«Hutch.»

Spalanca gli occhi, senza riuscire a rammentare quando li aveva chiusi. Aveva solo bisogno di rilassarsi un momento, poi il momento dev'essersi protratto più del previsto. Si guarda intorno, perplesso, con l'impressione di essere stato ridestato da qualcosa, ma ora che è sveglio non sa di cosa possa trattarsi. La sua attenzione si sposta nella stanza fino a posarsi sul volto che sta diventando familiare del dottore, il quale abbozza un mezzo sorriso e gli indica una direzione differente. I suoi occhi seguono l'indicazione e si posano su Cat, le cui labbra si stanno nuovamente muovendo, lentamente, tentando di riprodurre il suono corretto.

«Hu-Hutch.»

Fa un salto sulla sedia, balza in piedi quasi facendola cadere a terra ma l'afferra prima che si schianti e rischi di svegliare anche i morti, poi si precipita accanto al letto che ospita il suo amico da ormai quasi cinque giorni.

«Eccomi!» affanna, e sta per darsi dell'idiota per l'ennesima volta da che tutto ha avuto inizio quando un incerto movimento della testa di Cat lo interrompe. Si è voltato nella sua direzione, dopo che Hutch ha parlato (meglio sarebbe dire gridato). Quasi gli occhi gli rotolano fuori dalle orbite, tanta è la sorpresa per quel piccolo gesto inatteso. Incerto, si volta verso il dottore, in cerca di un qualche sostegno, e nota che anche Maloney sembra sorpreso e si sta avvicinando. «Credete che…» tenta in un tenue bisbiglio.

Maloney si mordicchia un labbro, incerto, si accuccia al fianco del suo paziente, allunga una mano e fa schioccare le dita proprio accanto al suo orecchio. Entrambi trattengono il fiato quando Cat volta con fatica il capo in direzione del nuovo rumore.

«Lo ha sentito» affanna Hutch.

Il dottor Maloney annuisce piano, stringe gli occhi e si fa più accosto, facendo aggrottare le sopracciglia di Hutch. «Potete sentirmi?» chiede a voce più bassa del normale. Attende, ma nessun fatto si produce. Il cruccio di Hutch si fa più pronunciato. «Provate voi. Ditegli qualcosa. Qualcosa di semplice e breve» mormora, incitandolo con un piccolo sorriso di incoraggiamento.

A Hutch sfugge qualche particolare, anche se non saprebbe dire quale. Tuttavia è anche impaziente di appurare se l'amico può di nuovo sentirlo, pertanto non si fa pregare troppo nel seguire le indicazioni del dottore, supponendo di dover tentare con i suoi metodi meno sottili.

«Cat. Ehi. Sono io, Hutch. Riesci a sentirmi?» prova, evitando di gridargli addosso ma usando comunque un tono piuttosto deciso.

«U-un po'» replica Cat in un brusio appena percepibile. Aggrotta le sopracciglia, sembrando perplesso. «Sento t-te… Non me» cerca di spiegare, deglutendo più volte.

Hutch lancia un'occhiata confusa a Maloney e ne riceve in cambio un cenno di assenso.

«È normale: la sua voce è fioca, la vostra invece è piuttosto potente. Posso supporre che il suo timpano sia in via di guarigione e attualmente possa percepire solo i suoni più forti. La sua voce non lo è a sufficienza, per il momento» spiega pratico.

Hutch si passa nervosamente una mano fra i capelli, affatto sicuro di avere chiara la situazione, ma infine fa spallucce e si rassegna a dover attendere tempi migliori, di nuovo.

«Intanto tu hai sempre parlato poco. Non ci vedo tutta questa differenza. Almeno adesso puoi starmi a sentire» si rallegra.

Il naso di Cat si arriccia in modo buffo, facendo ridacchiare perfino il dottore. «N-non ne sentivo il bis-bisogno» rimarca, facendo imbronciare Hutch e aumentando l'ilarità di Maloney.

L'autonomia di Cat non è molta e qualche misero minuto dopo si assopisce nuovamente, lasciandosi dietro un Hutch abbastanza deluso.

«Vi avevo già avvisato, rammentate? Non serve avere fretta. Dovete concedergli i suoi tempi. Forse fra qualche giorno potrà sentirci di nuovo a sufficienza da sostenere una conversazione più equilibrata e magari avrà anche accumulato maggiori energie per rimanere desto un poco più a lungo.»

«Speriamo» borbotta Hutch, poco convinto ma più che disposto a confidare nelle previsioni del dottore.

«Cos'è accaduto?»

I pronostici del dottor Maloney si sono rivelati piuttosto esatti, ma hanno mancato di mettere in guardia Hutch dai possibili inconvenienti. Ci ha pensato Cat a renderglieli noti, nel modo meno delicato possibile. Tanto che ora si ritrova a dover riflettere su cosa dire e soprattutto come dirlo. Maloney lo strozzerebbe se venisse a scoprire che ha fatto venire al suo paziente una crisi di panico per aver spiattellato senza alcun riguardo le ultime, spiacevoli vicende che li hanno condotti nel suo studio medico.

«Non ricordi?» tenta, sentendosi piuttosto vigliacco.

Le labbra di Cat si serrano in una linea sottile e scontenta. «Affatto. In caso contrario non avrei domandato» replica stizzito.

«Bene» borbotta in tono funebre, rendendo evidente quando poco ci sia in realtà di buono in quella discussione. Al diavolo anche Maloney. «La tua stupida dinamite è saltata in aria» sbotta senza mezzi termini.

Cat non ha mosso un muscolo. "Forse che si sia riappisolato?" riflette Hutch fra sé, ritenendo strana quell'assenza di reazione alla sua notizia.

«La dinamite non esplode se non accendi la miccia. Raccontane un'altra» arriva infine il verdetto di Cat.

«Ma è vero!» protesta Hutch, offeso per non essere stato preso sul serio. «È saltato tutto per aria su quella dannata collina. Cos'altro avrebbe potuto farlo, se non la tua cassa di dinamite?» fa notare cocciuto. Poi però impietrisce. «C-Cat?» balbetta, vedendolo più pallido di poco prima. Sembra perfino aver smesso di respirare. «Merda. Chiamo il dottore!» esclama inorridito.

«N-no» rantola Cat, annaspando con le mani sulle lenzuola senza riuscire ad affrancarsi dalla sua immobilità forzata. «Asp-petta. Lui. Dove…»

«Per favore, calmati» lo prega Hutch nel panico totale.

«Bill» soffia in un rantolo strozzato.

Ora anche Hutch è bianco come un cadavere. Era sicuro di essersi lasciato alle spalle almeno quel problema. Invece non c'è proprio nulla di sicuro in quella maledetta storia. Digrigna i denti. È indeciso se correre a cercare il dottor Maloney o spiegare all'amico quel che è accaduto, di nuovo. Dannazione!

«Bill Sant'Antonio è morto, Cat. E neppure una seduta spiritica lo potrebbe riportare indietro da dov'è sicuramente finito, non questa volta.»

Lo osserva mentre il suo respiro si fa più affrettato, mentre il suo corpo trema lievemente alla ricerca di una qualche scappatoia, poi torna pressoché immobile, arrendendosi all'evidenza.

«Morto» mormora, apparendo incredulo.

«Sì. Non ho nessun dubbio. L'ho visto, come ora sto vedendo te.»

Lunghi minuti di silenzio attonito si stiracchiano, innervosendo Hutch. Cat ha preso a contrarre le dita delle mani e a mordicchiarsi le labbra. Vorrebbe chiedergli di smettere, perché così facendo tornerà a rovinarsele, ma lo può vedere da sé quanto l'amico sia sconvolto, e dato che non sa come essergli di aiuto, non se la sente di impedirgli anche quel piccolo sollievo fisico.

«Non doveva andare in questo modo» bisbiglia dopo aver riflettuto a lungo. «Avrei dovuto… Avrei…» prova, senza trovare le parole adatte a spiegare la sua angoscia.

«Sei vivo» fa notare Hutch. «Può darsi avresti preferito una fine differente, non dico di no, ma comunque non te lo ritroverai mai più sulla tua strada; è una buona cosa, questa. E lo so che forse non è quello che volevi nel modo in cui lo volevi…» tenta impacciato.

«Volevo che scomparisse, per sempre. Ma… dovevo essere io a… a…» di nuovo si interrompe, a corto di fiato.

In questo caso, tuttavia, la colpa è di Hutch, che ha posato le dita sulle sue labbra, e poi la fronte sulla sua.

«Basta così. È sufficiente. Lui non ti farà più del male, e i suoi tirapiedi sono troppo scemi per ritrovarti senza rimetterci la pelle. Dovrai fartene una ragione, e poi continuare a vivere. Smetti di pensarci, e lui smetterà di rovinarti l'esistenza.»

Un piccolo singhiozzo tremante è l'unica risposta che ottiene. Ma se la può fare bastare.