Nonostante le belle speranze di Cat, il lavoro unito di Hutch e del dottore ha ragione del nascondiglio creato a puntino dal ragazzo in non meno di due ore. Hutch si domanda, non senza un certo sbalordimento, quanto può averci lavorato su Cat, da solo e, per quel che può rammentare, non certo in forma smagliante, dopo essere quasi annegato in quello schifo di pozzo e aver errato al guinzaglio in mezzo al deserto e su per la collina.
Quando si scorgono infine le tele sciupate e lorde dei primi sacchi, Hutch pianta la pala al proprio fianco, nel terreno ancora duro, e ricade sul culo, attendendo che l'affanno passi e il sudore si asciughi. Lì accanto Maloney lascia cascare il suo attrezzo poco distante e si stravacca dalla parte opposta dell'alberello rinsecchito, il respiro pesante e la pelle luccicante e polverosa insieme.
«Mi auguro che in quei sacchi ci sia effettivamente qualcosa che valga tanta fatica, francamente» lamenta, respirando veloce.
Hutch scuote la testa, ormai persuaso della totale indolenza del dottore, e anche della sua fastidiosa tendenza a lagnarsi di fronte a ogni azione che richieda una quantità di impegno fisico maggiore rispetto ai suoi standard. A suo confronto Cat ne esce come un lavoratore indefesso, lui che di norma storce il naso all'idea di cavalcare sotto il sole per più di una manciata di miglia. Stiracchia un vago sorriso a quel pensiero, e spera con tutto sé stesso che avrà di nuovo la possibilità di vedere il suo naso arricciarsi buffamente di insofferenza alla prospettiva di montare in sella.
Quando il suo battito torna alla normalità così come il suo respiro, finalmente si decide a dare una seria occhiata a quanto hanno così faticosamente dissotterrato. In ginocchio guadagna il bordo della loro piccola fossa e si china a slegare i lacci del sacchetto più prossimo, allargandone con pazienza l'imboccatura. Affonda una mano all'interno e le sue dita scivolano su del liscio e freddo metallo; afferra strettamente un pezzo tra quelli che gli sono più vicini e lo estrae dal tessuto rovinato. Una moneta, di brillante oro. Deglutisce, avvertendo il suo cuore accelerare di nuovo. È tutto lì, proprio di fronte ai suoi occhi. Cat lo ha messo al sicuro per lui. Avrebbe potuto morire, in un qualunque momento nelle ultime tre settimane abbondanti, per… Per quel maledetto cumulo di metallo luccicante. Stringe la mascella, fino a far scricchiolare i denti. Se solo non ne avessero disperatamente bisogno, nessuno al mondo potrebbe impedirgli di gettarlo in fondo al fiume, proprio in quello stesso momento.
«Guardate, Doc» lo richiama all'attenzione, porgendogli la moneta dall'altro lato del tronco. «È per questo. Per questa piccola cosetta liscia e brillante, che ho quasi rischiato di perdere Cat. Lui è la persona più importante che mi sia rimasta. L'unico essere umano che, non so come, riesce a tollerare la mia stupidità. E ho commesso l'errore di dimenticarlo. Di ritenere essenziale di recuperare questo sciocco metallo, ignorando i suoi bisogni. Che razza di amico sono?» soffia desolato.
«Siete l'uomo che si sta prodigando con ogni suo mezzo per aiutarlo a tornare ciò che è stato, o per lo meno il più simile» è l'inattesa replica di Maloney.
Hutch solleva lo sguardo su di lui, distogliendolo dalla rabbiosa contemplazione della piccola moneta adagiata sul suo palmo. «Già. E mi auguro con tutto il cuore che sia sufficiente, o non so proprio come farò a convivere di nuovo con me stesso» commenta amareggiato.
«Lo spostiamo sul carro?» propone a quel punto il dottore, lasciando di stucco Hutch che, in tutta evidenza, non si attendeva che fosse proprio lui ad avanzare l'idea di versare altro sudore.
Ridacchia sommesso. «Bene. Non posso certo lasciarmi sfuggire l'occasione. Non si sa mai, potreste ripensarci e lasciare tutta la fatica a me.»
«Molto spiritoso» bercia Maloney, rimettendosi in piedi e iniziando a raccattare sacchi d'oro per trasferirli sulla loro vettura.
L'uomo in nero△ punta un ginocchio sull'arido terreno. I suoi occhi pallidi scrutano i resti mortali di quello che quasi certamente una volta era un essere umano. Ora non ne rimane che qualche brandello di tessuto, ossa spolpate e ciuffi disordinati e rinsecchiti di capelli e barba. Gli stivali, seppur rovinati, gli suggeriscono qualcosa; anche il cappello, seppur impolverato e ammaccato. Ma a convincerlo di aver ritrovato ciò che cercava sono le piccole iniziali sul calcio dell'arma e quei ciuffi aggrappati al cranio: rossi come il pelo di una volpe.
Prima che abbia il tempo di rimettersi in piedi, un lucore opaco attira il suo sguardo. Allunga una mano e le sue dita sfiorano metallo. Lentamente spolvera l'oggetto e lo solleva sotto i roventi raggi del sole. La lama di un coltello da lancio.
Hanno da pochi minuti concluso la loro operazione di stivaggio che, a conti fatti, non è risultata di molto più rilassante rispetto a quella del dissotterramento. Di fatti al momento sono entrambi poggiati con la schiena alle ruote del carro, nel tentativo di riprendere fiato e farsi passare il bruciore muscolare.
«Sapete, ero convinto che l'attività del malvivente fosse meno massacrante. Quindi, direi che non appena possibile tornerò felicemente a fare il medico e non avrò più alcuna pretesa di lamentarmi del mio lavoro ingrato» scherza Maloney, traendo lunghe boccate d'aria.
«Voi siete ancora un medico.»
Lo prende alla sprovvista la considerazione di Hutch, la quale è stata esposta nel tono più serio.
Maloney rinserra le labbra, incupito. «Sono fuggito dai miei doveri» ribatte secco.
Scuote la testa, dubbioso. «Siete fuggito, sì. Ma non dai vostri doveri. Piuttosto da un luogo che non vi è mai appartenuto e che cercava di uccidere il vostro spirito. Troverete un altro posto che possa convenirvi maggiormente e in cui potrete lasciare alle spalle la vostra debolezza» spiega, persino con dolcezza.
Il dottor Maloney lo fissa con occhi grandi e sbalorditi, le labbra schiuse nello stupore prendono a tremare lievemente. «Io… Vi ringrazio. Credevo… P-pensavo non mi sopportaste» pigola sconvolto e commosso insieme.
Hutch storce il naso e borbotta seccato. «Detesto la vostra maniera di impicciarvi degli affari nostri, e di essere sempre in mezzo alle palle quando sto cercando di parlare seriamente con Cat. Questo non significa che io vi disprezzi, solo avrei piacere se vi faceste un po' i cazzi vostri, certe volte.»
Le guance di Maloney si gonfiano repentinamente. Ci prova, con molto impegno, ma infine è costretto a cedere, e scoppia a ridere, contorcendosi a terra dal divertimento.
«Che diavolo avete ora da ridere?» lo rimbecca Hutch con una certa dose di offesa acidità.
«Scusate» esclama con voce acuta e tremolante, singhiozzando e provandosi a tappare la bocca nel vano tentativo di placare il divertimento. «Siete così buffo» cerca disperatamente di spiegare.
«Dannato dottore depravato» mastica Hutch fra i denti, alimentando senza volerlo l'ilarità del succitato dottore.
Poiché il lavoro sul fiume ha richiesto più tempo del previsto e ormai il sole ha già iniziato il suo lento declino preparandosi per la sera, hanno stabilito che si sarebbero accampati proprio lì per trascorrere la notte in un luogo tutto sommato sicuro, prima di riprendere la strada l'indomani mattina.
Insieme hanno portato a terra Cat, posizionandolo con cura in un angolo riparato, così da approfittare del leggero venticello che è andato rinfrescandosi con l'approssimarsi dell'imbrunire. Poi, quasi di concerto, ognuno ha preso la direzione opposta rispetto all'altro e si è appressato all'acqua, con l'obiettivo di levarsi di dosso la maggior parte della polvere e del sudore accumulato durante la dura giornata.
Hutch si toglie gli stivali, sospirando di apprezzamento, e si fa strada sui ciottoli lisci, entrando lentamente nel fiume, diretto verso il centro dell'alveo. Quando l'acqua raggiunge la metà coscia si lascia scivolare seduto, mugolando di piacere.
«Meraviglioso» soffia soddisfatto.
Poi piano, con metodo, inizia a levarsi la polvere dalla pelle che nel frattempo è divenuta piacevolmente fresca. Quando immerge il viso nell'acqua, strofinandosi energicamente i capelli annodati, un pensiero lo coglie inatteso, e riemerge grondante rigirandoselo in testa. Si passa le dita sulla mascella, assottiglia le labbra e annuisce, determinato. Si leva la camicia fradicia, strizzandola mentre torna verso la riva, ancora immerso nei suoi ragionamenti. In fondo glielo aveva promesso, in qualche maniera. Tanto vale farlo subito. Attendere oltre sarebbe inutile.
Passando distrattamente accanto al loro albero rinsecchito, getta la camicia sopra un ramo sporgente così che nell'attesa si asciughi, e deciso si reca al loro carro, appurando che Maloney non ha ancora fatto ritorno. Il più silenziosamente possibile, dato che Cat riposa non troppo discosto dal veicolo, fruga nei loro bagagli, ripescando tutto l'occorrente, poi torna sulla riva e si mette all'opera.
Qualche minuto più tardi Maloney lo ritrova nello stesso posto, impegnato in un'occupazione che il dottore non si era affatto atteso. Incuriosito, si fa più accosto, con prudenza e discrezione, sperando inconsciamente di non venire rimproverato con il solito sguardo di biasimo, o peggio di rabbia malcelata, per essersi impicciato di questioni che non lo concernono.
«Sempre fra i piedi, eh?» lo rimbecca, puntualmente, Hutch, al suono dei suoi passi sulla ghiaia.
«Vi domando perdono» si affretta a giustificarsi Maloney. «So bene che non sono affari miei. Tuttavia non ho potuto fare a meno di incuriosirmi. Vi ho sempre veduto con una folta barba, nell'ultimo mese scarso. Ero arrivato a credere fosse la normalità» spiega pacato.
«Avete detto bene» considera Hutch, mentre fa scorrere con cura la lama del rasoio lungo la sua mascella. «Era la normalità. Ora non più» afferma lapidario.
«Desiderate una mano?» tenta cauto.
«No» replica secco. «Vi chiedo la cortesia di allontanarvi. È una questione privata» sibila, pur mantenendo la calma.
Per un breve momento il dottore si fa pallido, poi annuisce. «Certo. Scusate se vi ho dato noia.»
Mentre i passi di Maloney si fanno più discosti, perdendosi in lontananza, Hutch trae un lungo sospiro e interrompe qualche momento la sua occupazione, abbassa lo sguardo al terreno e rimane in contemplazione degli scuri ciuffi ricci depositatisi. La lieve malinconia nei suoi occhi dirada lentamente facendo spazio a una nuova speranza che si riflette in un inizio di sorriso. Infine riprende laddove aveva poc'anzi interrotto con rinnovata decisione.
