Per un poco Hutch si accontenta di osservare Cat che respira dolcemente, disteso sull'erba all'ombra di un piccolo gruppo di alberi bassi. Il viaggio non si preannuncia semplice, soprattutto per qualcuno che ha troppe ossa rotte e lesioni in via di guarigione. Il dottore, per una volta, ha ragione: soste come quella sono necessarie perché Cat abbia il tempo di riprendere fiato e riposare senza il continuo tormento del sentiero sconnesso. Ma in un dato momento lo vede rabbrividire e aggrotta la fronte.

«Hai freddo? Posso andarti a recuperare una coperta, se vuoi» avanza propositivo.

«Non ho freddo» bisbiglia Cat.

Eppure, nonostante le sue parole, un momento dopo è percorso da un nuovo brivido.

«È… il suono dell'acqua» ammette, deglutendo con evidente fatica.

Il cruccio di Hutch aumenta. Schiude le labbra, perplesso, poi volta la testa e soppesa pensieroso il lento scorrere del grande fiume.

«Ti dà fastidio?» indaga, in parte incuriosito e in parte ansioso.

«No… Sì… Io…» Un pesante sospiro gonfia il suo petto. «Mi dà angoscia, e… e mi spaventa» è costretto ad ammettere suo malgrado.

«Quando eravamo sul fiume non sembrava impensierirti» fa notare Hutch, ricordando la loro piccola gita per liberarsi del carro.

Le labbra del ragazzo si storcono di amarezza. «Allora ci vedevo. Potevo tenerlo d'occhio. Controllare che… che l'acqua non mi…» il suo respiro accelera per un istante, poi torna regolare, placato dalla sua volontà «toccasse.»

La sorpresa di Hutch ha di nuovo un retrogusto sgradevole. «Hai… Avevi detto che non sapevi nuotare. Non hai mai parlato di problemi con l'acqua.»

«Non mi pareva il momento adeguato» sibila sulla difensiva. «E inoltre eri tutto preso dal tuo progetto sullo stupido oro da riportare alla banca» rimarca asciutto.

Hutch boccheggia. Non sa che dire. Non sa nemmeno come dirlo. Ha solo la netta impressione di non aver capito proprio nulla. Non troppo dissimile dal suo solito, dopo tutto. Un momento dopo sbianca, memore di averlo lasciato sul pianale del carro ed essersi tuffato nel fiume per raggiungere la riva, nonostante Cat gli avesse appena detto di non saper nuotare. Lo ha praticamente costretto a gettarsi in acqua per riagguantarlo. Cristo, com'è possibile che, dopo tutti i suoi stupidi errori, continui a fidarsi?

«Mi dispiace. Sono così stupido» si duole, frastornato dal suo totale fallimento. E un momento dopo, sconcertato, lo sente ridere; un suono fievole e cauto, ma comunque divertito, e sa, oltre ogni ragionevole dubbio, di aver di nuovo smarrito qualche importante tassello strada facendo.

«Hutch, questa non è certo una novità. Da quanti anni ci conosciamo? Pensi seriamente che potrei essere sorpreso, ora, perché non hai afferrato al volo il concetto? Avrei dovuto dilungarmi, avere pazienza, molta più di quanta ne avessi a disposizione in quel momento. Ma può darsi che non avresti comunque ascoltato. Non sembravi dell'umore» fa notare in tono leggero.

Ma Hutch stringe i denti e si passa le mani fra i capelli, perché le parole di Cat, la sua inflessione così imperturbabile, gli dicono chiaramente che non si attendeva nulla di diverso rispetto a ciò che è accaduto. Ha come l'impressione che una morsa gli stringa il petto. Era davvero così sicuro che il suo maledetto incarico per la banca fosse più importante di qualunque altro pensiero? Se Cat gli avesse parlato chiaramente del suo problema con Bill, Hutch avrebbe accettato di abbandonare momentaneamente il pensiero dell'oro da recuperare per dare assistenza all'amico? Forse Cat aveva perfino intenzione di dirgli di più in merito, ma non è stato a sentirlo. Aveva altri pensieri, altri progetti. Lo avrebbe lasciato in balia del fiume, se il ragazzo non fosse stato abbastanza rapido nei pensieri e nelle azioni? Aspira una brusca boccata d'aria a quel pensiero. No, questo no, non avrebbe mai… L'aria si blocca in gola. Affanna, boccheggiando. Scuote la testa con forza, rifiutando quella possibilità. Poi si trascina sulle ginocchia accanto a Cat, posa con delicatezza una mano sul suo petto e affonda il naso nei suoi capelli, riuscendo a ritrovare un poco della calma perduta grazie al suo battito regolare e al suo odore familiare.

«Hutch?» indaga Cat, perplesso dal suo comportamento bizzarro e incomprensibile.

«Solo… Solo un momento, per favore» elemosina, ancora rabbrividendo per gli ultimi pensieri stranianti.

«Cosa succede?» mormora delicato.

«Non è nulla» prova a rassicurarlo con voce pacata. «Solo qualche cattivo pensiero.»

Cat si mordicchia piano un labbro, indeciso, ma infine tenta. «È per qualcosa che ho detto? Vuoi… parlarmene?»

Hutch scuote la testa, senza ancora riuscire ad allontanarsi. «Meglio di no» rifiuta e, per quanto lo faccia con garbo, Cat nota che l'amico non ha comunque negato le sue supposizioni: quindi è effettivamente per ciò che può aver detto, anche se non ha idea di quale, delle sue tante parole irrispettose, possa averlo turbato a tal punto. «Se ti do fastidio posso… uh… scostarmi» propone, un poco infelice a quella prospettiva.

Una piccola parte della sua afflizione dev'essere in qualche maniera trapelata dalla sua voce, perché Cat scuote la testa. «Non mi dai fastidio» assicura, e sembra quasi vero detto dalla sua bocca. «Anzi, ho un'idea migliore: se ti metti fra me e il fiume, forse riesci a limitare lo spiacevole suono dell'acqua che scorre qua a fianco» suggerisce speranzoso.

E Hutch non se lo fa certo ripetere due volte: scavalca Cat e si porta di nuovo al suo fianco, frapponendosi fra l'amico e i suoi timori. Poi fa addirittura di meglio, per lo meno per quel che lo concerne: con quanta più delicatezza riesca a metterci, solleva le sue spalle dal terreno e le circonda con le proprie braccia, stringendoselo contro il petto con garbo. Un sorriso, infine, sboccia sul suo viso, nel momento in cui Cat, in luogo di una qualche acida protesta, sospira sembrando soddisfatto della sistemazione e poggia la tempia sul suo collo.

«Pizzica» mormora divertito, riferendosi alla sua ispida barba contro la pelle ancora troppo sensibile dopo la disavventura dell'esplosione.

Le labbra di Hutch si assottigliano in una smorfia contrariata. «Vuol dire che la taglierò» decreta.

Un altro timido risolino scivola dal petto di Cat e fa fremere il cuore di Hutch. «È solo una sciocchezza. Non serve essere tanto drastici per così poco» protesta con dolcezza.

«Non è poco» brontola Hutch. «Se ti dà noia preferisco disfarmene. Sono stufo di farti del male» ribadisce, in quel caso fin troppo consapevole delle sue intenzioni.

Cat sospira, afflitto. «Hutch, non mi hai mai fatto del male. Non sul serio. Sei solo… molto esuberante, come un cucciolo troppo cresciuto.»

«Guarda che non sono un cane!» sbotta offeso, e nonostante tutto godendosi la nuova, soffice risata di Cat.

«No, non lo sei. Ma a volte ci vai molto vicino.»

«Ah-Ah-Ah… Molto divertente» borbotta, poi rilascia un sospiro soddisfatto perché Cat sta praticamente facendo le fusa contro il suo petto, ed è così bello. Ha una disperata voglia di parlargli chiaramente, ma sa che ancora non lo può fare. È il momento sbagliato. Il modo sbagliato. Ma quando arriverà il buon momento (perché arriverà), allora dovrà farlo: trovare il coraggio di mettere insieme le idee che lo tormentano da tempo e trasformarle in parole che abbiano un senso anche per Cat. Ora però è tempo di proseguire con il loro piano.