel Pokémon?» La riprese. «…Specchiovelo.» Terminò la voce del dispositivo.
I due Pokémon, con i loro attacchi di ghiaccio congelarono il terreno davanti al gigantesco robot. «Typhlosion! Usa di nuovo Fuococarica!» Ordinò Ash.
Il Pokémon Vulcano si mise a correre a gran velocità, avvolgendo il suo corpo in delle potentissime fiamme, colpendo nuovamente il gigantesco robot alle spalle. Il piano di Ash era molto semplice, e, secondo lui, efficace. Il Pokémon avrebbe dovuto spingere il robot, che sarebbe dovuto cadere sul terreno, reso scivoloso dal ghiaccio.
«E voi pensavate che quel misero straterello di ghiaccio possa in qualche modo ostacolare questo gioiellino?» L'uomo premette un pulsante e dai piedi del robot uscirono dei grossi spuntoni, che perforarono il ghiaccio, permettendo al robot di muoversi agilmente.
Ormai Ash era ad una distanza risibile da quel mostro d'acciaio, che poteva quasi agguantarlo con il suo braccio. Ash cercò, nonostante tutto, di non andare nel panico. «Forse abbiamo ancora una possibilità! Vanilluxe conosce Specchiovelo!» Gridò Ash, prima di venire agguantato dal robot.
«Volete attaccare il vostro amichetto?» Chiese Hiroshi, mentre lanciava il ragazzo contro una delle pareti. «Non ve lo permetto. Lui ci serve intero. Sarà il primo martire del Team Plasma.» A causa della violenza dell'impatto, Ash aveva perso i sensi, e ora il gigantesco robot si stava per scagliare contro gli altri, a cominciare da Serena, che rischiava la stessa fine di Ash. Anita e Carlos erano troppo impauriti per agire. «Forza Asami!» Serena esortò l'amica. «Cerca di fermare tuo padre! Solo tu puoi fare qualcosa!» Le gridò. «Io non ne sarei così sicuro!» Hiroshi sembrava più che mai sicuro delle sue parole. «Se Ash ha detto che Vanilluxe conosce Specchiovelo, significa che ha qualcosa in mente.» Cercò di elaborare. «Ma no! Io non sono la persona adatta a queste cose!» Gridò.
«E così tu, figlia mia! Sangue del mio sangue osi andarmi contro? Osi andare contro gli anni di sacrifici di tua madre? Osi andare contro chi cerca di portare a termine la sua missione?» Il robot cambiò bersaglio, passando dalla nativa di Kalos alla ragazza dai lunghi capelli neri.
A Serena ci vollero alcuni istanti per recuperare un minimo di calma. «Ma certo! Ho capito cosa voleva dire Ash. Agente! Ho bisogno di Vanilluxe!» Realizzò la ragazza. «Ho capito quello che vuoi fare.» Le rispose l'Agente, mentre prendeva qualcosa dalla sua uniforme. «Vanilluxe! Prendi qursto!» La donna lanciò una sorta di fascia alla sua Pokémon, che la raccolse con rapidità. «È una bandana. Almeno così potrà reggere qualsiasi attacco.» Spiegò l'Agente. «Vanilluxe! Tieniti pronta ad usare Specchiovelo in direzione di quel robot!» Ordinò l'Agente.
«Forza! Attaccate tutti Vanilluxe!» Ordinò Serena, rivolgendosi ai Pokémon di Ash e all'Oshaowott di Anita. Rapidamente quella serie di potentissimi attacchi formata da una potente scarica elettrica, una serie di sfere di energia oscura dal colore violaceo, delle sfere di energia simili, di colore verde, un gran numero di massi avvolti da dell'energia violacea, una gigantesca vampata di fuoco e un potentissimo getto d'acqua colpirono il Pokémon di tipo Ghiaccio, che, nel frattempo aveva rivestito il suo corpo di una strana energia che lo faceva brillare come uno specchio.
Pochi istanti dopo essere stata colpita, Vanilluxe rilasciò contro quel robot una gigantesca quantità di energia, che distrusse il rivestimento esterno, lasciando l'uomo ai comandi senza alcun tipo di protezione.
Nel frattempo, Ash si era ripreso da quel potente colpo. «Il tuo piano ha funzionato! Il robot è stato distrutto.» Gli spiegò Serena, mentre lo aiutava a rimettersi in piedi.
Nel frattempo, Hiroshi stava tentando di scendere dal suo robot, per salire su un altro, assolutamente identico. «Fermatelo!» ordinò Ash, ai suoi Pokémon mentre si teneva in piedi, grazie all'aiuto di Serena. In pochi istanti, il magnate venne circondato dai Pokémon di Ash, che sembravano essere terribilmente minacciosi nei suoi confronti.
In quel cerchio entrarono, ben volentieri le due Agenti, che ammanettarono Hiroshi senza patemi. Solo a quel punto, l'uomo realizzò di aver realmente perso.
«Eppure il mio piano era perfetto!» L'uomo, alle strette, iniziò la sua confessione. «La memoria di tua madre andava
preservata. Non potevo restare fermo, dopo la sua scomparsa. Gli Allenatori sono cattivi. Schiavizzano letteralmente i loro Pokémon, e li feriscono. Non si interessano del loro benessere. E se un Pokémon selvatico ostacola i loro piani, non si
fanno problemi a cacciarlo. Come è successo con Kara. Che è stata scambiata da quel Pokémon per una dei suoi carnefici, quando voleva solo aiutarlo. La sua perdita mi ha distrutto. E lì ho capito qual era la scelta giusta da fare, per uomini e Pokémon. Cominciando da mia figlia. È per questo che non volevo diventassi un'Allenatrice… come… come loro.» L'uomo
si rivolse ai quattro.
«Ho continuato a sponsorizzare i tornei e i Varietà con la mia azienda e ho cercato di comportarmi bene con voi… Allenatori. Ho cercato di mostrarmi buono con voi… e ci sono anche riuscito, ma voi… voi…» Il tono dell'uomo divenne estremamente accusatorio. «Voi state plagiando la mia adorata figlia! Voi state cercando di convincerla che umani e Pokémon debbano stare insieme! Che le lotte e i Varietà siano etici.» L'uomo fece una pausa di silenzio.
«Certo! Come no!» Una delle agenti lo fermò. «Tu fai parte del Team Plasma. E il Team Plasma, che è accusato di diversi capi d'accusa, come un attentato durante un torneo sponsorizzato dalla sua azienda due sequestri di persona.» L'uomo rimase paralizzato. «Non so di che cosa stiate parlando.» Cercò di giustificarsi. «Devo ammettere che è stato furbo da parte sua cercare di nascondere la proprietà dell'edificio al CEA. Ma è bastata una ricerca più approfondita per scoprire che era lei il proprietario. È stato furbo da parte sua far svuotare l'edificio.» L'Agente si rivolse al magnate. «Non so di che cosa stia parlando. Io faccio parte del Team Plasma, ma questo non è un crimine. Le associazioni non sono vietate qui. Ma non so di quali sequestri e attentati state parlando. Io ho comprato quel palazzo per mia figlia. Sarebbe stato il centro del ramo della Amon che lei avrebbe dovuto usare per l'innovazione che avrebbe portato.» L'uomo tentò di giustificarsi. «Certo, potremmo anche crederle, ma la vittima del sequestro è qui con lei.» Le rispose l'agente, indicando Bunz. «Era un edificio antico, sembrava quasi un edificio di uffici.» Spiegò il ragazzo. «Non so dove si trovava, ma era così.» Aggiunse. «Questo direi che è una prova più che sufficiente per accusarla.» Gli rispose l'Agente.
«Il mio piano era studiato nei minimi dettagli. Artemisio era il bersaglio perfetto. Ma che dico perfetto! Era designato per esserlo.» Iniziò a confessare. «Quando tu e i tuoi amici avete partecipato al Torneo di Zefiropoli, ho capito subito che vi avrei incontrato. E che avreste visitato la mia fabbrica. Poi, quando tu e Artemisio avete fatto arrestare i miei operai. Lì ho capito che avrei dovuto agire. Ho fatto in modo da corrompere la guardia che si occupava della sicurezza del suo magazzino, facendo in modo che i materiali del Team Plasma venissero portati da lui. Poi, quando ho visto i pickup del Team Plasma dirigersi verso il suo magazzino, sono andato a denunciare il fatto. Così sarei stato al di sopra di ogni sospetto. Anzi. Sarei stato visto come un eroe. Colui che ha contribuito a sconfiggere il Team Plasma.» Spiegò l'uomo. «Con i fondi e le esperienze della Amon, avremo creato un esercito di questi mezzi, in modo da essere imbattibili, da poter superare la forza di qualsiasi Pokémon, in modo da convincere anche gli Allenatori più restii a cambiare idea.» L'uomo concluse la sua confessione. «Signor Amon. Lei è in arresto.» Dichiararono le due poliziotte.
«»
Metagross
Ammetto che scrivere questo capitolo è stato molto divertente, ammetto che ho osato un po' nel far arrestare un Capopalestra accusandolo di far parte del Team Plasma. So bene che è una scelta particolare e forse rischiosa, ma ho pensato che potesse portare a degli spunti narrativi interessanti.
E aggiungo che non avevo minimamente pensato all'evoluzione del Quilava di Ash in Typhlosion. E no, non l' ho fatto per ritardare l'evoluzione di Oshawott… noooo! Ma non vi preoccupate. Arriverà presto.
