Maloney attende paziente, dopo aver bussato all'uscio della camera dei due innamorati. È piuttosto sicuro che siano entrambi lì dentro, e si augura che dei due quello che può spostarsi agevolmente decida di voler sapere chi si trova dall'altro lato della porta.

«Forse riposano» tenta Arsène, incerto se disturbare ulteriormente o provare in un altro momento.

Maloney storce il naso, abbastanza scettico su tale possibilità. «Più probabile che si fingano morti, come gli opossum.»

Ad Arsène scappa un risolino divertito, e poco dopo lo segue anche il dottore. È proprio in quel modo che li ritrova Hutch, quando infine si decide ad aprire la porta.

«Lo trovate molto divertente, vero?» borbotta seccato. «Tu che ci fai qui, lazzarone?»

«À moi? Ah, ça alors!» esclama Arsène, fingendosi indignato.

«Guarda un po'! È inutile che fai l'offeso, ora. Cosa stai combinando, stavolta?» inquisisce Hutch, sospettoso.

«Non combino nulla di male, monsieur la grosse bête» dichiara altezzoso, incrociando le braccia al petto, mentre lì accanto Maloney seguita a ridacchiare, sempre più divertito. «Faccio una visita di cortesia e colgo l'occasione per portare buone notizie, si ça ne vous dérange pas.»

Hutch è già sfinito, e non sono trascorsi neppure cinque minuti da che se li è ritrovati di fronte. Leva gli occhi al cielo, lancia un'occhiataccia sia al dottore che al ragazzino e infine capitola.

«Bah, fate un po' quel che vi pare. Tanto non è quel che fate sempre?»

«Eh bien…»

«Oh, zitta tu, scimmietta seccante. Se vuoi entrare, ti conviene farlo ora, invece di rompere le scatole davanti alla porta.»

Arsène sorride, sollevato, e non se lo fa ripetere due volte. Segue Hutch e Maloney all'interno della camera e attende ormai impaziente di poter magnificare le proprie imprese di fronte a una platea di tutto rispetto.

«Hutch?» domanda una voce incerta, dalla stanza attigua.

«Sì, eccomi» conferma l'interpellato. «Indovina un po': hai visite» lo avvisa Hutch.

«Oh? Aspettavamo qualcuno?» si sorprende Cat.

«No. Infatti ci ho pensato due volte, prima di farlo entrare. È la scimmietta rompiscatole.»

Il tenue sorriso che fiorisce sulle labbra di Cat gli conferma che è stata un'idea saggia permettergli di presentarsi da loro. Il suo micetto ha un disperato bisogno di leggerezza e notizie rinfrancanti, e sembra proprio che il giovane Lupin sia ambasciatore di entrambi senza alcun problema.

«Entra, scimmietta.»

Arsène si affaccia cauto e nota in fretta l'incarnato un po' grigiastro e le ombre scure sotto gli occhi di Cat. Può darsi che non sia stata un'idea geniale presentarsi da loro senza invito, dopo tutto. Ma infine si fa comunque forza e sfodera il suo miglior sorriso da imbonitore.

«Bonjour tout le monde!» esclama pimpante. Cat sorride e il suo piccolo petto si gonfia di fierezza.

«Buongiorno a te, giovane Lupin» replica Cat.

«Oh, s'il vous plaît: Arsène, si vous voulez. Maintenant nous sommes entre nous, n'est-ce pas?»

Una soffice risatina scuote il petto di Cat. «Come vuoi tu, Arsène» accetta di buon grado.

«Se poi la seccante scimmietta si degnasse di parlare in un idioma che tutti possano comprendere, sarebbe di grande aiuto» borbotta Hutch.

Arsène ridacchia. «Pardon, monsieur… Ups! Scusate. Prometto solennemente di tenere a mente il vostro suggerimento. Bon! Ora le buone notizie» annuncia compiaciuto.

«Tanto per cambiare è piacevole che le novità siano buone. Sentiamo» domanda curioso Cat.

«Eh bien, avete ufficialmente il vostro appartamento nel quindicesimo arrondissement, quartier de Grenelle, come promesso. L'architetto ha fatto qualche noiosa difficoltà, ma infine ha dovuto capitolare. Modestamente ho una certa predisposizione per la contrattazione.»

«Modestamente, come no» bercia Hutch.

Cat sorride di nuovo, e poi le sue dita accarezzano il polso di Hutch, il cui cuore improvvisamente batte più in fretta.

«Questa è fuor di dubbio la miglior notizia da quando siamo giunti in città» concorda Cat. «Doc, mi saprete dire se la nuova sistemazione soddisfa i vostri standard qualitativi, non è vero» si burla di lui.

«Finora non ho potuto davvero lamentarmi, non delle sistemazioni, per lo meno» replica a tono Maloney.

Hutch sgrana gli occhi, esterrefatto, ma la sua incipiente voglia di strozzarlo viene spazzata via dalla risata del suo Cat, che da sola riempie ogni ombra e fessura che ancora permangono nel suo petto.

Hutch ha lasciato il giovanotto in compagnia del suo Cat e si è sistemato nella piccola saletta attigua con Maloney al seguito, pensando che fosse opportuno lasciare un poco di spazio a quei due attira guai nell'altra stanza.

«Il giovanotto è davvero notevole, non è così?» lo sorprende la considerazione di Maloney.

Ci riflette qualche momento, poi è costretto ad annuire. «Già. E imprevedibile, anche. Ma è incredibilmente sveglio, e riesce a far sorridere Cat senza apparente difficoltà. Quindi va bene, anche se è seccante.»

Maloney sbuffa una mezza risata che maschera con un imbarazzato tossicchiare. «Di certo è un'evoluzione positiva per il vostro amico» fa gentilmente notare.

«Lo è. A Cat serviva proprio qualcuno che sollecitasse il suo interesse, e il marmocchio lo fa in modo naturale. Sembra una bizzarra via di mezzo fra un giullare e un cantastorie, non trovate?»

«Quello e infinite altre sfaccettature» lo corregge il dottore.

Hutch si limita ad annuire, pensieroso, domandandosi non per la prima volta da dove mai sia spuntato quel misterioso folletto dai brillanti occhi così pieni di meraviglia. Può darsi che un giorno di quelli scoprirà qualcosa al riguardo. Si augura solo che non si tratti dell'ennesima batosta psicologica; ne ha abbastanza di ascoltare storie agghiaccianti su gente che avrebbe fatto meglio a essere affogata in fasce.

«Il vostro dottore mi ha informato che siete stato recentemente operato» prova Arsène, appollaiato in cima allo schienale della poltrona.

«Al ginocchio, sì. Non è stato granché divertente, ma a dire il vero il problema maggiore è che ho l'assoluto divieto di spostarmi da qui, per lo meno… da solo.»

«Euh, che brutta cosa» esclama Arsène, poi sussulta. «Oh, scusate, non intendevo offendere.»

Cat però sorride. «Nessuna offesa. Sono anzi decisamente d'accordo con te: una faccenda parecchio spinosa. Detesto starmene fermo, davvero.»

«Ah, moi aussi. Vi comprendo bene, sapete. Victoire, ma nourrice, è sempre disperata perché non riesce a trattenermi da lei in Normandie per più d'una settimana di fila. Dovrei frequentare le lezioni, a Rouen, ma… Oh, è così orribilmente noioso lassù! Qualche volta seguo delle conferenze qui in città, se sono abbastanza interessanti. Qualche professore lo è, ogni tanto.»

«E l'inglese l'hai imparato in Normandia o qui a Parigi?» chiede incuriosito.

«Un peu partout. Ci sono inglesi che attraversano la Manche per passare del tempo in Normandie, en vacances, on dit. Qui a Paris è pieno di gente che non è francese, vous savez. Sto imparando il tedesco, per esempio, e il russo… Oh, quello è veramente difficile, ma qui in città c'è una comunità russa e alcuni sono abbastanza pazienti da spiegarmelo. Parlano francese, i russi… Non lo trovate bizzarro?»

Cat sorride, indeciso tra la meraviglia, il divertimento e l'ammirazione. «Bizzarro, sì. Ma solo i nobili e alcuni dei camerieri personali lo parlano. È la lingua ufficiale della nobiltà russa» conferma Cat.

«Ah, oui! C'est bien ça. Me l'hanno spiegato, ma all'inizio non ci credevo. Sembrava una sciocchezza, invece è proprio vero» si esalta Arsène.

«L'avevo intuito» mormora Cat.

«Quoi donc?» si sorprende Arsène.

«Che avessi qualche legame con la nobiltà, o con l'alta borghesia.»

«Hein! Pourquoi ça?»

Cat si mordicchia un labbro, indeciso. «Non era mia intenzione offenderti. Il fatto è che il tuo modo di porti, la tua proprietà di linguaggio, l'atteggiamento verso gli altri, fanno pensare a due possibili alternative: frequenti le classi agiate, oppure vi appartieni.»

Il silenzio che segue il suo ragionamento gli fa temere di aver osato troppo.

«Les nobles, vous savez, je ne les apprécie pas beaucoup. A volte penso di essere ipocrita, spesso ingiusto. Non tutti sono spregevoli, non davvero. Molti sono semplicemente… oh, come lo dite, voi? Insouciants.»

«Negligenti» suggerisce, comprendendo il punto.

«Oh, sì, esattamente. Loro non si rendono conto, come se… se non vedessero davvero, se non comprendessero. Ma mère… mia madre era una di loro, una nobile, ma lei vedeva, lei sapeva. Poi però ha agito in un modo che non è piaciuto alla sua famiglia, così… l'hanno ripudiata, perché non si comportava come avrebbe dovuto, perché non faceva onore al suo rango. Qualche volta i nobili sanno essere crudeli, perfino con i loro simili.»

«Soprattutto con i loro simili» concorda Cat, amareggiato.