Quando i suoi occhi si riaprono Cat dorme quieto, e di Maloney neppure l'ombra. Se sbircia in direzione della tenda che chiude il retro del carro può scorgere la luce dorata di un sole probabilmente ancora alto. Sbuffa leggermente. Si sente più riposato, e Cat sembra un po' meno provato, ma vuole comunque discutere con il dottore di quanto accaduto quella mattina presto, per avere un parere professionale sulla faccenda. Così salta giù dal carro dopo aver attentamente aggirato il corpo del ragazzo dormiente, si lava il viso ponderando sull'idea di radersi, ma rimanda l'operazione a più tardi e parte alla ricerca di Maloney.
«Oh, eccovi di nuovo tra noi, signor Bessy. Spero che abbiate riposato in modo adeguato» lo accoglie il dottore, un piccolo sorriso benevolo sul volto già più rilassato rispetto anche solo a quella mattina.
Hutch si rabbuia e scuote la testa. «Mi sarebbe piaciuto. Ma direi di no. Tutt'altro, in effetti.»
Così, dopo essersi seduto per terra e aver tratto un profondo respiro al fine di ritrovare la calma e radunare le idee, Hutch riassume i fatti verificatisi in seguito alla partenza del dottore, cercando per quanto possibile di essere preciso e metodico nella propria esposizione.
«Sembrerebbe un disturbo d'ansia, probabilmente una forma di attacco di panico derivato dai recenti episodi di stress. Non sono esattamente uno specialista nei disturbi psicologici, ma…»
«Cat non è pazzo» ringhia Hutch, riservando al dottore uno sguardo cupo foriero di ritorsioni affatto gradevoli.
Maloney, lungi dall'essere impressionato dal malumore dell'altro, soffia un piccolo sbuffo e leva gli occhi al cielo. «Signor Bessy, non ho mai detto, né tantomeno pensato, che lo fosse. Non ha del resto mai dimostrato di poter cadere in stati di insanità mentale. Ciò detto, e per quanto ho potuto dedurre dalla mia limitata esperienza nel campo, è ovvio che quel che si è verificato prima che lo conduceste nel mio studio ha avuto notevoli ripercussioni sul suo equilibrio psico-fisico. E per giunta ritengo che ciò sia del tutto normale, in caso contrario dovrei pensare che il vostro amico sia un automa, e non la giudico una possibilità realistica.»
«Va bene. Ma ora? Che facciamo? Credete che… possa ricapitare?» si impensierisce Hutch.
«Suppongo vi sia un'alta probabilità che il problema abbia a ripresentarsi, in effetti. Il trauma che ha innescato il suo stato d'ansia è tutt'altro che risolto. Come vi dicevo poc'anzi, non posso considerarmi un esperto in materia, ma giudico che, nel nostro piccolo, potremmo almeno tentare di mitigarne gli effetti. In altre parole, serve tenerlo d'occhio, innanzitutto, al fine di prevenire la possibilità di insorgenza di altri attacchi, e nel caso in cui ciò non fosse possibile, sarà necessario adoperarsi al fine di tranquillizzarlo. In caso contrario ho il timore che possa deperire ulteriormente, viste le già deplorevoli condizioni in cui versa.»
«È quel che ho provato a fare questa mattina» si sforza vanamente di protestare Hutch.
«L'ho compreso benissimo. E ritengo abbiate fatto un ottimo lavoro di incoraggiamento, se chiedete la mia opinione» assicura Maloney.
«Oh… Quindi?» cerca di informarsi, confuso.
«Quindi nulla. Mi avete domandato ciò che possiamo fare e io vi ho risposto per quel che conosco nel mio piccolo di medico generico. Se lo ritenete necessario, potremmo richiedere il parere di un esperto, tuttavia dubito ne incontreremo lungo la strada prima di giungere a New Orleans.»
«Ho capito» replica Hutch, un poco abbattuto a causa delle scarse alternative che si presentano loro. «A questo punto, immagino che sia anche il caso di provare a rimetterlo un po' in forze, nei prossimi giorni.»
«Dite bene. A tal proposito stimo sia giunto il momento di lavorare sulla sua riabilitazione motoria. La sua spalla sinistra sembra ormai essere in buono stato, o per lo meno adeguato per essere sollecitata un minimo. Il nostro primo obiettivo è fare in modo che possa stare seduto in autonomia. Questo gioverà non solo al suo stato fisico, ma anche e soprattutto a quello mentale.»
Hutch abbozza un sorriso speranzoso e annuisce, repuntandosi più che pronto a dare una mano.
Dato che al loro rientro Cat non si è ancora svegliato, mentre il dottore si immerge in una nuova lettura dopo essersi dedicato a un rapido controllo delle condizioni del paziente, Hutch decide di rimboccarsi le maniche e riportare il loro veicolo in una stato funzionale, obbligando tutti gli equini a loro disposizione a collaborare attivamente al raggiungimento di quell'obiettivo. Meno di un'ora dopo, sbalordito dai risultati, quasi saltella felice tornando dai suoi compagni di viaggio.
«Ehi, Doc! Indovinate: ce l'ho fatta! Il carro è libero» esulta, pieno di energie e belle speranze.
Maloney, stravaccato su un piccolo cumulo di coperte e qualche cuscino, il mento poggiato al palmo di una mano, lo fissa incuriosito e con un sorrisetto divertito.
«Cosa faremmo senza di voi?» strascica sornione.
Hutch non raccoglie. Solleva il mento, gonfia il petto e mostra un enorme sorriso scintillante. «Sareste ancora con il culo nel fango» replica a tono, facendo suo malgrado sghignazzare il dottore.
«Avete proprio ragione» ammette serenamente.
«Cat?» si informa, avvicinandosi cauto.
«Dorme. Le sue condizioni fisiche sono stabili» decide di tranquillizzarlo.
«Bene. Allora mi do una lavata e poi preparo la cena, che ne dite?»
«Il programma mi entusiasma parecchio. Se posso esservi utile fatemelo sapere.»
Hutch lo fissa un po' stranito, indeciso se dar retta alle sue profferte. «Sapete cucinare?» inquisisce diffidente, per nulla stimolato dalla prospettiva di un avvelenamento alimentare.
Maloney lo gratifica con un'occhiata mezza offesa e mezza divertita. «Voi mi sottovalutate troppo. Certamente so cucinare. Non a livelli professionali, ovvio, ma comunque a sufficienza da imbastire un pasto piacevole.»
«Uh…» borbotta poco convinto. «Va bene. Quindi, cosa si mangia di buono?» concede un minimo possibilista.
Il dottore si prende un lungo minuto di riflessione, poi propone «Che ne dite di una zuppa di funghi e patate?»
Hutch solleva un sopracciglio, scettico. «Patate ne abbiamo. Ma niente funghi.»
«I funghi ci sono. Li ho visti durante la mia passeggiata. Siccome sono un medico, e ho attentamente studiato le tossicità, vi posso assicurare che sono perfettamente in grado di stabilire che quelli qui nelle vicinanze sono commestibili.»
«Capito» sbuffa Hutch, estenuato. «È deciso, dunque. Voi vi occuperete della cena, io di Cat» comunica. Ormai ha imparato a menadito tutto quel che serve per rinnovare le medicazioni. Ne approfitterà anche per lavargli i capelli e… tutto il resto. D'accordo, approfittare sembra una gran brutta cosa, ma, ehi, è solo un povero essere umano, che diamine!
È così che, dopo essersi sciacquato con cura ed essersi cambiato gli abiti impolverati dopo il lavoro al carro, torna a bordo con un sorriso da orecchio a orecchio pronto a dedicarsi al suo Cat.
