«Bonjour, Cat. Je te dérange, peut-être?» si accerta l'appena arrivato Arsène, scorgendo la strana occhiata che gli scocca l'amico alla sua comparsa.
«Affatto. Anzi, capiti giusto nel momento più indicato. Entra, dai» lo invita, con un piccolo sorriso gentile che riserva solo a Hutch e ad Arsène.
Quest'ultimo gli sta alle calcagna, seguendolo fino alla soglia del soggiorno, e lì si blocca, sorpreso e incerto.
«Qu'est-ce qui se passe ici?» esclama, un pizzico stupefatto.
Hutch leva gli occhi al cielo e borbotta «Ecco, ci mancava solo la scimmietta seccante per completare la mattinata disgraziata.» Ma il suo Cat gli scocca un'occhiata divertita che lo tranquillizza.
«Mio giovane Lupin, ti presento Eddie.»
Arsène spalanca gli occhi, si volta a fissare Cat che lo osserva di rimando e poi scoppia a ridere.
«Quoi, donc? È venuto a infilarsi da voi spontaneamente?» esclama incredulo.
Cat fa spallucce. «Diciamo che faceva una visitina. Era giù in strada, sembrava sentirsi solo, così l'abbiamo invitato su in casa.»
«Ah, bon, c'est bien gentil de votre part» commenta divertito. «Qu'allez-vous en faire?»
«Quattro chiacchiere tra amici, naturalmente. Può darsi che si fermi per cena» considera, occhieggiando Eddie che ora è certo di aver commesso un errore.
«Vraiment? Et penses-tu que moi aussi je peux rester pour le dîner?» indaga intrigato dalla nuova situazione.
«Non vedo perché no» conviene Cat, facendolo accomodare su una poltrona.
Maloney nel mentre sta cercando di concentrarsi sulla mano del suo nuovo paziente, ma gli scambi dei due ragazzi lo distraggono abbastanza, di fatti un momento dopo Eddie sussulta, mugolando una volta di più. «Ups! Perdonate, non intendevo» prova a scusarsi.
Cat rimane assorto a osservare il lavoro del dottore ancora per qualche momento, infine si riaccomoda sulla sua sedia, appoggia il mento sul palmo di una mano e fissa Eddie negli occhi.
«Pensavo foste cieco» tenta quest'ultimo.
«Oh, lo ero. Grazie a quello che avevi definito nostro amico. La situazione è migliorata, da allora, come puoi constatare da te. Ora, se non ti dispiace, dimmi qualcosa di più sul motivo della tua visita, e di questo irreale capo di cui parlavi.»
«Non è irreale. Esiste. Noi lo sappiamo bene» protesta Eddie.
«Noi… Immagino tu non intenda semplicemente tu e Joey, dico bene? Quanti sono?»
«Più di quanti possiate sospettarne» replica stizzito.
Cat per tutta risposta sogghigna. «Ho una discreta immaginazione. Non sottovalutare i tuoi avversari, potresti pentirtene prima di quanto tu non creda.»
Scuote la testa, desolato. «Non lo faccio. Almeno questa lezione l'ho imparata. Io, per lo meno, il mio giovane e stolto collega non ancora, e per come si stanno mettendo le cose dubito ne avrà il tempo.»
«Oh? E come si stanno mettendo le cose, esattamente?»
«Non bene. A giudicare dall'ultima missiva del nostro capo, pare si sia stancato di aspettare. Ha intenzione di recuperare almeno una parte di quell'oro e occuparsi di voi, visto che dal rosso non potrà più avere nulla.»
«E?» lo sprona, seccato per la perdita di tempo.
«Dato che ha come ultimo riferimento la Francia, spedirà qui un po' dei suoi. Lui no, ha troppo da seguire in America per potersi spostare così lontano.»
«Nh! Quindi anche per questa volta rimarrà un fantasma con molti mezzi» considera annoiato.
«Esatto. Ma non sottovalutate quei mezzi. Sono riuscito a trovarvi io. Possono farlo altri.»
Cat annuisce, pensieroso. «Il tuo compare?»
Eddie sbuffa una risata amara. «È una rottura di palle che mi hanno affibbiato a Las Cruces. Ne farei volentieri a meno. In effetti, spesso ci ho pensato. Di certo non sarà lui a scovarvi. Anzi, ha intenzione di chiedere al capo di permettergli di tornare. Si farà ammazzare, quell'idiota» borbotta.
«Intanto c'è mancato un pelo che non facesse ammazzare noi» fa presente Cat. «Te lo dico per essere franco: se si avvicina a questo palazzo non attenderò che suoni alla porta, e neppure ho intenzione di farci due chiacchiere come sto facendo con te.»
Annuisce, consapevole che ovunque Joey intenda voltarsi, troverà una morte più o meno rapida e implacabile. Non che non lo abbia avvertito, ben inteso. Lo ha fatto, con le buone e con le cattive (queste ultime di preferenza), ma quello scemo non è stato a sentirlo, quindi Eddie ci ha messo una pietra sopra. Di fatti Joey non ha idea di dove sia finito il suo collega.
«Allora, sentiamo, quanta gente intende spedire in Europa il vostro capo?»
«Una guida con cinque altri uomini che facciano il lavoro sporco.»
Hutch si pietrifica e inizia a pensare che neppure una città enorme e tentacolare come Parigi riuscirà a tenerli al sicuro per molto ancora. Ma a sorpresa arriva qualcuno a contraddirlo.
«Posso procurare almeno un paio di posti in cui quella specie di cane da caccia non saprebbe come rintracciarvi neppure se aveste una salsiccia appesa al collo» interviene Arsène, seduto a gambe incrociate sulla sua poltrona.
Cat si volta, lo osserva e sorride, annuendo. «Prendo in dovuta considerazione la tua offerta. Ne discuteremo più dettagliatamente non appena avrò concluso la chiacchierata con il signor Eddie.» Torna così a puntare lo sguardo inquisitore sulla sua preda del momento. «Sai quel che voglio sapere ora?»
Eddie deglutisce nervoso e tenta. «Il motivo per cui mi trovo qui a parlarvi dei piani del mio capo» soffia a disagio.
«Proprio così. Che cosa speri te ne venga in tasca? Perché suppongo sia questo il tuo pensiero, giusto?»
Si mordicchia un labbro, ansioso. «Lui è scontento del nostro lavoro: troppo tempo trascorso ad attendere inutilmente, troppi fondi sprecati senza ottenere la giusta contropartita. Joey… lui non lo capisce, ma è già morto. Io ho voglia di continuare a vivere ancora per qualche anno, possibilmente senza guardarmi le spalle in continuazione, aspettandomi una fine da un momento all'altro. Non posso tornare in America. Lui ha troppi agganci, lì, per sperare di scomparire in modo efficace. Ma qui, in Europa, da solo… Non so bene che fare. Sono abbastanza perso. Ho l'impressione di non avere scelta. O almeno, l'avevo fino a qualche giorno fa. Poi ho riflettuto e…»
«E hai pensato che non sei proprio da solo» completa per lui Cat.
Geme, piano, fissandolo negli occhi con una nota di disperazione. «Io… Non voglio morire. Non ancora. Non sono pronto.»
«Chi lo è?» considera Cat, distaccato e pensieroso.
«Cat» soffia, lì accanto, la voce profonda di Hutch.
Hutch. Lo aveva quasi scordato, nella complessa situazione in cui si trovano. Volta il capo e incontra il suo sguardo. È preoccupato. Quando non lo è, d'altronde? Ultimamente non fa che preoccuparsi per lui, in continuazione. Ma ora il suo sguardo possiede una nuova urgenza, una che attira l'attenzione di Cat. Aggrotta le sopracciglia e raddrizza la schiena.
«Hutch?» chiede incerto.
«Posso… parlarti?» prova irrequieto.
Gli occhi di Cat si sgranano impercettibilmente. Riflette con rapidità, torna su di lui e, piano, annuisce. Si rimette in piedi e gli indirizza un cenno della testa, indicandogli di seguirlo nella loro camera.
