Un minuscolo gorgoglio, nel silenzio della notte, lo ridesta dal suo sonno infestato da numerosi incubi. Si stiracchia, facendo schioccare le giunture, e si rimette seduto. Maloney gli ha lasciato il posto all'interno del carro, preferendo dormire sotto le stelle, la balzana scusa di respirare aria più pulita (come se lui fosse sporco; si è appena fatto il bagno, che diamine!). Ha comunque il sospetto che volesse rimanergli lontano; forse lo ha spaventato, quella sera, chi lo sa. Si volta, con cautela, e il suo collo gli rimanda una fitta di dolore. Probabilmente avrebbe dormito meglio se fosse rimasto anche lui sotto le stelle, ma in tal caso non avrebbe potuto rimanere vicino a Cat. Quindi meglio qualche contrattura piuttosto che abbandonarlo di nuovo a sé stesso. E a proposito di Cat, sembra dopo tutto che fosse lui a lamentarsi poco prima; si sta rigirando penosamente all'interno del suo giaciglio, che potrà anche essere più comodo rispetto al pianale del carro, ma si tratta pur sempre di una cassa imbottita o poco più.
«Cat? Stai bene?» chiede apprensivo, chinandosi per cercare di vederlo meglio.
«Non riesco a dormire» sussurra la voce incerta dell'amico.
«Ah, anche tu? Beh, siamo in due, allora» prova impacciatamente a scherzare.
«È notte?» si stranisce. «Credevo che… L'ultima volta non era neppure mezzogiorno» ragiona confuso.
«Sì, è notte. Ti sei perso lo spettacolo del dottore che scava con le sue delicate manine da lord con la puzza sotto il naso» sogghigna Hutch.
Cat, per la somma soddisfazione dell'amico, ridacchia. «L'avete trovato, quindi» deduce sollevato.
«Già. Esattamente dove hai detto tu» mormora, carezzando con cautela la sua fronte.
«Bene. Sono lieto che tu abbia riavuto il tuo oro.»
Hutch cruccia le sopracciglia e rinserra appena la mascella. «Non è mai stato mio, lo sai. Dovevo solo…» manda giù uno scomodo bolo di saliva. «Dovevo recuperarlo. E ora… ora l'ho fatto, e per qualcuno di più importante della stupida banca.»
Cat sospira. «Hutch. Lo sai che non ce l'ho con te.»
«Tu forse no (anche se non riesco a immaginarne il motivo). Ma io di certo sì» sibila rabbuiato.
«Hutch?»
«Dimmi.»
«Faresti una cosa per me?»
I suoi occhi si spalancano nell'oscurità. «Farei qualsiasi cosa, per te.»
«Ma non è una cosa qualsiasi. Si tratta di qualcosa di preciso. Vorrei che mi tenessi di nuovo fra le tue braccia. Lo puoi fare?»
«Cazzo, sì» esclama Hutch, provocando un'altra risata da parte di Cat.
«Ho scoperto che lo apprezzo. Forse perfino troppo. Sarà un problema mio?» se ne salta fuori Cat dopo un tempo indefinito che si è stiracchiato nell'arco della lunga notte.
«Mh? Di che parli?»
«Questo. Questa sensazione così strana, eppure anche piacevole. Non mi era mai capitato. Forse perché nessuno se ne era mai preso il disturbo» spiega, anche se, per dirla tutta, Hutch non ci ha capito un tubo.
«Riprova. Sarai più fortunato. Ma stavolta cerca di essere meno enigmatico, vuoi?»
Di nuovo Cat ridacchia, ma sembra felice, perfino compiaciuto. «Molto bene. Se è ciò che desideri. Mi piace stare raggomitolato contro il tuo petto. Soprattutto se incroci le braccia dietro la mia schiena. È estremamente rilassante. Com'è andata ora: sono stato chiaro a sufficienza?»
«Direi di sì» mugola, a stento riuscendo a radunare il fiato necessario.
Cat aggrotta le sopracciglia, incerto. «Non ti ho offeso, vero? Perché non era quello che intendevo fare» assicura, allungando una mano con prudenza e sfiorando con delicatezza la sua mascella. Allora le sue labbra si schiudono, formando una O stupefatta. «La… La tua… Non c'è più» soffia stravolto.
Hutch lo fissa, confuso dapprima. Ma nel momento in cui comprende un soffice sorriso distende le sue labbra. «Te lo avevo detto, no? Perché sembri così sbalordito?»
«Non avevo idea che intendessi farlo sul serio. Perché… Per quale ragione hai fatto una cosa simile?»
«Perché ti provocava fastidio. Non potevo permetterlo» spiega semplicemente.
«Ma… era una sciocchezza. E tu ci avevi messo anni per farla crescere decente. E ora…» tenta di protestare.
«Cat. Non me ne importa un fico secco della barba. Quel che mi importa davvero è che tu stia bene. Posso fare a meno della prima, ma non del secondo. Questo è tutto ciò che devi sapere al riguardo» espone ragionevole e altrettanto perentorio.
Cat appare ancora in parte rabbuiato, ma poi struscia delicatamente una gota contro il suo collo e sospira appagato. «D'accordo. Ammetto che è più piacevole, ora» concede magnanimo.
Hutch sorride divertito e tuffa il naso nei suoi capelli, sempre arruffati ma che ancora conservano il profumo dell'ultimo lavaggio e anche un poco dell'aria esterna, mugolando di beatitudine. Quando chiude gli occhi, questa volta, lo fa con la testa piena di pensieri felici. Di lì a poco prende sonno e Cat lo segue pochi momenti dopo.
Si rimettono in viaggio, come preventivato, la mattina seguente all'alba. Hutch sfoggia un enorme sorriso che si allarga da un lato all'altro del viso, e Maloney lo adocchia di tanto in tanto con una certa apprensione malamente dissimulata che lo diverte immensamente. Che pensi un po' quel che vuole, il loro dottore depravato, per quello che importa a Hutch. La strada è lunga, e se può trascorrerla allegro tanto meglio.
Nei due giorni che seguono instaura per il loro gruppo ristretto una routine che soddisfa almeno un paio dei suoi componenti. Di fatti, giunta la sera, dopo cena, Hutch caccia praticamente fuori dal carro Maloney, disinteressandosi di dove si raggomitolerà per la notte, e per quanto lo concerne si ritiene assolutamente soddisfatto di Cat che dorme abbarbicato a lui come un koala.
Il terzo giorno di marcia che segue il ritrovamento dell'oro, tuttavia, non inizia con i giusti presupposti. Innanzitutto vengono svegliati prima dell'alba da Maloney che, fradicio e imbestialito, si issa di malagrazia sul carro dopo essere stato investito da un acquazzone imprevisto. E già questo fatto basterebbe da solo a rabbuiare la giornata di Hutch. Peccato che in seguito si scopre che quello delle prime ore di quel giorno disgraziato non era un caso isolato, ma una perturbazione in piena regola, che pare fare del proprio meglio per perseguitarli lungo la loro rotta. Come risultato sono tutti e tre umidi e abbastanza inviperiti. Poi una delle ruote del carro si impantana nel fango, e a quanto sopra si aggiungono le voci luridi e gelati fino alle ossa.
«Vada al diavolo anche questo maledetto paese!» sbotta Maloney, al colmo dell'irritazione.
Hutch si limita a grugnire, mentre si spacca la schiena nell'infruttuoso tentativo di liberare la dannata ruota dal buco infangato nel quale è finita. Inoltre i cavalli là dietro stanno diventando nervosi e faranno saltare i nervi ai muli attaccati al timone se non la piantano di sbuffare. Avrebbe una certa voglia di prenderli a pugni sul naso, ma è fin troppo occupato a bestemmiare fra sé e non gli rimane sufficiente fiato per fare molto altro.
Uno strillo sconnesso lo fa raddrizzare repentinamente, sul chi vive. Scopre in quel modo che Maloney è scivolato, finendo con il culo in mezzo all'onnipresente fango. Gli duole la schiena, e anche le spalle, ma la scena è troppo buffa per potersi trattenere, così scoppia a ridere, tenendosi la pancia e lamentandosi per le fitte di dolore occasionali.
«'Fanculo a questo dannato carro. E 'fanculo anche a questo tempo di merda» ringhia Maloney, lasciando un attimo Hutch a bocca aperta.
«Uhhh… Il principino ha la boccuccia sporca, mh?» lo prende allegramente per i fondelli.
«Fatela finita» sbotta il dottore. «Ho sempre odiato la campagna. E dove mi spediscono? In questo maledetto buco di culo scomodo e puzzolente! Dio, non lo sopporto!»
Hutch lo osserva affannare per rimettersi in piedi, o per lo meno per provarci. Ma continua a scivolare, e sta iniziando a perdere gran parte del suo lato comico. Sospira, abbandona momentaneamente la stupida ruota incastrata, e si allunga sul dottore, afferrandolo saldamente per un gomito e tirandolo su di peso come se fosse un fuscello.
«Ecco. Non era così complicato, dopo tutto» commenta bonario, poggiandogli con garbo una mano sulla schiena per accertarsi che possa rimanere diritto.
Lo sguardo smarrito che gli lancia Maloney sarebbe piuttosto spassoso, se non fosse così allucinato e infelice. «Gra-grazie» balbetta, tremando come una foglia.
Sospira scoraggiato. «Siete un vero disastro nei lavori manuali. Andate ad asciugarvi e cambiarvi. Siete voi il dottore, e non ho alcuna intenzione di farvi da infermiera perché vi siete preso un'infreddatura.»
Maloney sta per protestare. Ci ripensa. Annuisce e docile sia avvia per eseguire gli ordini malamente mascherati da suggerimenti di Hutch.
