Hutch Bessy gli ha procurato un grosso baule dall'aspetto robusto in cui stivare tutti i farmaci e gli strumenti medici che potrebbe decidere di portarsi in viaggio. Maloney è fermo, pensieroso, di fronte alla vetrina in cui di norma conserva i suoi medicamenti. Che cosa ha intenzione di prendere con sé? La sua prima risposta sarebbe tutto, ma sa due cose: la prima è che con buona probabilità sarebbe impossibile prendere tutto quanto e sperare che ci trovino posto anche loro tre, i viveri necessari e quel famoso oro di cui parlavano i due pistoleri (se mai lo ritroveranno); la seconda è che, quando se ne andrà da quel posto, qualcuno dovrà pensare a sostituirlo, e sarebbe poco simpatico e caritatevole se, quando arrivasse in quel luogo già disgraziato di suo, trovasse uno studio vuoto e senza le forniture di base su cui poter contare nell'attesa di ordinare nuove scorte. Maloney, nel tempo, ha imparato a odiare l'Ovest sterminato e brutale, ma i suoi ostinati abitanti sono ancora una sua preoccupazione, e non intende arrecar loro più problemi di quanti già se ne arrechino da sé. Sospira, apre le vetrine, raccoglie un blocco degli appunti e inizia a stilare una lista accurata di ciò di cui dispone, in modo da lasciare sul posto l'essenziale e qualcosa in più per sicurezza.

«Cosa fa?» mormora Cat, stiracchiandosi con prudenza.

Hutch solleva le spalle, perplesso. «Prende appunti, fissando gli scaffali con i suoi intrugli.»

Cat forza un magro sorriso e annuisce piano. «Sceglie ciò che può prendere con sé e quel che deve lasciare» spiega paziente.

«Sei ancora dell'idea di portarcelo appresso?» indaga scettico suo malgrado.

«So che non riesci a fidarti di lui. Neppure io lo faccio. Solo… In questo momento non credo potremmo farne a meno» chiarisce pragmatico. Uno sbuffo dell'amico lo fa ridacchiare piano. «Dubiti che sia prudente, immagino.»

«No, dubbi non ne ho. So che non è prudente. Però so anche che hai ragione tu» borbotta seccato.

«Non è una novità» lo rimbecca divertito.

«Non se spiritoso, sai?»

«Oh, lo so.» Lentamente solleva il mento, allungando il capo all'indietro, e soffia un gemito sommesso.

«Cat?» chiede impensierito, avvicinandosi un poco.

«Non riesco a muovere un solo muscolo senza sentire dolore» lamenta frustrato.

«Stai ancora guarendo» prova cauto.

«Da tre maledette settimane! Di questo passo impiegherò anni anche solo per rimettermi in piedi» ringhia, la sua voce vibrante di rabbia.

Hutch trascina la sua sedia fino alla testata del letto e allunga una mano, facendo scorrere gentilmente le dita sulle sopracciglia corrucciate di Cat, fintanto che non le vede distendersi nuovamente in una linea morbida e aggraziata.

«Cat, sei troppo duro con te stesso. Quando ti ho portato qui già era un miracolo se respiravi. Tu datti un poco di tempo in più, e allora vedrai che tornerai a rompermi le scatole proprio come facevi prima» lo rassicura, sorridendo nonostante lui non possa vederlo.

«Quello posso farlo anche ora, se proprio ne senti la mancanza» allude con un piccolo sogghigno.

Hutch solleva lo sguardo al cielo, sbuffando e scuotendo la testa. «Chissà come mai ti credo sulla parola. Ma no, grazie. Preferisco aspettare ancora un po'.»

Un discreto raschiarsi di gola fa saltare dalla sedia Hutch e irrigidire le spalle di Cat. Il primo si volta di scatto e assottiglia gli occhi, ringhiando per quella nuova, deliberata e indesiderata intrusione dell'onnipresente dottore.

«Scusate» tentenna Maloney, consapevole di aver importunato i due uomini in un momento privato. Si morde le labbra, a disagio. Avrebbe voluto togliere il disturbo, ma quando è capitato nella sala per annunciare di aver terminato i preparativi è rimasto un momento di troppo in contemplazione e, in seguito, non ha trovato modo migliore per togliersi d'impiccio. «Non era mia intenzione arrecare noia» prova maldestramente.

«Sicuro. E noi siamo qui a pendere dalle vostre labbra» strascica Cat con sarcasmo, strappando una risatina divertita a Hutch.

«Quali nuove, Doc?» cambia discorso quest'ultimo, sperando di venire a conoscenza del motivo per il quale Maloney è di nuovo fra i piedi e, magari, abbreviare i tempi di permanenza e levarselo di torno più rapidamente.

«È tutto pronto. Se… Ecco, se ve la sentite, potrei darvi un'occhiata per assicurarmi che siate in condizioni accettabili per la prossima partenza. Se così fosse, e a voi stesse bene, potremmo prendere la strada già domani mattina» propone pieno di belle speranze.

Hutch lo fissa con aperta sorpresa. È parecchio indeciso se essere eccitato dalla nuova possibilità, o terrorizzato alla prospettiva dell'imminente viaggio, non avendo idea di quanti e quali problemi li possano attendere al varco. Ma infine non è lui quello cui spetta la reale decisione. Il dottore dovrà stabilire se Cat sarà in grado di affrontare il viaggio, e Cat deve decidere se lo vuole veramente intraprendere così presto. Ancora voltato verso Maloney, gli occhi piantati nei suoi a mo' di avvertimento, allunga un braccio all'indietro e poggia una mano su quella di Cat con l'intenzione di essere di qualche sostegno.

«Bene» sospira Cat, rilassando gradualmente la tensione delle spalle, soprattutto grazie al lieve calore che trapela attraverso le bende dal palmo dell'amico poggiato su di lui. «Fate pure ciò che ritenete utile» concorda pacato, nonostante si senta tutto fuorché rassicurato al pensiero di lasciare il posto, non essendo ancora in grado di muovere un solo dito senza avvertirne il peso all'apparenza insormontabile.

Con cautela Maloney si appressa, tenuto strettamente d'occhio da quello che considera l'integerrimo cane da guardia del suo paziente. Sorriderebbe, se solo quelle occhiate non avessero il potere di metterlo tanto a disagio. Sperava di essersi guadagnato un minimo di fiducia, ma può ben constatare quanto, al momento, le sue magre speranze siano naufragate velocemente. È stata sufficiente la sua comparsa non prevista e affatto apprezzata per dargliene conferma. Forse un giorno riuscirà a crearsi una piccola breccia nella loro cerchia ristretta, ma di certo dovrà lavorarci sopra e, in particolare, evitare di farsi beccare troppo spesso in loro presenza quando questa non è richiesta.

Intanto, a un esame attento, può notare che le condizioni del suo apparato respiratorio sono se non buone, per lo meno accettabili e in ragionevole miglioramento. Annuisce, rassicurato da quel piccolo passo avanti.

«Che c'è?» indaga Hutch, storcendo il naso diffidente.

Maloney solleva lo sguardo su di lui e offre un piccolo sorriso. «Nulla di male. Constatavo che in effetti sembra esserci un buon miglioramento.»

«Se lo dite voi» replica Cat, affatto persuaso. «Per conto mio, mi sento un pezzo di legno» lamenta avvilito.

Il dottore annuisce. «Giudico sia abbastanza comune. Siete bloccato in un letto da settimane. I vostri muscoli sono rigidi a causa della forzata inattività. Se sarete d'accordo nell'intraprendere questo viaggio, propongo di sfruttare il tempo dello spostamento per fare un poco di riabilitazione motoria. In questo modo, quando le vostre ossa saranno ritornate a posto, non vi ritroverete completamente inerme e potrete tentare, con le dovute cautele, di tornare a muovervi normalmente.»

Hutch fa danzare gli occhi da Cat a Maloney e viceversa, in attesa di un responso, qualunque esso sia. In ogni caso sarà pronto ad accettarlo e adeguarsi di conseguenza.

Cat, dal canto suo, si concede alcuni lunghi minuti di seria riflessione, al fine di soppesare le possibilità, e infine sembra disposto a prendere una decisione. «D'accordo. Sembra un buon programma. Sono pronto» afferma, nonostante non si senta affatto pronto. «Possiamo partire.»