«Allora, sentiamo, hai trovato una soluzione?» lo accoglie Sandra al suo rientro, mentre sta riponendo il materiale utilizzato per rappezzare il ragazzino. Hutch replica con una smorfia desolata, facendola sbuffare. «Nemmeno una vaga idea?» incalza.
«Non proprio. Speravo di poterne discutere con voi» prova cauto.
Chiude gli occhi un lungo momento. Lentamente si massaggia una guancia, pensierosa. «Immagino che sia il caso» conviene, posando lo sguardo sul ragazzino e spostandolo poi su Hutch. «Conosci qualche cosa di lui? Il suo nome?»
«No, proprio niente» assicura.
«Perché era lì, Hutch? Non per il tuo cibo, immagino, o avrebbe preso le tue scorte e avrebbe lasciato te in casa» ragiona incerta.
Hutch storce le labbra in una smorfia contrita ma si vede costretto a dare di nuovo ragione a Sandra. «Lo so. Ma, davvero, non ho idea di quali siano i suoi motivi. Non so da dove arrivi, non so quanti anni abbia, né come si chiami. Non so assolutamente nulla.»
«Bene. Invece ho il sospetto che lui sappia qualche cosa sul tuo conto. Possibile che ti abbia osservato, nei giorni scorsi» ipotizza.
Hutch si irrigidisce suo malgrado. Forse Sandra ha ragione. Forse il piccoletto studiava i suoi movimenti. Perché? Non ha nessuna risposta, solo altre domande. A cosa gli sarebbe servito tenerlo d'occhio? A sapere quando la casa fosse vuota? Di nuovo: perché? Casa sua non era certo una villa di lusso; non c'era nulla di davvero importante da rubare, e quel poco non è stato neppure rubato, non in modo sistematico, almeno. È tutto tremendamente strano e incomprensibile.
«Questa notte dormirete qui» lo sorprende Sandra, ripescandolo dai suoi irragionevoli ragionamenti.
«Grazie. Sai che non vorrei darvi disturbo, è solo che non riesco a trovare una soluzione» si rammarica Hutch.
Storce il naso e per l'ennesima volta sospira. «Lo vedo. E penso tu abbia bisogno di un poco di riposo.» Hutch annuisce. «Domenic e Marta saranno qui tra non molto. Io… ecco, credo sia meglio non lasciare il ragazzo alla mercé di quei due scavezzacollo, non in questo momento, almeno.»
Un piccolo sorriso arriccia le labbra di Hutch. «Mi sa che hai ragione. Non sembra quel genere di marmocchio» conviene.
Evita di parlarle del coltello piantato nel braccio. Lei si preoccuperebbe, forse inutilmente. Hutch dubita che potrebbe reagire in modo violento con altri ragazzini, ma in ogni caso non ritiene che sia una buona idea allarmare una madre senza basi effettive. Non avrebbe idea di come difendersi da una donna furiosa, e si ritroverebbe con la testa fracassata. Gran brutta prospettiva.
Sandra infine gli fa segno di seguirlo e Hutch si rassegna all'idea di rimettersi di nuovo in piedi, probabilmente non per l'ultima volta in quell'infausta giornata. Piano, con tutta la delicatezza che riesce a metterci, raccoglie il ragazzino dal divano, pregando in cuor suo che non si svegli proprio in quel momento, costringendolo a bisticciare con i suoi tentativi di fuga. Ma per sua fortuna sembra proprio che sia troppo stanco per accorgersi di aver lasciato un giaciglio per un altro.
Hutch gli leva le scarpe, dopo essere stato vittima di un'occhiataccia da parte di Sandra, e rimane qualche lungo momento a fissare alternativamente le calzature sfasciate e i piedi messi non troppo meglio. Si chiede da quanto tempo sia in giro per essere ridotto in quel modo. Non ha nessuno che possa prendersi cura di lui? A giudicare dal suo aspetto malandato, Hutch ne dubita. O possiede genitori particolarmente disinteressati, oppure non ne possiede affatto. Francamente Hutch preferisce la seconda possibilità. Glielo domanderebbe volentieri, ma ha qualche dubbio sulle sue probabilità di ottenere una risposta.
Quindi, ricapitolando la situazione attuale: ha fra le mani un ragazzino al quale chiaramente servono più attenzioni di quante Hutch sarebbe normalmente disposto a concedere, ma si dà il caso che il suddetto ragazzino sia anche il solo motivo per cui Hutch si ritrova fra le mani quel pasticcio e non bello che morto nel cumulo di macerie fumanti che è attualmente la sua casetta. Pertanto Hutch si ritrova moralmente obbligato a fornire al detto ragazzino qualunque tipo di supporto che gli necessiti. La domanda principale, a questo punto, è: saranno entrambi disposti ad accettare questo legame inatteso?
Hutch si concede qualche altro momento per osservare quella bizzarra creatura che ha finito non solo per incrociare il suo cammino, ma perfino per intrecciare in modo imprevisto le loro vite. E c'è una domanda che continua a riproporglisi e non sembra intenzionata ad abbandonare la sua testa: perché? Perché lo ha fatto? Perché ha deciso di rischiare di rimanere ucciso per provare a salvarlo? Al suo posto Hutch non è affatto sicuro che avrebbe agito allo stesso modo, anzi, è piuttosto certo del contrario. Avrebbe compatito l'idiota che fosse rimasto intrappolato in quello stupido inferno e se ne sarebbe scordato il giorno seguente. Non è come se lo conoscesse e fossero amici, giusto? Ma al ragazzino non è importato il fatto di non avere legami con Hutch. Niente, non riesce a venire a capo di quel mistero. Vorrebbe tanto chiedergli spiegazioni, ma sta riposando, e anche se fosse sveglio non sa se vorrebbe offrirgliene. Il modo in cui lo ha fissato, per la maggior parte del tempo che ha trascorso accanto a lui, suggerisce a Hutch che non sia troppo disposto a discutere con lui. Spera piuttosto che non intenda accoltellarlo di nuovo. Fa un male cane!
«Hutch. Che stai combinando?» lo sorprende Sandra, tornata nella camera senza che se ne rendesse conto, distogliendolo dalle sue elucubrazioni.
«Io… Nulla di male, ecco. Pensavo» tenta.
L'occhiata perplessa che gli propina la donna gli suggerisce che dovrà impegnarsi molto di più, in futuro, se vuole evitare di finire nella lista dei soggetti inaffidabili e potenzialmente dannosi, lista che Hutch sa bene che Sandra tiene costantemente aggiornata e che usa spesso e volentieri per proteggere la sua famiglia da gente come lo stesso Hutch.
«Ti giuro che non stavo creando problemi» prova, abbastanza disperato.
«Oh, lo vedo» bercia sarcastica. «Che cosa gli ha fatto stavolta?»
«Ma niente! E neppure prima gli ho fatto niente. Ha fatto tutto da solo!» protesta. Poi si rende conto di quel che ha detto e arrossisce, poi sbianca, poi arrossisce di nuovo. «Ehm…» tentenna.
«Hutch Bessy, sei una creatura spregevole.»
«Cosa? No, non è vero!» protesta imbronciato.
«Altroché se lo è. Non sono più così sicura che ti permetterò di dormire sotto lo stesso tetto della mia famiglia.»
Hutch mugugna, infelice. «Non intendevo dire quel che ho detto» mormora afflitto.
«Certo che no, stavi solo cercando di scaricare le tue colpe su qualcun altro, come capita fin troppo spesso del resto.»
«Ma non… !» Sta per protestare di nuovo la propria innocenza, ma si rende conto dell'errore in tempo e rimane zitto e immusonito.
Sandra sospira e leva gli occhi al cielo. «Piantala di piagnucolare come una femminuccia, Hutch. Hai già vent'anni, per l'amor del cielo. A quest'ora avresti già dovuto farti una famiglia tua, invece te ne vai in giro a fare il perdigiorno, quando va bene, oppure a compiere azioni orribili per quel poco di buono di Sant'Antonio. A volte mi auguro di cuore che nessuna povera ragazza sia tanto sfortunata da innamorarsi di te. Che vita triste sarebbe la sua!»
«Sei proprio crudele» bofonchia Hutch, mezzo offeso.
«Sono soltanto realista, sciocco bamboccione. A te interessa unicamente il tuo stomaco e avere un comodo tetto sopra la testa. Ma hai visto dove ti ha portato questa tua leggerezza? Per poco non rimanevi ucciso. Il tetto sopra la testa non l'hai più perché è crollato fra le fiamme, e devi ringraziare un perfetto sconosciuto se non ti ci sei trovato sotto. Di sicuro il tuo stomaco te ne vorrà per un bel pezzo per questa ennesima sciocchezza» gli fa notare Sandra con un sogghigno malevolo.
