Maloney e Hutch hanno trascorso una parte del pomeriggio e l'intera serata stivando con cura le provviste per il viaggio all'interno del loro nuovo mezzo di trasporto, poi il dottore si è ritirato nella propria camera per riposare in vista della partenza prevista di buon'ora la mattina seguente e Hutch, dopo aver lanciato un ultimo sguardo sospettoso alla porta chiusa, ha raggiunto il capezzale dell'amico, scoprendo che, nonostante l'ora tarda, è ancora sveglio.
«Cat?»
«Avete concluso, mi sembra di capire.»
Hutch annuisce, soprappensiero, prima di darsi dell'idiota all'interno della propria testa e riprovare a voce alta. «A quanto pare sì. Tu come stai? Non riesci a dormire?»
Cat non è certo di cosa dire, né di come spiegarlo. Si sente nervoso, quello è certo. Ma non è tutto. Non sembra sia in grado di impedirsi di essere preoccupato e, forse, angosciato. Magari anche senza forse. Che genere di persona sta diventando? Una che finirà con il temere perfino la propria ombra? Rimane in silenzio, non riuscendo, o meglio, non volendo ammettere quell'ulteriore debolezza all'amico.
«Avevo dei progetti, sai» mormora, lì accanto, la voce attenta e in qualche modo gentile di Hutch.
Rimane in ascolto, ancora senza dire nulla, impaziente di udire il seguito eppure, in parte, anche turbato al pensiero di ciò che verrà detto.
«Quando ho accettato quell'incarico. Pensavo…» Una piccola risata scuote il petto di Hutch. «Immaginavo cose. Cose che forse nemmeno sarei stato in grado di ottenere, ma, sai, anche solo pensarci mi dava…» tentenna, incerto sul modo giusto di esporre quel suo pensiero.
«Speranza» termina per lui Cat.
Hutch sgrana gli occhi, sorpreso, e il suo volto si apre in un sorriso felice. Annuisce. «Sì, è questo: speranza» conferma eccitato.
«E poi sono arrivato io e ho rovinato tutto» commenta Cat in tono amaro.
In questo caso Hutch schiude le labbra, ma la sua sorpresa stavolta ha un retrogusto sgradevole. «Cat, no. Non…» Sospira, passandosi le dita fra i capelli con evidente frustrazione. «Non lo hai fatto» tenta, disperando di potersi far capire in modo adeguato. «Ho… commesso molti errori. Lo so. Avrei dovuto essere più attento. Ma, lo sai, non sono proprio uno che va per il sottile, e… Mi dispiace, Cat. Per tutto. Sono stato un tale idiota. Non ho pensato…»
«Non è proprio una novità» mormora.
«Cat! Cazzo, sto cercando di scusarmi, casomai non l'avessi notato» sbotta inviperito.
«Mh, sì. Immagino sia così» conviene Cat.
Hutch solleva gli occhi al cielo con esasperazione. «Sei impossibile. Non si riesce neppure a pentirsi decentemente, con te.»
«Come sono desolato» chiosa sarcastico.
«Una vera disgrazia, ecco cosa sei» borbotta, scuotendo la testa con una certa mestizia. Pensare che intendeva consolarlo, o per lo meno provarci. Ma chissà come, l'amico riesce sempre a rendergli l'obiettivo più complicato di quanto già non sia.
«Già» conviene laconico.
La piega tesa delle labbra di Cat lo rende nervoso e scontento. Si avvicina un altro po' e poggia con delicatezza la punta dell'indice su un angolo di quella bocca imbronciata, sospingendolo piano verso l'alto. «Ecco. Quando sorridi è molto meglio, no?»
«E, sentiamo, cosa dovrebbe indurmi a sorridere? La settimana e oltre di viaggio che ci aspetta e che con buona probabilità finirà col rendermi uno straccio peggiore di quanto già non sia in questo momento, forse? O magari il fatto che non riesco a muovermi e, quando lo faccio, ho l'impressione che qualcuno mi conficchi un pugnale in corpo? Sono proprio curioso» ringhia beffardo.
Hutch deglutisce a fatica il bolo di aria e nervosismo che gli si è incastrato improvvisamente in gola. Non è affatto avvezzo a quel tipo di commento da parte dell'amico. Il suo comportamento è diverso dal suo solito. Di norma tace, raccoglie cocci e idee e torna a percorrere la propria strada senza darsi eccessivo pensiero né esternare proteste. Ora… sembra aver smarrito ogni grammo di fiducia in un possibile futuro. Come se… Sbianca, mentre il pensiero lo assale. Come se si fosse arreso. Chiude gli occhi e trae un lento, profondo respiro.
«I progetti che avevo sono cambiati» afferma secco.
«Cosa?» chiede Cat, interdetto, arricciando le sopracciglia in segno di perplessità.
«Quelli che mi ero fatto quando ho accettato il maledetto incarico dalla banca. Non mi interessano più. Erano stronzate. Idee sciocche per avere l'impressione di combinare qualcosa di normale, per una volta.» Scuote il capo, disilluso. «Ma non fanno per me, ora lo so. Un'esistenza normale non è per come sono io. E poi ora ho un progetto nuovo. Uno vero. Uno che ha finalmente un senso.»
«Sarebbe?» chiede Cat, sempre più dubbioso.
Hutch sogghigna, accostando il viso a quello dell'amico. «Troverò il modo di far tornare da me il Cat che ho conosciuto anni fa. Quello che amo, e che mi manca da morire.»
Cat trae un respiro rumoroso. Se ne avesse la possibilità spalancherebbe gli occhi. Non lo può fare. Al suo posto giunge qualcosa che, invece, avrebbe di gran lunga preferito evitare del tutto: arrossisce. Sia dannato anche Hutch Bessy!
«Di che accidenti stai vaneggiando, ora?» sbotta, dopo aver faticosamente riacquistato un minimo di padronanza di sé, e tuttavia sentendosi ancora percorso da un tremito sottile.
Dal canto suo, l'amico sorride beato, ammirando il tenue e piacevole colorito assunto dall'incarnato ultimamente troppo pallido di Cat. «Non lo sai? Pensavo fossi tu quello con le buone idee e che sa sempre capire la situazione. Allora, come la vedi questa, di situazione?»
«Non la vedo! I miei occhi sono andati a fare in culo! Che cazzo» protesta veemente.
Hutch, nonostante tutto, non può trattenersi dal ridacchiare. «Cat, è chiaro che non intendevo in quel senso. E comunque guariranno» afferma con convinzione.
«Bah, non so davvero da dove provenga tutta questa tua sicurezza» rimbecca sulla difensiva.
«Te l'ho detto. Ho un piano. E funzionerà, questo qui. Sai perché?» Ma invece di dargli il tempo di replicare, con buona probabilità con qualche commento caustico, lo precede completando il proprio pensiero. «Perché tra tutte le idee sgangherate che ho mai avuto, questa è l'unica in cui credo sul serio: non solo continuerai a vivere, ma te ne andrai di nuovo in giro sulle tue gambe, e quando ci vedrai di nuovo allora sarai costretto a darmi ragione. Vedrai se non sarà così.»
L'irritazione e la rabbia impotente che lo avevano pervaso in precedenza sfumano lentamente fino a svanire, mentre riflette con serietà e un poco di speranza sulle parole pronunciate da Hutch. Inarca leggermente la schiena, smorzando sul nascere il lieve gemito che cercava di sfuggire alla propria gola. Sospira. Fa scivolare con cautela una mano sulle lenzuola sgualcite, tentando di raggiungere l'amico, e lascia che un piccolo sorriso arricci le sue labbra, quando Hutch gli viene incontro raccogliendo la mano fra le sue enormi.
«Va bene. Accetto la tua sfida, e spero che sia tu a vincerla» ammette, sentendosi confortato dalla delicata stretta delle sue dita.
Hutch si abbassa e posa le labbra sulla sua fronte. «Lo spero anch'io.»
