L'occhiata cupa che si guadagna nel momento in cui Cat lo scorge non lo fa ben sperare. Ciò nonostante decide comunque di rischiare. Che cos'altro gli resta da fare, dopo tutto? Può accettare insulti e graffi, ma non l'idea di averlo perso, quello non lo può proprio fare. Il suo gattaccio è rimasto rannicchiato sulla panca, in attesa, senza togliergli lo sguardo di dosso, ma con il suo farsi più vicino i suoi occhi si sono ristretti fino a non farne scorgere che due schegge di ghiaccio affilato.

«Che cosa fai qui?» lo accoglie la sua voce in un tono acre.

Hutch si è fermato a pochi passi da lui, indeciso. Ha intenzione di dirgli tutto quanto? Cat lo accetterebbe? Gli crederebbe? Ma vuole provarci, perché non ha molto altro da offrire, se non la verità, per lo meno dal suo punto di vista.

«Volevo accertarmi che stessi bene» prova esitante.

Cat stiracchia un sorriso sarcastico. «Oh, certo. Perché supponi che potrei fare qualcosa di molto stupido e pericoloso, giusto?» lo rimbecca.

Scuote la testa, un po' sconsolato. «No, io… Temevo che la gente che ci cerca scegliesse proprio oggi per farsi viva. E…»

«Nh! Una ben strana coincidenza, sarebbe. Potresti sempre spedirgli una lettera spiegandogli che non è il momento giusto. Oh, è vero, non sai scrivere» lo deride, continuando a fissarlo negli occhi.

Hutch si tende, incassa la testa fra le spalle e rinserra i pugni. Poi però sospira e una smorfia afflitta prende il posto del precedente cipiglio offeso. Annuisce piano, dondolandosi a disagio da un piede all'altro alternativamente.

«Hai ragione, e… e mi dispiace per… per averti insultato in quel modo. Non era quel che intendevo fare. Cercavo solo di…» affanna, incerto su cosa dire che non lo metta ancora più di cattivo umore.

«Quel che cercavi era un modo per controllarmi fingendo che fosse per il mio bene» sbotta amareggiato.

«No! Non è quel che ho fatto» protesta, abbastanza disperato. «Non ho mai finto nulla. Non ne sono neppure capace, e lo sai che è così.»

«Io non so nulla, Hutch. Quel che credevo di sapere, ora come ora, suona tanto come una menzogna. E io sono stanco di bugie.»

«Non ti ho mentito!» nega con forza. «Non l'ho mai fatto. Posso aver… taciuto, se pensavo fosse qualcosa di sgradevole, ma non ho mai mentito. Tutto quel che ho detto l'ho affermato perché lo pensavo. Qualche volta potrei aver pronunciato parole spiacevoli perché ero arrabbiato o frustrato, ma il resto… tutto il resto era vero.»

«E allora devi essere piuttosto confuso su ciò che pensi, perché prima sostieni di credere nelle mie possibilità, poi dimentichi casualmente di informarmi dei tuoi progetti e devo prenderne atto solo quando sono palesi e non rimane altra scelta che sottomettercisi. Sai, è accaduto abbastanza di frequente che tu scordassi di chiedere un mio parere. Devo dedurre sia il tuo abituale modo di agire.»

Hutch, durante la tirata di Cat, si è fatto piuttosto pallido e angosciato. Sta tentando di analizzare il suo passato comportamento per capire se quel che gli ha appena fatto notare Cat corrisponda al vero. Una smorfia costernata gli piega le labbra nel momento in cui arriva alla conclusione che: sì, è accaduto spesso e volentieri.

«Scusa» soffia mortificato. «Non me n'ero mai reso conto» ammette sconfitto.

«Sei proprio un idiota» considera Cat con un curioso tono perplesso e insieme divertito.

«Non intendevo mancarti di rispetto. Solo, a volte dimentico di riflettere.»

«A volte?» replica con sarcasmo.

Hutch sospira e scrolla le spalle. «D'accordo, spesso» concede.

Cat sorride lievemente. Il cuore di Hutch accelera.

«È difficile per me riuscire a dare fiducia alla gente» considera Cat, pensieroso.

«Lo so» soffia, dispiaciuto, sapendo di averlo deluso e ferito.

«Ho pensato di… di essere stato ingannato» mormora, mordicchiandosi un labbro.

«Questo no!» sbotta a occhi sgranati. «Non l'ho mai fatto, e neppure ne ho mai avuto intenzione.»

Annuisce, visibilmente titubante. «Non so che fare» ammette, stringendosi nelle spalle.

Hutch arrischia a farsi un poco più accosto e si siede a gambe incrociate sul prato poco lontano dalla panca. Attende qualche lungo momento, osservando Cat e provando a indovinare i suoi pensieri senza riuscire a venirne a capo.

«È abbastanza spiacevole, per me, avere l'impressione di non essere preso in considerazione. Troppo spesso, in passato, mi è accaduto. Non credo di poterlo accettare di nuovo, Hutch. Mi sentirei preso in giro, capisci?»

Annuisce, e nel contempo cerca di non mettersi a piangere, anche se le parole di Cat hanno tanto il sapore di un ben servito. Potrebbe strisciare ai suoi piedi e giurargli di non commettere altri sbagli simili, ma ha il timore che diventerebbe rapidamente uno spergiuro e l'idea non gli garba molto.

«P-potresti prendermi a calci quando commetto un errore» propone incerto.

Cat sbuffa piano, in una lieve risata divertita. «Ho il presentimento che ti ritroveresti ricoperto di lividi in pochissimo tempo» scherza, nonostante abbia l'espressione abbastanza infelice.

«Allora dimmi tu quel che vuoi che faccia. Purché… tu non intenda cacciarmi via» soffia, spaventato a quella prospettiva.

«Forse… ho solo bisogno di un po' di tempo da solo» considera esitante.

Hutch sbianca di nuovo. «Ti prego… no» affanna spaventato.

Cat solleva lo sguardo su di lui e piega il capo di lato, incerto. «L'idea non rallegra neppure me, se devo essere sincero. Per di più c'è la prospettiva dell'imminente arrivo di quei tizi qui in città, e non mi sembra il momento giusto per dividere le nostre strade» conviene pensieroso. Si passa una mano fra i capelli, riflettendo. «Mi sento in modo strano, Hutch. Una parte di me ha il terrore di essere tradito ancora una volta. Ma dall'altro lato avverto un disperato bisogno che tu mi stringa di nuovo. E… Cristo, fa così male.»

Gli tremano le labbra. Avrebbe una gran voglia di alzarsi e fare esattamente quel che ha detto Cat: stringerlo a sé e non mollarlo più. Al tempo stesso è spaventato all'idea che possa respingerlo perché ha agito in un modo che gli è spiaciuto, oppure perché ha deciso senza tenere conto del suo parere. Sì, forse quest'ultima possibilità è la più realistica al momento. Magari potrebbe semplicemente supplicarlo di permettergli di tenerlo fra le braccia. Funzionerebbe? Oppure lo prenderebbe per uno smidollato?

«Cat» soffia angosciato.

Il modo in cui i suoi occhi chiari lo scrutano gli dà i brividi. «Sai, ho pensato di aver commesso un errore nel fidarmi di qualcuno, di te. Eppure… Credo che non farlo avrebbe distrutto definitivamente la mia vita. Parlo di anni fa, Hutch; di quando, sai, quella prima volta tu… mi hai sorriso e qualche cosa era cambiato qui, dentro la mia testa. Allora ho pensato che forse…forse… Ho pensato male, Hutch?» chiede, sembrando disperato.

«No» soffia, scuotendo la testa. «No, Cat. Io sono tuo. Qualunque cosa tu cerchi, puoi domandarmela, e io farei tutto il possibile per dartela, e se non fosse sufficiente, allora tenterei con l'impossibile.»

Cat ride, si allunga oltre la panca e scivola su di lui, morbido e tiepido, sospirando nel suo conosciuto abbraccio.

Eddie si sta stancando. Contare le pigne è noioso, ma guardare quei due idioti non lo rallegra molto di più. Beh, almeno sembra abbiano fatto pace, è già qualcosa. Si chiede se servirà, quando arriveranno gli uomini del suo ex-capo. Forse sì, dopo tutto. Il ragazzo è abbastanza spaventoso, quando fa sul serio, e un'occhiata a quell'altro gli suggerisce che c'è poco di cui scherzare con lui, se decide che sei tra i piedi nel momento sbagliato. Annuisce tra sé e si mette comodo sull'erba, aspettando che abbiano terminato con le loro moine e siano finalmente pronti a fare ritorno all'appartamento. Forse, là, anche il ragazzino sarà di qualche aiuto, una volta ristabilitosi; sembrano tutti convinti che abbia del potenziale, sotto tutta quell'apparenza di pomposa boria da damerino vanesio.

«Mah, speriamo in bene» borbotta fra sé, osservando pigramente le nuvole scivolare leggere nel cielo che si sta facendo aranciato in previsione del tramonto.