La testa fa ancora un male cane ma, se ci fa molta attenzione, non è più così doloroso, solo abbastanza. È comunque un passo avanti. E non si sente più la febbre, il che è senza ombra di dubbio un altro buon passo avanti. Sta facendo progressi. Diavolo, sta perfino facendo la persona ottimista. Se lo sapesse Hutch… Ma, a proposito, dove sarà Hutch?

«Htc…» prova, scoprendo la bocca impastata e ben poco collaborativa.

Nonostante le sue povere risorse, un momento dopo può avvertire un fruscio proprio lì accanto.

«Ehi… Eccomi qui» mormora la conosciuta e gentile voce del suo Hutch.

Sorride. O per lo meno, suppone di aver sorriso. Ma nemmeno le sue labbra sono molto collaborative e non è proprio sicuro di aver davvero sorriso.

«Come ti senti, piccolo?»

«Mh… Meglio, credo» tentenna. «Sono stato male?» si informa, abbastanza propenso a credere che sia così.

«Un po'. Ma la febbre è scesa in poche ore e Maloney è ottimista» gli conferma.

Bene. Anche Doc è ottimista. E sono già due. Inoltre, visto il tono sollevato di Hutch, suppone che in realtà siano tre, ed è già parecchia gente, almeno per i suoi standard.

«Lo sai, micio: hai visite» lo ragguaglia diligente, usando quel maledetto nomignolo.

Sa bene quanto lo irriti a morte, ma si ostina comunque a chiamarlo in quel modo indegno. Di norma gliene direbbe quattro, ma ci sono volte in cui lo fa sentire bene, protetto. E guarda il caso, quella è esattamente una di quelle volte.

«Oh? E di chi si tratta? Non sarà per caso un altro dottore, vero?» già si allarma.

Hutch ride, e Cat non può fare a meno di stirare le labbra in un sorriso sollevato. A quanto pare non è un dottore. Un'altra ottima notizia; quel giorno le buone notizie abbondano. Molto strano.

«Direi proprio di no. Ammetto che avevamo una mezza idea di interpellare in soccorso Pearce…»

Cat storce il naso al solo pensiero. Hutch ridacchia di nuovo. A quanto sembra è piuttosto allegro. Dev'essere una bella giornata anche per lui, dopo tutto.

«No, c'è qui la scimmietta. Solo che nel frattempo s'è scocciata di aspettare e ora più che scimmietta sembra un ghiro. Se la dorme della grossa.»

La voce divertita di Hutch si è un poco allontanata, durante la spiegazione, e ora parla dandogli le spalle, almeno a giudicare dal lieve rimbombo del timbro.

«Se lo vedessi ora. Sembra quasi un angioletto, il marmocchio pestifero. Poi però si sveglia e torna a essere la gran seccatura che è sempre stata.»

Ora Cat sta proprio sorridendo. Ne è praticamente certo. Immaginarsi Hutch accucciato di fronte a un Arsène dormiente e ignaro è piuttosto buffo.

«Hutch, lascialo in pace, ti prego» soffia appena, dopo aver provato senza successo a sollevare il capo dal guanciale.

Hutch sbuffa e mugugna, ma infine accetta di smettere di importunare il giovane Lupin e, sia ringraziato il cielo, torna da lui.

«Lo sai, avevamo temuto che il trapianto fosse andato male. Ma Maloney si è confrontato con Pearce e ritengono che la situazione stia procedendo bene, o almeno nella norma. Quindi sorridi, micetto, perché ho idea che molto presto potrai uscire da qui e rivedere il mondo!»

E Cat lo fa sul serio: sorride, ma non per un futuro ancora troppo incerto, sorride perché è innamorato di quell'uomo e sa di essere ricambiato, sorride perché si sente particolarmente fortunato ad averlo tutto per sé, sorride perché sono ancora vivi e forse non passerà troppo tempo prima che possa tornare ad abbracciarlo e a stringerselo contro. In verità non vede l'ora.

Arsène boccheggia, la mattina, rendendosi conto di essersi addormentato come un pivello mentre attendeva il risveglio dell'amico.

«Mi dispiace! Non l'ho fatto di proposito, lo giuro» esclama costernato.

E mentre percorre avanti e indietro e in lungo e in largo il pavimento della camera di Cat, i tre uomini presenti rimangono in un silenzio rispettoso e piuttosto divertito ad assistere alla piccola crisi di nervi del giovane Lupin.

«Arsène» mormora a un certo punto Cat.

L'interpellato si blocca di colpo nel mezzo dell'ennesimo passo e, cauto, si volta verso l'occupante del letto.

«S-sì?» pigola.

«Non è accaduto assolutamente nulla di drammatico, quindi ti dispiacerebbe smettere di scavare un solco nel parquet e raggiungermi qui accanto?» propone gentile.

«Certo!» esclama, con un nuovo sorriso pimpante, già dimentico dei precedenti crucci.

Hutch leva gli occhi al cielo ma evita saggiamente di metterci becco. A Cat fa piacere avercelo intorno; deve solo tenere a mente questo semplice concetto e tutto andrà per il verso giusto. Così si limita ad avvisare che sarà nel salotto a fianco e, passando, si trascina appresso Maloney.

«Avresti potuto avvertirmi che ti avrebbero operato. Non ne sapevo nulla» protesta Arsène, seduto sul bracciolo di una poltrona.

Cat arriccia il naso. «Non lo sapevo neppure io, fino a mezz'ora prima. Ho dovuto precipitarmi alla clinica senza un minimo di preparazione. E per poco non mi veniva un collasso per la paura» assicura scontento.

«Oh! Accipicchia, mi spiace. Ma ora è tutto a posto? Perché quegli altri due di là in salotto hanno detto certe cose spaventose, ieri sera» insorge, ricordando vividamente quanto si è sentito impotente in quei momenti.

«A quanto mi dicono sì, le cose procedono bene. Spero tanto che abbiano ragione.»

«Lo spero moltissimo anche io» assicura, ottimista. «Se l'operazione è andata bene, quando starai meglio ti mostrerò tutta quanta Paris, fino all'ultimo granello di polvere!»

Cat ridacchia piano. «Non vivremo mai abbastanza a lungo per portare a termine il tuo ambizioso progetto. Lo sai vero?»

«Forse no, ma mi piace pensare in grande.»

«Questo, non ci crederai, l'ho notato fin dal primo momento» commenta divertito.

«Oh, sì?» si stupisce Arsène. Si stringe nelle spalle, considerando la faccenda. «Diciamo che è il mio modo di vedere l'esistenza. Senza grandi obiettivi la vita sarebbe grigia e noiosa. Bisogna guardare sempre avanti, trovare nuove mete da raggiungere. E una volta tagliato il traguardo, cercarne altre, sempre più incredibili, a cui puntare.»

Cat annuisce, comprendendo il punto di vista del giovane amico. Sa che Arsène è irrimediabilmente destinato a grandi cose. Per quel che lo riguarda, può accontentarsi dell'essenziale: potersi muovere in autonomia, poter tornare a vedere, poter rimanere legato a Hutch, fino a che gli sarà dato di vivere.