61. Ti farò soffrire
Era l'alba, anche se Charles non aveva modo di saperlo nella stanza in cui si trovava. Non aveva dormito per tutta la notte, era stato lasciato solo disteso su quel lettino e solo dopo qualche ora Sinistro era tornato, stavolta solo.
"Buongiorno" disse "Devo dire che sono davvero impressionato. Nonostante tu sia privo dei tuoi poteri telepatici la tua mente riesce ancora a resistermi."
Charles non rispose, restò in silenzio con gli occhi chiusi.
"Tra poco non sarai più tanto calmo. La mente vacilla di fronte alle emozioni più forti: rabbia, paura … dolore …" sussurrò, prendendo un bisturi da uno dei tavolini.
"Sei davvero ridicolo" disse, aprendo gli occhi e guardandosi attorno per quanto glielo consentisse la posizione in cui si trovava "Certo, l'idea di ricreare il laboratorio in cui facevi esperimenti su di me da bambino è divertente, ma è assolutamente banale!" disse, poi scoppiò a ridere "Mi dispiace ma Apocalisse aveva molta più classe di te. Voglio dire: vuoi mettere un banale tavolo operatorio con un antico altare sacrificale?"
Charles rise ancora e questo fece infuriare Sinistro che gli diede uno schiaffo in pieno viso, talmente forte da spaccargli un labbro. Charles chiuse gli occhi per il dolore ma la ferita non si sanò, il collare inibitore gli impediva di usare il fattore di guarigione.
"Ti farò soffrire, Charles" gli disse Sinistro con voce soave "Soffrirai fino a quando non perderai la ragione e sarà allora che la tua mente e il tuo corpo saranno finalmente miei!"
Sinistro non esitò oltre, impugnò il bisturi e lo usò per tagliare la pelle del braccio di Charles, che urlò per il dolore.
"Fa male, vero? Ti conviene cedere, piccolo Charles, o il dolore sarà sempre più devastante, potresti anche morire, lo sai? Non ti converrebbe arrenderti?"
Il bisturi affondò nuovamente nel braccio di Charles, lui strinse i denti e stavolta riuscì a non gridare. Sinistro sogghignò.
"Sarà una lunga giornata …"
Raven era piegata su se stessa, seduta sul divano, la sua schiena sussultava ritmicamente mentre lei piangeva disperata. Erik cercava di tranquillizzarla come meglio poteva ma lei sembrava inconsolabile.
Si erano riuniti tutti nell'ufficio di Charles, ormai la notte era quasi passata, un timido sole stava sorgendo all'orizzonte e il cielo si stava lentamente facendo più chiaro. Nonostante la notte passata quasi completamente in bianco nessuno sembrava aver voglia di dormire ma tutti aspettavano delle risposte.
"Ora cosa penserà di me?" chiese "L'ho respinto! L'ho respinto per essere stato se stesso … era ciò che più temeva e io l'ho fatto!"
Hank si sedette accanto a lei.
"Cosa vuoi dire? Temeva di essere respinto da te?"
Raven annuì.
"Lui temeva che non lo riuscissi ad accettare per com'è, che non riuscissi a sopportare il suo potere!"
"In effetti è stato terrificante" ammise Erik.
Logan si alzò ed estrasse gli artigli che gli puntò alla gola.
"Tu ringrazia il cielo che ora sia talmente preoccupato per Charles da lasciar correre ciò che mi hai fatto. Per ora."
Logan lo stava guardando con rabbia, quasi come se avesse voluto tagliargli la gola in quell'istante ma fu Jean a placarlo.
"Lo capisco, Logan" disse "Ma ricorda, Charles …"
Logan digrignò i denti e lentamente ritrasse gli artigli.
"Charles non lo vorrebbe. Lo so." ammise, ma poi puntò un dito accusatorio nei confronti di Erik.
"Di nuovo, ringrazia Charles perché se non fosse per lui tu ora saresti ridotto a uno spezzatino!"
"LOGAN!" esclamò Jean "Cerchiamo di calmarci e di ragionare. Intanto dobbiamo capire cosa è successo a Charles."
Logan sospirò, lui e Erik avevano visto il video che avevano fatto vedere a Charles prima di cacciarlo ed entrambi erano rimasti con il fiato sospeso e senza parole per ciò che mostrava.
"Sì. Ciò che ha fatto è incredibile! Se non fosse stato per lui probabilmente ora sarei morto."
Hank iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza.
"Non ho una spiegazione. È assurdo che Charles abbia sviluppato da un momento all'altro il fattore di guarigione, eppure era lì! Con quelle ferite sarebbe dovuto essere morto invece è guarito!"
"Finché non avremo accesso a un campione del suo DNA non potremo che fare delle congetture" disse Jean "Piuttosto mi concentrerei su … su quella specie di mostro in cui si è trasformato dopo."
"Onslaught" disse Moira "Quell'essere si chiama Onslaught."
Tutti si voltarono verso di lei.
"Tu sapevi?" chiese Jean "Come?"
"Sapevo che sarebbe potuto accadere" ammise lei "Ne ho parlato con Charles e credo che sapere ciò che lo aspettava lo abbia aiutato a controllarlo. Nelle altre linee temporali Onslaught è un essere privo di controllo e pietà, assetato di sangue e di morte. In questo caso Charles è riuscito a domarlo."
"Onslaught …" mormorò Hank "Cosa vuol dire?"
"Non so tutto in realtà" ammise Moira stringendosi nelle spalle "Semplicemente che Onslaught è la sintesi dei poteri di Charles e Erik, fusi in una sola entità psionica."
Jean ascoltò con attenzione, andò alla finestra e iniziò a tamburellare con le dita sul vetro, aiutandosi a riflettere.
"Credo di avere una teoria." disse, voltandosi e tornando indietro "Per un telepate - e David potrà confermarlo - è fondamentale la componente psichica." Jean guardò David e lui annuì per confermare le sue parole "Una mente equilibrata produce un potere stabile e forte; una mente instabile può essere altamente imprevedibile e distruttiva. Moira, hai detto che Onslaught è la fusione tra le menti di Charles e Erik, giusto?"
Moira annuì, Jean si rivolse a Erik.
"Che ti piaccia o no, tu e Charles non siete poi così diversi, entrambi fieri, entrambi ancorati alle vostre idee … avete una sola differenza: tu sei stato estremamente egoista."
Erik aggrottò le sopracciglia ma prima che potesse esprimere il suo dubbio Jean lo precedette.
"Non intendo necessariamente in senso negativo, nemmeno in senso positivo a dir la verità. Entrambi avete vissuto una vita che ha fatto maturare in voi emozioni positive ma soprattutto emozioni negative. La differenza tra te e lui è che tu ti sei permesso di viverle fino in fondo: rabbia, desiderio di vendetta, odio … le hai esplorate e le hai usate per i tuoi scopi."
"Lo sappiamo" disse Logan brusco "Lo sappiamo bene."
"La differenza" riprese Jean ignorando il suo commento "sta nel fatto che Charles, invece, non lo ha fatto. Dall'esterno lo abbiamo sempre visto come un uomo pacato, pacifico, equilibrato e razionale, la realtà è che stava reprimendo le sue emozioni più oscure dentro di sé per proteggerci dal suo vero io, dal suo vero potere. A lui non è mai interessato incrementare il suo potere personale ma aiutarci a sviluppare il nostro. Negli ultimi mesi, anche grazie al cambiamento fisico, ha iniziato a pensare di più a se stesso, ha deciso di non sprecare questa seconda opportunità e ha iniziato a non trattenersi più, a lasciarle andare. Se Charles fosse stato il vecchio se stesso, con tutte quelle emozioni imbottigliate nel suo inconscio, l'incontro delle vostre menti sarebbe stato ben più esplosivo. Lo è stato, la mente di Charles era una polveriera e la tua una scintilla che ha dato via all'incendio, ma la polvere da sparo era quasi esaurita, Charles l'aveva già liberata gradualmente ed è per questo che è riuscito a gestire le fiamme."
"Sono immagini molto evocative, mia cara" disse lui con un leggero inchino "Ma rendono l'idea."
Hank si avvicinò alla sedia di Charles e la sfiorò con la mano.
"Lui è sempre stato così" disse "Non ha mai pensato a se stesso, sempre e solo agli altri."
Logan sogghignò ma i suoi occhi erano lucidi di emozione.
"Me lo ricordo bene" disse "Per voi sono passati cinquant'anni, ma per me quei ricordi sono ben più vividi."
Erik si voltò verso di lui.
"Intendi quando sei tornato nel nostro passato per fermare Raven?"
"Esatto" rispose lui "Eravamo qui, appena tornati da Parigi. Charles ancora assumeva quella merda di siero per sopprimere il suo potere e per poter camminare e proprio mentre entrava in casa l'effetto finì."
Gli X Men più giovani si guardarono, nessuno di loro sapeva quei fatti del passato di Charles. Hank abbassò lo sguardo, il senso di colpa per averlo aiutato ad autodistruggersi passò nei suoi occhi come un'ombra.
"Hank gli aveva preparato una siringa con una doppia dose, io lo implorai di non farlo perché avevamo bisogno di lui, del suo aiuto. Lui mi guardò, ho ancora nella mente il suo sguardo, tratteneva a stento le lacrime perché rinunciare a quel siero avrebbe significato per lui sacrificarsi per un bene superiore, rinunciare alla propria serenità per il bene di qualcun altro. Certo, non è che quel siero lo stesse aiutando, ma ho visto nei suoi occhi la disperazione, la consapevolezza di chi sa di essere destinato a vivere il resto della sua vita sopportando il dolore."
Tutti restarono in silenzio, nessuno di loro aveva mai pensato a Charles in quei termini, avevano iniziato a farlo negli ultimi mesi ma solo in quel momento si erano resi conto di ciò che aveva dovuto affrontare.
Raven si alzò e si avvicinò alla finestra, lei sapeva più di chiunque altro quanto si fosse sacrificato Charles e sapeva quanto la sua nuova libertà fosse importante per lui.
Mentre tutti gli altri continuavano a parlare alle sue spalle lei restò con lo sguardo fisso all'esterno, chiedendosi dove fosse Charles in quel momento, se Sinistro fosse già riuscito a catturarlo e se stesse bene.
"Ora non possiamo fare altro che cercarlo" disse Jean "e sperare che non sia troppo tardi."
Lester si avvicinò a lei, anche se conosceva Charles da poco era evidente che era quello che lo aveva compreso più di tutti.
"Non è troppo tardi, ne sono certo."
Lei gli sorrise, lievemente rassicurata.
Erano passate alcune ore, dopo averlo torturato Sinistro lo aveva nuovamente lasciato solo ed era arrivato Cain per occuparsi di lui.
"Cain …" mormorò "Ora capisco perché quel giorno non hai insistito, sapevi che avresti potuto vendicarti a suo tempo."
Marko sogghignò.
"Intelligente come sempre, eh? Charlie?" chiese, lo liberò dalle cinghie e lo prese tra le braccia "Ora ti porterò nella tua cella."
Charles sospirò.
"È molto gentile da parte tua!" esclamò fintamente grato mentre il fratellastro lo portava in giro come un sacco di patate.
Cain non rispose, continuò a camminare fino a quando non raggiunsero un corridoio, Charles lo riconobbe, si trovavano nella stessa struttura in cui era stato arrestato la prima volta. Cain aprì una porta e lo scaraventò dentro senza alcuna pietà, facendolo sbattere contro la parete, poi chiuse la porta con un botto sonoro. Charles si alzò a fatica e, posato al muro per non cadere, gridò, sfogando in una volta sola il dolore che aveva provato fino a quel momento.
"LA PROSSIMA VOLTA FAI PIÙ ATTENZIONE, BESTIA! SE ROMPESSI IL COLLARE SINISTRO NON SAREBBE PER NIENTE FELICE!"
Il suo corpo era attraversato da fitte di dolore accecanti, con molta difficoltà raggiunse il letto e si distese. Era consapevole del fatto che trovarsi lì non fosse un premio, Sinistro non aveva smesso di torturarlo per pietà ma per aggiungere al dolore fisico anche il tormento psicologico: non sapere quando sarebbe andato a riprenderlo per continuare con le torture avrebbe dovuto essere un elemento che avrebbe destabilizzato la sua mente, ma lui lo sapeva e non si sarebbe fatto abbattere.
Si distese, cercò e trovò una posizione abbastanza comoda per sopportare il dolore e chiuse gli occhi, cercando di dormire, ma proprio in quel momento si aprì la porta ed entrò una donna.
Era alta più o meno come lui, indossava un abito blu attillato che faceva risaltare le linee del suo corpo tonico. Gli occhi, di un azzurro straordinario, impreziosivano un viso era affilato ma dalle linee rotonde e rassicuranti, incorniciato da lunghi capelli castani, le labbra rosa piegate in un sorriso che non faceva presagire nulla di buono.
"Charles, finalmente ci incontriamo" disse "Sinistro ti ha ridotto abbastanza male!"
Lui era furioso, arricciò il naso per la rabbia.
"Tu chi cazzo sei?" chiese aggressivo.
"Oh!" esclamò lei, fingendosi sorpresa "Che linguaggio volgare! In effetti però non è la prima volta che mi sorprendi, sai? Ho fatto ricerche su di te, ti ho visto attraverso gli occhi di Scott e, davvero, non mi sarei mai aspettato che dietro la maschera del Professor Charles Francis Xavier ci fosse un uomo così arrabbiato, violento … e perfino vendicativo!"
La donna si avvicinò di più, Charles avrebbe voluto allontanarsi ma era troppo debole per muovere anche un solo muscolo.
"Davvero lo faresti?" chiese lei guardandolo eccitata "Davvero li uccideresti?"
Charles non rispose subito, la fissò per secondi che sembrarono eterni, poi si limitò ad annuire. La donna alzò entrambe le sopracciglia, impressionata.
"Non vuoi davvero perdonarli?"
Charles scosse la testa.
"No. Non è la prima volta che mi tradiscono: anni fa Hank mi cacciò ritenendo che fossi responsabile della morte di uno studente, poi solo pochi mesi fa Logan ha provato ad uccidermi."
Il suo sguardo si fece cupo mentre ripensava a quei momenti bui.
"Questa non è la prima volta che mi voltano le spalle" disse ancora "Ti assicuro che, però, sarà l'ultima."
La donna inclinò leggermente la testa, come per osservarlo da un'altra angolazione.
"Sei proprio determinato, eh? Sai, mi hai incuriosito, vorrei sapere di più di te … ma stavolta niente informazioni riportate, voglio guardare direttamente dentro il tuo cervello!"
Senza alcun preavviso la donna posò la mano destra sulla fronte di Charles e affondò le dita: Charles gridò per il dolore e il terrore dal momento che le dita erano penetrate in profondità nel suo cranio, lo avevano attraversato. La donna restò immobile per qualche minuto con gli occhi chiusi e un'espressione di estasi in volto mentre Charles teneva serrati i suoi cercando di resistere al dolore.
All'improvviso lei scoppiò a ridere e ritrasse lentamente le dita, liberandolo e Charles sospirò di sollievo.
"Che sorpresa!" disse sorridendo "Che sorpresa! Allora è vero che sei un vecchio manipolatore bastardo! Chi si sarebbe mai aspettato una cosa del genere! Te lo concedo, sei veramente affascinante, Charles."
Lui continuò a guardarla con rabbia, aveva il respiro appesantito dalla rabbia e dalla stanchezza.
"Non lo ripeterò ancora" disse con voce roca "Chi cazzo sei?"
Lei si finse nuovamente sorpresa, poi sorrise.
"Non mi dire che non ti ricordi di me!" esclamò "Non mi dire che sei ancora arrabbiato per quella volta che provato a strangolarti con il cordone ombelicale!"
