Non riesce a respirare, come se ci fosse dell'ovatta incastrata in fondo alla gola, ma ovatta che brucia. I capelli gli gocciolano, e il ticchettio ritmico di ogni goccia è un ansito strozzato e polmoni doloranti. Avverte un acuto bruciore anche alla coscia, quella destra. Ah, diavolo, se solo potesse avere un poco di aria in più! Tiene gli occhi socchiusi per ripararli dal bagliore troppo caldo che lo investe a ondate irregolari. Potrebbe allontanarsi un po'... No, in verità lo vorrebbe, ma dubita di poterlo davvero fare. Ha provato a fare forza sui palmi delle mani per tirarsi su, ma non è riuscito a muoversi per niente. Quindi, decisamente, ogni spostamento va rimandato a un momento migliore di quello che sta vivendo.

Fa troppo caldo. Davvero, davvero troppo. Apprezzerebbe un po' di pioggia. Schiude le palpebre con prudenza. La luce lo fa sussultare e gli strappa un gemito, di pena e angoscia, qualcosa che non sarebbe in grado di definire con chiarezza, qualche cosa che però lo fa sentire male, un dolore che non è soltanto fisico ma che avverte nel petto e in fondo alla sua testa. Mmhh… forse si è beccato una botta troppo forte? La scuote sperimentalmente, ma no, non è qualcosa di rotto che gli duole in quel momento. Riprova ad aprire gli occhi, voltando il capo per evitare la luce diretta, e in quel modo scorge una figura un po' sfocata e in ombra.

Batte le palpebre, incerto. Ha già visto quell'ombra. Oppure si sbaglia? Può trattarsi di un'allucinazione? L'ombra rimane ferma lasciandolo nella sua incertezza. Hutch allunga una mano, ma scopre che non è abbastanza vicina da poterci arrivare stendendo un braccio. Dovrebbe avvicinarsi lui, ma col cavolo che ha intenzione di muoversi oltre. Più tardi, forse. Sì, molto meglio più tardi.

Senza rendersene conto, intorpidito e stanco, si accascia sul selciato del cortile e si addormenta.

Quel bestione idiota: russa persino! Ma è mai possibile che tocchino tutti a lui certi soggetti assurdi? Dev'essere un qualche genere di maledizione, una sorta di manto della sfortuna che lo ricopre e lo perseguita. Magari se la ride pure alle sue spalle, quella bastarda della Sfortuna! Ecco, è maledettamente fastidioso, sembra di stare in una caverna in compagnia di un orso in letargo. Forse avrebbe fatto meglio a lasciarlo bruciare nella sua stupida casetta di legno in compagnia della sua preziosa e stupidissima dispensa agli sgoccioli. 'Fanculo!

Prova a rimettersi in piedi, abbastanza traballante. Incespica e per un soffio non ruzzola di nuovo a terra. Oh, è faticoso sul serio e, in aggiunta alle sue recenti disgrazie, l'abitazione più vicina ancora in piedi gli pare, in quel momento, assurdamente distante. È solo che ha così fame, e l'idiota se la dorme come un maledetto angioletto senza un solo pensiero in testa. Bene! Tanto vale provarci, possibilmente prima di stramazzare al suolo senza più forze. Almeno a quell'ora la gente normale dovrebbe già aver terminato la cena per prepararsi alla notte. Speriamo.

La prima abitazione che gli riesce di raggiungere ha l'interno illuminato e, avvicinandosi, può scorgere almeno un paio di persone intente a chiacchierare. Sfortuna bastarda. Sposta lo sguardo di nuovo sulla strada e individua la successiva costruzione ad almeno mezzo miglio da dove si trova in quel momento. Ha una mezza idea di seguire l'esempio del bestione idiota e stendersi per fare un risposino. L'unico guaio è che non è troppo sicuro di potersi risvegliare, né quel giorno, né la mattina seguente. Probabilmente mai sarebbe un lasso di tempo più adeguato al suo caso.

Sbadiglia. Prova a stiracchiarsi.

«Auh!» esclama, mentre la testa gli rimanda una fitta di dolore, seguita da una fitta più convinta da parte della coscia destra. «Ma che diamine…» borbotta.

Sfarfalla le ciglia, reclina il capo. Non capisce. È il cielo quello che sta guardando in quel momento? Fa per grattarsi la testa, perplesso, e la ritrova piena di terra e pezzi di legno anneriti. Allora soltanto gli torna alla mente la sua casetta data alle fiamme. Si mette seduto di scatto e gli manca il fiato. Rantola scombussolato. Si tasta con prudenza la schiena. Sì, fa male, parecchio male. Chissà che diavolo gli è piombato addosso mentre non era cosciente. Niente di buono, immagina. Sposta lo sguardo sulla casa, ma trova solo macerie ancora fumanti. Rabbrividisce e un gemito di pena fa vibrare la sua gola ancora un poco riarsa a causa del fumo respirato la sera precedente.

E non capisce. Non capisce come faccia a trovarsi nel cortile davanti a casa sua, invece che essere un mucchietto di cenere dentro le macerie annerite. Intendiamoci: preferisce di gran lunga essersi svegliato pesto e dolorante piuttosto che non svegliarsi affatto. Ma ancora non sa come sia accaduto. Dovrebbe alzarsi, controllare i danni, scoprire se qualcosa si è salvato. Non che ne abbia una gran voglia: l'idea di avvicinarsi a quel che rimane è molto in fondo alla sua lista di quel che vorrebbe fare e il solo immaginarlo lo atterrisce. Bene, niente grigliate né romantici caminetti, almeno per un po' di tempo (possibilmente per sempre).

Intanto può annoverare una vittoria al suo attivo, per quel giorno: in piedi è riuscito a rimettersi, quindi non dovrebbe essersi rotto nulla. Evviva. Ma ha perso ogni cosa avesse mai posseduto. Bella merda. E il pensiero di dover cercare soccorso dal bastardo rosso lo angoscia quasi più di quanto faccia l'incendio.

«Che schifo di giornata» brontola depresso.

Si volta, cercando qualcosa che possa risollevargli l'animo, e rimane di sasso a fissare la piccola figura umana mezza raggomitolata contro vasca che raccoglie l'acqua della pompa. Spalanca la bocca, sbalordito, la richiude, la apre una seconda volta tentando di produrre qualche suono. Niente da fare. Con cautela si avvicina. Quando arriva a pochi passi deve arrendersi all'idea che si era fatto all'inizio: è un ragazzino. E quando è praticamente sopra di lui una folgorazione lo tramortisce: il ragazzino non solo è il suo tanto ricercato ladro di provviste, ma doveva anche trovarsi all'interno della sua casa, a un certo punto, e a giudicare dallo stato dei suoi abiti e di tutto il resto era presente proprio mentre prendeva fuoco, o subito dopo.

Aggrotta la fronte, incerto. Riflette. No, di sicuro non è stato lui a far cadere la lampada sulle coperte piegate accanto alla poltrona. Forse è stato José, o magari proprio lo stesso Hutch, vai a saperlo. Avrebbe dovuto gettarlo fuori dalla finestra prima che facesse danni, o meglio ancora non farlo entrare affatto. Guarda tu cosa è successo alla sua povera casa! Per non parlare della sua amata dispensa, andata completamente in fumo, dannazione! O della sua gamba, che brucia ancora come se si trovasse tuttora in mezzo alle fiamme. O… di quel ragazzino.

Con un poco di fatica posa un ginocchio a terra accanto a una delle sue scarpe rotte, scosta la stoffa strappata e bruciacchiata di una manica della sua maglia e ci trova sotto un braccio sottile e rovinato, un poco di sangue incrosta ancora la sua pelle. Forse, dopo tutto, avrebbe dovuto fregarsi qualche provvista in più, perché è magro in modo abbastanza allarmante. Come accidenti avrà fatto a trascinarlo fuori? Oh, sì, a quel punto a Hutch è chiaro che non è diventato un mucchietto di cenere perché il ragazzino ha deciso che doveva salvargli il culo. Perché? Non ne ha idea. Però è piuttosto soddisfatto che sia andata in quel modo. Beh, d'accordo, se la sua casa fosse ancora in piedi sarebbe molto più felice, ma non si può avere sempre tutto, giusto? La vita è comunque un bel passo avanti verso la giusta direzione.