Salud ha portato il giovane pilota in giro per il campo volo, quasi una sorta di visita guidata, in cerca di un aereo adatto ai loro scopi. Plata ha deciso per un Piper Super Cub dalla livrea verde e gialla canarino.

«Perché questo?» chiede Salud con curiosità.

«Perché gli occorre meno spazio per decollare. Non si sa mai. Può tornare utile, in luoghi come questo qui» replica il suo pilota (che non è affatto suo, proprio per niente) con una serietà piuttosto buffa.

Si stringe nelle spalle. «Per me va bene» conviene, pensando che per quanto lo riguarda un velivolo vale l'altro, l'importante è decollare.

«E per il tuo capo, andrà bene?» si interessa Plata.

Storce il naso a quel pensiero. «Ci ho già discusso a sufficienza, oggi. Se torno da lui finisce che si ritrova con un occhio nero e la mascella scassata. Gli andrà bene così.»

Il pilota ridacchia immaginandosi la possibile conclusione di un'animata discussione fra il meccanico e il suo capo. Lo ha intravisto, questo capo di cui Salud parla in modo infastidito e sdegnoso. È quasi più piccolo di lui, ma è anche più vecchio, avrà almeno quindici anni in più. Non ce ne resterebbe abbastanza da poterlo identificare, ci scommette.

«Ehi, come mai sei così allegro?» lo distrae Salud.

«Stavo pensando a te che fai valere le tue ragioni con il tuo capo.»

Salud grugnisce contrariato. «Si chiama Naso. Siamo amici da anni. Ma è un furfante. Se non ci stai attento ti frega alla prima occasione buona.»

«E a te ti ha fregato?»

«Spero di no. Se lo ha fatto non me ne sono accorto. Ma lui lo sa che se me ne accorgo fa una gran brutta fine.»

«Su questo non ho dubbi» assicura.

Salud lo osserva interessato. «C'è qualcosa che non so?»

E Plata ride di gusto. «Oh, parecchie cose ci sono che non sai, amico mio. Ma non aspettarti che sia io a parlartene. Per quanto mi riguarda, quel che non so probabilmente lo scoprirò con il tempo.»

Salud è indeciso se imbronciarsi o sorridere in simpatia verso l'allegria del pilota. È così difficile capire quando parla sul serio da quando al contrario scherza. Un ragazzino abbastanza imprevedibile.

«Dovevi prendere meno vitamine da piccolo. Sei ingombrante come un pachiderma nella toilette di un treno» borbotta Plata, mentre tenta di sistemarsi correttamente ai comandi del Piper, evitando al contempo di finire sulle ginocchia ripiegate di Salud.

Come prevedibile il meccanico si imbroncia. «Non ci posso fare niente» mugola sconsolato, provando al contempo a raggomitolarsi più strettamente ma fallendo su tutta la linea. «Però possiamo provare con un aereo più grande» propone titubante.

«Ma nemmeno per sogno. Prima di tutto i comandi degli altri aerei che avete qui sono più complicati, e per imparare a volare serve qualche cosa di basico, all'inizio. E poi, se ci capita un'emergenza, dove lo facciamo atterrare un DC-3, scusa? Di certo non sulla foresta. O quel cavolo di Catalina, per esempio. Ci fossero mai dei laghi, da queste parti!»

«Va bene, ho capito. Mi stringo un po'» affanna Salud, temendo di irritare più ancora il piccolo pilota. Ci fosse stato il Faina, al posto di Plata, sarebbe già bello che spalmato sul finestrino, ma il ragazzino ha due vantaggi dalla sua: è più minuto, ed è più carino e simpatico… Magari questo se lo terrà per sè.

«Forse dovevamo prendere il De Havilland» considera Plata, un po' offuscato.

«No! Il De Havilland no. Non funziona bene. Poi finisce che ci molla davvero in quota» si agita, abbastanza angosciato da quella possibilità.

«Ah… Ok, meglio partire almeno con il piede giusto e un aereo che sia a posto, in effetti. Va bene. Tu sei pronto?» esclama, provando a tornare allegro.

«No» mugugna Salud.

Plata si gira e lo fissa accigliato. «Che vuol dire, no?»

«Vuol dire che mi si sta bloccando la circolazione nelle gambe. E credo di avere un cacciavite conficcato nello stomaco.»

Sfarfalla le ciglia, perplesso. «Pensavo che la cassetta degli attrezzi l'avessi riposta dietro.»

«Infatti è così. Ma devo aver scordato qualcosa nelle tasche della tuta» ammette contrito.

Per un interminabile momento, il pilota lo scruta quasi senza batter ciglio. Poi, a sorpresa, le sue guance si gonfiano come quelle di un roditore e scoppia a ridere tenendosi la pancia. Salud non sa che pensare di quella reazione. Non che di solito ci capisca davvero qualcosa di quel ragazzo, ben inteso. Almeno non è arrabbiato per il tempo che stanno sprecando; lo appunterà nella colonna dei fatti positivi della giornata.

Finalmente sono riusciti a decollare. Hanno avuto qualche grattacapo e contrattempo, ma Salud si è liberato del carico superfluo ed è miracolosamente riuscito a trovare una posizione comoda che allo stesso tempo non rischi di intralciare le manovre del pilota al suo fianco. Ora, con immensa felicità del meccanico, si trovano a sorvolare una parte della foresta. Il cielo è blu da far male agli occhi, e davanti a loro non si vedono altro che fronde verdeggianti e, di quando in quando, corsi d'acqua. Salud sorride beato e si sente leggero come l'aria attraverso la quale si muovono.

«Allora, cosa te ne pare?» lo distrae qualche lungo minuto dopo la voce morbida del pilota.

«Bellissimo» replica in tono sognante.

Plata ride, e Salud si sente ancora meglio.

«Mi fa piacere. Hai per caso dato un'occhiata a quel che ho fatto per portarci in aria?»

«Euh… No, mi spiace» replica Salud rammaricato.

Le spalle del pilota si sollevano rapidamente in un movimento incurante. «Bah, non è un problema. Se questo è il tuo primo volo, tanto vale che tu te lo goda fino in fondo» replica sereno.

Salud arrossisce, tanto per cambiare. Per fortuna questa volta il pilota non gli sta prestando attenzione, occupato a dirigere il loro velivolo verso un corso d'acqua più ampio.

«Dove andiamo?» lo interroga, incuriosito.

«Diamo un'occhiata in giro. Prima mi era parso di scorgere gente lungo il fiume.»

«Oh» commenta sorpreso. Prova a sporgersi un poco, ma ci sta un po' troppo stretto e non riesce a scorgere granché di fianco all'ala.

«Puoi aprire il finestrino, se vuoi» lo invita.

Salud lo adocchia incerto. «Sei certo che non finirò per combinare qualche pasticcio?»

Un angolino delle sue labbra si arriccia di divertimento. «Vai tranquillo. Non sembra, ma è piuttosto robusto. Non si sfascerà di certo solo perché ti sei sporto a guardare fuori» gli assicura.

Il pilota sembra sapere il fatto suo e il meccanico finisce col fidarsi e dargli retta. L'aria umida e fresca che improvvisamente irrompe lo lascia a bocca aperta, ma non è nulla in confronto all'emozione che lo investe mentre osserva la lunga striscia di acqua scintillante che scorre sotto di loro. Un enorme sorriso si apre sul suo viso. Non ricorda di essersi mai sentito così leggero e libero.