È abbastanza esausto. A volte si domanda quando smetterà di essere continuamente stanco (o quasi). O in effetti se smetterà mai di affaticarsi così rapidamente. Scuote la testa, avviandosi verso la camera dopo aver salutato Arsène ed essersi congedato da Maloney. Sta diventando di nuovo pessimista; se lo sapesse Hutch ne sarebbe molto irritato e lo sfinirebbe con uno dei suoi predicozzi sul pensiero positivo. Cruccia le sopracciglia, perplesso: ma, a proposito, dove diavolo sarà Hutch? Che sia già a letto? Si mordicchia un labbro, incerto. Forse sta trascorrendo troppo tempo con Arsène e sta invece trascurando il compagno? Accidenti! Perché diamine non scrivono un manuale su come gestire una relazione? Che diavolo ne può sapere, lui, sull'arte del compromesso e della coesistenza pacifica? Non ha mai coesistito con nessuno; non per davvero; non fino allo scorso anno, almeno, e allora si trattava piuttosto di una sorta di simbiosi. Ora è differente. Ora è pienamente cosciente del momento che stanno vivendo, e del suo ruolo. Peccato non sia altrettanto cosciente di come portarlo avanti senza far danni. Maledizione! Stai a vedere che finirà con il dover chiedere scusa anche lui, quel giorno.

Apre l'uscio della loro camera ed è costretto a bloccarsi sulla soglia, interdetto, osservando senza davvero comprendere lo sguardo che gli sta lanciando Hutch, seduto ancora perfettamente abbigliato sul bordo del letto. Ahi-ahi, può darsi che ultimamente abbia davvero esagerato, dopo tutto.

«Hutch?» prova titubante. Gli occhi di Hutch si inumidiscono. Cazzo, no! «Ho…» tenta, abbastanza disperato.

«Scusa» soffia però Hutch, anticipandolo.

Piega il capo di lato, più confuso che mai. «Eh?» monosillaba interdetto.

«Sono… un vero disastro anche come compagno, alla fine» mormora avvilito.

Sfarfalla le ciglia. Nessuna illuminazione su cosa stia capitando lo ha ancora raggiunto. «Di che accidenti stai parlando?» sbotta, già stremato da quello stato di incomprensione.

«Di quel che è accaduto oggi pomeriggio» cerca di spiegare.

Ha dipinta addosso l'espressione più miserevole che Cat ricordi di avergli mai visto in volto. Ma ha il sospetto che ultimamente sia comparsa in diverse occasioni, solo che lui non l'ha potuta vedere per ovvie cause di forza maggiore.

«Hutch, insopportabile zuccone, vorrei farti notare che oggi pomeriggio non è accaduto nulla di abbastanza drammatico da giustificare il tuo attuale comportamento. Quindi, per cortesia, vorresti essere ragionevole e spiegarmi quel che intendi dire?»

È stato gentile ed educato, vero? Perché, diavolo, ci sta provando. Davvero! Peccato che l'espressione di Hutch non faccia che peggiorare e suggerirgli che, forse, dovrebbe essere più delicato e maggiormente disponibile. Annotato! Per il famoso manuale che a quanto pare dovrà scriversi da sé.

«Intendevo per quel che ho fatto, per… il modo in cui ho reagito. Sono stato eccessivo. E non era vero che mi dispiaceva, quando l'ho detto al piccoletto. Però ora… è differente. Ora mi dispiace davvero, e se fosse qui credo potrei scusarmi come si deve… forse.»

Cat sta per mettersi a ridere, perché il suo sproloquio ha un che di comico. Ma si rende conto in fretta che per Hutch non vale lo stesso discorso. Lo sta dicendo con tutta la serietà del mondo. Ma davvero?

«Hutch…»

«Non intendevo prendermela in quel modo. Te lo giuro! È solo che, maledizione, quando ci sei di mezzo tu perdo la bussola e divento geloso e protettivo in modo molto scomodo.»

Va bene, prima ci è riuscito. Ma quando è troppo, è semplicemente troppo. Ride. Sì, lo sa che non è molto corretto da parte sua, anzi, diciamo pure che è abbastanza crudele, ma ci può fare ben poco, alla fine.

«Hutch! Sciocco bestione. Non l'hai ancora capito? Io tengo a te perché sei quello che sei, con tutti i tuoi difetti e i tuoi pregi. Sì, sei eccessivamente protettivo, e geloso in modo abbastanza arrogante. E con questo? Il tuo essere così protettivo mi fa stare bene, perché so di avere le spalle coperte, ho la certezza di essere al sicuro nei limiti del possibile. E la tua possessività mi suggerisce che continui a tenere a me, almeno quanto io tengo a te; e questo è rassicurante, è essere coccolato anche quando non sono circondato dalle tue braccia. Capisci quel che cerco di dirti?»

Hutch lo osserva, titubante, tentando di decidere se quel che gli ha spiegato sia un bene. «Vuol dire che non sei incazzato per quel che ho fatto?» pigola incerto.

Sospira e leva gli occhi al cielo. In poche, ampie falcate lo raggiunge e punta le mani sulle sue spalle, sospingendolo con la schiena sul materasso e poggiando un ginocchio fra le sue gambe.

«No, Hutch, non sono incazzato con te. Anzi, devo ammettere che ero un po' in pensiero» soffia a pochi millimetri dalla sua bocca.

Hutch deglutisce, nel dubbio se sia il caso di chiedere o passare direttamente a baciarlo fino a lasciarlo senza fiato. Prova con l'approccio verbale, perché non si sa mai.

«Per che cosa?» mormora, stregato dalla forma delle sue labbra e già pentito della sua prima scelta.

«Temevo di averti trascurato. Com'è del resto capitato più volte in passato. Sai, sono ancora in fase di apprendimento e faccio un sacco di errori» spiega, arricciando un angolo delle labbra in un piccolo sogghigno assolutamente irresistibile.

«Beh… Non hai tutti i torti, sai? Adesso, per esempio, mi sento abbastanza solo e trascurato» prova sfacciato.

Cat scoppia a ridere, e Hutch si gode quel meraviglioso suono e la sinuosa linea del suo collo teso all'indietro. O meglio, se la godrebbe maggiormente, se solo la sua bocca riuscisse ad arrivarci. Ma è ancora bloccato con le spalle sul materasso.

«Cat…» pigola in un mormorio straziante, provando anche un piccolo broncio da cucciolo abbandonato, giusto per non lasciare nulla di intentato.

Gli occhi di Cat si agganciano ai suoi, e questa volta inghiotte solo aria, la saliva completamente prosciugata.

«Sai quel che desidero, ora?» chiede Cat in un tono che lo fa rabbrividire e tendere di anticipazione.

«C-che cosa?» soffia senza fiato.

Assottiglia le palpebre e si struscia deliberatamente su di lui. «Voglio che tu mi dimostri ciò che provi per me. Voglio che dimentichi qualunque altra cosa che non sia io, ora. Voglio essere tuo. Voglio che tu sia mio. Domande?» ringhia.

Hutch scuote vigorosamente la testa, afferra con forza i suoi fianchi, si solleva fino a raggiungere infine la sua bocca e ci soffia contro un «Nessuna» tremante, prima di impossessarsene per le successive ore.