Eccoci di nuovo con la storia principale. Vediamo chi indovinerà chi verrà a trovarci nei prossimi capitoli? Dai! Lo so che siete lì, lettori silenziosi! Fatevi avanti! Ditemi cosa ne pensate della storia e provate a fare questo giochetto! Ho inserito due indizi nel capitolo che vi faranno capire chi sarà!
39. Gabrielle
Quella mattina si svegliarono con calma, il giorno precedente erano talmente stanchi che non avevano nemmeno osservato con calma la stanza dell'albergo dove alloggiavano.
Per godere di ancor più intimità si erano fatti portare la colazione in camera e mentre bevevano tè e gustavano i deliziosi dolcetti si erano presi avevano iniziato ad osservare l'arredamento.
La stanza era molto grande e confortevole, gli arredi e le tende dai colori chiari erano in stile vittoriano e rendevano l'ambiente accogliente e arioso. Anche la colazione era particolarmente invitante: su un tavolino rotondo intagliato coperto da una spessa tovaglia arabescata erano stati serviti dei dolcetti di vari tipi posati su un'alzatina a tre piani, da un'imponente teiera di porcellana usciva il profumo del tè caldo che Raven servì sulle tazze sui cui piattini erano stati posati dei delicati cucchiaini d'argento.
Mentre Raven serviva tè e dolcetti Charles aveva iniziato a leggere il giornale che era stato portato insieme alla colazione.
"Interessante" disse, leggendo la notizia in prima pagina "Ieri è stato trovato il cadavere di un banchiere, un certo Edward Van Coon, sembra che si sia suicidato ma Scotland Yard sta indagando e …"
Raven gli prese bruscamente il giornale dalle mani.
"Non devi pensare a certe cose!" lo sgridò, sostituendo il giornale con una tazza di tè "Sei in vacanza, lo hai dimenticato?"
Charles sorrise.
"In effetti abbiamo già abbastanza pensieri per conto nostro, giusto?" chiese, leggermente imbarazzato "Anzi, dovrei contattare Tony per avvertirlo dei sensori in aeroporto, ieri sera non l'ho più fatto."
Raven lo osservò a lungo, Charles rideva ma era evidente che ci fosse qualcosa che non andava, pensieri che stava cercando di nascondere. Lo vide avvicinare la mano al bracciale ma lo fermò prima che potesse aprirlo.
"Charles." disse "Ti conosco. Sputa il rospo. Cosa mi stai nascondendo?"
Charles si bloccò e lasciò che lei allontanasse la sua mano dal mini Cerebro. Lo sguardo di lei era invadente, sembrava volergli leggere nel pensiero, riuscì a reggerlo qualche istante, poi cedette. Sospirò amaramente.
"Ti ho mentito. Be', non del tutto …"
Raven alzò gli occhi al cielo.
"Avanti. Ti ascolto."
"Ti ho detto che siamo venuti qui per rilassarci prima di andare da T'Challa, giusto?"
Raven annuì.
"Non è del tutto vero …" ammise lui.
"Ti devo ricordare che non sono una telepate o vuoi dirmi perché siamo qui senza tirarla troppo per le lunghe?" chiese lei mentre perdeva rapidamente la pazienza.
"Va bene! Va bene!" esclamò lui "Avrei potuto portarti in qualsiasi altro luogo: Parigi, Madrid, Roma … ma siamo venuti a Londra perché … perché qui vive Gabrielle Haller, la madre di David."
Aveva parlato quasi senza prendere fiato, alla fine restò ad osservare Raven in attesa della sua reazione, lei restò calma.
"L'hai cercata con Cerebro?" chiese pacata.
"No, è stato David a darmi l'indirizzo. So che vive in una casa di riposo a Brixton."
Charles era visibilmente teso, temeva la reazione di lei, ma Raven scoppiò a ridere.
"Sei buffo, sai? Prima mi fai una scenata di gelosia per Erik e poi temi che io possa essere gelosa di Gabrielle che vive addirittura in una casa di riposo?"
Charles sospirò di sollievo.
"Vorrei solo parlarle, dirle che so di David …"
"È normale e assolutamente legittimo" rispose lei con un sorriso "Anzi, mi chiedevo quando l'avresti fatto. Almeno lei è ancora viva …" disse poi, pensando che invece Azazel era morto da tanto tempo.
Lui le prese la mano e la baciò dolcemente.
"Ti ringrazio."
"Facciamo così" disse lei mentre osservava i vari dolcetti per scegliere il successivo da mangiare "Dopo colazione io uscirò per cercare un paio di biglietti per uno spettacolo teatrale stasera, tu avrai tutto il tempo di andare a parlare con Gabrielle. Ci troveremo più tardi per mangiare qualcosa per pranzo, che ne dici?"
Charles sorrise malizioso.
"Direi che c'è ancora tempo prima di uscire …" disse, si alzò e si avvicinò per prenderla per mano e trascinarla a letto.
Lei lo lasciò fare ma lo guardò severamente.
"Prima di uscire devi contattare Tony, non dimenticarlo."
"Va bene" rispose lui, togliendole la camicetta "Non lo dimenticherò."
Dopo aver finito la colazione Charles aveva finalmente contattato Tony, si era messo in contatto solo con lui e gli aveva chiesto di riferire l'informazione anche agli altri.
"Lo so, lo so" aveva detto Tony "Sono riuscito ad accedere al loro archivio clienti. Tra quelli che hanno acquistato i sensori ci sono aeroporti, stazioni dei treni e persino alcune catene di supermercati. Per ora non tutti gli ordini sono stati evasi, ovviamente danno priorità a quelli che possono pagare di più. In ogni caso ho già informato gli altri e anche i tuoi, per ora restiamo ad osservare ma ci sarà sicuramente qualche conseguenza."
Quella conversazione aveva lasciato l'amaro in bocca a Charles, si sentiva inutile, tagliato fuori dall'azione, avrebbe voluto fare di più.
"Stai già facendo tantissimo" disse Raven, vedendo la sua espressione corrucciata "Devi imparare a delegare e fidarti degli altri. Tu sai già qual è il tuo compito e, per ora, è quello di rilassarti e concentrarti su T'Challa e sulle conferenze, al resto penseranno loro. Va bene?"
Lui annuì.
"Ah, anche a Gabrielle. Ora vai da lei."
Charles e Raven uscirono dall'hotel e si recarono insieme alla fermata della metropolitana di Hyde Park Corner, lei diretta in centro e lui verso Brixton. Durante il viaggio immaginò diversi scenari, preparò diversi discorsi più o meno efficaci, infine decise di aspettare e vedere come sarebbe andata. Di certo non si sarebbe presentato a lei giovane, l'avrebbe confusa vederlo così, avrebbe usato i suoi poteri per farle credere di essere ancora paraplegico e, giustamente, invecchiato.
La casa di riposo sembrava accogliente dall'esterno e, quando riuscì ad entrare, constatò che anche all'interno era stata progettata per rendere il soggiorno il più piacevole possibile.
Con i suoi poteri convinse l'infermiera addetta alla sorveglianza a farlo passare e a farsi accompagnare nella stanza di Gabrielle, che in quel momento stava leggendo.
"Gabrielle?" la chiamò Anne, l'infermiera "Hai una visita."
Gabrielle alzò lo sguardo dal libro, gli occhi traboccanti di speranza.
"David?" chiese, ma Anne scosse la testa.
"No, si chiama Charles Xavier."
Gabrielle impallidì ma riuscì a mantenere la calma.
"Fallo entrare" disse.
Charles non se lo fece ripetere, mentre Anne gli faceva spazio per entrare con la sedia a rotelle che in realtà non era reale cercò subito Gabrielle all'interno della stanza e quando la vide per un istante gli mancò il fiato per l'emozione.
Gabrielle non era cambiata, anche con la vecchiaia il suo viso era rimasto come Charles ricordava, i segni del tempo erano evidenti ma non avevano intaccato la sua bellezza, i suoi occhi erano limpidi e luminosi come l'ultima volta che Charles li aveva visti.
"Charles … quanto tempo …" mormorò lei "Credevo che non ti avrei mai più rivisto …"
Lui si mise accanto a lei.
"Anch'io pensavo che non ti avrei più rivisto e non sarei venuto qui se non fosse per …"
Si interruppe, finalmente era arrivato il momento di affrontarla, di dirle ciò che aveva tenuto dentro da quando aveva scoperto l'esistenza di David. Decise di non indorare la pillola, sarebbe stato diretto ma non aggressivo.
"Ho incontrato David." disse, poi esitò, incerto se aggiungere altro o lasciare che fosse lei a intuire ciò che voleva dire e stava per parlare ma fu lei ad anticiparlo, pallida per l'ansia.
"Quindi sai?" chiese lei, tremando per l'ansia "Lui non sapeva chi fosse suo padre, come lo ha scoperto?"
"Non è stato difficile capirlo" rispose Charles "Ci siamo incontrati per caso, ho visto qualcosa di familiare in lui e mi è bastato scoprire il suo cognome e la sua data di nascita per capire che poteva essere mio figlio. Ero certo che tu non mi avessi tradito perciò poteva essere altrimenti. Ovviamente abbiamo fatto un test del DNA per confermare, ma eravamo già certi del risultato."
Gabrielle annuì ma il suo sguardo era severo, quasi cattivo.
"Mi dispiace, Charles. Non so che altro dire se non che mi dispiace per te, ma non mi pento della mia scelta. Se te l'avessi detto ci avresti abbandonati lo stesso e sarebbe stato più difficile per te e per noi, non ho voluto prolungare la sofferenza o illudermi che mi saresti stato accanto."
Il suo viso era scolpito nella pietra, duro e freddo come il ghiaccio, così anche la sua voce, oppressa dai sensi di colpa Gabrielle si stava già difendendo da un attacco che, invece, non era ancora arrivato. Charles sentì salire la rabbia, quel discorso non aveva senso, era stato privato della possibilità di crescere suo figlio; si guardò attorno, sul mobile della stanza di Gabrielle c'erano delle fotografie disposte in diverse cornici: ritraevano Gabrielle e David in diversi momenti della loro vita, dall'infanzia fino all'età adulta e nell'ultima riconobbe l'uomo che ora lo stava attendendo a Westchester. Strinse i pugni, tutto ciò che era di fronte a lui era la sua vita, una vita che gli era stata negata, che magari lo avrebbe reso felice. Sperava di poter avere con lei un confronto pacifico, in ricordo dei bei tempi, invece tutto stava degenerando e anche la sua voce, quando parlò, fu gelida e distaccata.
"Non hai il diritto di parlarmi così, hai deciso per me, non mi hai lasciato nessuna possibilità, hai deciso che me ne sarei andato e vi avrei fatto soffrire, su che basi? Non potevi sapere come avrei reagito, avevo sempre sognato di avere una mia famiglia e tu mi hai privato di tutto questo!" esclamò, indicando le foto.
Gabrielle arrossì, le parole di Charles l'avevano colpita duramente nell'orgoglio.
"Ho avuto paura" ammise "Ho avuto paura che lo avresti fatto e …"
"Non lo avrei fatto" disse Charles "Non vi avrei mai abbandonati. Vi avrei portati con me a Westchester e avremmo vissuto insieme."
"Io non volevo venire lì!" esclamò lei "Una volta lì cosa sarebbe successo? Ti saresti occupato dei tuoi studenti e noi …"
"Non vi avrei mai messi in secondo piano!" gridò Charles "Io …"
La rabbia lo stava dominando, il suo corpo iniziò a tremare, un terremoto psichico che, se non controllato, lo avrebbe portato a fare cose di cui si sarebbe pentito. Con un ultimo barlume di lucidità riuscì a trovare un brandello di pace e lì si aggrappò con tutto se stesso, respirò profondamente e tornò calmo, almeno in apparenza, mentre i sentimenti negativi continuavano ad affondare nelle profondità del suo inconscio.
"Gabrielle" disse, chiamandola per nome per recuperare il filo del discorso "Non sono venuto qui per litigare, non era mia intenzione, mi dispiace."
Lei annuì, sollevata.
"Volevo solo dirti che David è straordinario e sono fiero di essere suo padre. Abbiamo parlato molto insieme e anche lui è felice di avermi incontrato, è stato proprio lui a darmi il tuo indirizzo, voleva che ci parlassimo almeno una volta."
Gli occhi di Charles si fecero lucidi per l'emozione. Non doveva, non poteva farsi trascinare dal rancore, era lì da qualche parte, ma lui non avrebbe più rivisto Gabrielle e non voleva lasciare quel peso.
"Quel che è stato è stato" disse "Ora vorrei conoscere meglio David e concentrarmi sul presente."
Lei annuì, restò in silenzio per qualche istante, poi lo guardò con gli occhi di chi ancora sperava.
"Tra di noi?" chiese "Tra di noi potrebbe ancora esserci qualcosa?"
Lui sospirò, ma intimamente sereno; lei lo vedeva anziano mentre in realtà aveva il corpo di un giovane ma anche se fosse stato davvero ancora vecchio avrebbe rifiutato.
"Mi dispiace, Gabrielle, non potrà esserci più nulla tra di noi, è passato troppo tempo e sono successe troppe cose."
Lei annuì, soppesando la sua risposta, cercando risposte a domande non pronunciate.
"Amo un'altra persona, Gabrielle" disse lui, intuendo le domande di lei "Non potrei mai lasciarla."
Lei annuì ancora, un nodo alla gola le impediva di parlare e quando Charles le prese la mano scoppiò a piangere non solo per il dispiacere ma per un mare di emozioni troppo a lungo ignorate che venivano fuori in un solo momento, come se la presenza di Charles avesse distrutto una diga meticolosamente costruita giorno dopo giorno, anno dopo anno, durante tutta una vita. Charles si sporse e l'abbracciò e lasciò che quell'abbraccio facesse bene a lei e a lui, mentre grandi lacrime bagnavano anche il suo viso e restarono così, a cullare il reciproco dolore, un saluto alla vita che sarebbe potuta essere e che non sarebbe stata mai più.
Uscendo dalla struttura Charles guardò l'ora, mancava poco alle undici, così decise di tornare in albergo, dove si era dato appuntamento con Raven. Era appena entrato e già l'aveva vista nel salottino della hall, seduta in poltrona Accanto a lei, in piedi, c'era un uomo che la stava importunando, capelli biondi e occhi castani, muscoloso e vestito in modo eccessivamente elegante, tanto da risultare pacchiano.
"Ho visto il tizio con cui vai in giro, sai?" chiese con tono sarcastico "Non fa per te, fidati. Una donna come te merita molto meglio."
"Per esempio uno come te?" chiese lei ironica.
"Esatto!" rispose lui, che non aveva colto l'ironia "Quindi, visto che il tuo lui ha deciso di lasciarti sola soletta qui ad aspettare per andare chissà dove, che ne dici di farlo ingelosire ed uscire con me? Potrei portarti allo zoo … ci sono tanti animali lì, poi più tardi potrei farti conoscere il vero leone!"
L'uomo sorrise con fare provocatorio ma Raven lo ignorò perché nel frattempo aveva visto Charles.
"Charles!" esclamò, alzandosi e andandogli incontro per baciarlo "Sei tornato!"
Lo baciò ancora, con più trasporto e lui rispose con dolcezza al suo bacio.
"Bah, contenta tu …" mormorò l'uomo "Se dovessi cambiare idea mi trovi sempre qui!" disse, poi se ne andò. Charles gli lanciò un'occhiataccia ma tornò subito a guardare Raven.
"Finalmente!" disse lei "Mi stava tediando da almeno un quarto d'ora! A te com'è andata? Hai trovato Gabrielle? Avete parlato?"
Charles le sorrise.
"Sì, abbiamo parlato. Non è stato facile ma abbiamo risolto, almeno spero. Mi ha fatto bene vederla."
Lei lo osservò attentamente, scrutandolo con occhi indagatori.
"Non ne sono sicura" disse lei "Le hai detto tutto ciò che volevi dirle? Non ti sei trattenuto, vero?"
Lui non rispose ma lei capì.
"Charles! Non puoi continuare a fare così! Non puoi trattenere ciò che provi per paura di ferire gli altri!"
Lui si limitò ad annuire.
"Fai sempre così, annuisci poi fai di testa tua." disse lei, poi sbuffò.
"Le ho detto ciò che sentivo" rispose lui "Solo non ho voluto infierire. Lei è vecchia ormai, a cosa sarebbe servito scaricare su di lei tutta la mia rabbia?"
"A lei non sarebbe servito, no" convenne Raven "Sarebbe servito a te."
Lui sospirò e Raven lo abbracciò.
"Ci lavoreremo, va bene? Per ora ho un'altra notizia. Purtroppo non ho trovato nessun biglietto per spettacoli teatrali, ti piacerebbe andare a vedere il circo? Sono artisti cinesi e l'attrazione principale è il mortale ragno-uccello cinese! Sembra eccitante!"
Charles non rispose subito, non aveva sentito la sua domanda, dentro di lui aveva ancora la sensazione di qualcosa lasciato in sospeso, che avrebbe dovuto affrontare più tardi e con gli interessi. Per il momento decise di ignorarlo.
"Charles!" lo chiamò Raven "Allora, andiamo al circo sì o no?"
Lui si riebbe, la guardò stupito e annuì.
"Certo, perché no?"
