Tokyo XX secolo
"Il suono melodioso dei violini echeggiava leggero nell'aria, mentre il Triton Castle, dimora della principessa di Nettuno, era completamente illuminato quella sera. La grande sala da ballo, al centro della quale era posizionato il palco con l'orchestra, era addobbata a festa con migliaia di fiori bianchi, azzurri e gialli. I tavoli recavano delle pregiatissime tovaglie di seta, ed erano sormontati da grossi candelabri le cui candele emanavano fatui, tiepidi bagliori. Anche le balaustre marmoree del grande scalone erano ornate con lunghe ghirlande di gigli bianchi intrecciati a foglie di acanto, e dalla sommità di esso, fece improvvisamente capolino la principessa di Nettuno, mano nella mano con la propria consorte. Le due scesero con composta eleganza ciascuno dei gradini che le separavano dai loro ospiti, finchè non si tuffarono nel mare di persone, accorse da ogni angolo dell'universo per celebrare il lieto evento. Quella occasione doveva essere tanto importante che perfino la regina Serenity con il principe Endymion e le Guardian al completo erano giunte a far loro visita.
- Maestà! - esclamò felice Neptune, accennando ad un profondo inchino al cospetto della sua sovrana - Neptune, Uranus.. - fu la laconica risposta della regina che, al contrario della folla festante, non sembrava molto entusiasta della cerimonia. - Sono lieta per voi! - disse infatti solamente e, subito, si separò dal gruppetto. - Scusatela, non è contrariata, ma solo molto preoccupata. Teme per le sorti dell'universo ora che voi avete deciso di vivere insieme qui... - tentò di spiegar loro Mars. - Ha paura che abbassando la guardia qualche nemico si possa insinuare subdolamente nel nostro sistema solare, certo, ora il fronte di Urano resterà scoperto in alcuni periodi... - continuò la riflessiva Mercury. - Capisco bene cosa voglia dire amare qualcuno, però non posso fare a meno che domandarmi quale sia il prezzo di questa vostra decisione e quali ricadute abbia sulla collettività... - incalzò Venus. - Ad ogni Outer Senshi è sempre stato affidato un destino di solitudine, ma a noi piace credere che non siamo nate solo per soffrire la solitudine. Possiamo amare, essere amate, e nel contempo anche proteggere chi amiamo e il nostro universo, proprio come voi! Non dovrebbe esserci differenza alcuna tra di noi, ma solo una profonda comunione di azioni e intenti. - rispose delusa dalla loro reazione Neptune, abbassando lo sguardo ferita. - Suvvia, basta con quei musi lunghi, non si addicono ad un clima di festa! - tentò di placare gli animi Jupiter: - Bisogna essere ottimisti, dopotutto viviamo in pace già da molti decenni e non credo che... - continuò la guerriera di Giove, ma un fragoroso, inspiegabile boato bastò a vanificare ogni suo auspicio. Le vetrate della sala si frantumarono a causa della potente onda d'urto, mentre pezzi di vetro schizzati via a gran velocità ferirono alcune persone. Fece seguito un secondo e poi un terzo boato, ed a quel punto i presenti iniziarono a correre via per cercare un riparo. Perfino l'orchestra che aveva suonato fino a qualche istante prima si dileguò dal palco, rifugiandosi tra le quinte. Un paggio dai vestiti lisi e con il capo ferito irruppe nella stanza e correndo verso Neptune urlò: - Principessa! Ci attaccano! - Ed un nuovo improvviso violento boato infranse la cupola di cristallo della sala che precipitò rovinosamente addosso ad alcuni malcapitati, schiacciandoli. Le fiamme si ergevano alte attorno al castello, l'odore acre del fumo iniziava a pungere i polmoni. Fu proprio allora che centinaia di creature informi e di non bene specificata natura irruppero in quel luogo, attaccando, ferendo o peggio uccidendo chiunque gli capitasse a tiro, sotto gli occhi attoniti e sgomenti delle guerriere. - Uranus! - gridò terrorizzata la principessa di Nettuno, cercando gli occhi della compagna. - Siamo sotto assedio Neptune. Dobbiamo combattere, adesso, qui. O faremo di certo una brutta fine! - la spronò l'altra. - Da dove sono arrivati? Chi sono? E che vogliono? - Chiese la regina Serenity ricongiungendosi frettolosamente al gruppo. - Non lo sappiamo! - replicò Pluto aggregandosi anch'ella - Ma dobbiamo mettere tutti in salvo! - continuò. - Uranus! Lei è di sopra; la bambina è di sopra! - disse terrorizzata Neptune con le lacrime agli occhi. Ma subito una raffica di colpi le sferzò, ferendole. - Questa gente puoi salvarla solo tu Neptune! Sei tu che conosci le vie di fuga da questo posto! Voi Outer portate queste persone in salvo. Noi recupereremo la bambina! - ordinò Serenity, mentre le vibrazioni provocate dagli incessanti boati fecero cadere le candele dai tavoli, provocando un esteso incendio. - Sbrigatevi! - insisté la regina. - Ma la bambina è di sopra! - obiettò Neptune. - E noi faremo il possibile per salvarla, ma ora dovete andare! - replicò il principe Endymion. - Io non posso lasciarla! - insistè Neptune. - Lasciateci andare a prenderla, poi salveremo tutti. Promesso! - supplicò Uranus. - Non c'è tempo! - incalzò Venus. Quindi furono bruscamente teletrasportate in malo modo da Pluto, ai varchi d'accesso del palazzo per difenderlo. Non avevano neanche fatto in tempo a mettere in salvo l'ultimo superstite, quando un micidiale attacco le surclassò ferendole mortalmente. Uranus fu la prima a soccombere nel tentativo di proteggere la sua amata; Neptune riuscì solo a realizzare che stava morendo tra le sue braccia. L'ultima cosa che ancora riuscì a percepire, fu il pianto disperato in lontananza di una bambina, quindi un'ultima gelida lacrima scese a sigillare definitivamente i suoi occhi e la sua esistenza."

Il cuore le rimbalzava nel petto. Il respiro ansante e la fronte madida di sudore portarono Michiru a sedersi al centro del letto. - Michiru, Michiru, va tutto bene, ci sono io con te! - le carezzò dolcemente i capelli Haruka, svegliandosi a sua volta. Michiru respirò profondamente, ora i suoi occhi, abituatisi alla penombra della camera da letto, potevano scorgere le sagome di alcuni oggetti e perfino il profilo della compagna, quasi china su di lei. - Ancora quel sogno? - le chiese Haruka preoccupata. - Si, sempre quello... - - Vuoi raccontarmelo? - Michiru scosse la testa in cenno di diniego. - Pensi che sia un sogno premonitore? - incalzò Haruka, badando però a non insistere troppo sul contenuto onirico; sapeva benissimo che a tempo debito sarebbe stata la stessa Michiru a rivelarglielo. L'altra scosse le spalle, incerta sulla risposta. - Perchè a me non accade di sognare questa cosa? Eppure anche io ero tormentata dagli incubi prima di radunare i talismani; perchè ora no? - - Spiacente, Haruka... Non ho risposte alle tue domande... Almeno non ora... - La bionda allora cercò di tranquillizzarla prendendola tra le sue braccia delicatamente e riportandola in posizione distesa sul letto. Il capo di Michiru poggiava sul suo petto, che per lei era casa, non c'era posto più sicuro e confortante al mondo. Eppure un brivido corse lungo la sua schiena quando il ricordo dell'ultimo tragico istante di quel sogno le riaffiorò nella mente:- "Amore mio, vorrei poterti dare le risposte che vorresti, vorrei poterti dire che non è niente, ma non ho la più pallida idea di ciò che è accaduto o dovrà accadere, e finchè non ne vengo a capo, almeno solo un pochino, non sono pronta a condividere tutto ciò con te, rischierei soltanto di farti del male. Cosa accade? Siamo forse in pericolo, Haruka? E quel pianto infantile disperato? Cosa significa tutto ciò?" -mentre si lasciava trasportare da queste riflessioni però, il sonno ebbe la meglio su di lei.
L'altezza vertiginosa del grattacelo Infinity sovrastava l'intero quartiere di Sankakusu, tanto da essere visibile persino a chi arrivasse dal mare. In quell'enorme palazzo vi era la sede di una prestigiosa ed elitaria accademia, il cui fondatore Souichi Tomoe, era uno scienziato dalle controverse idee, emarginato dalla comunità scientifica, che amava però circondarsi di giovani estremamente intelligenti e dotati, talvolta addirittura prodigiosi, nei più svariati ambiti. Era proprio quella la scuola frequentata da Haruka e Michiru, che tra un corso e l'altro ne approfittavano per tenerla sotto controllo al fine di adempiere ai loro doveri di guerriere Sailor. Quella mattina il cielo era sereno e l'aria tersa; un timido sole intiepidiva appena, tutto ciò che i suoi raggi sfioravano e per Haruka rappresentava il momento ideale per una corsa in pista. Mentre faceva streetching gettava distrattamente un occhiata ai pochi, mattinieri studenti che avevano iniziato ad arrivare al campo, udendo di tanto in tanto qualche loro frivolo commento: - Hai visto? Adesso Kaioh e Tenou non sono le uniche celebrità ad impreziosire la nostra scuola! - E' arrivata stamattina! - - Ma si, ti dico che è lei! - Haruka sorrise sollevata: da quando avevano messo piede in quella scuola, gli studenti non avevano fatto altro che assillarle con le loro continue richieste di autografi, promesse di uscite e qualunque altra assurda ed insensata richiesta gli passasse per la mente, ma adesso poteva rilassarsi un pochino: nessuno avrebbe più ronzato per un po' attorno a lei, ma soprattutto attorno alla sua Michiru, inoltre sperava proprio che, avendo trovato un nuovo oggetto del desiderio, iniziassero a star loro un pò più alla larga anche per poter passare maggiormente inosservate nell'adempimento della loro missione. Scosse la testa per alleggerirla dai pensieri e finalmente si mise in posizione di partenza, dopo la corsa sarebbe tornata a portare il peso del mondo sulle spalle, ma in quel momento voleva essere libera. Improvvisamente però le sue narici percepirono un profumo nuovo ma familiare allo stesso tempo; non poteva sbagliare, era l'inconfondibile profumo di brezza marina, la stessa che portava Michiru sulla sua pelle, mescolato però ad una nota nuova ed esotica di cocco e lime. Si voltò di scatto, appena in tempo per vedere che un'altra corridrice le si era affiancata. La nuova arrivata alzò la mano e fece un cenno di saluto. Haruka trasalì: chi era quella tipa? Non l'aveva mai vista prima. - Ti spiace se gareggio con te? - le chiese d'un tratto l'altra. Haruka si ridestò: - Accomodati pure, ma spero tu non abbia troppo a pretendere dal risultato... Di solito non lascio molte possibilità di vittoria agli altri. - - Oh, ma io non ho pretese dal risultato, so già che vincerò! Tu piuttosto, non restarci troppo male! - interloquì l'altra. - Ma senti, che sbruffona! - e in sincrono avviarono la corsa. Dopo i primi secondi in perfetta parità, Haruka accelerò leggermente:
- "Adesso ti faccio vedere: sono veloce come il vento: io sono il vento!" - pensò tra se e se ridendosela, ma dopo poco fu in perfetta parità, per poi tagliare il traguardo da seconda. - "Cosa diamine è successo. Nessuno ha mai corso più veloce di me! Solo Michiru sa stare al mio passo, ma nessuno mi ha mai battuta prima!" - riflettè perplessa. - Te l'avevo detto: gareggio per vincere, io! - le si avvicinò l'altra dandole un'amichevole pacca sulla spalla. Haruka, infastidita da quel tocco si mise subito sulla difensiva. La sua interlocutrice capì che forse aveva varcato il confine della confidenza con l'altra e dandosi un contegno riprese: - Grazie per questa corsetta. Ci vediamo, magari un giorno posso darti la rivincita! - disse strizzandole l'occhio e fece per andare via; in quel momento una leggera folata di vento trasportò nuovamente alle narici della bionda l'odore della brezza marina, mista a quella di cocco e lime, mentre l'altra spariva dalla sua visuale.
Michiru era seduta sotto l'ombra di una grande quercia, aveva dinnanzi a se una tela ed una tavolozza piena di colori e provava a dipingere qualcosa di decente, ma il sogno di quella notte continuava ad insinuarsi tra i suoi pensieri e a turbarla. Intinse un pennello in un colore blu profondo ed iniziò a tracciare poche essenziali linee sul supporto, ma ad ogni pennellata le tornava in mente un flashback: lei ed Haruka insieme come principesse del Triton Castle; il dissapore con le Guardian e la freddezza della regina Serenity; il fuoco e la morte attorno a loro, e quel pianto a dirotto. Il pianto soprattutto era sempre nella sua mente; a tratti le pareva di udirlo sul serio. Alzò gli occhi dalla tela sbuffando: non era la giornata adatta per dipingere: non era per niente concentrata, così allontanò spazientita tavolozza e pennelli, abbandonandoli poco distanti sul prato. - Ehi, giornata no? - le disse Haruka che, sopraggiungendo aveva avuto modo di vedere la scena. - Ehi, ciao! - le sorrise amorevole Michiru e gli sguardi delle due si fissarono gli uni negli altri per lunghi interminabili secondi. Haruka amava lo sguardo di Michiru: profondamente blu, intenso, sconfinato, proprio come il mare che si portava dentro, mentre l'altra restava estasiata specchiandosi nel blu tendente al grigio di Haruka, proprio come la gamma cromatica di un cielo prima, durante e dopo una tempesta. - Oggi va così... - sospirò Michiru, per poi continuare: - La tua giornata come è andata? - - Uff... Non tanto bene. Sono incappata in una tipa che mi ha battuto nella corsa, stamattina. Per fortuna c'era poca gente ed è stata discreta, altrimenti sai che figuraccia avrei fatto? - parlò strizzandole l'occhio Haruka. Le sorrise di rimando, capendo che la sua compagna stava volutamente enfatizzando l'accaduto per strapparle un sorriso. - La guerriera del vento che si lascia battere da una qualunque? Non è certo da te perdere una sfida! - stette al gioco Michiru, pizzicandole una guancia con due dita. - Non so spiegarti... Mi sembrava di correre con te. Ho avvertito più volte nitidamente l'odore di brezza marina, il tuo odore... - - Può essere che abbia percepito qualche segnale di imminente pericolo, e questo ti ha deconcentrato dalla corsa... - disse più seriamente la ragazza dai lunghi capelli verdi. - Mah... Torniamo a casa, hai bisogno di riposare, stanotte non hai dormito per niente... - concluse Haruka, tendendole la mano per aiutarla a rialzarsi. - Grazie... - le disse gentilmente l'altra, e dopo aver riposto con cura tutti gli attrezzi per dipingere, si avviarono verso la loro auto, mentre la bionda gettò un suo braccio attorno alle spalle di Michiru per allacciarla da dietro. Improvvisamente però l'attenzione di Haruka fu richiamata dagli schiamazzi di un gruppetto di ragazzi, che in preda agli ormoni, si assiepavano dinnanzi ad una ragazza alta, snella con lunghi capelli biondi mossi che gli ricordavano vagamente quelli della sua Michiru. - Un autografo Taiyo-san! - - Posso fare una foto con te Taiyo-san? - - Sei bellissima Taiyo-san! - - E' lei! - esclamò Haruka, richiamando l'attenzione di Michiru. - Aveva i capelli raccolti, ma era senza dubbio lei! - continuò. - La tua sfidante, dici? - la bionda annuì: - Vieni con me! - disse poi, e prendendola per mano si diressero verso l'auto. Un rombo di motore sovrastò il chiacchiericcio insistente, mentre la ragazza braccata si voltò. - Che aspetti: sali! Stavolta credo proprio di essere io la più veloce! - le esclamò concitata Haruka, mentre Michiru le apriva la portiera dell'auto. La ragazza si infilò immediatamente dentro la Toyota di Haruka, che scomparve all'orizzonte in un baleno. - Grazie, non immaginavo venissi in mio soccorso proprio tu, non dopo stamattina, almeno! - - Ci siamo passate anche noi, è fastidioso essere al centro dell'attenzione morbosa degli altri! Sei circondato da persone e non capisci se vogliono avere a che fare con te o piuttosto con l'idea che hanno di te... - replicò Michiru, quasi come se stesse dando un monito a se stessa più che alla sua interlocutrice. - Ma a proposito, cosa volevano da te? - continuò poi. - Secondo te ho fatto in tempo a capirlo? Erano in tanti e si spintonavano per tentare di accaparrarsi un autografo, una foto o non so bene cos'altro. Non immaginavo neanche lontanamente un primo giorno di scuola così stressante! - - E' il tuo primo giorno di scuola? - le chiese Haruka, rammentando i discorsi sentiti quella mattina alla pista di atletica. La ragazza annuì. - Lascia che mi presenti allora: sono... - le disse Michiru nel tentativo di essere cordiale ed educata, ma fu subito interrotta.
- Michiru Kaio! Abile pittrice, nonché famosa e ricercata violinista. Rampolla della nobile casata dei Kaio, elegante e posata nelle maniere, tanto da sembrare a volte snob. Grazie per i convenevoli, ma la tua fama ti precede! - chiosò la ragazza. - E tu sei Haruka Tenoh, ottima atleta velocista, ma ancor più famosa pilota di moto GP, anzi la più famosa e talentuosa junior racer di tutto il Giappone! Impulsiva, testarda, e gran rubacuori! Come vedi conosco anche te! - sorrise la ragazza dinnanzi ai volti spiazzati delle due. - E tu a questo punto chi saresti? - replicò secca Haruka. - Ah ecco, ferma ferma! Io scendo qui! - la interruppe la ragazza. Haruka arrestò la corsa dell'auto per permetterle di scendere: - Omiya? Sul serio? Abiti in questo quartiere? Oppure sei qui per fermarti a pregare? - chiese Haruka. - Né l'una né l'altra, comunque grazie per avermi scarrozzata fin qui! - disse la sconosciuta, chiudendo la portiera dell'auto. - Ah, che maleducata, mia madre non me lo perdonerebbe mai: comunque sono Hikaru Taiyo, piacere! - continuò, porgendo la mano ad Haruka. La bionda afferrò e strinse vigorosamente la mano dell'altra, ma un improvviso picco energetico la pervase: - " Ha un'aura molto forte, la sento, riesco a percepirla nitidamente..." - A presto! - la riportò alla realtà la ragazza, che con ampi balzelli scomparve dalla loro visuale. - Taiyo... Sbaglio o l'altro giorno abbiamo mangiato una gustosa choco red velvet Taiyo? - meditò ad alta voce Michiru, rammentando il particolare delle eleganti iniziali "HT" stilizzate, stampate in due tonalità di blu, sul pirottino che conteneva il dolce. Ancora scossa da quelle sensazioni così forti, ad Haruka tornò per un istante alla mente l'odore di brezza marina unita al cocco ed al lime che emanava quella misteriosa ragazza. - Hikaru Taiyo? La più giovane e raffinata pastry chef del momento? - rifletté Haruka identificandola. - Mhm... Tutto avrebbe senso, allora! In fondo tra i dolci, le lenzuola e i dolci sotto le lenzuola, resti sempre la più preparata, in questo ambito! - ammiccò Michiru, alludendo al fatto che troppo spesso Haruka non disdegnasse di mangiare uno o due dolcini prima di andare a letto, adducendo la scusa di doversi dare la carica prima del notevole dispendio calorico profuso in certe piacevoli attività. - Lo so che ti piace saziare i tuoi appetiti! - le strizzò l'occhio Michiru. La bionda arrossì imbarazzata: - Michiru, ma che dici! Ti sembra questo il momento per certi discorsi? - Ed in preda alla vergogna sgasò ancora di più sull'acceleratore, sfrecciando via.
Il sole iniziava a tramontare alle spalle del grande "torii", il portale di ingresso al tempio di Hikawa. Il cortile quadrato con al centro una grande fontana zen, era quasi deserto; gli ultimi fedeli si apprestavano ad andar via e Rei, la sacerdotessa di turno, spazzava le foglie palmate degli aceri, prima di ritirarsi nei suoi appartamenti. Un paio di corvi gracchiavano placidamente, svolazzando festosi attorno a lei, mentre la luce ambrata colorava tutto ciò che lambiva e complice l'atmosfera particolare creatasi, le venne in quel momento voglia di fare una divinazione per se stessa. Si sporse dunque leggermente oltre il banco dove usavano vendere amuleti e altri oggetti sacri, e tirò fuori da un'urna un fogliettino a caso: - " Lo stesso sole porterà una nuova alba in due mondi "-lesse tutto d'un fiato, ma immediatamente convintasi dell'infondatezza del vaticinio, appallottolò il pezzetto di carta e lo gettò nel fuoco del braciere. La sua attenzione fu allora polarizzata dall'ultima fedele ritardataria giunta al tempio, o almeno quella che riteneva tale. - Spiacente, stiamo chiudendo! - le disse correndole incontro. La ragazza si fermò di colpo: - Ah scusami, Resto solo un attimo! - disse fermandosi, aspettando che l'altra la raggiungesse. Finalmente le due furono faccia a faccia. Si scrutarono, si studiarono a lungo. I loro sguardi gareggiavano a chi reggesse l'altro più a lungo e finalmente la sacerdotessa disse: - Ci conosciamo? - per poi smentirsi subito: - Che sciocca, certo che no! Non ci siamo mai viste prima! - - Se tu vuoi però possiamo conoscerci adesso! - le sorrise dolcemente l'altra, nascondendo in quel sorriso un proposito ben più audace. - Non credo affatto sia una buona idea! - tagliò corto la sacerdotessa, riprendendo a spazzare nervosamente. - Certo, lo capisco perfettamente, magari il tuo cuore è impegnato... - - Magari sono affari che non ti riguardano! - ricusò la sacerdotessa, per poi continuare spazientita: - Il santuario è chiuso. Torna domani se vuoi pregare! - - Non vivere nello struggimento di ciò che non potrai mai avere. Ciò che ami ti rende infelice ma ciò che ti rende infelice è ciò che devi proteggere. Non puoi sottrarti al tuo dovere, ma non fare del tuo dovere una tomba per il tuo cuore! - le disse criptica la sua interlocutrice. Un brivido corse lungo la schiena di Rei, quell'estranea sembrava conoscere perfettamente il suo segreto: aveva sempre amato di nascosto la sua amica Usagi, ma si era sempre vergognata di quel sentimento di natura tutt'altro che fraterna nei suoi riguardi. Lo aveva capito ormai che la stretta allo stomaco che sentiva ogni volta che Usagi era insieme a Mamoru, era soltanto cieca gelosia. Avrebbe voluto essere lei al posto del ragazzo, ma Usagi e le altre non si erano mai accorte di niente. Aveva sempre soffocato i suoi sentimenti nell'angolo più profondo del suo cuore, almeno finché nella sua vita non comparvero Haruka e Michiru. Accidenti a quelle due che avevano la forza ed il coraggio di viversi i loro sentimenti alla luce del sole. Un po' le invidiava. Se solo avesse potuto. Se solo fosse stata corrisposta. - "Bellissima Rei, sei sempre stata misteriosa, eppure per me sei e resterai un libro aperto..."- riflettè Hikaru, fissando i lineamenti del volto dell'altra. - Scusami se ti ho trattenuta, sacerdotessa Hino. ti auguro buona serata! - si congedò vedendola provata. Incapace di proferire la benché minima parola, Rei poté solo vederla di spalle, scomparire a mano a mano che scendeva le gradinate del tempio. Completamente rapita, abbagliata da quella figura che ad un tratto era apparsa nella sua vita come un fulgido raggio di sole aldilà degli oscuri nembi, provò per qualche istante a credere che fosse quella la reale risposta alla sua divinazione. - Che sia davvero una nuova alba? - sussurrò confusa.