Era una domenica di metà ottobre, il cielo era plumbeo e grossi goccioloni di pioggia si frangevano rumorosi contro le vetrate dell'attico in cui vivevano Haruka e Michiru, al cinquantesimo piano di un grattacielo nell'esclusivo quartiere di Ginza. L'appartamento fu regalato loro dai genitori di Haruka, facoltosi imprenditori, che tuttavia erano sempre all'estero per i loro viaggi d'affari, e sarebbe servito a dare un porto sicuro alla figlia, ma anche alla sua compagna, dato che a differenza dei Tenoh, i genitori di Michiru non avevano vedute così ampie e ripudiarono la figlia non appena vennero a conoscenza della sua omosessualità. Quell'attico extralusso non poteva certo ripagare Michiru dall'aver perso la sua famiglia nello scegliere la scapestrata dal cuore d'oro di cui si era innamorata, ma era senza dubbio un posticino confortevole e accogliente: la cucina in muratura era spaziosa ed attigua ad un ampio salone in cui era presente un grande pianoforte bianco a coda, un caminetto fatto in pietra e veduta mozzafiato dello skyline di Tokyo; dei due bagni uno aveva una grossa vasca tonda che fungeva anche da idromassaggio; vi erano tre camere da letto, di cui due destinate agli ospiti, quelle rare volte che venivano a far loro visita; una piccola palestra per Haruka ed una stanza destinata al suo hobby della pittura. Ma ciò che veramente valorizzava l'appartamento era una immensa veranda all'interno della quale era collocata una piscina al coperto, e un terrazzo con specie vegetali rare e preziose. Quella mattina Michiru si alzò presto e si infilò il costume per gettarsi in piscina, aveva bisogno di stancarsi, di scaricare la tensione: l'incubo era di nuovo tornato a farle visita quella notte. Haruka d'altro canto, non se l'era sentita di lasciarla da sola, e pur contrariata dal brusco risveglio riservatole dalla partner, decise di farle compagnia, stendendosi sonnecchiante su una sdraio a bordo piscina. Il rumore della pioggia che bussava ai vetri era ritmico e cadenzato, pareva quasi le suonasse una dolce nenia con la quale addormentarsi; solo di tanto in tanto riapriva gli occhi per controllare che Michiru stesse bene. Udiva il rumore rassicurante delle bracciate della ragazza dai capelli verdi che fendevano l'acqua, e poteva quindi lasciarsi andare ai suoi pensieri e desideri più reconditi, immaginando anche segretamente che un giorno l'avrebbe sposata quella straordinaria creatura. Una improvvisa quanto fastidiosa sensazione di bagnato però, la ridestò. Michiru era appoggiata al bordo della piscina dinnanzi a lei e richiamava la sua attenzione bagnandole dispettosamente il piede con l'acqua che lasciava cadere dalla mano. - Come ti senti? - - Meglio di prima... - fu la riposta elusiva dell'altra, che con uno slancio saltò fuori dall'acqua. Haruka si alzò e prese un accappatoio, avvolgendola delicatamente con esso per non farle prendere freddo. - E' così frustrante che non riusciamo a venirne a capo. Abbiamo radunato i talismani, ma da quel momento, a parte qualche death buster da sconfiggere, non abbiamo fatto passi in avanti. Non conosciamo la posizione esatta del quartier generale del nemico e l'Accademia Infinity è troppo grande da poter essere setacciata da cima a fondo in due. In più i sospetti che abbiamo ci portano su Tomoe, ma bisogna tenere d'occhio anche sua figlia Hotaru, oltretutto il fatto che sia diventata amica di Chibiusa, costituisce un ennesimo grattacapo... Mi domado se siamo davvero all'altezza di questa missione... - disse Michiru asciugandosi i capelli. - Ehi, non è da te tutto questo pessimismo... Sei la prima che ha sempre detto che dobbiamo portare a termine la missione, costi quel che costi! Cosa ti turba realmente Michiru? - le chiese schietta e diretta la compagna, intuendo che l'ombra nel suo cuore fosse proprio il sogno ricorrente. - E se non riuscissimo ad adempiere alla missione cosa accadrebbe? Al mondo, a noi... Principalmente a noi... - continuò meditabonda la nuotatrice. - A noi? - le rispose confusa Haruka. Cosa significava? Cosa sarebbe potuto accadere a loro? Da quando si erano trovate, l'unica certezza di Haruka era quella che non avrebbe mai più passato un solo giorno senza la sua Michiru, cosa sarebbe potuto accadere allora, di così catastrofico da doverle dividere? Sempre ammesso che fosse quello che Michiru stesse sottointendendo. - Noi porteremo la missione a termine insieme, costi quelche costi. Tu ed io. E nessuna delle due deve arretrare neanche di un solo passo dinnanzi a questa certezza! - la incoraggiò Haruka sfiorandole il viso. - Si, hai ragione speriamo almeno che Setsuna si faccia venire qualche idea valida per uscire da questa impasse... - rispose l'altra, ma i suoi pensieri sembravano correre nuovamente altrove. - E' davvero tanto brutto questo incubo? - le chiese allora Haruka senza più filtri. - Vorrei poterti dire di no, ma è cento, mille volte più spaventoso della profezia dell'apocalisse scaturita dal risveglio di Sailor Saturn... Ovunque vedo morte, distruzione, gli affetti più cari e le certezze spazzate via da un nemico passato? Presente? Futuro? Non ne ho la più pallida idea... - rispose l'altra prendendosi il volto tra le mani ed agitandolo come per scacciare via quei brutti pensieri. - "E poi quel pianto... Disperato, sordo... Chiedeva pietà, implorava di non essere strappato alla vita!" - rifletté tra se e se avendo cura di omettere questo particolare alla sua compagna. - E riguardo a quella Hikaru cosa ne pensi? - la ridestò Haruka, smorzando volutamente la tensione, perchè preoccupata che Michiru si rintanasse nuovamente nel suo inaccessibile mondo interiore. - Difficile dare una risposta così su due piedi. Ho avuto la percezione che fosse una ragazza strana, ma non necessariamente sospetta. Non ho ancora avuto modo di vederla attraverso il mio specchio, ma a primo impatto non mi da l'impressione di essere un nemico, né una persona che si è avvicinata a noi per secondi fini. Certo, magari a volte è un po' invadente, però non la percepisco come minaccia, almeno ad una prima impressione. - le rispose. - Quando correvo con lei posso giurare di aver sentito il tuo stesso odore, quell'inconfondibile odore di aria salmastra mischiata a sentori di agrumi, pino, ginepro - constatò Haruka. - Il mio naso invece ha percepito il sentore del vento lieve che spira dopo una tempesta, quando l'odore della terra bagnata si mischia al petricore... Un pò come la sensazione olfattiva che emani tu dopo una battaglia... E' una sensazione pungente, ma piacevole... - rifletté ad alta voce Michiru. - Ascolta Michiru, quando le ho stretto la mano l'altro giorno ho avvertito una potente forza cosmica animarla... Non so spiegarti adesso, ma è come se fosse animata dal nostro stesso spirito guerriero... Ho come l'impressione che quella ragazza non sia apparsa per caso nelle nostre esistenze... - osservò Haruka, sentendo a tratti ancora le dita informicolate per aver canalizzato tutta quella energia. - "In effetti i miei incubi sono cominciati da poco prima che la incontrassimo. Ma non c'è traccia alcuna di lei nel mio sogno. Magari tutto ha un collegamento, o magari no; ciò che è certo è che al momento devo tentare di risolvere questa parte del puzzle da sola. Conosco abbastanza Haruka per sapere che più una cosa la spaventa, più cerca di rifuggirla. Adesso meno che mai dobbiamo separarci..." - ponderò la nuotatrice. - Se dovessimo incontrarla ancora come ci dovremmo comportare? - riprese Haruka. - Suppongo con normalità. Ma se ti fa stare tranquilla potremmo tenerla d'occhio e prendere qualche informazione in più su di lei. In fondo credo che sia anche giusto, visto che lei ha scaravoltato le nostre vite come un calzino! - replicò Michiru. - Ora che ci penso, è da qualche giorno che non la vedo a scuola... - - Frequenta il primo anno, magari semplicemente non ha gli orari che coincidono con i nostri... - - Però un punto di partenza certo dove poterla controllare lo abbiamo: Taiyo pastry experience è la più rinomata pasticceria della città, nel cuore del quartiere Azabu Juban! Facile no? - dedusse entusiasta la bionda. - Perchè ho come l'impressione che faremo tappa più volte in quel posto? - replicò Michiru scuotendo esasperata la testa. - Te l'ho detto: dobbiamo controllare, no? E poi ho sentito dire che ha lanciato una nuova linea di dolci stratosferica! Si chiama Planet cake! Non vedo l'ora di assaggiarli! - un autentico guizzo di felicità passò dagli occhi di Haruka che già iniziava a pregustarsi quelle leccornie. - Ehi, non dirmi che di colpo sei diventata anche tu sua fan! - le chiese piccata Michiru. - Certo che no! Sto solo prendendo notizie sul suo conto! Chissà come sarà l'Uranus cake! - disse strizzandole l'occhio. - Vorrei che manifestassi un pò più di entusiasmo anche davanti ai dolci che ti preparo io! Dopotutto non è la sola a saperti prendere per la gola. Qual è la differenza: lei è famosa e io no? - disse a metà tra il serio e lo scherzoso Michiru. - Scherzi? Tu sei più famosa di lei ed io amo alla follia te ed i tuoi dolci! - le rispose Haruka, attirandola verso di se e baciandola sulle labbra. - Lo dici solo per darmi il contentino! - sospirò sconsolata Michiru. - Non è vero! - disse Haruka sorridendo, per poi prenderle la mano e trascinarla in camera da letto: - Vieni, ti porto in auto lungo la costa; finalmente ha smesso di piovere e tu hai bisogno di rilassarti! - - E tu hai qualcosa da farti perdonare! - le disse Michiru con ritrovato buon umore, mentre poggiò le labbra sulle sue per restituirle il bacio.

Le auto sfrecciavano sull'asfalto bagnato sollevando con gli pneumatici acqua da ambo i lati. Rei stava attraversando la strada quando una di queste, noncurante di essere passata col rosso, le fece letteralmente la doccia, e così si ritrovò a giungere sull'altro marciapiede bagnata fradicia. Con sua somma sfortuna, anche la pioggia inizio ad essere più fitta ed insistente e si maledisse per essere uscita di casa senza ombrello. Iniziò quindi a cercare rifugio sotto le tende aperte dei negozi, saltellando di tendone in tendone, quando improvvisamente si sentì perfettamente all'asciutto: un passante che aveva casualmente assistito alla scena, ebbe pietà di lei. - Ciao! Posso darti un passaggio sotto il mio ombrello? - si sentì dire. Rei riconobbe che la persona che le si era affiancata, era la stessa ragazza che aveva incontrato al tempio qualche giorno prima. - Tu che ci fai qui? - chiese con un tono a metà tra il sorpreso e l'infastidito. - Che domande: camminavo per strada e... Non guardarmi così! La strada è pubblica, mica ti seguivo! - replicò Hikaru. - Scusa ma ho da fare! - tagliò corto la sacerdotessa, allontanandosi da lei, e iniziando di nuovo a bagnarsi i capelli.
- Forse la volta scorsa siamo partite col piede sbagliato, mi spiace, ma lascia che ti ripari, non ho cattive intenzioni, dico sul serio! - insisté ancora l'altra. - Non ho alcuna intenzione di parlare con te! Non so neppure chi sei, come ti chiami! - avanzò il passo Rei, e l'imbarazzo si impadronì di lei al pensiero della miriade di sensazioni contrastanti che le aveva smosso l'altra giorni prima. - Hikaru, mi chiamo Hikaru! - disse avanzando il passo a sua volta, raggiungendola. - Piacere! - concluse poi tendendole la mano per presentarsi. - Ti avverto che ci sono centocinquanta scalini da salire per arrivare al tempio! - le disse Rei arrestandosi di botto, sperando che la prospettiva della faticaccia la distogliesse dall'intento di accompagnarla. - Li ho già contati tutti! - le sorrise l'altra. - Perchè ci tieni così tanto ad accompagnarmi? - - Piove a dirotto, fa freddo e tu sei fradicia. Ti sembrano buone motivazioni? - - Non ne sono sicura... Comunque sono Rei... e non so se per me è un piacere fare la tua conoscenza! - la smontò subito la mora. Hikaru si morse la lingua: se fosse dipeso soltanto da lei, sarebbe andata avanti a battibeccare all'infinito. Le piaceva pungolare le persone, soprattutto quelle a cui era interessata, ma conoscendo il proverbiale orgoglio dell'altra, semplicemente optò per tacere. Si affrettò quindi a ricoprire la mora con l'ombrello e silenziosamente si avviarono verso il santuario di Hikawa. Per tutto il tragitto regnò un silenzio quasi assordante, infatti, ognuna immersa nei propri pensieri, gettava solo di tanto in tanto qualche fugace occhiata all'altra; Hikaru per accertarsi che non si bagnasse, Rei per controllare che l'altra non avesse cattive intenzioni. Eppure a dispetto di ciò che la sua razionalità le comandava, l'istinto di Rei non percepiva negatività alcuna in quella persona; piuttosto la spingeva inspiegabilmente verso di lei, che in parte le rammentava qualcuno che già conosceva, anche se faceva fatica a capire chi. Appena oltre i gradini del "torii", Hikaru le disse: - Eccoti a casa, sana e salva! - - Grazie! - fece per congedarsi Rei, ma solo allora si accorse che per tenere lei al riparo, Hikaru aveva il giubbino inzuppato. - Ora sei tu ad essere fradicia! - le disse meravigliandosi che, una sconosciuta qualsiasi avesse avuto tutto quel riguardo per lei. - Un pò ciascuno... - le disse con un sorriso dolce e disarmante l'altra, tanto che le parve di sciogliersi immediatamente come neve al sole. - Lascia che ti offra una tazza di te! - lottò con tutta se stessa pur di non prolungare la permanenza della sconosciuta, ma la sua bocca, mossa come da volontà propria, portò a galla il suo desiderio più recondito. - Accetterei volentieri, se non ti vedessi così diffidente nei miei riguardi; non voglio metterti a disagio, quindi ti ringrazio ma vado. - le disse pacata Hikaru. - Resta! - insisté Rei, trattenendola per un braccio. Si maledisse ancora una volta, non capiva cosa le stesse accadendo, perchè in fin dei conti desiderava continuare a godere della presenza dell'altra, però era ormai troppo tardi per rimangiarsi la parola. - Va bene, se insisti... - le disse Hikaru, chiudendo l'ombrello e togliendosi le scarpe per entrare in casa. - E così ti chiami Hikaru? - le chiese - Esatto. Hikaru Taiyo, piacere! - si ripresentò la ragazza tendendole la mano. - Rei Hino! - rispose stavolta prontamente, ricambiando la stretta di mano, ma subito si diede da fare per mettere il bollitore sul fuoco ed evitare lo sguardo dell'altra, sperando che non se ne accorgesse. Per smorzare la tensione venutasi a creare, Hikaru si guardava intorno, cercando di trarre spunto per qualche argomento di conversazione che non la facesse risultare ne invadente ne pregiudizievole nei suoi riguardi. Constatò che l'arredamento di quell'ambiente era spartano: il tavolo e le sedie di legno di bambù, la cucina di legno grezzo di betulla ed ovunque vi erano pergamene con auspici sulle pareti, e poi amuleti, e statue raffiguranti i "Kami" della religione shintoista. - Ti piace vivere qui? - le chiese. - Certo! vivo qui da quando ero bambina! - rispose l'altra mettendo in tavola due grosse tazze e qualche zolletta di zucchero. - Sei giovane, come mai ti sei avvicinata alla fede shinto così presto? -
- Grazie a mio nonno. Io vivo al tempio con lui! Purtroppo ho perso mia madre quando ero molto piccola e mio padre è un politico che viaggia sempre. Non è mai stato molto amante della famiglia comunque, neanche quando mia madre era ancora in vita. Se la politica chiamava, lui partiva e spariva. A volte passavano settimane, mesi, senza che avessimo sue notizie. Poi improvvisamente ricompariva. Quando mia madre morì non ebbe neppure tempo di venire al funerale. Così, per evitare di passare da tutore legale a tutore legale, dato che ogni volta ne boicottavo uno, mio nonno, il papà della mia mamma, chiese il mio affidamento e io fui ben contenta di venire qui. Questo posto è sempre stato un luogo di pace per me, e mio nonno resta l'ultimo legame diretto con mia madre... - le raccontò Rei, accorgendosi immediatamente di aver detto forse anche più di quanto richiesto. - Scusami, non ti voglio annoiare... - concluse poi, versando il te nelle tazze. - E perchè mai dovresti annoiarmi? So cosa vuol dire crescere senza i genitori. I miei sono morti entrambi quando ero piccola... - le confidò di rimando Hikaru. - Davvero? Mi spiace! - replicò Rei. - Credo che tu sia ancora minorenne, chi si occupa di te? - - Ho un tutore legale, adesso, ma non l'ho sempre avuto... Ad ogni modo li ho persi così tanto tempo fa che quasi non ricordo più nulla di loro. Credo però che mia madre fosse cristiana, o qualcosa del genere, ma al contrario di lei, non sono mai stata molto credente, preferisco credere che il destino non sia affidato a nessun tipo di divinità, ma che appartenga solo e soltanto a noi, e tocca a noi plasmarlo come meglio crediamo per noi stessi... - disse l'altra malcelando un velo di tristezza nella voce. Improvvisamente Rei si accorse che la sua solitudine era la stessa identica solitudine che provava la sua interlocutrice ed in quel momento, non le parve più tanto assurdo prendere un te insieme, soltanto per farsi compagnia. La osservava portarsi composta la tazza alla bocca e sorseggiare la bevanda senza fare alcun minimo rumore. Era una ragazza alta, slanciata anche se ad occhio e croce non doveva avere più di 14 o 15 anni, di bella presenza, ma ciò che realmente la colpiva era il particolare taglio di occhi, il loro colore blu quasi abissale e la folta chioma bionda e ondulata, increspata come le onde del mare, che le ricadeva lungo le spalle. Era certa di avere già visto da qualche parte quelle caratteristiche fisionomiche, ma non riusciva a focalizzarsi dove. - E così è quella la ragazza per cui stai male? - le disse improvvisamente Hikaru, indicando una foto sulla credenza che ritraeva lei ed Usagi. In quella foto la bionda aveva una mano dietro le sue spalle e una davanti a lei e faceva il cenno di vittoria con le dita di entrambe le mani, mentre la sua espressione imbronciata cozzava con la goliardia del momento. ricordava bene quando Minako gliela fece a tradimento. - Perchè insisti col dire che qualcuno mi sta facendo soffrire? - replicò la mora, seppellendo il ricordo legato a quella foto nel suo cuore.
- Non ti conosco, ma te lo leggo in faccia. Hai l'aria di una che passa molte notti insonni... - Colpita ed affondata: la sconosciuta aveva toccato un nervo scoperto per lei: era vero che trascorreva le notti sveglia a pregare. Pregava nella speranza che i suoi Kami le suggerissero come agire da guerriera, ma pregava anche che potessero toglierle dalla testa la sua amica dai lunghi codini. - Sei una sensitiva o cosa? - le domandò seriamente Rei. - Niente di tutto ciò. Mi limito solo ad osservare la realtà! - mentì spudoratamente Hikaru, perfettamente consapevole che il suo intuito era un dono ereditato dalla madre. - Io credo che dovresti passare oltre: sei giovane, sei una bellissima e talentuosa ragazza e scommetto che se ti aprissi di più al mondo, lì fuori ci sarebbe la gente in fila per te! - - Ma io sono aperta al mondo! - rispose risentita Rei. - Ma dove? Non fraintendermi quando parlo, non intendo assolutamente offenderti, però hai 15 anni, passi le giornate tra scuola e santuario. Scommetto che la tua è una scuola femminile e che conduci una vita semplice, modesta. Non hai particolari grilli per la testa, il tuo passato continua a schiacciarti e ti struggi per un adolescenziale amore non corrisposto! Come puoi dire di essere aperta al mondo? - - Ascolta, non ho deciso io di innamorarmi di Usagi. E' accaduto e basta, ho lottato con tutta me stessa perchè ciò non avvenisse, ma è successo, ok? E non posso farci niente! Credi che non mi sia data della sciocca più e più volte quando sapevo che usciva col suo fidanzato mentre speravo di essere io al posto di Mamoru? Credi che non mi colpisse il fatto che pur essendoci sempre per lei non mi avrebbe mai vista come invece la vedevo io? Credi che non ho mai cercato di confidarmi con qualcun altro, se non fosse che ho sempre avuto il vuoto intorno a me? Io tengo molto alle mie amiche, sono la mia famiglia, ma a volte il peso delle loro aspettative, il peso delle aspettative che tutti gli altri hanno su di me, mi schiaccia! Tutti si aspettano che Rei sia brava a scuola, che sia una buona sacerdotessa, una buona amica, una persona responsabile, affidabile, ed un giorno una buona moglie e una brava mamma e tutto questo mi opprime! Mi fa sentire un'aquila che vola nella gabbia di un passerotto! - si sfogò finalmente Rei. - E tu cosa vorresti per te? - le chiese Hikaru. - Vorrei essere libera da tutto ciò e felice! Ma ho paura! Ho paura di scoprire veramente chi sono, cosa mi piace, chi voglio amare, sono una sacerdotessa donna, non posso concedermi la lascivia di amare un'altra donna, che questa contraccambi o meno! - - Allora tutto si riduce ad un mero problema religioso? Conosci forse un Dio che non predica amore? Perfino la tua millenaria tradizione religiosa non ha mai condannato l'amore tra persone dello stesso sesso. L'amore è amore punto è basta! E tu non riesci a gettarti alle spalle questo amore non corrisposto, perchè il problema non è lei, sei tu! Ti sei creata uno schema mentale per il quale non puoi amarla perché lei non ti ama, ma la realtà è che sei tu ad aver paura di lei, dei tuoi sentimenti per lei e persino di te stessa. E si, forse probabilmente non ti amerà mai perchè il suo cuore appartiene ad un altro, e magari è giusto così, ma un giardino non è fatto da una sola rosa! Apriti, conosci, esplora, solo così potrai capire davvero chi sei, potrai sentirti libera e sarai felice di essere te stessa, a prescindere da ciò che gli altri vogliono o si aspettano da te! - Per qualche istante il pensiero di Rei andò ad Haruka e Michiru. Erano così belle insieme, così felici, così libere, noncuranti dei giudizi e delle critiche altrui, si amavano, era l'unica cosa che contava. Forse doveva iniziare a cambiare prospettiva in merito a tante situazioni e la cosa più assurda era che era arrivata a queste conclusioni grazie ad un'estranea. - E' tutto così strano. Non mi sono mai esposta così tanto, non mi sono mai confidata così neppure con le mie amiche, come è possibile che lo stia facendo con te? Ti conosco a malapena! - - Forse perchè sono l'unica che ha potuto ascoltare Rei per davvero? Forse perchè sono l'unica ad aver visto in te un essere umano che può anche essere fragile? Sai, non occorre essere sempre forti a tutti i costi. E' il tuo continuo mettere da parte te stessa che crea aspettative negli altri, e più lo fai, più gli altri si aspettano da te. Questo a lungo andare ti porterà solo ad essere invisibile... - le disse Hikaru, per poi continuare: - E poi scusa, fossi nata soltanto per asciugare le lacrime altrui, saresti un Kleenex, non trovi? - smorzò i toni con una battuta la bionda, e finalmente Rei si sciolse in un sorriso autentico, ma un'improvvisa, gelida folata di vento, penetrò dalla finestra socchiusa. - "Vento di burrasca che si agita sul mare... Cattivo presagio" - realizzò Hikaru. - "Fobos e Deimos sono irrequieti... Accadrà qualcosa stasera..." - rifletté Rei, notando i suoi corvi che volavano in tondo frenetici. - Beh, ora vado, si è fatto tardi! Grazie per la tazza di te e per avermi permesso di asciugare un pò la giacca! - disse Hikaru prendendo la porta. - Figurati, è il minimo! - replicò la mora impacciata. - Allora ciao! - la salutò. - - Aspetta: ci rivedremo ancora? - disse tutto d'un fiato Rei, ammettendo a se stessa che era stata molto bene in compagnia della ragazza. - Mi stai chiedendo un secondo appuntamento? - la canzonò Hikaru. - Se questo contava come primo, allora si! - le rispose Rei strizzandole l'occhio, sorprendendosi della spontaneità con la quale aveva fatto quel gesto così confidenziale nei riguardi dell'altra. Hikaru era davvero riuscita ad arrivare in punta di piedi nella parte più intima di lei e lo aveva fatto con delicatezza senza mai giudicarla. Valeva davvero la pena di darle un'opportunità per conoscersi meglio.

La luna piena era coperta da grossi oscuri nuvoloni quella sera. L'aria era fredda e pungente e il vento lasciava vorticare a mezz'aria le foglie che strappava dagli alberi prima di depositarle sul suolo. Nel parco cittadino stava svolgendosi una dura battaglia tra un nuovo potente death buster e parte della squadra Sailor. Le prime ad accorrere per salvare il malcapitato di turno, furono infatti le Guardian insieme a Sailor Moon, che schierate in formazione d'attacco, si battevano con tenacia. - Jupiter coconut cyclone! - provò la guerriera di Giove, ma il nemico eluse l'attacco.
- Mars flame sniper! - tentò nuovamente Sailor Mars, ma il mostro non voleva saperne di essere sconfitto. Da quando erano comparse Uranus e Neptune con i loro talismani, il paese aveva iniziato ad essere flagellato da questi nuovi nemici che lavoravano per raccogliere anime umane da sacrificare, per tentare di tenere in vita il loro pianeta d'origine. Da dove provenissero però era ancora un mistero; si ipotizzava il loro ingresso nel sistema solare dai confini più remoti di esso, passando dai pianeti più esterni, per poi stanziarsi sulla terra e seminare caos e morte. Purtroppo ancora nessuna di loro era riuscita a localizzare il loro nascondiglio per poterli stanare, ed intanto, ad ogni battaglia la loro pericolosità cresceva esponenzialmente. - World shaking! - Una enorme sfera di energia color arancio si liberò dal sottosuolo investendo in pieno il death buster. - E' Sailor Uranus! - esclamò sollevata Sailor Moon, ben sapendo però che le due guerriere non avevano intenzione né di collaborare, né tantomeno di unirsi a loro. Il mostro provato, rovinò per terra, e immediatamente le Sailor tirarono un sospiro di sollievo. Con un ringhio improvviso il mostro si rialzò e puntò il gruppo. - Deep submerge! - attaccò allora Neptune, e di nuovo un grido: - Venus love me chain! - Una gigantesca sfera acquatica circondata da una catena di luce investì appieno il mostro che stavolta fu annientato. - Ottimo lavoro Sailor Venus! - la incitarono le amiche. - Non... Non sono stata io... - disse scioccata la guerriera, che puntava il dito in avanti ed indicava oltre le spalle di Sailor Neptune. La guerriera di Nettuno si voltò di scatto e poté scorgere un nuovo profilo dietro di se. No, era sicura di non conoscerla quella guerriera, eppure si stropicciò gli occhi credendo di essere ripiombata in uno dei suoi incubi. Era invece la realtà che si palesava loro nelle fattezze di una ragazza alta, capelli biondi mossi, lunghi fin sulle spalle e una divisa alla marinara, proprio come tutte loro. I colori del suo abito erano cangianti e viravano in tutte le tonalità del giallo per poi culminare in fiocchi ed orlature nere e lunghi stivali bianchi. La tiara al centro della sua fronte non presentava una gemma, bensì una stella dorata e il collarino recava una piccola croce con al centro una pietra di zaffiro giallo molto somigliante a quella indossata dalla stessa Sailor Neptune. - E'... E' stata... lei... - sussurrò Venus, ancora incredula che un'altra guerriera avesse potuto usare uno dei suoi attacchi. - E tu chi sei? - le chiese Sailor Moon. - La stella del sole mi protegge, dalla sua energia traggo la mia forza. Sono Sailor Sun e sono venuta fin qui in nome del Sole! - si presentò ufficialmente la guerriera. - Che cosa? Sailor Sun? - parlottarono tra loro le Guardian, chiedendosi se qualcuna di loro rammentasse dell'esistenza di una guerriera con quel nome. Ma Uranus e Neptune, superati i primi istanti di sgomento le si pararono dinnanzi. - Cosa vuoi da qua? - le urlò rabbiosa la bionda dai corti capelli. - Vedo che il mostro è stato sconfitto. Non ho più niente da fare qui! - disse ignorandola l'altra e con pochi rapidi balzi si dileguò oltre una siepe. Le due Outer senshi però non demorsero e si gettarono all'inseguimento della misteriosa guerriera lasciando le Guardian ai loro interrogativi: - Sailor Sun... - ripeteva come un mantra Mars, con lo sguardo perso nel vuoto. - Ha usato i miei poteri... Come è possibile - ripeteva frustrata Venus. - Un'altra Guerriera Sailor di cui non immaginavamo neppure l'esistenza. Che intenzioni avrà? - constatò preoccupata Sailor Mercury. - Sun sei un'alleata o un'avversaria? - tirò le somme Sailor Moon. Intanto la guerriera del sole correva veloce tra gli alberi di un boschetto, ma si arrestò di botto per prendere fiato, ormai certa di averle seminate. Fu proprio allora però, che Uranus e Neptune balzarono giù da un albero. La guerriera di Urano le afferrò i polsi stringendoli, mentre quella di Nettuno le si avvicinò minacciosa. - Te lo ripeteremo ancora una volta con le buone: chi sei e cosa ci fai qua? - - Vi ho già detto che sono una Sailor come voi! - - Provalo! - continuò Uranus strattonandola.
- La tua amica ha dimenticato lo specchio di Nettuno? Magari con quello avrebbe potuto risparmiarvi la figuraccia che state facendo! - replicò la nuova guerriera spavalda, resistendo alla morsa di Uranus e dimostrando di conoscere alcune delle abilità di Neptune. - Cosa sei venuta a fare qui? Cosa stai cercando? - chiese ancora Neptune, ma la sua voce si fece più tremula, segno che lo smarrimento aveva iniziato ad insinuarsi in lei. - La missione che vi è stata affidata e i vostri battibecchi con le Guardian non mi interessano! Io sono qui per tutt'altro motivo! - replicò Sun e con una gomitata ben assestata allo stomaco di Uranus si liberò dalla presa. - E quale sarebbe questo motivo? - le chiese Uranus - Non sono cose che vi riguardano! - - Da che parte stai? - continuò la guerriera di Urano. - Dalla mia parte! Io agisco per conto mio. Seguo una mia missione, perciò se volete un consiglio, non interferite con me e io posso provare a promettervi che non vi darò fastidio! - concluse e con l'ennesimo balzo felino sparì al di sopra di un albero per poi dileguarsi. - Ancora un'altra missione... Di cosa potrebbe trattarsi? - disse sovrapensiero Neptune, cercando di rimettere in ordine logico gli accadimenti recenti. - Sembra la storia infinta: mentre siamo sulla strada giusta per risolvere la questione, ecco che sopraggiunge una nuova variabile a mischiare nuovamente le carte e a confonderci... - constatò Uranus demotivata. - Lei ha già deciso! E' davvero convinta che i nemici siano penetrati all'interno del nostro sistema solare per nostra negligenza! A cosa serve combattere se il nostro destino è già stato deciso? - si sfogò ed affranta si inginocchiò, colpendo ripetutamente il suolo con le mani chiuse a pugno. - Ehi! Noi porteremo la missione a termine, costi quel che costi! Tu ed io! E nessuna delle due deve arretrare neanche di un solo passo dinnanzi a questa certezza! Me lo hai detto tu stamattina, ricordi? - le disse Neptune, prendendole il viso tra le mani e fissandola negli occhi. - Ci riusciremo, abbi fede! - disse abbracciandola per poi aiutarla a rialzarsi.