Il lungo corridoio del sessantesimo piano dell'Accademia Infinity, era ormai diventato uno dei posti più ambiti della scuola, dato che anche Michiru si affrettava a percorrerlo visibilmente pensierosa. Lungo il tragitto non aveva fatto altro che riflettere e focalizzarsi sulle domande che avrebbe dovuto fare, per ottenere riposte decenti. La conosceva fin troppo bene, era sempre stata di poche parole, enigmatica a volte come la sfinge, però stavolta avrebbe capitolato perchè non aveva intenzione di battere in ritirata, finché non avesse avuto tutte le risposte che cercava. Aveva un disperato bisogno di rimettere insieme i pezzi di quel rompicapo, doveva farlo o la sua sanità mentale avrebbe vacillato; non si sarebbe mai aspettata che una semplice ragazzina, tra l'altro innocua all'apparenza, potesse metterla così tanto in crisi. Persino il suo talismano non le dava nessun cattivo presagio circa Hikaru. La situazione sembrava così banalmente normale, eppure qualcosa continuava a turbarla: era forse la personalità di Hikaru, così nobile di cuore, così educata eppure spavalda, grintosa ma tenera, ostinata ma a tratti smarrita come un cucciolo sul ciglio della strada; o piuttosto era il suo sentire istintivamente protettivo, quasi materno, quella sensazione di conoscerla già da tempo, che la mettevano a disagio? La nuova arrivata era certamente una persona affascinante e controversa, a tratti sembrava addirittura sintetizzare e fondere perfettamente la personalità sua e di Haruka, ma non riusciva a coglierne il perché. Forse era per questo che anche la sua partner l'aveva inaspettatamente presa a cuore sin da subito? Di solito Haruka era diffidente nel rapportarsi agli altri, ma con Hikaru le veniva tutto spontaneo e la cosa non era passata inosservata ai suoi occhi. Lei stessa provava slanci d'affetto inaspettati, era forse perchè si sentiva accomunata ad Hikaru dalla triste vicenda familiare? Cos'altro le sfuggiva ancora? - "Oh avanti Michiru domande mirate e concise o non avrai mai risposta!" - pensò tra se e se, realizzando che non poteva scaricare quella valanga emotiva anche su altre persone. Con la ridda di pensieri che le affollavano il cervello, si arrestò di botto dinnanzi ad una porta, il suo istinto fu di aprirla con impazienza e di cogliere alla sprovvista la malcapitata, ma si ricordò di essere pur sempre un'educata nobildonna in fondo, quindi trattenne il fiato e con le nocche bussò. - Avanti! - fu il lasciapassare, e stavolta con un gesto un pò meno da nobildonna, spalanco la porta.
- Michiru, che sorpresa vederti! Di solito non sali quasi mai fin quassù! Prego, entra! - le disse accomodante la sua interlocutrice. - Buongiorno Setsuna, come stai? - chiese Michiru richiudendo la porta dietro di se. - Io bene, sono molto occupata con il lavoro, ma sto continuando a monitorare le attività sospette nell'accademia, solo che al momento non ho rilevanti novità... per questo non mi ero ancora fatta sentire! - si giustificò la biologa. - Capisco.. - rispose lapidaria Michiru, avvicinandosi alla finestra, ed un surreale silenzio piombò nella stanza. - Cosa c'è? Ti vedo irrequieta oggi... - incalzò l'altra, auspicandosi che non avesse litigato con Haruka; in quella fase di lavoro così delicato, non avrebbe sopportato lo sfogo fiume della violinista. - Nulla, nulla... - si affrettò a dire Michiru, stritolandosi nervosamente le dita nelle mani. - Sei venuta fin qui solo per venirmi a trovare o vuoi chiedermi dell'altro? - intuì allora Setsuna. - In realtà forse due o tre domande per te ce le avrei... - si affrettò a dirle Michiru, ben sperando nella predisposizione dell'altra all'ascolto. - Ok... dimmi pure... - - Sei tu la tutrice legale di Hikaru Taiyo? - andò diretta la violinista. Setsuna alzò gli occhi dal microscopio e sospirò, sapeva che sarebbe arrivato quel momento, Michiru era sempre stata molto perspicace, doveva quindi aspettarsi un confronto del genere. - E se anche lo fossi a te cosa cambierebbe? - gettò l'amo la biologa per capire fino a che punto Michiru avesse chiaro il quadro della situazione. - Nulla! Mi chiedo solo perchè tu non ce lo abbia mai detto! - Setsuna tentò di rispondere ma fu travolta da una nuova domanda: - E come sono morti i genitori di Hikaru? - - Non lo so, quando l'ho adottata non hanno voluto dirmelo. Era più importante adottare un'orfana o ricostruire il suo albero genealogico? - - E tu li conoscevi i genitori di Hikaru? - continuò Michiru. - Si. Erano miei buoni amici... - si tenne sul vago Setsuna. - Non capisco: li conoscevi ma non sai come sono morti... E' un po' strana la cosa, no? E perché hai adottato proprio Hikaru? Ci sono tantissimi altri orfanelli in giro! - insistè Michiru, senza accorgersi che stava facendo esattamente ciò che non doveva, ovvero scaricare la sua frustrazione sull'altra. - Ascolta Michiru, mi fa piacere che tu sia passata a trovarmi, però se dobbiamo continuare a giocare ai piccoli detective, mi spiace, ma non ho tempo; ho tanto lavoro da fare! - la liquidò infatti la biologa, visibilmente infastidita. - Avanti Setsuna, io ho bisogno di sapere! Ti decidi una buona volta a dirmi come stanno le cose? Lo so che tu puoi aiutarmi! - - Hikaru è figlia di questi miei amici che purtroppo sono morti, dovevo loro un grosso favore, per questo ho deciso di accollarmi la responsabilità della loro unica figlia. Questo è tutto! Chiamalo pure senso del dovere, se vuoi! - tagliò corto Setsuna. Capendo che la sua strategia non la stava aiutando ad ottenere i risultati sperati, Michiru respirò profondamente e valutò di abbandonare quell'atteggiamento aggressivo, in favore di una maggiore empatia con l'altra; si decise perciò a parlarle del suo incubo. - Vedi Setsuna tutte le notti sono tormentata da un incubo: Io e Uranus avevamo dato un ricevimento al Triton Castle al quale era presente anche la regina ed il suo entourage, ma ad un certo punto venivamo attacati da potenti e sconosciuti nemici e si apriva dinnanzi ai nostri occhi uno scenario apocalittico di morte e distruzione. Nel sogno io e Uranus parliamo più volte di una bambina, che non so per quale motivo non era con noi quella sera. Però ricordo bene i nostri disperati tentativi di raggiungerla, finché, ad un tratto, ci siamo ritrovate in prima linea all'esterno delle mura del castello a combattere all'ultimo sangue. Tu eri con noi, sei tu che ci hai teletrasportato là fuori... Perchè? - le chiese Michiru. Setsuna si sentì colta in flagrante per la sua mancanza, la stessa che aveva confidato ad Hikaru qualche giorno prima, ma certa di compromettere una serie di fragili equilibri, valutò che in quel momento era forse meglio fingere: - Non so di cosa tu stia parlando, Michiru. Mi spiace se ultimamente non riesci a dormire bene. Forse sei molto stressata, dovresti frenare un po' i ritmi, rilassarti di più. Hai frequenti sbalzi di umore, non sei lucida! - - Non sei lucida, dici? Io non sono pazza! E non ho bisogno di frenare i ritmi! Ma tu hai idea di cosa significhi rivivere lo stesso incubo tutte le notti? Restare sveglia per paura di addormentarsi e vedere la persona che ami morire, o sentire i singhiozzi di una bambina provenire da chissà dove? Sono certa che quel pianto disperato sia reale! Rimbomba nelle mie orecchie tutta la giornata! Supplicava aiuto, Setsuna, era una bambina e piangeva disperata: aveva paura ed era stata lasciata sola! Perchè non siamo potute andare da lei? Perchè non abbiamo potuto salvarla? Perchè chi dovrebbe farsi garante della giustizia ha visto solo che noi eravamo decise a stare insieme ed ha deciso che avevamo infranto le regole? Insubordinazione: l'amore è forse un'insubordinazione? Costruire una vita con la persona che ami è insubordinazione? Scusami allora, ma se è così non so più per cosa sto combattendo! - disse sfogando la rabbia in un pianto acerbo e scomposto, in netto contrasto con quella che era la sua natura pacata e riflessiva. In un impeto di rabbia si avvicinò allora al tavolo da lavoro della biologa e scaraventò una fila di provette sul pavimento, fracassandole. - Giochi ancora con la genetica? - le ringhiò contro. - Non sono giochi, e tu lo sai benissimo! - rispose pacatamente Setsuna, auspicando che la violinista tornasse in se. - No che non lo so! Oltretutto non è neppure etico! - - E da quando ci facciamo scrupoli per l'etica? Reputi forse etico trovare una persona per ammazzarla? - la redarguì la biologa. - E' la nostra missione! - - E' un essere umano! Una Sailor come noi! - - Certo, la guerriera della distruzione e se si risveglia sarà la fine di tutto! - constatò Mchiru. - Questo è quello in cui abbiamo sempre creduto! Così come c'è chi ha sempre creduto che i nemici ci abbiano attaccato per causa vostra! - - Ascoltami bene: io ed Uranus possiamo essere state disobbedienti, ma non siamo né bugiarde, né inette, tantomeno traditrici! - replicò glaciale Michiru. - E' appunto quello, che sto dicendo: Credere che una cosa sia così non vuol dire che lo sia per davvero! - - Allora stai dicendo che la regina ci ha ingannate tutte? - - No! Assolutamente no! Sto solo dicendo che a volte le cose non sono come sembrano! - - Hikaru è la bambina del sogno? - tornò alla carica Michiru - Perchè l'inizio dei miei incubi coincide con la sua comparsa in città! - E ancora insisté: - Hikaru è Sailor Sun? - Un silenzio ostinato e la crescente tensione fecero comprendere a Michiru che Setsuna non le avrebbe mai dato le le risposte che cercava, quindi stava solo sprecando tempo. - E va bene Setsuna, vorrà dire che cercherò la verità a modo mio, da sola, come sempre! - concluse facendo per andare via e sbattendo la porta dietro di se. - Scusami amica mia ti prometto che a tempo debito tutto ti sarà chiaro... - sussurrò Setsuna a porta chiusa, e prese ad alzare i vetri rotti delle provette dal pavimento, sperando che quella missione così onerosa per tutti si concludesse presto.
La pista di atletica dell'Accademia Infinity era abbastanza vuota nonostante fosse mattina inoltrata. Hikaru però, non aveva tanta voglia di correre, piuttosto se ne stava seduta su una panchina ai margini di essa, dondolandosi pensierosa. Sapeva di avere una missione da compiere e che non poteva fallire, o si sarebbe giocata l'ultima possibilità di riscattare la sua famiglia. Aveva sempre ritenuto un pò ingiusto il trattamento riservato loro dalla Regina dopo il feroce attacco al Triton Castle ad opera di nemici, che aveva motivo di credere, si fossero stanziati nell'arco temporale che stava vivendo, da quando aveva messo piede sulla Terra. Lungi dal mettere in discussione le decisioni reali, della cui famiglia era per altro entrata a far parte tramite adozione, voleva soltanto fare giustizia e restiture ciò che era stato tolto a lei e ad i suoi genitori. La regina era sempre stata una persona molto saggia ed aveva sempre avuto a cuore le sorti del singolo, così come quelle dell'universo, per questo non ne capiva e non ne accettava la decisione così drastica circa la sua famiglia. Dagli avvenimenti del Triton Castle i pianeti del sistema solare esterno erano diventati spenti, freddi e bui, e l'alone di solitudine che li aveva sempre contraddistinti era tornato ad incombere su di loro. Non vedeva più i suoi genitori da tanto. Chissà come stavano sui loro rispettivi pianeti, e chissà se ogni tanto la loro memoria provasse a ricordare il loro passato come famiglia felice. Dopo l'attacco al castello, la regina riuscì a riportare in vita Uranus e Neptune, e per proteggerle da un forte disturbo post-traumatico da stress, la loro memoria fu cancellata e l'assetto difensivo del sistema solare ripristinato, ma a quale prezzo? In quanto a lei, scelse di serbare i ricordi della sua infanzia nel più profondo angolo del suo cuore, visto che era l'unico legame che ancora la riconduceva a loro, a patto però che non rivelasse mai a nessuno la sua vera identità. Dopo molte insistenze però, ed una buona intercessione da parte delle Guardian e della stessa Pluto, era riuscita a strappare alla Regina la concessione di poter indagare, per tentare di ricostruire il reale susseguirsi degli eventi che avevano portato alla tragedia del Triton Castle, nella speranza di redimere la sua famiglia e di potergli restituire dignità, la stessa che era stata loro tolta giudicandole superficiali ed egoiste. Per questo motivo attualmente lavorava sulla Terra insieme a Pluto, custode delle porte dello spazio-tempo, nonché unica guerriera in grado di manipolare gli archi ad esso relativi, sulla provenienza di questi death buster, ma a differenza delle altre il suo scopo non era salvare la terra ed evitare il risveglio di Sailor Saturn, bensì di individuare l'esatta origine di essi e il modo in cui erano riusciti ad infiltrarsi nel sistema solare, provocandone una parziale distruzione. E poi c'era un altro pensiero che non le dava pace: Mars, la bella guerriera dalle insegne rosse, scintillati come il fuoco, e gli occhi color ametista che le avevano stregato il cuore. Ricordava bene l'istinto protettivo della mora nei suoi riguardi quando si ritrovò di colpo sola; quando le sue braccia l'avevano alzata di peso e l'avevano trasportata via dall'inferno di fuoco che era diventata la sua camera; quando per coprire i rumori della battaglia e calmare i suoi pianti fuori dalle mura del Triton Castle le susurrava nelle orecchie una dolce ninna nanna. Il loro legame era stato qualcosa di forte ed inspiegabile fin da subito e man mano che tempo passava, cresceva sempre di più. Fu Mars insieme alle altre Guardian ad addestrarla come guerriera una volta al Palazzo di Cristallo; e fu sempre Mars ad insegnarle tutto ciò che sapeva, persino ad amare:
"Il giardino retrostante al Palazzo di Cristallo era fiorito di rose bianche. Mars andava sempre in quel posto, silenzioso ed un pò appartato quando voleva starsene tranquilla. Tra tutti l'unica che conoscesse alla perfezione le abitudini della guerriera di Marte, era proprio Sun che spesso le faceva compagnia in quei momenti. Quella mattina infatti, trovandosi a passare di lì, notò subito la folta capigliatura corvina della mora che stava seduta sul prato antistante ad un piccolo laghetto a farsi scaldare dai tiepidi raggi del sole, così non poté fare a meno di raggiungerla e sedersi accanto a lei. - Ehi! - le disse Mars, ad occhi chiusi, ma percepiva nitidamete la presenza dell'altra di fianco. Sun odorava di mare e di sole, di spighe di grano maturo e fiori di campo sfiorati dal vento, odorava di estate e questo profumo aveva sempre sortito un effetto ipnotico su di lei: l'avrebbe riconosciuta tra migliaia di persone. - Ti disturbo? - rispose l'altra. - Tu non disturbi mai! - replicò immediatamente ed una mano andò a cercare quella di Sun, appoggiata nell'erba. Il cuore di Sun sobbalzò nel petto, ma non ebbe la benchè minima intenzione di defilarsi da quel contatto. - Sei in cerca di un pò di te stessa? - le domandò poi per smorzare la tensione emotiva venutasi a creare. - Ora sto bene, mi sto solo rilassando e mi godo il momento! - disse distendendosi sull'erba. Sun la fissava adorante, con gli occhi di chi non aveva mai visto una creatura così meravigliosa e cercava di tenere a bada ogni suo pensiero ed ogni sua emozione perchè se alimentato, avrebbe sicuramente nutrito la sua impulsività; ma per quanto lottasse per trattenersi, improvvisamente ruppe il silenzio e parlò: - Ascolta... io avevo giurato di non farne parola con nessuno data la particolarità della situazione, ma adesso siamo qua, lontano da orecchie indiscrete ed ho bisogno di dirti una cosa... Da quando sono cresciuta qui con voi, sei sempre stata il mio principale punto di riferimento. Voglio dire, provo affetto nei riguardi di tutte voi e vi proteggerei anche a costo della mia vita, ma se accadesse qualcosa a te, solo e soltanto a te, io credo che impazzirei... So che forse quello che sto per dirti è un pensiero in più che ti viene scaricato addosso, ma non posso più fingere che non sia così: io sono innamorata di te... - disse con voce tremula. - Sun, il tuo sentimento nei miei riguardi è certo motivo di lusinga per me, ma forse stai confondendo la gratitudine con qualcos'altro, accade quando si ha avuto una vita travagliata come la tua... - - Credo di essere abbastanza grande da saper distinguere la gratitudine dall'amore, ed è proprio questo il punto: alle altre sono grata, di te invece sono innamorata. Ci conosciamo da tanto e so come la pensi a riguardo, so che per te la tua Regina ed i tuoi doveri di Guardian vengono prima di tutto, ma è altrettanto giusto che tu sappia che per me sei importante... - - Ti ringrazio per la schiettezza, ma sai bene che non posso! E non dovremmo neppure incontrarci qua e parlare di queste cose! - si innervosì Mars. - Non puoi o non vuoi? Perchè c'è una sostanziale differenza fra le due cose! - - Io sono una Guardian della Regina Serenity. Per me conta solo proteggerla. Non ho tempo per correre dietro all'amore per un'altra persona. E' un sentimento che non mi posso permettere il lusso di provare, neanche se lo volessi con tutto il cuore! - - E chi te lo impedisce? I tuoi doveri? La Regina? - - Sei una Sailor anche tu, dovresti conoscerle bene le regole e dovresti sapere che non ci è concesso di legarci sentimentalmente a qualcuno! - - Saresti una guerriera peggiore se ti accompagnassi a qualcuno? - - Mi distoglierebbe dai miei obiettivi principali, mi deconcentrerebbe dal mio ruolo di Guardian, nonchè di consigliera della Regina Serenity.. - - Quindi credi che il destino di qualunque Sailor sia quello di essere sola ed infelice? E di vivere esclusivamente in funzione dei propri doveri nei riguardi della famiglia reale? Non lo trovi un pò ingiusto? - - Le regole sono regole! - - Certo, ma le regole possono cambiare se diventano obsolete, o se privano un essere umano della propria felicità, o se lo portano a diventare solo un involucro inanimato di ferite e cicatrici. A volte mi chiedo se siamo nate davvero solo per servire e sacrificarci... E' questo il destino che spetta a chi si impegna a proteggere strenuamente gli equilibri cosmici? E' possibile che il cosmo intero non dia amore a chi con amore lo protegge? Questo non è karma! - - E' già successo Sun, e tu lo sai benissimo! - rispose gelida Mars, alludendo alle sorti di Uranus e Neptune, per poi continuare: - E' innegabile la complicità che c'è tra di noi sia sul campo di battaglia che fuori, così evidente da far fatica a nasconderla persino agli altri, ma non ho alcun interesse a trovarmi in una posizione di insubordinazione! - - E da quando l'amore è un' insubordinazione? Da quando l'ha deciso la regina? E da quando prima di lei lo ha deciso sua madre e prima di sua madre lo ha deciso ancora sua madre? Stiamo parlando di tradizioni vetuste che non tengono in considerazione l'evolversi dei tempi! E' un equilibrio statico, anzi stantio. Uno stato moderno deve basarsi anche su leggi moderne, altrimenti per quanto equilibrato possa essere, arriverà sempre il momento in cui la burocrazia lo fara accartocciare su se stesso. E tu che sei la consigliera personale della Regina dovresti avere il coraggio di dirglielo, anzichè calare il capo e acconsentire a tutto ciò che dice! - - Ma ti senti? stai parlando esattamente come loro! - - Continui a fare riferimento in maniera neppure tanto velata ai miei genitori, ma sai cosa? Se davvero erano così, posso essere solo orgogliosa di essere la loro figlia, anche se non potrò mai dirglielo! Ma ti mostrerò, e mostrerò a tutti quanti che l'amore qualunque esso sia, non può mai essere una disobbedienza e quindi non può essere soggetto a giudizio o condanna alcuna! - - Continui a parlare d'amore, ma forse stai fraintendendo: io non ti amo! - replicò Mars glaciale. - E il modo in cui mi guardi sottecchi quando ceniamo tutti insieme e siamo l'una di fronte all'altra? Tutte le volte che dopo una battaglia mi sfiori il viso e i capelli per accertarti di come sto? E le volte che quando sono distesa al sole ti chini su di me e mi solletichi con i tuoi capelli respirandomi sul collo? E le volte che ti nascondi e mi spii quando esco sola dal Palazzo? Di cosa ti vuoi accertare? Che non disobbedisco alle regole o semplicemente con chi esco? Ti vedo che arrossisci se ti sfioro le braccia, se ti sussurro all'orecchio... Pensi davvero che io sia così cieca? - le disse Sun, avvicinandosi pericolosamente, tanto da farle sentire il suo profumo con maggiore intensità. Mars chiuse gli occhi e si lasciò inebriare, avrebbe dovuto evitare qualsiasi cosa stesse per accadere, ma non era poi tanto sicura di volerla evitare, quindi Sun le prese il viso tra le mani posandole sulle labbra un tenero, appassionato bacio. - Io ti amo Mars...E se anche la tua mente si ostina a respingermi, il tuo cuore ed il tuo corpo non sanno mentire... - le sussurrò Sun con ancora le labbra sulle sue. Mars si staccò qualche istante dall'effusione per fissarla negli occhi blu, profondi come l'oceano, prima di tornare a baciarla con più audacia, lasciandosi trasportare dalle emozioni, salvo poi irrigidirsi repentinamente e interrompere quel contatto dicendo: - Forse è vero che sono innamorata Sun, però mi spiace, non posso ignorare il mio dovere per potermi sollazzare con te. Né ora né mai. Se fossi libera da vincoli, potrei certamente provare ad amarti, ma non lo sono e questa è una condizione che non cambierà mai! Io amo la mia Regina e ho fatto un giuramento, quello di dedicare la mia vita a proteggerla! Lo stesso che per altro, hai fatto anche tu! - - Non stiamo parlando dello stesso tipo di amore! - - Ma non ti rendi conto che non potremmo mai stare bene insieme? Tu sei una guerriera del sistema solare esterno, io una Guardian! - - Quindi adesso non sono neppure più una Guardian? - sorrise amaramente Sun. - Tu dovresti proteggere l'universo dalle minacce nemiche, io la mia regina dai nemici che eventualmente voi non riuscite a sconfiggere. Noi siamo la scorta della famiglia reale! Ed io e te siamo diverse come il sole e la luna, le nostre priorità sono agli antipodi, i nostri sentimenti sono sbagliati e se dovessi scegliere tra te e le mie compagne, sceglierei sempre loro, perchè ho visto cosa succede a chi disobbedisce, ed io non voglio fare quella fine, quindi, per favore, se mi ami davvero, smettila! - la dileguò in malo modo Mars. Sun scosse la testa, ferita dal comportamento dell'altra: - Io ti amo Mars, era giusto che tu sapessi. Mi spiace averti importunata ma spero che un giorno capirai il valore di ciò che mi lega a te... - - Ti amo anche io Sun ma a differenza tua, questo sentimento per me è soltanto una pietra d'inciampo nel mio cammino. Quindi ti devo dimenticare e devo tentare di vederti soltanto come una semplice Sailor, così come lo sono tutte le altre per me. Non sono pronta all'amore, e né tantomeno sono pronta a te... E per favore smettila di dirmi queste cose o mi vedrò costretta a doverne parlare con la regina e non mi va di innescare un altro caso di insubordinazione. Abbiamo già sofferto tutti troppo col precedente. Diamoci pace! - disse alzandosi e andando via."
- Ma guarda, mi aspettavi per darmi la rivincita? - la ridestò dai suoi pensieri Haruka, sedendosi accanto a lei. - Eh come dici, scusa? - rispose farfugliando Hikaru. - Ho detto che ti sfido perchè voglio la rivincita! - parlò nuovamente Haruka, ma si arrestò di colpo nel notare l'espressione assorta e preoccupata sul volto di Hikaru, espressione che per altro, conosceva benissimo perchè del tutto simile a quella della sua fidanzata. - Ehi, va tutto bene? Ti vedo un pò pensierosa... - cambiò tono la bionda. - Si, tutto bene... - fu la risposta laconica dell'altra. Haruka allora insistè: - Sai, quando ti preoccupa qualcosa aggrotti la fronte proprio come fa Michiru. Di solito il passaggio successivo è quello di rintanarsi nel suo mondo interiore per non farsi raggiungere. Così mi taglia fuori dai suoi pensieri più intimi, lasciandomi sola. Ma so anche che quando ha bisogno un confronto, o semplicemente di un conforto è lei stessa a venirmi a cercare. Quindi lo so che stai dicendo una bugia e che quel tutto bene cela in realtà risposte di altro genere, ma non insisto. Se vorrai parlarmene io sono qua... - le disse alzandosi dalla panchina e facendo per andare via. - Ehi, un momento, e la rivincita? - cambiò discorso Hikaru, che tuttavia aveva molto apprezzato la delicatezza e la discrezione dell'altra nel rapportarglisi in quel momento. - Non importa, non mi sembri dell'umore giusto, stamane! - - No, sono pronta! - disse Hikaru scattando in piedi, per poi avvicinarsi alla linea di partenza. Haruka le sorrise dicendole: - Come vuoi! - e si affiancò a lei per partire. La loro corsa veloce e frenetica si arrestò soltanto quando una delle due tagliò per prima il traguardo e stavolta non fu Hikaru. - Lascia che ti sveli un segreto, figlia del vento: quando corri tieni la mente sgombera da qualsiasi pensiero, questo ti alleggerirà notevolmente! - Le sussurrò Haruka all'orecchio, per poi continuare: - Ad ogni modo ho un bel pò di gente che vuole venire ad assaggiare i tuoi dolci all'evento di beneficenza. Ci saranno anche i miei genitori con alcuni degli industriali più importanti del paese che sono ansiosi di fare una cospicua donazione all'orfanotrofio. A patto però, che ascoltino buona musica e mangino un buon dolce, perciò datevi da fare! - scherzò dandole una pacca sulla spalla, ma non poté fare a meno di notare il vistoso livido violaceo sul braccio di Hikaru. Sembrava che qualcuno l'avesse afferrata per l'arto e ne avesse tenuto ben salda la presa, affondando le falangi nella carne. Il pensiero le tornò istantaneamente a quando strinse Sailor Sun per cercare di carpirne informazioni, ma non poteva, anzi, non voleva credere che si trattasse della stessa persona, perciò scuotendo il capo come per scacciare via quel fastidioso pensiero, riprese il discorso: - Michiru vorrebbe fare il punto della situazione circa l'evento, quindi scambiamoci i numeri che ti chiamiamo per fissare un appuntamento e incontrarci! - le disse, e dopo essersi scambiate i recapiti si congedò: - Ora vado, non voglio farla aspettare, ma se dovessi avere bisogno chiama, tanto il numero adesso ce l'hai! - disse strizzandole l'occhio. Hikaru guardandola allontanarsi sussurrò sottovoce: - Grazie di tutto... Grazie perché ci siete ed ogni giorno sento la vostra presenza nella mia vita, anche se non potrò mai far parte della vostra... -
Il suono della campanella decretò la fine delle lezioni, così Usagi e le sue amiche si affrettarono ad uscire di scuola perchè avevano appuntamento con Rei nel quartiere di Azabu. Quel pomeriggio avevano deciso di andare nella pasticceria famosa che tanto decantava Makoto per assaggiarne i dolci, visto che lo avevano promesso a Chibiusa, ma ancor di più perchè spinte da una quasi morbosa curiosità di sapere come mai la loro amica avesse ricevuto una box proprio da quella pasticceria. I casi erano due: o qualche nemico l'aveva puntata e presto o tardi le avrebbe teso un'imboscata, o c'entrava una questione di cuore, ma visti i comportamenti insoliti di Rei in quei giorni, e la sua insolita aria stralunata, le amiche erano pronte a scommettere che si trattasse di affari di cuore. Ovviamente però, la mora era del tutto ignara di questa seconda e più bieca motivazione. Mentre il gruppo camminava chiassoso per strada, Minako ebbe però un ripensamento: - Ragazze ma siete sicure che ce la possiamo permettere questa merenda? - - E se poi non abbiamo soldi a sufficienza per pagare? - constatò Usagi. - Sei sempre la solita tirchia, Usagi! - la rimproverò Chibiusa, che ignara del reale motivo di quella golosa incursione, già sentiva il sapore dei dolci sulle sue papille gustative. - E tu sei sempre la solita viziata! Guarda che è nel XXX secolo, che sei principessa, non qua! - - Si, ma tu sempre tirchia resti! - incalzò Chibiusa. - Avanti ragazze, vi sembra il momento di mettervi a battibeccare? - le rimproverò Ami, che per la verità era l'unica che fin dall'inizio aveva scoraggiato le amiche dal loro intento. - Ha iniziato lei! - dissero in contemporanea, puntandosi il dito l'una contro l'altra. - Abbiamo detto che avremmo portato Chibiusa a prendere un dolce qui e dobbiamo mantenere la promessa! - disse Makoto, la quale invece nutriva una segreta ammirazione per quella pasticciera e avrebbe voluto conoscerla a tutti i costi. - Beh, se dovesse essere troppo costoso, lasciamo che solo Chibiusa prenda il dolce, poi andiamo via... - disse Ami, tentando di fare un ultimo estremo tentativo di dissuasione. - No, è fuori discussione! Perchè la mocciosa dovrebbe mangiare il dolce e io no? - frignò Usagi. - Allora prendi il dolce e piantala di piagnucolare! - rispose cupa Rei, decisamente pensierosa: non capiva il perchè di tutto questo improvviso interesse nei riguardi di una semplice pasticceria, raffinata, per carità, ma pur sempre una pasticceria. Inoltre una sensazione di disagio serpeggiava in lei e le teneva i sensi allertati. Il gruppo si arrestò dinnanzi alle coloratissime e rifornitissime vetrine della pasticceria, per poi arrivare con lo sguardo fino all'interno. - Non c'è che dire, se questa è l'estetica del posto non oso immaginare la bontà dei dolci... - parlò Makoto con aria sognante per poi continuare: - E' esattamente così che vorrei la mia pasticceria, un giorno... - Allora, ci siamo? - chiese Minako ridestandola, ed il gruppo entrò, avvolto dall'inebriante odore di dolci appena sfornati. Le ragazze sedendosi, continuarono a guardarsi intorno compiaciute, tutto era perfetto, impeccabile e se si fossero dovute fermare a lavare i piatti per pagare il conto, pazienza: l'esperienza in quel posto valeva davvero il sacrificio. - Ecco Rei, hai visto com'è esclusivo questo posto? Ad essere onesta ti ho invidiato un po' l'altro giorno quando hai ricevuto quella box... - le confidò Makoto. - Devo ammettere che è davvero un bel posto; non lo conoscevo... - rispose, ma la sua voce era tuttavia priva dello stesso entusiasmo che invece animava le sue amiche. - Davvero non conoscevi questa pasticceria? E' uno dei posti più cool del momento! - le disse Ami e Rei provò imbarazzo nell'apprendere che persino la "secchiona" Ami era più informata di lei a riguardo. - Hikaru Taiyo è un genio della pasticceria, si dice che abbia imparato la sua arte prima in Francia e poi in Italia. Le sue creazioni sono innovative negli abbinamenti e visionarie nelle forme, qualcuno la tratta alla stregua di una vera e propria artista. - si dilungò in spiegazioni Makoto, enfatizzando l'operato del suo idolo. - In effetti i suoi dolci fanno molta scena, guarda questo! - disse Minako, indicando la foto di un dolce sul menù, composto da una base di pan di spagna intagliato a forma di cuore, con al centro una confit di lamponi e ricoperto di cioccolato ruby pralinato alla mandorla. - Com'è che si chiama? - le chiese Usagi. - Cosmic Heart! - rispose prontamente Minako. - Sembra davvero lei! - convenne Usagi, riferendosi alla sua spilla per trasformarsi in Sailor Moon.
- Allora, avete deciso? - disse Chibiusa chiudendo impaziente il menù - A me ispira una Mercury cake: semisfera di gelato alla vaniglia con cuore blu al mirtillo, ricoperto di cioccolato white and blue... Prenderei quella... - disse Ami, mostrando un'eccitazione insolita per il suo temperamento quieto; d'altronde era l'unica che fosse andata lì davvero soltanto per uno spuntino. - Io invece prendo una Moon Cake! Mi piace l'abbinamento ananas, crema al cocco e cioccolato fondente! - parlò infervorata Chibiusa. - La solita copiona, lo volevo prendere io! - sbuffò Usagi. Mentre le sue amiche parlavano a valanga del tutto e del niente, e di un dolce come se fosse l'unico che avrebbero mangiato nella loro vita, Rei si estraneò completamente: meditava attentamente sul fatto che quella particolare linea di dolci, aveva il nome di ciascun pianeta delle Sailor. Inoltre, anche il dolce che Minako aveva indicato in foto, era identico alla spilla di trasformazione di Usagi. Probabilmente era solo frutto di una fervida fantasia della pasticciera, eppure non si toglieva dalla mente che magari potesse esserci anche un'altra spiegazione, così come non poteva credere fino in fondo che le sue amiche l'avessero trascinata là solo per uno stupido dolce. I suoi pensieri furono però interrotti quando dalla cucina spuntò una ragazza in giacca bianca, con il tocco sulla testa, che attirò la sua attenzione. - Misaki, per favore, aiutami a sistemare questi vassoi nel banco! - parlò la chef e Chibiusa riconobbe una voce familiare, quindi si voltò incuriosita per vedere da chi provenisse: - Ehi ma io quella la conosco! - disse infatti. - Forse l'avrai vista su qualche rivista, è abbastanza famosa, proprio come Haruka e Michiru! - le suggerì Makoto, a cui piaceva ogni tanto snocciolare le sue conoscenze vip, perché la facevano sentire una donna più di mondo. - No! No, vi dico che la conosco proprio! Scommettiamo? - disse Chibiusa. - Ma va! E' impossibile! - le disse Usagi polemica, di nuovo in vena di pungolarla. La ragazzina allora, si alzò in piedi e a gran voce chiamò: - Hikaru! - La pasticciera sentendosi chiamare sollevò lo sguardo dal vassoio che stava sistemando, ma non si concentrò subito su chi l'aveva chiamata. I loro cuori sobbalzarono nel petto quando si riconobbero: Hikaru e Rei si incrociarono immediatamente con lo sguardo. " Hikaru Taiyo... E così è lei la famosa pasticciera? Certo che lo è! Vi si scorge la profondità abissale del mare in quegli occhi: la riconoscerei tra mille! " - rifletté Rei, ma mentre cercava di capire come comportarsi in quella situazione per non dare troppo nell'occhio con le sue amiche, l'altra si era già avvicinata al gruppo. - Hikaru! Come stai? - disse Chibiusa saltandole festosa al collo. - Ehi, soldo di cacio! Io sto bene, e vedo che anche tu sei in ottima forma anche tu! - disse ricambiando affettuosamente l'abbraccio. Le presenti restarono ammutolite dinanzi a quella scena: Chibiusa aveva detto il vero, ma la domanda reale era come si erano conosciute? Quanto erano amiche? Ad una prima analisi le due dovevano esserlo molto, data la confidenza tra loro; ma dove si erano conosciute, visto che Chibiusa all'apparenza era più piccola di lei?
- Piacere, io sono Usagi! - cercò di rompere il ghiaccio la bionda, sperando che Chibiusa facesse le presentazioni anche con loro. Presa dall'abitudine della sua vita passata, Hikaru accennò ad un lieve, minuscolo inchino verso la futura sovrana, ma fece appena in tempo a ricordarsi che in questo arco temporale Usagi non era ancora regina; inoltre anche lei aveva ancora un'identità da proteggere, proprio come le aveva suggerito Setsuna. Per non dare troppo nell'occhio allora, preferì comportarsi diversamente. Con disinvoltura si avvicinò a Rei e prendendole la mano le riservò un delicato baciamano: - Lieta di rivederti, Rei Hino! Speravo tu passassi a trovarmi! - le disse con voce suadente mentre le sorrideva. Le sue amiche sobbalzarono incredule dalla sorpresa: era la pasticciera allora la corteggiatrice misteriosa della mora? E presero a squadrarla con insistenza per cogliere una reazione della sacerdotessa. Dal canto suo Rei, al culmine dell'imbarazzo, avrebbe soltanto voluto sprofondare: come aveva potuto essere così sfacciata Hikaru? - Vi... Vi conoscete? - balbettò Minako incredula. - Certo che si conoscono, E' chiaro, no? La scatola di dolci gliel'ha mandata lei! - disse Makoto. - Perchè non ce lo hai detto? - incalzò Usagi. Hikaru si rese allora conto che la sua impulsività aveva messo in imbarazzo la mora, e si maledisse perchè quel tratto caratteriale la accomunava tanto al padre, che quando vedeva una ragazza che gli interessava non capiva più niente. Provò così a riparare al danno per dare almeno a Rei la possibilità di sollevarsi dall'incombenza di rispondere a quella raffica di domande inquisitorie. - Scusatemi, sono stata un pò villana: piacere, sono Hikaru Taiyo! Lieta di fare la vostra conoscenza! Spero vi stiate trovando bene qui e mi raccomando, prendete quello che desiderate, oggi offro io; gli amici di Chibiusa sono anche miei amici! - disse, strizzando un occhio alla bambina che ricambiò con un sorrisone dicendo poi ad Usagi: - Hai visto? E tu che ti preoccupavi di dover lavare i piatti! Lei si che è davvero una persona di classe! - - Ma noi non possiamo accettare! - replicò Usagi, pizzicando una mano della ragazzina per evitare che parlasse di nuovo. - Insisto! - replicò Hikaru in un sussurro, e guardandola negli occhi le sorrise calorosamente. Usagi ebbe un tuffo al cuore, solo due persone prima di allora si erano comportate in maniera cavalleresca con lei: una era il suo Mamoru, l'altra Haruka che inizialmente aveva scambiato per un ragazzo. Hikaru in qualche maniera le ricordava molto la sfrontatezza, ma anche la galanteria che Haruka usava nel rapportarsi a lei. Sembrava provenire da un altro tempo e da un altro spazio. La pasticciera invece, non riusciva a smettere di ammirare Rei, difatti improvvisamente si accorse che la mora aveva un angolo della bocca sporco del caffè che stava bevendo, così glielo segnalò sbracciandosi, ma Rei non ne voleva sapere di alzare lo sguardo dalla tazza. Stava optando di lasciar perdere, soprattutto data la situazione, ma di nuovo la sua impulsività prese il sopravvento: - Non che non tu non sia bella comunque, ma hai sporco qui nell'angolo... - disse, indicandole dapprima il punto sulla sua bocca, poi sulla bocca di Rei. - Le ha sfiorato le labbra! - Si lo ha fatto! - - Non mi sembravano intenzioni tanto pure... - - Sarà come Haruka e Michiru? -
- In che senso, scusa? - - Ma si dai, hai capito, quella cosa quando si sta insieme tra ragazze, come si dice... - - Ah si... - parlottavano fitto fitto tra di loro, noncuranti che Rei avesse un paio di orecchie funzionanti che le ascoltavano. Ora le erano chiare le intenzioni delle altre: Chibiusa era solo un pretesto. La realtà era ben altra: le sue amiche avevano insistito per andare in quel posto solo per cercare di scoprire se ci fosse davvero un misterioso corteggiatore. Ferita e delusa dai comportamenti frivoli e superficiali circa situazioni tanto intime e delicate, Rei batté una mano sul tavolo e disse: - Lesbiche. Si dice lesbiche! - quindi si alzò dal tavolo trascinando con se la preziosa tazza di ceramica orlata d'oro, che cadde sul pavimento rompendosi. Hikaru lanciò rapide occhiate al gruppo che pur essendo sorpreso non accennava a fermarla, poi guardò Rei scappare, e di nuovo il gruppo: - Forse avreste dovuto essere più corrette e tenervi la vostra curiosità... - le redarguì capendo la situazione
- Ahh... Non importa, lasciate stare! - disse facendo un cenno infastidito con la mano, prima di correre verso la mora. - Rei, ehi Rei! - disse Hikaru prendendola per un braccio ed arrestandone la corsa. Rei si voltò a guardarla con gli occhi pieni di lacrime ed istintivamente le mollò un ceffone sulla guancia. - Cosa speravi di ottenere comportandoti così? Mi hai messo in imbarazzo davanti a tutte! Io non sono il vostro passatempo! - le urlò in faccia. La pasticcera che si massaggiava la guancia dolorante tentò di risponderle: - Scusami, ho lasciato che la mia impulsività prendesse il sopravvento. Eri la più bella di tutte lì in mezzo, anche con la bocca sporca di caffè. Non sono riuscita a tacere... - - Hai idea del pasticcio in cui mi hi messo? - replicò fredda la mora. - Perdonami, non era mia intenzione... Il fatto è che tu mi piaci tanto ed io vorrei... si insomma vorrei... - tentava di trovare le parole giuste Hikaru, ma non fece neppure in tempo a finire la frase che Rei le si lanciò contro spingendola verso un muro, schiacciando con il suo corpo il corpo dell'altra. La guardò qualche istante in quegli occhi blu oceano e con un gesto sorprendente appoggiò le sue labbra su quelle di Hikaru, per un lieve fugace bacio. - Era questo quello che volevi no? Ti sentirai sodisfatta adesso! - le disse gelida Rei, poi si voltò di scatto e fece per andare via. - No sciocca io non volevo questo! Io volevo... - ma ormai era troppo lontana per sentirla. Hikaru si toccò le labbra ripensando al bacio: "Volevo solo dirti che sei sempre nei miei pensieri, e che potrei essermi innamorata di te... " Una improvvisa fitta al cuore però, la raggiunse al pensiero che in fondo i loro mondi non erano fatti per incontrarsi; erano diverse come il sole e la luna, e il giudizio delle sue amiche aveva ancora troppa importanza per lei, a tal punto da riuscire a compromettere qualsiasi cosa fosse potuta nascere fra loro. La pasticciera fu però riportata alla realtà da un insistente quanto fastidioso bip che proveniva sincronicamente dagli orologi delle amiche di Rei che intanto erano uscite per tentare di scusarsi. Le cinque si gettarono una rapida occhiata di intesa, per poi salutare frettolosamente e dileguarsi. Hikaru inspirò a pieni polmoni l'odore salmastro del vento che turbinò per qualche istante dinnanzi a lei: - Una nuova battaglia è alle porte... - sussurrò, e giù di morale si preparò per affrontarla.
