«Quindi, che ne dici di spiegarmi dove dobbiamo andare per recuperare quell'oro?»
Cat mugola piano contro la sua spalla, a quanto pare disturbato nel mezzo del suo torpore. Struscia con cautela una guancia contro la clavicola di Hutch e soffia un lieve borbottio, mentre tenta senza troppi risultati di strofinarsi una mano contro il viso.
«Uff» lagna seccato, guadagnandosi una piccola risata da Hutch, e un morbido bacio fra i capelli. «D'accordo. Va bene. Serve dirigersi a sud, seguendo il fiume. L'ho depositato all'albero, quello spoglio sulla riva a cui siamo approdati» spiega lentamente.
Hutch lo fissa con stupore. «Quello da cui sei saltato giù e mi hai graffiato con gli speroni?» si sincera.
«Già. Ho messo i sacchi accanto all'albero. Servirà solo scavare via un poco di terra. Sul lato opposto rispetto alla riva del fiume.»
«Mh» mugugna Hutch.
«Che c'è? Non ti sembra un posto accettabile? Non credo che possano averlo trovato. Non senza indicazioni» puntualizza, sulla difensiva.
«No, nessuno lo avrebbe ritrovato» conviene Hutch. «Ma non capisco: perché l'hai nascosto in quel modo? Voglio dire, non potevi essere certo di… beh, sopravvivere allo scontro che avevi organizzato con Bill.»
Cat si stringe con cautela nelle spalle. «Lo so. Ma nemmeno potevo lasciarlo alla vista di tutti, non credi? Comunque lo avresti ritrovato. Ti ho lasciato un indizio nella cassa vuota.»
Hutch spalanca gli occhi, tramortito dallo sconcerto. «Mi hai… M-mi hai lasciato un indizio?» mormora scosso.
«Certo. Dopo tutto, lo hai detto tu stesso, non potevo avere la certezza di uscirne vivo. Quindi dovevo pensare a un modo per fartelo comunque avere» fa notare con semplicità. «Non dubito lo avresti capito in fretta, proprio come hai fatto poco fa. Quindi direi che ho fatto un buon lavoro, tutto sommato» commenta con una punta di orgoglio.
Peccato che Hutch non lo possa cogliere. Ma d'altra parte si sente troppo sconvolto per pensare a qualsiasi altra cosa. Come accidenti è possibile che sia riuscito a travisare tutto, assolutamente tutto quanto? Ha creduto, da principio, che fosse fuggito, mollandolo in balia di uno degli scagnozzi di Bill; quando al contrario stava solo preparando la sua vendetta contro Bill stesso, da troppo tempo in sospeso. Ha addirittura creduto che, dopo averlo tradito, avesse intenzione di tenersi per sé il maledetto oro; invece Cat ha pensato a lui, perfino mentre era convinto di andare a crepare su quella stupida collina. E, cristo, si sente una vera merda anche solo per aver considerato quelle eventualità. Il suo battito è nuovamente affrettato, e avverte la nausea invaderlo.
«Hutch?» lo ripesca Cat dai suoi funesti pensieri. «Ehi, stai bene?» gli domanda, sentendolo tremare contro di sé.
«No» replica con voce strozzata. «Sono una persona orribile» tenta miseramente di spiegare, in affanno.
Cat cruccia le sopracciglia, confuso. «Che diamine vai blaterando, ora?»
«Ho… p-pensato» tenta, tremando forte, un brusco singhiozzo strozzato bloccato in gola. «Io…»
La confusione di Cat, pian piano, si dirada come le nuvole scure dopo un acquazzone. «Ho capito. Eri convinto che avessi provato a fregarti, giusto?» lo canzona con un pizzico di ironia.
Hutch stringe le labbra per impedirsi di cacciare un grido e chiude forte gli occhi, inspirando rumorosamente dalle narici dilatate. «Sì» rantola, con la netta impressione di star perdendo la testa. «Io… T-ti chiedo scusa. Ti giuro che mi dispiace.»
«Immagino di sì. Ma non è un problema. C'erano troppi particolari di cui non eri a conoscenza e che non mi sono preso il tempo di spiegarti. Così, vedi, hai fatto ciò che ritenevi giusto» espone tranquillo, a suo modo nel tentativo di rassicurarlo.
«No!» grida atterrito. «Ti ho quasi fatto ammazzare, Cat!»
«Ora cerca di calmarti. Sicuramente poteva andare peggio, e…»
«Non dirlo!» ruggisce devastato. «Quante volte? Quante ancora devo sbagliare, prima che non ci sia più nulla da poter riparare? Quante?!»
«Hutch…» mormora, le guance esangui e il respiro affrettato. «Hu-Hutch, ti prego» soffia, sfiorando la mascella serrata dell'amico con le dita fasciate che, lentamente, si inzuppano di lacrime. «Earp» sussurra, tremando piano nella sua stretta.
Spalanca gli occhi, ritrovandoli fradici, e passa con delicatezza le dita fra i capelli di Cat. «Perdonami. Shhh, va tutto bene. Shhh, sta' tranquillo. Sì, così» mormora con voce dolce.
«Non te ne andare. Ho… bis-bisogno di te» annaspa perso.
«Sono qui. Non vado da nessuna parte, non senza di te» conferma deciso.
Quasi un'ora dopo Maloney li ritrova ancora distesi sotto gli alberi, assopiti l'uno stretto all'altro, e scuote la testa, esasperato, ma conservando sul viso un sorriso indulgente.
Quando Hutch si ridesta, con Cat ancora accoccolato contro il suo petto, una coperta di lana colorata li protegge, rimboccata fin sulle spalle. Aggrotta la fronte, perplesso dalla stranezza; non ricorda affatto di essere risalito sul carro per procurarsela. Un piccolo brivido lo coglie nel bel mezzo due suoi crucci: Cat ha respirato più profondamente contro il suo collo. Accantona la questione della coperta e decide sia il caso di riportare il ragazzo al suo giaciglio. Ora che conosce la loro prima destinazione, tanto vale mettersi in marcia per raggiungerla.
Le braccia occupate dal relativo peso dell'amico, quando raggiunge il loro mezzo di trasporto scopre che il dottore vi si è già insediato ed è occupato nella lettura di una rivista medica.
«Bentornato, signor Bessy. Riposato bene?»
Per Hutch, in quel caso, non è troppo complicato tirare le somme. Con un lieve rossore alle guance, annuisce. «Sì. Vi ringrazio per aver pensato di coprirci.»
«Di nulla. È mio dovere di medico preoccuparmi della salute fisica delle persone che mi circondano» fa notare con un lieve sorriso bonario.
Nel mentre Hutch ha adagiato Cat all'interno del suo giaciglio, coprendolo con cura. «Abbiamo l'ubicazione che ci serviva» pensa corretto informarlo. «Se per voi va bene, possiamo riprendere il sentiero. Non è troppo distante e la raggiungeremmo in giornata» propone.
«Una buona notizia» si rallegra Maloney. «Non ho obiezioni da sollevare. Partiamo pure» conferma, con un'allegria quanto meno stravagante.
Ma Hutch fa spallucce, decidendo di non preoccuparsene, almeno in quel momento, e augurandosi di non doverci tornare in futuro per aver sottovalutato un possibile problema. Forse Cat avrebbe potuto vederci più chiaro (beh, se effettivamente i suoi occhi funzionassero, ovvio) ma sta riposando e sembra piuttosto tranquillo, quindi si fotta anche Maloney e le sue allegrie fuori luogo.
Un paio di ore circa più tardi il carro giunge finalmente sul luogo indicato da Cat. Hutch si volta per annunciare la buona novella, ma scopre con suo grave scorno che non c'è nessuno sveglio, quanto meno, nessun bipede dotato di dita prensili.
«Tu guarda che gente mi tocca scarrozzare. Passi Cat, che è convalescente, ma il dottore? Bah» lamenta sconfortato.
I due cavalli fifoni lo fissano stolidi, sembrando compatirlo per le sue ripetute sciagure. Hutch lancia loro un piccolo ringhio infastidito e smonta da cassetta, raggiungendo il retro. Senza troppi complimenti scuote Maloney afferrandolo per una caviglia e facendolo svegliare di soprassalto, godendosi fra le altre cose la sua espressione stralunata.
«Siamo al traguardo, Doc» annuncia, con un ghigno sardonico dipinto in volto. Tutto quel che ottiene è un grugnito affatto allegro. «Se volete degnarvi, apprezzerei un paio di mani in più per dissotterrare quel cavolo di oro. A meno che non preferiate che prenda quel che mi serve e sotterri voi al suo posto.»
«Possibilmente no. Mi garba respirare all'aria aperta» replica a tono il dottore.
Hutch leva gli occhi al cielo e balza giù dal carro, recuperando un paio di pale e confidando di essere raggiunto a breve dal loro complice.
