«In che modo immaginate potrei viaggiare?»
Sono trascorsi un paio di giorni dall'ultima chiacchierata seria e chiarificatrice che c'è stata tra Hutch e Cat, e ora quest'ultimo sta cercando di ottenere qualche dettaglio utile dal dottore, così da poter almeno provare a pianificare i loro spostamenti futuri.
Maloney sospira. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, e ci si è perfino preparato, ma in tutta franchezza sperava di avere più tempo. «Di certo non a cavallo. Servirà un carro solido, trovare un punto idoneo in cui sistemarvi per evitare di tramortirvi a ogni singolo scossone, e attrezzature mediche per ogni evenienza. E servirà prevedere diverse fermate intermedie; indipendentemente dalla lunghezza del percorso sarà necessario sostare perché possa accertarmi delle vostre condizioni prima che si possa proseguire in sicurezza. Non ho intenzione di correre rischi inutili» afferma irremovibile su quel punto.
Cat annuisce piano, impegnato a riflettere. «Va bene, tengo in conto il vostro parere medico. Possiamo programmare la partenza, diciamo, fra una settimana?» indaga prudente.
Si perde totalmente gli sguardi allarmati di entrambi gli uomini in sua compagnia, ma non certo per colpa sua. Hutch vorrebbe protestare contro quell'idea sconsiderata, ma stringe i pugni e la mascella, imponendosi il silenzio, ben sapendo che ci penserà il dottore a esternare per entrambi la generale contrarietà.
«Perché voi lo sappiate, non ci sarà alcuna partenza, a meno che il sottoscritto non abbia espressamente dato il benestare a questa insana idea!» insorge puntuale Maloney.
Un angolo delle labbra di Cat curva repentinamente verso l'alto, suo malgrado divertito. «Prendo nota. Non intendevo né affrettare i tempi né procurare malessere a nessuno dei due» assicura, volgendosi verso il punto in cui siede Hutch nonostante non possa vederlo, per rendere noto che sta cercando di rassicurare lui in particolare. «Quel che voglio fare è essere pronto non appena si presenterà l'occasione propizia. Mi capite?»
Hutch brontola sommesso, manifestando la sua contrarietà. Maloney sospira per quella che dev'essere la millesima volta da che se li ritrova fra i piedi, e geme interiormente riflettendo che si sta apprestando a dividere con quei due una consistente parte del proprio futuro prossimo. Che brutta idea ha avuto! Ma d'altro canto è la sua occasione per fuggire da quell'inferno, forse l'unica, forse l'ultima.
«Hutch» soffia Cat, in seguito a lunghi minuti di silenzio assorto.
L'interpellato raddrizza la schiena e si fa attento.
«Se nei hai voglia, avrei un incarico per te.»
"Qualunque cosa, se posso evitare di star qui seduto ad aspettare" pensa con fervore. «Dimmi» si limita a confermare tutto orecchi.
I tre giorni seguenti Hutch li trascorre quasi interamente immerso nel proprio impegno a portare a termine la missione che gli ha dato Cat. Fruga dapprima in lungo e in largo nel modesto centro abitato in cui sono bloccati poi, non riuscendo a reperire tutto ciò che occorre loro, si spinge oltre, scorrazzando nelle vicine terre e giù, fino ad attraversare il confine con il Texas per inoltrarsi in El Paso. A mattina inoltrata del quarto giorno fa il suo ingresso a Las Cruces seduto a cassetta su di un prairie schooner trainato da una coppia di muli dall'aria solida e ricoperto da un resistente telo impermeabile candido come una nuvola. Tutto gongolante manovra per condurre il veicolo all'interno del cortile e si gode con un sogghigno l'espressione abbastanza sbalordita dei due quadrupedi fifoni che nel frattempo si sono piacevolmente installati nel luogo sembrando eleggerlo a loro nuova dimora.
«Ehilà, della baracca!» si annuncia allegro con voce tonante, risvegliando con il suo tono soave e aggraziato gli antenati di ogni singola anima del centro abitato.
«Direi che il vostro amico è appena rientrato dalla sua sacra missione» commenta divertito Maloney.
«Si sente» replica Cat un filo acido.
«Vado a dare un'occhiata speculatrice, se non vi arreca noia» propone il dottore.
«Affatto» conferma il paziente, decidendo di concedersi ancora qualche beato momento di pace prima dell'arrivo del tifone che sa essere oramai alle porte.
«Ohi, Doc! Visto che roba? Bello, eh?» esclama raggiante Hutch, gongolando e gonfiando il petto come un gallo cedrone in pieno assetto da corteggiamento.
Maloney non riesce proprio a trattenere il sorriso che gli sboccia spontaneo alla vista di tutta quell'esuberanza. E anche, deve ammetterlo, all'idea di essersi guadagnato un soprannome. Può darsi che ci sia qualche speranza di essere accettato?
«Vedo. Un ottimo lavoro» concorda, avvicinandosi al carro e constatandone la robustezza. Gli mancano gli ammortizzatori, e questo significa che dovranno ingegnarsi per trovare il modo di rendere il viaggio più agevole per il loro passeggero ferito, ma a questo si può certamente porre rimedio. Tuttavia quando dà un'occhiata all'interno scopre con sorpresa che vi è sistemato un giaciglio dai bordi laterali rialzati e debitamente imbottito per contrastare gli inevitabili scossoni del veicolo. È innegabilmente impressionato. «Avete decisamente superato ogni più rosea aspettativa!» ammette, favorevolmente colpito.
Hutch lo abbaglia quasi con un gran sorriso, e gli mostra, visibilmente eccitato, anche tutta l'attrezzatura necessaria ai loro prossimi spostamenti, sia per le eventuali riparazioni che per il lato medico dell'affare, e rimane trepidante ad attendere l'approvazione del dottore. In cambio di tanto entusiasmo, Maloney annuisce esibendo la propria soddisfazione e il sorriso di Hutch, se possibile, si fa più ampio. Un momento dopo si smorza, mentre il proprietario si rannuvola un poco, impensierendo il dottore.
«Che accade?» si interessa infatti quest'ultimo.
«Pensate…» tituba Hutch, tormentandosi i capelli e arruffandoli ben più di quanto già non fossero in partenza. «Insomma, voi dite che lui sarà soddisfatto?» soffia a disagio, d'un tratto fattosi insicuro al pensiero dell'imminente giudizio dell'amico.
A Maloney sfugge un'occhiata quasi intenerita. «Mi pare non abbia motivo alcuno di lamentarsi per come avete ottimamente portato a termine il vostro incarico» decide di rassicurarlo, in fondo convinto delle proprie parole.
Hutch gli porge un piccolo sorriso grato e annuisce, almeno in parte rassicurato, prima di inspirare profondamente e prendere con decisione la strada verso il giaciglio di Cat.
«Sono tornato» mormora, avvicinandosi cauto all'amico, incerto se disturbarlo.
«Non ci crederesti, ma l'ho notato» replica Cat, l'intenzione originaria di canzonarlo con il proprio sarcasmo, ma all'atto pratico sospirando rassicurato.
Hutch vorrebbe raccontargli tutto quanto delle sue recenti peripezie, ma si morde la lingua e si sofferma invece a osservarlo con una punta di preoccupazione.
«Come stai?» chiede infine, non resistendo oltre nella ricerca di una qualche rassicurazione alle sue angosce.
"Stavo meglio prima" vorrebbe dirgli, possibilmente in tono acido. Ma è falso e non riesce a imporsi di far uscire una tal menzogna dalla propria bocca. «Sto migliorando… Credo.» Si interrompe, titubante. Riflette. Espira lentamente. «Sono contento che tu abbia fatto ritorno» sussurra, fremendo impercettibilmente e sperando in maniera un po' irragionevole di non essere udito.
Purtroppo per le sue vane speranze, Hutch ha colto alla perfezione le sue parole e lo fissa allibito e meravigliato insieme, fino a che un minuscolo sorriso riconoscente e turbato ingentilisce il suo viso orsino.
