23. Meraviglioso
Charles era eccitato, lui e Raven avevano fatto una lunga corsa fino a casa e poi dentro avevano proseguito in silenzio fino alla stanza dove finalmente avevano iniziato a baciarsi e a spogliarsi a vicenda, seduti sul letto. Raven gli aveva sfilato la giacca e aveva iniziato a sbottonargli la camicia ma a quel punto Charles le prese le mani per fermarla, un pensiero si era intrufolato nella sua mente spegnendo ogni traccia di eccitazione.
"Raven …"
"Che c'è?" chiese lei, indispettita "Non vuoi …"
Charles era in difficoltà, il suo sguardo era quello di un animale in trappola.
"Posso farti una domanda?"
Lei lo guardò come se fosse pazzo ma capì che per lui era importante, che quella domanda era nata da un seme depositato nella sua coscienza nel momento in cui lei era andata a vivere con lui e lentamente era cresciuta fino a sbocciare. Si allontanò da lui, sistemò i cuscini e si sedette, in attesa.
"Avanti" lo incoraggio "Cosa vuoi chiedermi?"
Lui non rispose subito, il suo sguardo vagava per la stanza alla ricerca delle parole giuste, poi tornò da lei, ancora incerto.
"Se io non fossi così, se fossi com'ero prima … tu ti saresti fatta avanti? Mi avresti confessato il tuo amore?"
Era una domanda impegnativa che la lasciò spiazzata, ci pensò a lungo, poi scosse la testa.
"Sarò onesta, Charles. No, non lo avrei fatto."
Lui accusò il colpo abbassando leggermente lo sguardo.
"Non per il motivo che credi tu!" si affrettò a specificare lei "Si tratta in ogni caso di una motivazione spinta dall'egoismo, ma …"
"Perché allora?" chiese lui.
"Io e te siamo quasi coetanei" disse lei "Ma io invecchio molto più lentamente. Se mi fossi dichiarata a te quando eri …"
"Vecchio, invalido e malato?" chiese Charles.
"Sì, esatto … anche malato?" chiese lei, che non sapeva nulla.
Lui annuì.
"Sì. Non credo che, in quelle condizioni, sarei riuscito a superare i novantanni e … oh, capisco …" disse, intuendo ciò che lei avrebbe detto "Sì, in effetti non posso darti torto."
"Hai letto la mia mente?" chiese lei, offesa.
"No, te l'assicuro, no" rispose lui, arrossendo lievemente "Sono solo giunto a questa conclusione per pura logica."
Lei lo guardò scettica, le braccia incrociate in segno di chiusura.
"Capisci dunque? Se mi fossi dichiarata tu avresti potuto trascorrere il resto della tua vita con me … io no."
Raven aveva gli occhi lucidi, si passò rapidamente le mani sul viso per non lasciarsi andare all'emotività.
"Per quanto riguarda te, invece?" chiese "Se non mi fossi fatta avanti io … lo avresti fatto tu?"
Charles abbassò lo sguardo alla ricerca della risposta.
"Allora?" lo incalzò lei, spazientita.
"N-non lo so …" rispose lui, mentre il suo sguardo vagava per la stanza, alla ricerca di qualcosa che non riusciva a trovare " … è complicato."
"Complicato?" chiese lei, quasi aggredendolo "Credi che sia troppo stupida per capire?"
Lui tornò a guardare lei e sorrise.
"No, tutto il contrario a dire la verità. Sono io lo stupido che non riesce a capire cosa prova."
Lei aveva ascoltato quella risposta sapendo già di doversi arrabbiare, ma l'ira si spense in un istante, lo sguardo di Charles era sincero, non le stava mentendo.
"Tu? Tu che non capisci qualcosa? Incredibile!" esclamò, sciogliendo le braccia e aprendosi leggermente "Prova a parlare, magari insieme potremo riuscire a capire."
Lui annuì ma tremava, stava per avventurarsi in un terreno oscuro e non era certo di ciò che ci avrebbe trovato. Iniziò a parlare con voce bassa, quasi timoroso, come qualcuno che sta per entrare in una foresta buia e deve stare attento a dove posa ogni passo, ogni parola.
"Sai … ho avuto una discreta quantità di delusioni nella mia vita. Prima Moira, poi Gabrielle, di nuovo Moira, Lilandra …"
"Che c'è?" chiese lei con tono ironico "Vuoi elencarmi tutte le tue ex?"
Lui sorrise ma l'angoscia restò.
"Senti chi parla" disse, cercando di seguirla e trovare un raggio di sole in quelle tenebre "Mi chiedo per esempio quando ti deciderai a dire a Kurt che sei sua madre."
Lei arrossì violentemente.
"Non avevo idea che tu sapessi …"
"Di te e Azazel? Be', è piuttosto evidente, non credi?" le disse, facendole l'occhiolino.
"Oh, smettila di cambiare argomento!" lo rimproverò lei "Stavamo parlando di te.
Lui restò in silenzio per qualche istante, poi annuì.
"Hai ragione. Stavo dicendo …" gli ci volle qualche istante per recuperare il filo del discorso, ma quando lo fece si sentì più tranquillo "Ogni volta, per un motivo o per un altro, finivo sempre con l'auto sabotarmi per porre fine alla relazione."
Raven aggrottò le sopracciglia, in effetti non riusciva a capire dove volesse arrivare.
"Per tutto questo tempo mi sono chiesto perché lo facessi, perché mi impedissi di essere felice … poi l'ho capito, ma ormai era troppo tardi. Ora ho capito che in realtà in loro rivedevo te e, anche se non era vero, nei loro occhi vedevo riflessi i tuoi … l'odio, il disprezzo che provavi nei miei confronti … sentivo di non meritare di essere amato …"
Il peso di quei ricordi, di quei sentimenti così pesanti fece vacillare Charles ma il suo sguardo restò ancorato a quello di Raven, che invece lo distolse e si alzò, arrabbiata.
"Cosa vuoi dire? Che è colpa mia? Che per colpa mia sei stato solo tutti questi anni? Che stronzo che sei! Strozo, manipolatore ed egoista!"
Charles si alzò a sua volta e fece un passo verso di lei lasciandole comunque dello spazio.
"NO!" esclamò, cercando di non alzare troppo la voce "Non è così! Ti giuro che non è così! La colpa è mia, è solo mia!"
Charles era pallido, gli occhi erano lucidi per l'emozione e tutto il suo corpo tremava.
"Ho più di ottant'anni, Raven. Mi sono successe tante cose, ma ci sono stati dei momenti che più di altri mi hanno segnato e non sempre sono riuscito a riconoscerli per ciò che erano."
Lei gli stava dando le spalle, si voltò appena, come a volergli dare una possibilità, il beneficio del dubbio.
"Ricordi quel giorno, appena prima della mia laurea?"
Lei alzò un sopracciglio.
"Sono passati tanti anni, Charles." rispose lei, che stava rapidamente perdendo la pazienza.
"Ricordi quella ragazza … quella che aveva gli occhi di due colori diversi?"
Raven rise senza essere veramente divertita.
"Quella che avevi provato ad abbordare con quella stupidaggine della mutazione? Che lei era una mutante perché aveva gli occhi di due colori diversi?" chiese lei in tono sarcastico.
Lui rimase serio.
"Esatto" rispose "Lei osò dire una frase che ti fece arrabbiare e indignare come non mai."
"Mutante e fiera. Mutante e fiera!" esclamò Raven "Se ci penso ancora oggi mi vengono i brividi per la rabbia!"
Charles si morse il labbro inferiore in evidente difficoltà.
"Quindi?" chiese lei, sempre più impaziente "Dove vuoi arrivare?"
"Quella sera tu mi accusasti di essere un ipocrita, che era facile poter dire "Mutante e fiero" con una mutazione carina o invisibile come la mia, ma nel tuo caso era diverso, che tu eri un mostro che doveva nascondersi."
Raven sbuffò, sempre più arrabbiata.
"Spiegati meglio."
"Quel discorso poteva essere vero allora" disse Charles "Ma adesso?"
"Adesso cosa?" chiese lei "Adesso continuano a odiarci e a discriminare quelli come noi e mentre tu puoi nasconderti perchè la tua mutazione non si vede, io devo reprimere me stessa per sembrare normale!"
Charles scosse la testa, il suo volto era lo specchio del suo tormento interiore, della sua ansia, della sua paura.
"Molte cose sono cambiate, Raven, lo sai anche tu. Sei blu, e allora? Quante persone vengono discriminate ogni giorno per il colore della pelle o dei capelli, per il peso, l'altezza … Tu sei …"
"Cosa sono?" chiese lei, che iniziava a vedere dove lui voleva arrivare.
"Quando tu sei te stessa, pienamente te stessa, come ora …" disse, indicando la sua pelle blu "Quando sei così sei … sei meravigliosa" disse, sorridendo, mentre dagli occhi già lucidi iniziavano a scendere le prime lacrime "Sei … sei luminosa, un esempio da seguire. Qualche anno fa Ororo mi disse che, quando era bambina e viveva in Egitto, aveva una tua immagine appesa in casa, eri la sua eroina, il suo modello da imitare. Quando sei tu, sei pienamente tu, sei come un fiore che sboccia, sei libera e totale …"
L'espressione di Raven si ammorbidì, Charles era sincero, in lui non c'era traccia di ipocrisia o menzogna, lo poteva vedere nei suoi occhi, sorrideva, ma all'improvviso quel sorriso si spense.
"Ma io?" chiese "Io cosa sarei? Se io mi lasciassi andare, se fossi totalmente me stesso … cosa sarei? Uno stronzo, manipolatore ed egoista?" chiese "Come definiresti qualcuno che può entrare nella tua testa e fare ciò che vuole con i tuoi pensieri se non …" esitò, le sue labbra tremarono "Mostro?"
Raven non rispose.
"Credi che sia stato facile per me? No, non lo è stato! Come ogni mutante ho dovuto imparare ad accettarmi per ciò che sono e io sono questo, Raven, sono un telepate. Il percorso per accettarmi è stato lungo e non privo di difficoltà, a volte ho addirittura pensato di rinunciare, ma alla fine ce l'ho fatta e sono fiero di ciò che sono e non ho paura di dimostrarlo."
Charles tremava, tutto il suo corpo fremeva.
"Ma tu? Tu riusciresti a farlo?"
Raven aggrottò le sopracciglia.
"Mi sembra di aver imparato ad accettare me stessa, io …"
"No! Non te stessa." disse, scuotendo la testa "Riusciresti ad accettare me? Ad accettarmi per ciò che sono? Anche prima hai temuto che ti avessi letto nel pensiero. Dovrei trattenermi? Dovrei evitare di usare il mio potere? Dovrei … limitarmi? Allora, riusciresti ad accettarmi? Dimmelo, perché se così non fosse …" si interruppe, pronunciare quell'ultima frase fu doloroso come una ferita fisica "sarà meglio finirla qui."
Quelle parole rimasero sospese tra i loro sguardi, Charles non abbassò il suo, Raven lo sostenne per qualche istante, poi lo abbassò, sconfitta.
"Capisco" rispose Charles, seguendo lo sguardo di lei "Forse è meglio che per stanotte vada a dormire altrove."
Charles si voltò mentre si abbottonava la camicia e fece qualche passo verso la porta, ma la reazione di Raven lo fece fermare.
"IDIOTA! IDIOTA!" disse, in preda alla disperazione "Idiota …" mormorò infine, tra le lacrime.
"Ho capito" rispose lui, pacato "Sono un idiota. Ora, se non ti dispiace …"
"Non tu! NON TU!" esclamò lei "Sono io l'idiota!"
Charles si voltò di scatto per la sorpresa, Raven corse verso di lui, lo afferrò per la camicia e lo guardò dritto negli occhi.
"Quanta ipocrisia! Ti ho sempre accusato di essere superficiale ma ero io a non voler vedere la verità! È vero, negli anni abbiamo commesso entrambi degli errori, ti ho accusato di difendere chi ci odiava, chi aveva pregiudizi su di noi, mentre io …"
Raven si interruppe, allentò la presa sulla camicia ma non lo lasciò, il suo sguardo non riuscì a reggere quello di lui, vagò per la stanza, sperduto, poi finalmente ritrovò gli occhi di Charles. Sussurrò appena, quasi spaventata.
"All'inizio pensavo di avere tutte le ragioni, pensavo che tu fossi davvero uno stronzo manipolatore, che volessi tenermi sotto il tuo controllo … in realtà volevi solo proteggermi, mi hai lasciata andare e io ti ho abbandonato, ti ho fatto soffrire mentre indossavo senza rendermene conto la maschera della vittima, con il tempo questa mia convinzione si è sempre più consolidata mentre io, che disprezzavo i sapiens che mi odiavano perché avevano paura di me … facevo la stessa cosa con te. Ho sempre lottato perché i mutanti si sentissero fieri e liberi, perché potessero accettarsi … e l'unico che non sono mai riuscita ad accettare … sei tu."
Charles chiuse gli occhi, quelle parole lo avevano colpito nel profondo, sentì che stava precipitando, poi però qualcosa lo riportò a galla, Raven aveva lasciato la camicia e gli aveva posato le mani sul viso, i loro sguardi erano incatenati.
"Ho paura, Charles" disse "Ho paura del modo in cui tu sai leggermi dentro, anche senza telepatia, ho paura di espormi perché temo di essere ferita, ma …"
Raven fece una pausa, esprimere ad alta voce pensieri che fino a quel momento nemmeno si era resa conto di avere non era stato facile.
"Dopo aver visto i tuoi ricordi, tutto ciò che hai fatto per me, per proteggermi … Dopo aver visto quanto hai sofferto, ho cambiato completamente prospettiva. Ho ancora paura, è vero, ma voglio superarla. Ti prego" aggiunse, sull'orlo delle lacrime "Aiutami."
Charles sorrise, posò le mani sulle sue e le spostò leggermente in alto, dalle guance alle tempie.
"Chiudi gli occhi" sussurrò.
Raven obbedì e lui fece altrettanto.
"Aprili."
La voce di Charles era calma e rilassante, Raven aprì gli occhi senza timore.
Non erano più nella loro stanza, erano all'aperto, sul molo di un piccolo paesino di mare, poco più in là c'era un faro che illuminava il mare notturno sul quale si rifletteva la luce della luna piena mentre, ancora più lontano, imperversava una tempesta che però, in quel momento, non sembrava minacciosa. Charles la strinse in un dolce abbraccio e lasciò che il vento li cullasse come in una danza, al ritmo delle onde del mare che si infrangevano sulla riva.
"Questa sono io, Raven" sussurrò Charles "Non sono perfetto e non lo sarò mai ma vorrei poter essere totale con te, essere veramente me stesso, nel bene e nel male e sentirmi accettato per ciò che sono."
Si mosse leggermente per permetterle di guardare verso il mare e il faro che, con la sua luce potente, illuminava le acque scure.
"Tu sei il mio faro, una luce che mi permette di ritrovare la strada di casa."
Raven era rimasta a bocca aperta per lo stupore, si guardò attorno osservando ogni cosa attorno a sé.
"Sei meraviglioso, Charles" disse lei, sorridendo "Non voglio che la paura mi impedisca di vederti per come veramente sei."
Lui le prese la mano e la baciò lievemente.
"La paura è un sentimento normale" rispose lui "Non può e non deve sparire per magia, l'affronteremo insieme ed entrambi riusciremo a superare i nostri limiti."
Il vento che accarezzava i loro corpi svanì, erano tornati nella loro stanza ma la cosa sembrò non interessargli, Charles baciò Raven con dolcezza su ogni centimetro del viso e solo alla fine baciò le sue labbra, prima delicatamente, poi con crescente trasporto in un bacio che si sciolse solo perché entrambi erano senza fiato.
"Ti amo" disse lui, posando la sua fronte su quella di lei.
"Ti amo" rispose lei, chiudendo gli occhi e, finalmente, fidandosi totalmente di lui.
