53. Fiducia

Charles si sentiva a disagio, percepiva i pensieri di Moira, lei provava ancora un profondo amore nei suoi confronti, sentimento che lui non avrebbe più potuto contraccambiare, non dopo tutto ciò che era successo. Ignorò lo sguardo implorante di lei e andò dritto al sodo.

"Allora, cosa devi dirmi?"

Lei esitò, ora che si trovavano soli sembrava restia a parlare, come se le sue parole potessero ferirlo.

"Prima di cominciare …" iniziò "Erik mi ha parlato di te e Raven e …"

Charles capì all'istante cosa voleva chiedere, aveva sperato di evitare quella discussione ma a quanto pareva Moira voleva farsi del male, forse un modo per espiare il dolore che avrebbe fatto provare a lui?

"Lascia stare, Moira" disse "Ho capito quello che stai facendo, sai benissimo che tra me e te non potrà più esserci nulla."

Le si avvicinò, le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente sulla fronte.

"Non voglio che tu soffra ma dobbiamo andare entrambi avanti, l'avevamo deciso anni fa, ricordi?"

Lei annuì ma tremava.

"Qualsiasi cosa tu possa dirmi non mi farà soffrire, Moira" la rassicurò "Ti assicuro che gli ultimi mesi mi hanno messo a dura prova, qualche altra botta emotiva non potrà ferirmi più di quanto non lo sia già."

Moira annuì ancora, iniziò a passeggiare avanti e indietro per la stanza, cercava le parole giuste ma non era facile, non lo era per niente.

"Avanti, Moira" lo incoraggiò lei "Non sono un bambino!"

Quest'ultima affermazione la spinse finalmente a parlare, anche se con molta cautela.

"Voglio premettere che non ti sto dicendo queste cose per metterti con le spalle al muro o per farti sentire in colpa. In teoria non dovrei nemmeno parlartene perché farlo significa interferire con la linea temporale e …"

"Moira" la richiamò lui per l'ennesima volta "Ho più di ottant'anni e la mia vita non è stata semplice, te l'assicuro, non credo che ciò che mi dirai la potrà sconvolgere più di quanto non lo sia già e in ogni caso sarò in grado di accettarlo."

"Esatto!" esclamò lei "Esatto! Io voglio dirti queste cose per metterti in guardia, perché certi eventi non si ripetano!"
"Quindi?" chiese ancora lui, iniziando ad essere impaziente.

"Ricorda che sono avvenimenti ai quali non ho assistito personalmente ma che ho saputo tramite i giornali e .."
"MOIRA!"

Charles aveva gridato, nonostante fingesse che non fosse così l'ansia lo stava divorando, sperava che lei finalmente si decidesse a parlare.

"Cominciamo dalla minaccia più lontana. Devi sapere che io non avrei voluto seguire Erik qui, lui ti avrebbe riportato ciò che gli ho detto e io non avrei interferito ma … è stato lui a convincermi a tornare perché ciò che mi ha detto di te mi ha fatto capire che dovevo parlarti di persona."

Charles espirò dal naso.

"Hai finito con le premesse o dobbiamo stare qui fino a domani mattina?"

"La sera in cui se ne è andato Erk aveva origliato i tuoi discorsi, sapeva della malattia che avevi sviluppato poco prima di tornare giovane."

Charles si morse il labbro.

"Non è stato piacevole" ammise "Ma ora non ha più importanza, no? Sono giovane e sano, è ovvio che metto in conto che possa tornare, ma sarà tra circa sessant'anni, perciò fino ad allora preferirei non pensarci."

"Mi sembra giusto, però è altrettanto giusto che tu sappia a cosa ti avrebbe portato. So che avevi fatto un'ipotesi … e mi duole informarti che era corretta. In una delle linee temporali in cui ho vissuto prima hai ucciso quasi tutti gli X Men durante una crisi, poi sei morto per mano di un clone di Logan … ma questa è un'altra storia."

Moira aveva parlato quasi senza prendere fiato, dopo tanti preamboli finalmente era arrivata al punto. Charles sorrise, abbassò lo sguardo mentre i pensieri scorrevano davanti ai suoi occhi.

"Mi consola pensare di aver avuto ragione" disse alzando lo sguardo e fissandola "Mi sarei suicidato piuttosto che permettere che ciò avvenisse. Lo avrei fatto davvero."

Moira sospirò di sollievo, la reazione di Charles era stata tutto sommato tranquilla, anche perché lui già sapeva di quella malattia e già aveva predetto ciò che in effetti era poi accaduto e che, con molta probabilità, non si sarebbe ripetuto grazie a Wanda. Sorrise, ma il suo sorriso si spense subito, cancellato dal pensiero successivo.

"Ho voluto iniziare con questo perché sapevo che l'avresti accettato più facilmente" spiegò "Ciò che sto per dirti è ancora più grave ma, ripeto, te lo dico perché tu lo possa prevenire e impedire che accada."

Charles tornò serio, la fissò negli occhi.

"Ti prego, parla."

In giardino Erik si stava godendo il fresco della sera, il vento scuoteva dolcemente le fronde degli alberi, da una delle stanze della scuola proveniva il suono attutito dalle finestre di qualche canzone alla radio, qualche stanza più in là delle risate. Erik pensò che tutto sommato non era male stare lì, c'era Raven, c'era Charles e forse, per la prima volta, avrebbe potuto sentirsi a casa. Sì, se ne era andato, il suo orgoglio ancora una volta lo aveva spinto a cercare di fare un gioco solitario, stavolta forse avrebbe potuto … fidarsi? Aveva affidato quella domanda al cielo ma, invece di una risposta, arrivò un sottile filo di fumo e il suono di passi sulla ghiaia. Si voltò, grazie ai suoi poteri aveva già percepito l'arrivo di Wolverine.

"Ah, sei tornato!"

Erik non rispose, sapeva che Logan voleva solo litigare e decise di non raccogliere la provocazione. Logan espirò un lungo filo di fumo e spense il sigaro sotto lo stivale.

"Vai e vieni come vuoi, eh?" continuò lui con tono aggressivo "Hai già fatto abbastanza casini in tutti questi anni, non ti sono bastati?"

"Cazzate?" chiese Erik "Dopo tutto ciò che ho subito sono solo la giusta vendetta verso coloro che hanno fatto del male a me e a tutti noi!"

Logan scoppiò a ridere.

"Questo discorso avrebbe potuto attaccare con quei pivelli che avevi nella tua Confraternita" disse Logan "Potrei anche aver perso la memoria ma so per certo che mentre io già combattevo per la mia vita tu eri ancora nelle palle di tuo padre! Perciò, Cocco, non cominciare a farmi la predica sulla sofferenza e sulla vendetta, sono l'ultima persona a cui potresti venderla."

Logan restò in silenzio, il suo sguardo si perse all'orizzonte, non gli serviva ricordare la sua giovinezza perduta per trovare brutti ricordi, erano tutti lì, di fronte ai suoi occhi, più vicini di quanto avrebbe voluto. Distolse lo sguardo anche da quel passato e tornò a fissare Erik.

"Te ne sei andato e ora sei qui di nuovo. Dimmi, quali sono le tue intenzioni? Perché Charles potrà anche fidarsi di te … ma io no."

Erik sogghignò.

"Charles si fida di me fino a un certo punto, posso assicurarti che non è più felice di te del fatto che io sia qui."

"Puoi biasimarlo?" chiese Logan "Dopo tutto quello che gli hai fatto? Inoltre, Cocco, tu chiedi fiducia … ma ne hai mai data? A una sola persona? Io ti ho sempre e solo visto comandare gli altri, forse ti sei fidato solo di Mistica ma, correggimi se sbaglio, perché ti era utile."

Erik rise ancora.

"Il mio rapporto con Mistica non è cosa che ti interessi."

Logan allargò le braccia.

"Va bene, va bene! Facciamo pure che ti fidassi di lei … ma di Charles ti sei mai fidato? Gli hai mai dato almeno una possibilità? No! L'ho visto più e più volte, hai sempre agito pensando che lui fosse nel torto, non hai valutato nemmeno per un istante l'idea che invece potessi essere tu a sbagliare! Hai visto dove ci hanno portato le tue cazzate! Ora sì che siamo veramente nella merda, anche grazie a te!"

Restarono in silenzio per qualche minuto, poi Erik parlò.

"Vedo che ti fidi di Charles" mormorò "È molto bello."

"Sì, io" rispose Logan, mettendo particolare enfasi su quella parola "mi fido di lui."

Erik alzò gli occhi al cielo, le stelle comparivano e sparivano dietro le nuvole erranti.

"Anch'io mi fido di Charles" disse "Lui per me è come un fratello, il problema è che è troppo buono, troppo ingenuo … e io ho paura che possa soffrire per questo. Vorrei proteggerlo, tutto qui."

Logan sogghignò.

"Non ti sei mai chiesto se magari questo tuo modo di proteggerlo sia totalmente sbagliato?"

Erik si prese il suo tempo per osservarlo ma ignorò la domanda.

"Tu invece?" chiese "Cosa provi per lui? Chi è Charles Xavier per te?"

Logan si fermò a riflettere, in effetti non ci aveva mai realmente pensato, ma la domanda di Erik aveva risvegliato vecchi ricordi e tutto fu improvvisamente chiaro.

"Quando lo incontrai per la prima volta era un Maestro, allora io ero confuso, avevo perso i miei ricordi, non sapevo più chi fossi, da dove venissi o dove fossi diretto. Charles fu il mio faro, la luce che mi giudò nell'oscurità. Certo, i ricordi tornarono a fatica, ma grazie a lui riuscii a vivere il presente senza farmi condizionare da un passato che, in ogni caso, non sarebbe tornato."

Logan prese un sigaro dalla tasca interna della giacca e lo accese, aspirò profondamente ed espirò il fumo che formò una piccola nuvola grigia che si disperse sopra la sua testa.

"Quando finì in coma per colpa vostra sentii la terra sotto i piedi tremare e quando credetti che fosse veramente morto il mondo mi crollò addosso. Ero disperato, anche perché ad ucciderlo era stata proprio la donna che amavo."

Logan si prese il suo tempo, aspirò ancora qualche boccata dal suo sigaro mentre il vento continuava ad accarezzare le foglie sopra le loro teste facendole frusciare dolcemente.

"Poi tutto ha iniziato a cambiare quando vi ho incontrati nel passato. In quel caso era Charles che aveva bisogno di aiuto, del mio aiuto. Ammetto che non è stato facile ma è stato proprio grazie a lui che sono riuscito ad aiutarlo. Ora" disse, volgendo lo sguardo alla casa dove ancora stava il telepate "Ora è ancora diverso. Certo, Charles è invecchiato, per me è e sempre resterà il Professor Xavier, ma ora lo vedo anche come un ragazzo che ha bisogno di trovare la sua strada, come lo ero io quando lo incontrai la prima volta, sento che sta affrontando qualcosa dentro di sé e che avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile."

"Tutto ciò è molto commovente, Wolverine" lo prese in giro Erik "Chi avrebbe mai detto che saresti diventato tanto sentimentale?"

Logan ebbe un moto di rabbia, gettò a terra il sigaro e prese Magneto per il bavero.

"Senti un po', Cocco, mettiamo in chiaro una cosa: tengo immensamente a Charles e non ti permetterò di farlo soffrire, in nessun modo, è chiaro? Fallo, prova solo a farlo, fai un solo passo falso … e dovrai vedertela con me!"

Logan lo lasciò andare e lo spinse come ulteriore ammonimento.

"Sarebbe divertente!" esclamò Erik "Con tutto quel metallo che hai addosso potrei servirmi di te come una marionetta e … oh, l'ho già fatto in passato, ricordi?" chiese e scoppiò a ridere.

"Ridi, ridi" mormorò Logan chinandosi per raccogliere il suo sigaro "Vedremo chi riderà per ultimo!" soffiò sul sigaro per pulirlo, lo rimise in bocca, lanciò un'occhiataccia a Erik e se ne andò.

"Molto bene, amico mio" mormorò tra sé e sé pensando a Charles "Sono curioso di sapere cosa ci aspetta in futuro.

Charles era sconvolto, aver parlato con Moira aveva confermato molti dei pensieri che aveva avuto in quegli ultimi mesi e, soprattutto, nelle ultime settimane. Era ormai certo che tutto ciò che aveva passato avesse un senso, doveva cambiare le cose e ora aveva il potere e soprattutto la consapevolezza per farlo.

Avrebbe voluto tornare da Raven ma sentì che, quella sera, c'era qualcun altro che aveva bisogno di lui. Andò nella stanza di Jean e attese fuori.

"Ororo" la chiamò telepaticamente "Ho bisogno di parlare con Jean."

Ci volle qualche minuto ma Ororo aprì la porta, era in veste da camera e anche piuttosto scocciata, ma vedendo lo sguardo di Charles capì che non poteva fare altro che farlo entrare.

"Non so se sarà felice di vederti" disse "Non vuole parlare con nessuno, è ancora troppo sconvolta."

"Me ne rendo conto" rispose lui "In ogni caso vorrei provare."

Ororo lo lasciò passare e si allontanò, diretta nella sua camera.

Charles entrò e si chiuse la porta alle spalle, Jean era distesa nel suo letto, supina, osservava il soffitto ma Charles intuì che i suoi occhi, rossi per un pianto recente, erano persi altrove, al di là dell'intonaco e dei mattoni, forse addirittura oltre le nuvole.

"Jean?"

La donna non rispose, Charles si avvicinò e si sedette accanto a lei. Avrebbe voluto dirle tante cose ma all'improvviso le parole iniziarono a fuggire dalle sue labbra impedendogli di esprimere i suoi pensieri; Jean, d'altra parte, capì perché lui si trovava lì, le loro menti si incontrarono e iniziarono a comunicare spontaneamente. Non si trattava di un vero e proprio dialogo, Jean e Charles si conoscevano da così tanto tempo che non avevano nemmeno bisogno di parlarsi e le loro menti telepatiche fecero il resto.

Rabbia, dolore, paura, solitudine, senso di colpa, erano quelli i sentimenti che albergavano nei loro cuori, sentimenti che condividevano dopo il tradimento di Scott perché, anche se in modi diversi, erano rimasti feriti con la stessa intensità. Jean si sedette e incontrò lo sguardo di lui e trovò ciò che aveva cercato in tutto quel tempo e che nemmeno un'amica come Ororo aveva potuto dargli: comprensione. Charles era l'unico che potesse capire come lei si sentisse, non solo per la telepatia ma per il profondo legame che aveva con Scott. Certo, gli altri erano molto legati a lui e il suo tradimento li aveva colpiti nel profondo, ma solo Charles poteva davvero capirla. Jean si morse il labbro per impedirsi di piangere per l'ennesima volta, ma lo sguardo rassicurante di Charles la convinse che non c'era bisogno di trattenersi, così di slancio lo abbraccio e scoppiò in lacrime. Jean pianse per un tempo che le sembrò infinito, non aveva fatto altro che piangere fino a quel momento ma, tra le braccia di Charles, le sembrò che davvero quelle lacrime riuscissero a liberare la sua mente dal dolore. Dopo qualche minuto finalmente si calmò ma lasciò che Charles la cullasse dolcemente tra le sue braccia.

"Non è colpa tua, Jean" disse "Non so cosa sia successo a Scott e ciò che ha fatto è certamente grave, ma sono certo che ci sia una soluzione … e noi la troveremo."

Jean sciolse l'abbraccio e i suoi occhi incontrarono quelli di lui.

"Ma Charles … lui ci ha traditi! Ha tradito tutti noi!"

Charles sospirò.

"Sì, è così" disse "Scott ha agito in modo sconsiderato, ma lo ha fatto per il tuo bene … per il vostro bene" aggiunse, abbassando lo sguardo sul suo ventre "Quando sarà pronto tornerà e, per quel che mi riguarda, sono pronto fin d'ora a dargli una seconda possibilità, so bene quanto si possa cadere in errore pensando di fare del bene."

Gli occhi di Jean si illuminarono di speranza.

"Davvero?" chiese lei.

"Davvero." rispose Charles

Jean lo abbracciò ancora, lui le accarezzò la testa e la fece distendere a letto.

"Riposa ora" le disse "I prossimi saranno giorni impegnativi."

Lei annuì e lentamente chiuse gli occhi per sprofondare in un sonno finalmente ristoratore.