Qualcosa gli suggerisce che nemmeno il suo ultimo gesto disperato abbia speranza di dare qualche frutto. È evidente, ormai, che il ragazzino non abbia la minima intenzione di scendere a patti, né con Hutch né con la loro precaria convivenza. Il problema è che non può lasciarlo andar via; sarebbe troppo pericoloso, in particolare per il piccoletto che non è a conoscenza delle insidie che di certo incontrerà se dovesse decidere di aggirarsi per il paese e i suoi dintorni. Se lo vedesse uno degli uomini di mano di Sant'Antonio sarebbe già fortunato se gli sparassero addosso; non vuole neppure pensare a quel che sarebbe il suo destino nel caso peggiore. E Hutch ha ancora un debito di vita con il ragazzino, un debito che ha tutta l'intenzione di saldare, che lui lo desideri o meno.

Un borbottio sordo infrange il teso silenzio che si era installato fra di loro. Inarca un sopracciglio, interdetto, spostando lo sguardo sull'unico altro occupante della camera: le sue guance smunte hanno preso un leggero colorito. Mmhh… bizzarro. Rielabora gli ultimi accadimenti e finalmente arriva a comprendere quel che può essersi verificato.

«Oh! Hai fame, vero? Scusami, non ci avevo pensato» esclama, un po' pentito.

Rapido, si rimette in piedi. Il gesto è tuttavia troppo brusco per la salute mentale del piccoletto, che con dispiacere osserva ritrarsi incerto e guardingo.

«Scusa!» sbotta, esasperato da sé stesso. «Di nuovo… Non ne faccio proprio una giusta, eh?» considera rammaricato. «Penso di poterti procurare qualche cosa di commestibile» assicura con tutte le migliori intenzioni del mondo. Arrischia ad accostarsi appena un poco. «Ti prego, rimani qui in casa. Là fuori è…» scuote la testa, incerto su cosa aggiungere. «Troppi rischi, capisci? E in pochi potrebbero affermare di volere il tuo bene.»

Il ragazzino, per la prima volta, arriccia le labbra in un lieve sorrisetto, uno di aperto scherno, rincarato da un leggero sbuffo incredulo. «Tu ritieni di poterlo affermare con sincerità?» domanda con del sarcasmo ben evidente nel suo tono.

Considerando che quella è la prima volta che gli sente pronunciare più d'una misera parola, Hutch decide di ignorare il sarcasmo e concentrarsi invece sullo scambio di opinioni, immaginandolo comunque come un passo avanti, o in una qualsiasi direzione a voler ben vedere.

«Io sono sincero» afferma risoluto. «Anche perché le balle non mi riescono bene e chiunque può smascherare la mia bugia senza neppure impegnarsi troppo.»

Attende, sperando che ci sia una replica per lui. Gli occhi quasi trasparenti del ragazzino lo scandagliano in modo abbastanza invasivo. Ha una mezza idea di darsela a gambe per interrompere quello scrutinio impietoso, ma quella potrebbe rappresentare la sua unica possibilità di entrare nelle grazie del suo poco collaborativo compagno di stanza, e non la vuole sprecare per nulla al mondo.

«Dimostramelo.»

Un ordine, secco e senza fronzoli. Ed è tutto. Beh, c'è uno spiraglio in quell'ingiunzione, e Hutch non se lo farà sfuggire. Accenna un sorriso e annuisce.

«Farò il prima possibile» promette, precipitandosi fuori in cerca di una maledetta possibilità.

«Hutch Bessy! Che fine avevi fatto?» lo riprende Sandra con un chiaro rimprovero nella voce, mentre l'interpellato stava chiaramente tentando di svignarsela non visto. Beh, missione fallita in partenza, in tutta evidenza.

«Ehm… Ero con il piccoletto e… ehm…» ripete, abbastanza imbarazzato perché non prevedeva affatto di dover dare spiegazioni circa i suoi movimenti. «Vado in cerca di cibo» borbotta irrequieto.

«Oh, sì? E dove, se è lecito?» insiste la donna, affatto persuasa dalle sue scarne spiegazioni.

«Ehm…» E niente, pare non essere in grado di formulare una scusa decente.

Sandra leva gli occhi al cielo, esasperata. «Lasciatelo dire: le tue doti gestionali fanno abbastanza pena.» Hutch sgrana gli occhi, fissandola con il magone. «Smetti di guardarmi in quel modo. Per tua informazione non funziona: sembri un cane pastore che ha appena smarrito il suo gregge e non sa decidere la direzione da prendere» lo ragguaglia, suo malgrado divertita.

«Infatti è così: non ho idea di quel che sto facendo. Faccio tentativi» conferma Hutch.

«Meraviglioso. E quanti dei tuoi tentativi hanno dato dei frutti?»

Storce il naso, scontento. «Mezzo tentativo. Forse» ammette contrito.

Lei sogghigna e poi scuote la testa. «Non una gran media, bisogna ammettere. E, sentiamo, questo mezzo tentativo che potrebbe essere andato a buon fine è con il ragazzo?» Hutch annuisce docile e remissivo, attendendo qualche reazione e sperando che sia positiva, tanto per cambiare. «Bene, è già qualcosa. Va' da Pedro, digli che ti mando io, spiegagli per sommi capi qual è la situazione. Non avrà molto da offrirti, ma quel che ti darà sarà di certo meglio di nulla.»

Spalanca la bocca, sorpreso, gli occhi sgranati si fanno lucidi. «Io…» balbetta.

«Risparmia il fiato. Il tuo protetto è davvero in pessime mani, Hutch. Se non faccio qualcosa finirà per lasciarci le penne, e sembra davvero troppo giovane per dover già rinunciare alla vita.»

Mortificato ma in qualche modo conscio della veridicità di quel giudizio, si limita ad annuire in rispettoso silenzio e ad apprestarsi ad agire come gli è stato suggerito, meglio sarebbe dire ordinato. Un po' amareggiato si rende conto che si tratta già del secondo ordine ricevuto in meno di venti minuti, e che non è affatto sicuro di poterli eseguire entrambi con successo. Tuttavia ci proverà, con il suo maggior impegno per tentare di non deludere nessuno. Sandra è una brava persona, così come lo è suo marito, e detesterebbe non essere all'altezza neppure delle loro più basilari aspettative. E poi c'è quel ragazzino, del quale non conosce ancora nulla, neppure il suo nome. Vorrebbe saperne di più, ma dubita che gli vorrebbe concedere un qualche spiraglio, non senza un'adeguata contropartita, e quella spetta unicamente a Hutch. Allora è il caso che si dia da fare, e alla svelta anche.

Che assurdità. Sa che dovrebbe approfittare dell'assenza dell'uomo per tagliare la corda, eppure è ancora lì, fermo nel punto esatto in cui lo ha lasciato prima di andarsene, indeciso su cosa sia più giusto fare. Non conveniente, ma giusto. Lo ha già detto quanto sia assurdo, vero? Sì, certo che lo ha fatto. E la parte peggiore in tutto quel pasticcio è che ci ha creduto: ha creduto davvero alla sua stupida promessa. Perché? Non ci sono basi per dare fiducia alle parole di quello scemo che spesso e volentieri sembra a mala pena cosciente di quel che sta facendo. Come può una persona simile sperare di ispirare fiducia al prossimo? Non può, semplicemente. Non è ragionevole. È del tutto insensato per dirla tutta. Eppure si trova ancora lì, e lo sta aspettando, di nuovo, scioccamente persuaso che farà ritorno così come gli ha promesso. Chi è, alla fin fine, il vero idiota fra i due?