In questo caso Hutch ha particolarmente insistito per accompagnare Cat nel suo sopralluogo dei due possibili ricoveri. Un telegramma all'ufficio postale del quartiere può tollerarlo; ma tutta quella strada fino al decimo arrondissement e ritorno, in luoghi potenzialmente infestati da sovversivi fuori di testa? Nemmeno a parlarne! Cat lo ha compreso molto in fretta e ha evitato di opporre resistenza, ben sapendo quanto sarebbe stato inutile sprecarci sopra le proprie energie. Inoltre un secondo parere riguardo a quel che si troveranno di fronte non fa certamente male. Chiaramente Maloney è rimasto all'attico, con due ottime motivazioni: la prima è ovvia e si tratta del benessere di Arsène e di monitorare le sue condizioni fisiche; la seconda, che ha fatto inarcare un sopracciglio di Cat e sbuffare Hutch, è quella di non dare nell'occhio… Come se la presenza di Hutch non sia sufficiente, da sola, a dare nell'occhio! Ma Cat ha colto il sottinteso e ha scosso la testa, facendo capire al suo uomo di lasciar perdere, poiché il loro dottore è un caso disperato e mai, per nessun motivo al mondo, si metterebbe volontariamente in pericolo, reale o immaginario che sia. Al contrario, a sorpresa, Cat ha rifiutato seccamente l'offerta di Pearce di accompagnarli per indicar loro l'esatta ubicazione dei locali. Invece si è fatto spiegare con cura come ritrovarli e cosa attendersi, poi lo ha piantato in asso lì nell'attico, dandogli ad intendere di non metterci radici perché al loro ritorno non avrebbe avuto piacere di ritrovarlo ancora nei paraggi. Hutch non ha ben compreso quella sua esortazione, né la strana occhiata che il suo ragazzo ha riservato all'oculista, ma conta di indagare in un secondo momento, quando saranno di ritorno al loro appartamento, possibilmente all'interno della loro camera. E infine c'è Eddie, che sembrava abbastanza combattuto fra l'idea di rimanere confinato nell'appartamento in compagnia dei due medici oppure rischiare il collo in giro per strade potenzialmente percorse da sicari desiderosi di fargli la pelle. A Cat non sembra una decisione così complessa, eppure Eddie è ancora mortalmente pallido e lancia occhiate in tralice all'oculista. Ma ora non ha proprio il tempo di indagare, dovrà farlo più tardi, dopo aver portato a termine la sua più importante e impellente missione.
«Sai già da dove inizieremo?» si informa Hutch, nel tentativo di prepararsi al peggio.
Cat gli lancia un'occhiata valutativa e abbastanza strana, che non riesce bene a comprendere.
«No. Devo riflettere. Quindi ora prenderemo un fiacre e partiremo per il decimo arrondissement. Strada facendo spero di avere le idee più chiare» ammette, sentendosi abbastanza disorientato.
«Qualcosa, che non sono quei sei, ti preoccupa» comprende infine Hutch.
Il ragazzo annuisce, pensieroso. «Già, ma ancora non so bene di cosa si tratti» si rammarica.
Durante parte del tragitto Hutch rimane in rispettoso silenzio, limitandosi a scrutare Cat che ha lo sguardo perso sulle strade che scorrono fuori dal finestrino, per lo meno fino a che il compagno sospira, mordicchiandosi nervosamente un labbro.
«Come mai hai rifiutato che Pearce ci seguisse?» mormora piano, sperando di non disturbarlo.
Per la prima volta da che sono saliti sul veicolo Cat si volta verso di lui e lo fissa qualche lungo momento, soprappensiero.
«C'è qualcosa che non va, riesco a… intuirlo, credo, ma non so cosa sia di preciso. E non riesco a fidarmi di lui, nonostante tutto» spiega titubante.
«Sarà quel suo sorriso irritante» propone Hutch in tono sarcastico, facendo sbuffare Cat divertito.
«No, non credo. Anche se devo ammettere che avevi ragione: è piuttosto inquietante e decisamente insopportabile. Ma non è questo che mi dà da pensare.» Hutch resta in silenzio, attendendo, osservando i pensieri scorrere negli occhi del suo Cat. «Eddie è spaventato da lui» soffia a un certo punto.
Hutch cruccia la fronte, perplesso. «Sul serio?» chiede dubbioso. Cat annuisce. «Non l'avevo notato. Perché lo è?»
«Non lo so, e questo non migliora la situazione. Ma il modo in cui lo fissa… Sembra quasi che tema qualche reazione imprevista e spiacevole da lui. Non sapevo neppure che si conoscessero.»
«Cosa ti fa pensare che si conoscano? Forse si sono semplicemente presentati mentre noi stavamo facendo… ehm… altro» prova incerto.
«Può darsi» conviene Cat, anche se è palese che non sia per nulla convinto della possibilità. «Eppure Eddie lo guarda in una maniera in cui di solito non si fissano gli sconosciuti. E Pearce… beh, lui non lo guarda affatto.»
«Cosa intendi?»
«Che, ripensandoci, sono piuttosto sicuro che l'oculista non gli abbia mai rivolto l'attenzione una singola volta.»
«E questo è strano?» indaga sempre più perplesso.
«Inusuale, più che altro. Se supponiamo che siano due perfetti estranei, sarebbe più ovvio se si prendessero del tempo per studiarsi, no?»
Hutch annuisce. «Credo di capire. Ma questo dove ci porta?»
«Non lo so. Non ancora. Ma devo tenere conto di questa stranezza, di questa singolarità, perché sono convinto che ci sia qualcosa di poco chiaro dietro questa faccenda e intendo scoprire di cosa si tratti» rimarca convinto.
Hutch sorride suo malgrado e gli stringe gentilmente una mano nella propria. «So che ne verrai a capo» mormora, posando un lieve bacio sulla sua tempia e godendosi il lieve imporporarsi delle sue gote.
Alla fine hanno stabilito di iniziare il sopralluogo dal locale che si nasconde (o dovrebbe nascondersi) sotto l'edificio che funge da ospedale. Hutch si è portato appresso un paio di pistole; avrebbe preferito la doppietta, ma è troppo ingombrante e avrebbe certamente dato nell'occhio. Cat non ha mancato di deriderlo e lanciargli occhiate beffarde, ma non gli ha impedito di agire come meglio crede, quindi Hutch si sente autorizzato a sparare al primo che tenta di avvicinarsi troppo al suo ragazzo.
«Tienile in tasca, però» si raccomanda Cat, che non ha nessuna voglia di finire nei guai prima ancora di aver effettivamente fatto qualcosa per meritarselo.
«Certo! Per chi mi hai preso?» si offende Hutch.
Quel che ottiene è un'occhiata ironica e un sorrisetto bastardo. Sbuffa, perché tanto già sa che non ci può fare nulla. Spera che abbia almeno con sé i suoi temibili coltelli, anche se dubita se ne separi mai, conoscendolo. Forse solo quando si mettono a letto, ma qualche volta ha il fondato sospetto che se li porti con sé sotto il guanciale (rabbrividisce a quel pensiero, e si rende conto di non saper stabilire se si tratti di un brivido di spavento o eccitazione).
«Oh, finiscila e vediamo questo tugurio francese!» sbotta seccato, godendosi la risatina del suo gattaccio e preparandosi, nel caso, a menar le mani.
Il posto in questione è effettivamente abbastanza squallido e decisamente polveroso, ma hanno visto di peggio negli anni, di molto peggio. Non è umido, se non altro, ed è molto più spazioso di quanto immaginassero; sembra che occupi tutto il sotterraneo dell'edificio che hanno sopra la testa.
«Non è male» si sbilancia Hutch.
«Doc darà di matto» replica Cat, scuotendo la testa. «Non ha neppure una misera finestrella che dà sulla strada.»
«Eh, sì: darà proprio di matto» conviene Hutch, sogghignando nell'immaginare l'espressione orripilata di Maloney.
Nel mentre Cat si sposta nel nuovo spazio sconosciuto con movimenti guardinghi e curiosi insieme. Hutch si limita a rimanere dove si trova, osservandolo a braccia conserte e non potendo impedirsi di arricciare le labbra in un lieve sorriso. Il suo micetto in azione è proprio una meraviglia della natura. In quel momento sembra un grosso coguaro intento ad annusare l'aria e a stabilire la direzione da prendere per stanare la sua preda. Adorabile!
«Delle scale» sussurra Cat, poco visibile oltre l'angolo di una parete.
Incurva un sopracciglio, perplesso. «Scale, qui sotto?» domanda nel dubbio di aver mal compreso.
«Già. E vanno giù. Chissà dove diavolo dovrebbero condurre» considera intrigato.
Hutch sbuffa e rotea gli occhi, maledicendo la tipica curiosità felina del suo compagno. Si ficcheranno in un mare di guai, come al solito. Accidentaccio!
«Arrivo» borbotta rassegnato. «Oh! Aspettami, eh!» aggiunge in tono minaccioso, con la sottintesa minaccia di gravi ripercussioni se mai decidesse di inoltrarsi giù per le sconosciute scale da solo.
«Sì, mamma» assicura con un largo sogghigno e gli occhi scintillanti.
