«Ehi… Hai fame? Conosco un posto non troppo lontano da qui che fa dell'ottima feijoada» propone Salud.

Il silenzio si installa sulla pista per qualche lungo momento. Probabilmente il pilota sta valutando l'offerta.

«Non so cosa sia, ma sì, ne ho parecchia di fame. Quindi fai strada che ti seguo» accetta infine, facendo sorridere ancora una volta Salud.

Il tizio, chiunque sia e da qualunque luogo sia spuntato, sembra piuttosto in gamba nel rallegrare il nostro amico meccanico.

«Bene. Ehi, non mi hai ancora detto com'è che ti chiami» esclama.

«Nemmeno tu. Ma preferirei vederti in faccia prima di fare le presentazioni ufficiali. In questo posto di cui parlavi prima, la luce ce l'hanno, vero?»

Eccolo, di nuovo. Il pilota ride, e stavolta Salud lo segue a ruota, stranamente allegro.

«Ovvio che sì. Hanno la luce, hanno le panche e i tavoli, hanno cibo e bevande. Pensa, hanno perfino la musica» scherza divertito.

«Oh, ci mancherebbe! Non sono certo venuto fin quaggiù per ritrovarmi in un mortuorio senza musica.»

«Ah no? E allora perché sei venuto?»

«Beh, mi pare evidente: per divertirmi!»

Che dire? L'aereo non s'è schiantato sulla loro pista e Salud ne ha guadagnato una buona compagnia per una sera. Poteva andare peggio, decisamente. Invece ora può finalmente avviarsi in città, e non lo deve neppure fare da solo! Ogni tanto le cose vanno per il verso giusto, pure quando sembrano fatte apposta per incasinarti la serata.

«Per la miseria!» esclama d'un tratto il pilota che lo sta tallonando lungo la strada. Ormai non manca più molto al centro abitato, il percorso è ora asfaltato e spunta qua e là qualche lampione a illuminare la via. Presto saranno nel piacevole via vai di gente che è uscita a cena e per divertirsi, esattamente quel che intendono fare loro. «Sei assolutamente enorme! Molto più di quel che mi era parso prima sulla pista.»

Salud sbuffa una risata e scuote la testa. «Preferivi rimanere all'oscuro, immagino» ribatte con una lieve nota sarcastica.

«Che? No, affatto. Sottolineo solo l'ovvio. A volte mi capita» commenta leggero.

Un po' sorpreso suo malgrado, Salud si volta per cercare di valutare se il pilota da strapazzo che si è ritrovato fra capo e collo senza preavviso lo stia o meno prendendo per i fondelli. E a quel punto rimane impietrito, quasi inciampando nei suoi stessi piedi mentre indietreggia involontariamente e vedendosi per questo costretto a fermarsi per evitare di finire lungo disteso per terra.

«Che c'è? Ho qualcosa che non va?» indaga. Si porta le mani fra i capelli, provando a valutare con le dita le loro condizioni. «È un po' che non mi guardo allo specchio, devo essere un vero casino, eh?»

Salud boccheggia, apparentemente incapace di collegare le informazioni che lo hanno appena assalito e mettere assieme un pensiero che abbia senso. «Tu… T-tu sei…»

«Quello che è atterrato sulla tua pista con un monoposto senza luci, sì. Pensavo lo avessimo già stabilito da un pezzo» si burla divertito.

«No… Io… Tu…» balbetta incerto.

«Dovrai provare con qualche altra parola, se vuoi spiegarmi il tuo problema, sai» lo deride con un piccolo sogghigno che gli arriccia un angolo della bocca.

«Sei un ragazzino» affanna Salud, gli occhi fuori dalle orbite per la sorpresa.

«Ehi! Attento a come parli, scimmione! Io non sono un ragazzino, ho quasi diciotto anni, che credi? Cioè, li compirò tra quattro mesi, ecco… Ma non è questo il punto!» si inalbera, visibilmente contrariato.

«Scusa, non intendevo offenderti. Sono solo sorpreso, perché, ecco… sei arrivato con quello strambo aggeggio e sei pure riuscito ad atterrare senza un graffio, e così pensavo…»

«Smetti di insultare il mio aereo. Si può sapere che cos'hai contro di lui?» protesta piccato.

«Oh, no, non stavo… Cercavo solo di spiegarti. Non ho nulla in contrario verso il tuo aereo.»

Il ragazzino… Beh, comunque sia, il pilota, inarca un sopracciglio prendendo un'aria molto scettica.

«Non sei granché convincente, te lo devo proprio dire» fa notare con giusto una punta di acidità.

«Eh, immagino di no. Il fatto è che non mi aspettavo di scoprirti così giovane. Sono un po' invidioso, per la verità» borbotta costernato.

Sgrana gli occhi, poi arriccia il naso in un modo piuttosto buffo e si scompiglia i capelli con una mano. Più di quanto già non fossero un momento prima, cosa che francamente Salud non riteneva fosse possibile. Ma a quanto sembra il ragazzino può permettersi questo e altro.

«Non credo di capire» ammette quest'ultimo, dopo un consistente lasso di tempo, apparendo visibilmente perplesso.

«Beh, ecco, il fatto è che sono mesi che sto provando a far sollevare da terra un aereo, uno qualsiasi in effetti, ma non mi riesce affatto. Chiaro che sbaglio qualcosa, ma nessuno mi dice mai che cosa sia. E poi tu arrivi nel bel mezzo della sera, già con il buio incombente; tu, con il tuo piccolo aereo che lo si vede appena, e lo fai sembrare di una semplicità disarmante…»

«Ehm… Non proprio. È stato un po' faticoso, in realtà» dissente, indeciso se essere indispettito oppure divertito.

«Suppongo lo sia stato, ma il risultato non cambia: a terra ci sei arrivato tutto intero. Quindi, ecco, mi sono trovato un po' spiazzato quando mi sei capitato davanti e ho dovuto fare i conti con il fatto che un ragazzino… Uh! Scusa!» esclama già pentito, dopo aver visto la sua espressione rabbuiarsi. «Volevo dire, un giovanotto come te riuscisse laddove io non faccio altro che fallire» spiega impacciato.

Il pilota rimane qualche momento in silenzio, studiando il suo interlocutore, poi soffia una lieve risata. «Ammetto che quando vuoi sei proprio bravo a lusingare la gente. Offrimi anche la cena e sarò tuo per sempre!» esclama divertito.

Il volto di Salud si imporpora di sconcerto e imbarazzo. Fottuti piloti!