Il suo gattaccio è di nuovo incollato alla finestra del soggiorno. Cat può affannarsi a negarlo finché ne ha voglia, ma quel suo modo di osservare l'andazzo della vita che scorre fuori è tipica di ogni buon gatto che si rispetti, e lui non fa eccezione. Sorride, mentre Cat reclina appena il capo di lato, incuriosito da qualche nuovo particolare. Un giorno o l'altro spiccherà un balzo e tornerà a casa con un pennuto tra le fauci, ne è certo.

Non hanno ancora stabilito in che modo procedere. Hutch gli ha domandato se intende rimanere a Parigi, oppure tornare in America. Cat ha storto il naso, ma Hutch non è riuscito a capire quale delle due possibilità lo abbia indisposto. Può darsi, conoscendolo, che nessuna delle due scelte gli aggradi e che, invece, abbia intenzione di spostarsi altrove. Nulla di più facile, del resto. Cat è un po' un nomade. A Hutch invece non importa affatto dove abbia intenzione di spostarsi, purché gli permetta di rimanergli a fianco. L'idea che possa lasciarlo indietro lo fa sprofondare nello sconforto.

«Hutch.»

Il suo nome mezzo sibilato dal compagno lo riporta bruscamente alla realtà. Lo ritrova con i palmi delle mani premuti contro il vetro e le palpebre assottigliate, intento a osservare un punto preciso, giù in strada.

«Sì?» domanda prudente.

«Vieni» ordina asciutto.

Hutch scatta in piedi e lo raggiunge alla finestra. Qualcosa, nel suo tono secco, gli suggerisce che sia meglio affrettarsi. Raggiunto il suo fianco osserva, seguendo la direzione del suo sguardo, e trasale.

«Cazzo» sbotta allucinato. «Quello è…»

La mascella di Cat si contrae. Hutch non ha il tempo per completare il proprio pensiero. Cat è scattato come un dardo verso l'uscita e Hutch lo segue un momento con lo sguardo, torna a fissare il tipo appostato sul marciapiedi del lato opposto della strada, poi si affretta a seguire il suo gattaccio, prima che le cose si mettano male ancora una volta.

Hutch trova appena il tempo di spalancare l'uscio del loro palazzo, prima di scorgere una delle lame di Cat saettare attraverso la strada e conficcarsi nel palmo del tizio sul lato opposto. Sta per lanciare un urlo, ma viene anticipato dall'altro uomo, che a quanto pare non aveva scorto per tempo il suo compagno né le sue intenzioni bellicose. Infatti non trova il modo di scansarsi prima che Cat gli piombi addosso come un falco, artigli spianati e tutto il resto.

«Merda» affanna Hutch, ancora a bocca aperta e occhi sgranati.

Controlla che la via sia libera e si precipita sui due, nell'intento di evitare un probabile omicidio nel bel mezzo di un luogo pubblico. Lo acchiappa per i fianchi un momento prima che le sue dita si conficchino in profondità nel collo dell'intruso, e lo solleva, faticando non poco a trattenerlo mentre Cat scalcia fra le sue braccia e ringhia furioso.

«Cat, Cat… Calma!»

«Lasciami!» gli soffia contro, tentando di divincolarsi.

«Qui no…» ansima scosso. «Cat! Qui no!»

Cat affanna, posa le mani sui suoi avambracci, un piede contro il suo stinco e trae un lungo respiro. Poi abbandona il capo sulla sua spalla.

«D'accordo. Posami, ora. Sono calmo» mormora.

Hutch, seppur guardingo, fa come gli è stato detto e, piano, lo riadagia sul marciapiedi. Quando le braccia si sciolgono dai suoi fianchi e constata che Cat gli è rimasto inerte contro il petto, sospira sollevato e si permette un'altra occhiata al tizio che hanno di fronte. Sì, è proprio uno dei due che ha visto sulla scogliera; il più anziano, quello con un minimo di cervello. Forse l'ha smarrito strada facendo? Altrimenti come spiegare la sua presenza di fronte a casa loro.

«Presumo Eddie» commenta Cat, pacato.

Hutch annuisce, confermando quanto già sapevano. Gli occhi di Cat brillano in un modo che fa rabbrividire Hutch, ma nulla in confronto all'effetto che produce il piccolo sogghigno che compare un momento dopo sulle sue labbra. Deglutisce nervoso, e non riesce a fare a meno di guardarsi intorno. Troppa gente. Cosa avrà intenzione di fare?

«L'altro, dove sta?» chiede Cat, stavolta, palesemente, al signor Eddie che, lì di fronte, sta ancora cercando di riprendere fiato, con una lama che gli attraversa la mano e i segni delle dita di Cat sul collo.

«Joey si trova dall'altra parte della città» soffia quello, stupendo entrambi.

«Nh» commenta, indeciso. «Ci sono senz'altro modi più rapidi e indolori per andare all'altro mondo» considera perplesso.

Hutch rabbrividisce. Eddie non è da meno. La fortuna di Hutch è proprio non essere nei panni di Eddie.

«Io… volevo parlarvi» prova Eddie.

Il sogghigno di Cat si amplia. Si volta, piano, verso Hutch. «Sentito? Voleva parlarci.»

Hutch annuisce, titubante. «Secondo me è matto e basta» tiene a precisare.

«Già, beh, quello è certo. Però è bravo a seguire le piste» ammette, suo malgrado, quasi ammirato. «Allora, signor segugio, di cosa volevi parlarci con tanta urgenza da non tenere conto degli ovvi rischi?»

«Del mio capo» soffia, stringendosi al petto la mano destra infilzata. «Il vostro amico gli aveva fregato un bel po' di quattrini» prova a spiegare.

Cat reclina il capo di lato, incuriosito. «Il nostro amico? E chi sarebbe?»

Eddie sta diventando piuttosto nervoso, e anche pallido, ma Hutch ha il dubbio che quello sia dovuto al sangue che cola via dalla sua mano ferita.

«Quello rosso.»

Cat snuda i denti e Hutch si affretta a stringerselo contro. «Quello non era nostro amico» sibila, vibrando. «Era solo un bastardo a cui piaceva giocare con la gente, prima di ammazzarla.»

«Entriamo» prega Hutch, già prevedendo spiacevoli epiloghi a quella storia. «Cat» mormora, nel tentativo di spronarlo a riprendere il controllo.

Sospira. «D'accordo» accetta. «Ma non ce lo voglio a gironzolare per l'appartamento. Lo leghiamo.»

Hutch annuisce, concorde, e affibbia a Eddie un'occhiataccia che lo sfida a contraddirlo.

«Nessun problema» accetta invece quello, sorprendendolo e lasciandolo con un poco di amaro in bocca per l'ennesima, mancata scazzottata.

«Ma che cosa…» sbotta Maloney, vedendo entrare i tre uomini in fila indiana. Poi nota una lama sbucare dalla mano di uno dei tre ed emette un gemito tremulo.

«Oh, Doc, che piacere vedervi. Abbiamo giusto del lavoro per voi. Ben svegliato, comunque!» esclama Cat, con un sorrisetto inquietante stampato in volto.

Maloney grugnisce una mezza bestemmia e scuote la testa. «Dovrò svegliarmi prima, d'ora in poi. Almeno evito simili spiacevoli benvenuti» borbotta, filando via per recuperare un po' delle sue scorte che tiene sempre ben fornite visto il genere di coinquilini con cui deve convivere.

«Tienilo d'occhio. Vado a recuperare un po' di corda» avvisa Cat. Poi ci ripensa, si ferma e voltandosi aggiunge «Se si muove, ti autorizzo a spezzargli le gambe. Tutte e due, grazie.»

Hutch sorride e con quello stesso sorriso si siede di fronte a un Eddie un po' grigiastro.

«Detto tra noi: io, fossi stato in te, sarei rimasto in America» fa presente Hutch al suo poco partecipe ospite.

«Sì, anche io. Ma avevo poche scelte» si duole Eddie.

Hutch si incuriosisce. «Quel tuo capo di cui parlavi?» indaga prudente.

«Ehi! Ti proibisco di iniziare senza di me!» esclama Cat, piccato, tornando in salotto con in spalla un fascio di corda.

Hutch solleva le braccia e lancia uno sguardo allusivo al suo ragazzo. «Tutto tuo» assicura, offrendosi di legare il loro prigioniero a una delle sedie del soggiorno mentre Cat lavora.

Cat, soddisfatto, recupera una sedia per sé e ci si accomoda a cavalcioni, osservando Eddie e valutandolo. «Raccontami» lo invita in tono curiosamente dolce.

«Un momento, devo prima medicare quella mano» protesta Maloney, appena sopraggiunto.

«Doc, ritengo che possa parlare anche mentre voi ci lavorate» fa notare. «Oh, giusto! Devo recuperare il mio coltello.»

Sia Maloney che Eddie sgranano gli occhi. Il secondo avrebbe piacere di non essere nei paraggi, mentre il ragazzo si avvicina, ma Hutch sta facendo un ottimo lavoro con le corde, e già si ritrova impossibilitato a muoversi. Cat gli afferra il polso destro, lo solleva, stringe le dita attorno all'impugnatura della sua lama e la recupera con uno strattone, disinteressandosi del mugolio agonizzante di Eddie e del colorito verdognolo di Maloney che nonostante ne abbia viste tante deve ancora fare l'abitudine a certe manovre.

Prima che abbia il tempo di tornare a sedersi e riprendere con l'interrogatorio, il campanello della porta d'ingresso trilla allegramente. Tutti i presenti levano il capo, chi più chi meno angosciati dalla novità, poi Cat sogghigna per l'ennesima volta in quella strana mattinata, e Hutch sente l'ennesimo brivido salirgli lungo la schiena.

«Le cose si fanno interessanti» canticchia Cat, mentre attraversa l'appartamento per accogliere il nuovo venuto.

Hutch sbuffa, annoiato, prevedendo altre grane. Maloney scuote la testa e riprende il suo lavoro sulla mano ferita. Eddie inizia a pensare che avrebbe fatto meglio ad ammazzare Joey e fuggire in qualche landa sperduta; quella gente sembra più pazza persino del suo capo.