Dovrebbe dormire. L'indomani hanno stabilito di volare e sarebbe opportuno riposare in modo adeguato per dedicare alla giornata tutta l'attenzione possibile. Ma la loro ultima conversazione gli frulla in testa in un circolo senza fine, e per di più non gli riesce di smettere di osservarlo dormire. Ha qualche cosa di rilassante, il lieve sollevarsi del suo petto, l'impercettibile tremolio delle sue ciglia, la buffa piega delle sue labbra. Ah, dovrebbe proprio dormire, invece di fissare un ragazzino addormentato come farebbe un maniaco!

Plata gli sta spiegando qualcosa sull'aerodinamica e su un misterioso concetto che ha definito portanza. O per lo meno, ci sta provando. Ma stanno sorvolando un tratto di foresta e Salud crede di aver avvistato un animale, ma non è sicuro su che tipo di creatura sia.

«Ehi, scimmione. Non hai ascoltato una singola parola di quel che ho detto, vero?»

Salud, distratto nella sua ricerca dalla voce di Plata si volta a fissarlo e aggrotta la fronte. Poi rielabora la domanda del pilota e arrossisce.

«Uh… Penso di no» ammette contrito.

Si sarebbe aspettato che si offuscasse perché non gli ha prestato attenzione quando avrebbe dovuto, invece il piccoletto sta sorridendo.

«Ho il sospetto che dovremmo discutere delle questioni tecniche quando siamo a terra. Ogni volta che saliamo in cielo non mi dai mai retta.» Si volta appena e gli scocca un'occhiata sorniona. «Lo sai, dovrei essere offeso perché preferisci cercare qualcosa laggiù piuttosto che fare attenzione a quel che hai quassù.»

Salud spalanca la bocca, sorpreso. Poi arrossisce di nuovo. «Scusa» mugola desolato.

In cambio ottiene una risata allegra. «Lascia perdere. Non me la prendo con te, sai. Lo posso capire che stare quassù ha il suo fascino.»

«Più d'uno» replica il meccanico, concedendogli un sorrisetto storto.

«Oh, vorrei ben vedere!» esclama allegro.

«Questo posto è davvero spettacolare. Scommetto che se trascorressi il resto dei miei giorni tentando di sorvolarlo tutto non ne avrei mai abbastanza, di tempo.»

Salud lo sta osservando: i suoi occhi chiari e luminosi e il suo piccolo sorriso un po' arricciato.

«Potresti provare» propone con un fondo di speranza dentro al petto.

Plata lo guarda, studiandolo per lunghi istanti e facendolo rabbrividire. «Dici che dovrei?»

Si stringe nelle spalle e torna a scrutare fuori dall'abitacolo del Piper. «Penso che potrebbe valerne la pena. Un bel giorno scopriresti di aver trovato quel che cerchi.»

Annuisce e dolcemente vira a est, seguendo la curva del corso d'acqua. Salud non comprende immediatamente le sue intenzioni, ma d'un tratto lo vede.

«È blu!» esclama stupefatto.

Una risata gioiosa lo distrae appena un momento, ma presto torna a osservare l'uccello blu.

«Pappagallo. Dal colore direi un'ara giacinto.»

Salud lo sogguarda di nuovo, confuso. «Ma tu non venivi dal Canada?» obbietta.

«Sarebbe dal Michigan, per la precisione. Ma in che modo questo dovrebbe impedirmi di vedere che è blu e che è un pappagallo?»

Rimane un momento interdetto, poi scuote la testa. «Non intendevo questo.»

«Prima di atterrare sulla vostra pista ho fatto un po' di strada. Non è la prima volta che mi capita di vedere i pappagalli che avete in Amazzonia. Mi sono incuriosito e ho spulciato un po' in giro per informarmi. Hai per caso qualcosa in contrario?» lo sfida, con una lucetta maliziosa nello sguardo.

«No, no! Per carità» si difende, mettendo le mani avanti, ma in qualche modo trovando la situazione piuttosto buffa.

«Ottimo, perché potrei pensare di buttarti fuori, e sarebbe un bel volo, ma solo e unicamente in discesa.»

«Mh, permaloso» borbotta Salud.

«Oh, solo di tanto in tanto, non preoccuparti. E comunque sarebbe un'idea sciocca la mia: perché privarmi del piacere di punzecchiarti mentre ammiro la distesa amazzonica?»

Per un momento si imbroncia, ma l'offesa passa in fretta. Il pilota piega le ali del Piper per dirigerlo verso un altro punto. Salud scorge una macchia di un verde più brillante e poco distante una turchese e gialla: altri pappagalli. Si direbbe che il suo pilota gli stia facendo fare una visita guidata della fauna locale.

«Allora» prova mentre stanno dirigendo il muso del Piper verso il campo volo. «Come mai sei volato verso sud, nel tuo viaggio dal Canada?»

«È sempre il Michigan» puntualizza Plata. «E chiaramente mi sono diretto a sud perché se fossi volato a nord a quest'ora sarei un ghiacciolo ricoperto di neve e lo stesso sarebbe successo al mio Comper Swift.»

Rimane un momento interdetto. «Mi stai prendendo in giro?» si accerta.

«Sì e no. A tuo parere da che parte avrei dovuto volare? A est c'è l'Atlantico e il mio aereo è troppo piccolo per attraversare un oceano. Potevo prendere a ovest.» Ci pensa su, arricciando le labbra. Fa spallucce e lo fissa divertito. «Mi andava di stare un po' al caldo e scoprire se mi sarei abbronzato» conclude con leggerezza.

«Non so com'eri prima, ma mi pare che tu abbia preso colore» dubita Salud.

«Sicuramente. Prima ero bianchiccio, avresti dovuto vedermi! Le mie chiappe lattiginose lo testimoniano benissimo.» Adocchia un momento Salud e scuote la testa, sembrando un filo esasperato. «Non era un invito, tranquillo.»

Salud si imbroncia di nuovo, ma questa volta non per la punzecchiatura, quanto piuttosto per l'invito sfumato. Un giorno o l'altro spera vivamente di arrivare a capire se il ragazzino abbia o meno coscienza di quel suo civettare sottointendendo potenziali sviluppi che rimangono però invariabilmente pura teoria. Nel frattempo lui si sta crogiolando in quell'assurda situazione nella quale, a quanto pare, non può fare a meno di giocare con il fuoco e sperare di non bruciarsi. O forse sì?

Ma il campo volo ormai è in vista, e tra non molto lo attende il suo lavoro, con tutti i problemi che ne conseguono. Ma perché a lui arrivano sempre problemi? Perché non una buona novella, di tanto in tanto? Sogguarda un momento, con la coda dell'occhio, il pilota che gli sta accanto e si chiede se in realtà non sia già giunta da lui, a bordo di un paio di ali rosse e bianche.