Salud, una volta raggiunto il magazzino che ospita il suo minuscolo appartamento, si tuffa in uno sgabuzzino alla ricerca di qualcosa che il pilota non saprebbe identificare, di certo non basandosi sulle vaghe spiegazioni dell'uomo. Decide di limitarsi a restare piantato in mezzo alla stanza in attesa, anche se preferirebbe di gran lunga attendere scompostamente disteso per terra. Siccome però il tizio massiccio che lo ha accolto non sembra apprezzare quel genere di comportamento indolente, prova a limitare le proprie stravaganze, almeno fintanto che sarà suo ospite.

«Ohi! Eccolo! Lo sapevo che doveva essersi nascosto da qualche parte.»

«Di cos'è che parli?» prova a informarsi, abbastanza perplesso.

Un momento dopo lo vede finalmente uscire dal buco polveroso che ha definito ripostiglio e suo malgrado sgrana gli occhi. Quello che ha sotto braccio sembrerebbe proprio un materasso.

«È quel che penso?»

«Secondo te?» lo apostrofa di mala grazia.

«Secondo me è un materasso, anche se ha l'aria abbastanza malconcia» rimbecca, per nulla intimidito dai modi bruschi del suo anfitrione.

«Beh! Te lo dovrai far bastare, perché di meglio stanotte non ho» gli sbotta contro, sembrando abbastanza impermalito.

Sgrana gli occhi, di nuovo. Quell'uomo non fa altro che sorprenderlo, a quanto pare. «Non intendevo dire…» prova, un poco mortificato per l'involontario malinteso.

«Oh, taci, per l'amor del cielo!»

Serra le labbra, più strette che può, sperando di non scoppiare a ridere a causa della buffa situazione, o rovinerebbe l'effetto. Bene! Fatto. Sta diventando bravo a eseguire gli ordini perentori… Forse.

«Senti, non so quali siano i tuoi programmi, ma i miei sono quelli di farmi una doccia veloce e poi di buttarmi diritto nel letto almeno fino all'alba di domattina.»

Annuisce in maniera vigorosa, dimostrando oltre ogni ragionevole dubbio il proprio totale assenso a quel piano che suona così delizioso alle sue orecchie esauste (e non solo quelle).

«Grande! Ora ti mostro dove sta il bagno, così quando termino io puoi usarlo tu. D'accordo?»

Ancora una volta annuisce, questa volta sforzandosi di farlo sembrare un gesto estremamente solenne e compìto. Il tutto in religioso silenzio, con l'obiettivo ben fisso in mente di abbreviare il più possibile ogni eventuale contrattempo e inutile convenevole. L'altro sembra piacevolmente soddisfatto di quel suo lato collaborativo e lo guida in una veloce visita delle comodità del posto. Ha visto ben di peggio: si adatterà facilmente. È felice come un bambino la sera di Natale perché il suo Comper Swift è al sicuro, addirittura in un hangar attrezzato, e lui si sta apprestando a farsi la prima doccia dopo quasi cinque giorni di tribolazioni e una vera dormita su un vero materasso (quasi). Chi diavolo sapeva che atterrare alla cieca sarebbe stato tanto proficuo e piacevole? Se solo lo avesse immaginato, ci avrebbe provato molto prima. Ma ha l'impressione che senza quell'ammasso di muscoli che si sta agitando di fronte ai suoi occhi divertiti l'avventura non si sarebbe rivelata altrettanto piacevole.

L'acqua che gli scorre addosso tiepida è di una bellezza sconvolgente, ha lo strano effetto di infondere placida calma e al tempo stesso traboccante energia. Sorride come uno scemo sotto il getto del soffione e valuta l'opportunità di un poco di divertimento supplementare. Poi riflette che, nell'altra stanza, c'è quella specie di montagna incazzosa, e quindi desiste dai suoi dubbi propositi, non senza una lieve punta di rammarico. Magari tornerà su quell'idea in un momento più propizio. Ora come ora è il caso di smettere di sguazzare inutilmente sotto l'acqua e di darsi una sistemata per la notte. Purtroppo tutti i suoi ricambi d'abito sono irrimediabilmente sporchi; in quegli ultimi giorni non ha avuto modo di dar loro una ripulita e teme che dovrà accontentarsi. Almeno lui è pulito, si tratta comunque di un bel passo avanti. E tuttavia, mentre esce grondante dalla doccia e recupera un telo per asciugarsi, nota sullo sgabello lì accanto qualcosa che lo lascia ancora una volta a bocca aperta. Si avvicina, con timida cautela, allunga una mano e sfiora con la punta delle dita quel che sosta sopra lo sgabello malconcio: vestiti puliti. Non sa bene se ridere di inaspettata gioia oppure piagnucolare di commozione. Resta invece un altro lungo momento in attonita contemplazione, infine si decide a sollevare quel che si trova in cima alla piccola pila di tessuto, scoprendone una maglietta. Stavolta si lascia sul serio sfuggire una piccola risata: è enorme! Ci nuoterà letteralmente dentro. E lo stesso discorso vale per i pantaloni che srotola curioso. Sospira, con uno smisurato sorriso che sosta sulle sue labbra, un sospiro felice. Il cotone della maglietta è morbido e un poco logoro, ma profuma di bucato fatto di recente. Si affretta nel terminare di asciugarsi, tamponando per bene i capelli gocciolanti, e si infila nella maglietta, che subito prende a pendergli di lato. Ridacchia ancora, come un idiota, e non ricorda di essersi mai sentito così soddisfatto prima di allora. I pantaloni li deve legare stretti in vita per evitare di farseli scivolare giù e rimanere con il culo all'aria, e arrotola un poco il fondo per non doverseli trascinare dietro come uno strascico da sposa. Quando finalmente sbuca fuori dal bagno ha un'altra piacevole sorpresa che lo attende: il materasso di fortuna è posato su di una vecchia rete militare ed è ricoperto da lenzuola e coperta, nonché dotato di un guanciale dall'aspetto piuttosto invitante.

Si volta in direzione del padrone di casa, o almeno di quel tizio che gli dà alloggio, che è attualmente disteso supino sul suo letto, e gli sfodera contro uno dei suoi migliori sorrisi.

«Grazie. Sai, non eri obbligato a… beh, fare tutto questo, ecco…» tentenna, improvvisamente un po' imbarazzato e confuso da quell'evidente quanto incomprensibile dispiegamento di forze per qualcuno che, a ben vedere, conosce da sì e no quattro ore.

Salud lo fissa un lungo momento, la fronte corrugata, poi soffia fuori uno sbuffo che suona piuttosto seccato. «Sei una gran rottura di palle. Piantala di ciarlare a vanvera e approfitta di quel che sono riuscito a recuperare questa sera per dormire, finalmente. Forse così mi risparmierò, per qualche ora, il tuo irritante cicaleccio» borbotta.

Sorride deliziato e annuisce cooperativo. «Farò esattamente quel che hai suggerito. Buona notte.»

Tutto quel che ottiene è un grugnito e un borbottio scocciato, ma va bene così. Più che bene!