Quando, dopo molto più della mezz'ora prefissata, la porta della camera si riapre, non può fare a meno di trattenere il fiato, nervoso, non sapendo cosa aspettarsi. Può darsi che, alla fine, si siano stancati di avercelo fra i piedi a occupare spazio e abbiano deciso di sbarazzarsene? Ma no, la faccia che fa capolino dall'uscio è quella del grosso bestione, che lo guarda come se stesse valutando il suo umore.

«Lo so, ci ho impiegato più del previsto» mette le mani avanti Hutch.

Tuttavia i suoi occhi si sono spostati dalla faccia da cane bastonato dell'uomo a quello che stringe in una mano. Schiude le labbra, sorpreso.

«Lo hai fatto davvero» soffia, fissando il paio di scarpe che porta con sé.

Hutch increspa le sopracciglia, incerto. «Ero uscito apposta, no?» protesta piano. Abbozza un piccolo sorriso e si fa più accosto. «Le vuoi provare?» offre, porgendo il suo sudato bottino al ragazzino.

È ancora abbastanza meravigliato per come sta volgendo la situazione, ma si decide infine a cogliere l'inattesa occasione e accetta l'invito. Sembrano un poco larghe, ma dato che al momento i suoi piedi sono ricoperti da diversi strati di stoffa non dovrebbe essere un grosso problema. Infatti, una volta rotto ogni indugio, scopre che gli calzano a pennello e sembrano addirittura comode.

Un minuscolo, titubante sorriso increspa le labbra del ragazzino e Hutch sgrana gli occhi e deglutisce, tentando con strenuo impegno di impedirsi di versare lacrime di commozione.

«Ti… stanno bene» borbotta imbarazzato.

Annuisce, osservando il modo in cui fasciano i suoi piedi. «Grazie» soffia appena.

Un lieve mugolio si inceppa nella gola di Hutch. Se il marmocchio continua in quel modo finirà per fare l'ennesima figura da idiota mettendosi a frignare. Che ne sapeva, lui, che l'avrebbe presa così bene? Ci si sarebbe preparato meglio, nel caso.

«Ecco, io avrei anche pensato a quale bestia potremmo prendere in prestito, mentre tornavo qui. Non è troppo lontana. È una giumenta pezzata, si chiama Carlotta e le piace parecchio passeggiare, soprattutto nelle ore meno calde del giorno. Potremmo, ecco, magari attendere ancora un'ora perché il sole cali un poco, e poi avviarci. Che ne dici?» tenta nervoso.

Gli occhi chiari del ragazzino lo fissano di nuovo in quel modo piuttosto invadente e disturbante. Sta chiaramente rimuginando sulla proposta. Hutch si augura che lo scrutinio non duri troppo, perché è abbastanza spiacevole.

Con un piccolo gesto titubante, sembra approvare l'idea di Hutch. «Va bene. Facciamo così.»

«Va bene» borbotta Hutch, più scosso di quanto immaginava potesse essere.

«Voi due!» li blocca nel bel mezzo della fuga la voce squillante e poco paziente di Sandra. «Dove state andando, si può sapere?» indaga sospettosa.

Hutch vorrebbe tanto andarsi a rintanare da qualche parte, lontano da lei. Molto, molto lontano. Il ragazzino ha certi occhi sgranati che fanno pensare che non se la stia passando meglio di Hutch, in quel momento. Per questo, e solo per questo, Hutch resiste all'impulso di fuggire e si appresta a difendere sia il ragazzino che la loro idea di uscire per fare un giro.

«Ehm… Beh, sai, andavamo a fare una passeggiata… ecco… verso le colline» balbetta, disorientato dal modo in cui Sandra lo sta fissando.

«Una passeggiata» ripete in tono sarcastico. «Intendete camminare nel deserto per svago?» si informa, con in viso un'espressione beffarda.

A Hutch è chiaro che la donna li sta prendendo in giro e già immagina quel che hanno in mente. Tuttavia non vede altre soluzioni che quella di dirle la verità.

«Intendevo prendere a prestito Carlotta e arrivare alle prime colline. A lei non dispiacerà» si giustifica.

«Oh, certo che no» conviene Sandra. «E in che modo conti di passare sotto il naso dei tuoi colleghi senza essere notato?»

«Non sono i miei colleghi» borbotta stizzito. «E nel caso ne incontrassi posso sempre mandarli a quel paese.»

«Un piano ineccepibile, Hutch Bessy» lo deride.

«Gli ho chiesto io di poter uscire» mormora appena la voce del ragazzino, intento a osservare Sandra, si direbbe quasi a valutarla.

Hutch non si aspettava di essere soccorso nei suoi maldestri tentativi, così quando accade si perde un lungo momento a fissare attonito il suo soccorritore. Si direbbe che il lavoro del ragazzino sia salvarlo da morti brusche e dolorose, dopo tutto. Certo, Sandra non è un incendio, ma quando ci si mette sa essere altrettanto devastante.

Sandra leva gli occhi al cielo e sbuffa piano, ma infine si stringe nelle spalle e sembra perdere un poco di quella tensione nervosa che fa venire la tremarella a Hutch. «Bene. Come volete, allora. Spero che non vi mettiate in altri guai. Ce ne sono già a sufficienza, finora.»

Hutch annuisce, contrito, ben sapendo che la frecciatina di Sandra è indirizzata a lui e al suo modo di gestirsi l'esistenza. Sempre che quel che fa possa essere definito gestione.

«D'accordo. Allora noi… n-noi andiamo, eh» avvisa, facendola sembrare più una domanda, o una richiesta di permesso.

«Non state via tutta la notte» li minaccia con un'occhiata truce.

Hutch scuote la testa con forza per negare quella possibilità. Lì a fianco il ragazzino si stringe nelle spalle, non eccessivamente preoccupato da quell'ingiunzione. E finalmente sono liberi di uscire a prendere una boccata d'aria, dopo l'inferno di quello spiacevole confronto.

«Ehi… Grazie per… sai, il sostegno» borbotta Hutch mentre si dirigono dalla loro ignara cavalcatura.

Lo sguardo azzurro del ragazzino si conficca nelle scapole di Hutch. Sbuffa piano, quasi un abbozzo di risata. «La signora è abbastanza minacciosa, e non sembrava che te la potessi cavare a buon mercato» fa notare, appuntando il commento con un lieve sogghigno.

«Mh… Beh, mi fa piacere tutta questa tua fiducia nei miei confronti» bercia Hutch, un poco offeso.

«Quale fiducia?» si informa con espressione angelica.

Hutch sgrana gli occhi, fa una smorfia e infine sospira rassegnato. «Linguaccia pungente» mugola. Un rumore di passi li distrae entrambi da quel battibecco. Hutch si tende, il ragazzino sbianca più ancora di quanto non fosse fino a quel momento. «Resta dietro di me» soffia nervoso, piazzandosi sulla strada a pugni chiusi e testa bassa nella speranza di scoraggiare chiunque sia il nuovo venuto dal mettere radici e ficcare il naso dove non richiesto.

«Oh, chi abbiamo qui? Hutch Bessy, se gli occhi non m'ingannano. Sai, pensavo non ti avrei più ritrovato in giro, dopo aver visto la tua casa. Beh, il mucchio di rottami e ceneri che ne è rimasto, almeno.»

«Mi spiace deluderti, Cesar. Come vedi, io sono intero!» sbotta Hutch, seccato per l'incontro tutt'altro che benvenuto con uno dei suoi troppi compari nella banda di Sant'Antonio.

«Un vero peccato, non è così?»

«Sì, come il fatto che non chiudi mai la bocca e non ti fai mai i fatti tuoi.»

«Ognuno ha i propri difetti, immagino. Sai, il capo era in pensiero.»

Hutch sbuffa, mezzo allucinato. «Ma non mi dire. Il capo è in pensiero solo quando i suoi clienti non lo pagano. Figurati quanto gliene può fregare se sono vivo o sepolto sotto le macerie di casa mia.»

Cesar reclina il capo e sghignazza. «Non hai tutti i torti. E che cosa tieni lì?» si incuriosisce, scorgendo una piccola figura in ombra dietro Hutch.

«Il mio uccello, Cesar! Ti consiglio di sparire dalla mia vista, prima che mi girino le palle sul serio» abbaia Hutch.

«Oh, calma bello. Me ne vado. Vedo che hai trovato un nuovo giocattolo e te lo vuoi tenere tutto per te. Buon divertimento, allora» commenta ironico, salutando con uno svolazzo di mano e dando un'ultima occhiata speculativa prima di abbandonare il campo.

«Idiota» bercia Hutch, parecchio seccato dagli intriganti modi di fare di quell'uomo. Con cautela si volta e scocca uno sguardo impensierito al piccoletto. I suoi occhi chiari lo fissano in modo strano. «Ehi, è tutto a posto?» indaga prudente.

«Dipende» soffia guardingo.

«Da che cosa?» chiede nervoso.

«C'è un motivo particolare per cui quel Cesar ti ha parlato in quel modo?»

Sgrana gli occhi e si morde una guancia. Maledetto Cesar e maledetta anche la sua boccaccia. «Sì, c'è: è un imbecille. È un motivo più che sufficiente, non ti pare?»

Il ragazzino lo sogguarda un lungo momento, soppesando lui e le sue parole. Hutch riesce a scorgere una sorta di conflitto agitarsi nella sua testa scarmigliata. Poi le sue spalle gracili perdono un poco della tensione che le irrigidiva e le sue labbra si schiudono appena, curvandosi lievemente verso l'alto.

«Sì, di certo un ottimo motivo» conviene, più tranquillo.