Quando si ridesta lo fa sentendosi stranamente riposato, fatto che non gli capitava più da diversi mesi, ormai. Sta ancora decidendo se sia il caso di aprire gli occhi. Per ora sembrerebbe che nessuno abbia ancora cercato di ammazzarlo, né fregarlo, né divertirsi a sue spese; è una novità piuttosto bizzarra e si ritrova a valutare se valga la pena continuare a fare l'opossum. Qualche volta ha funzionato, in passato, evitandogli sgradevoli conseguenze. Aggrotta appena le sopracciglia, perplesso, nel momento in cui realizza che non avverte più la solita, immancabile voragine allo stomaco, solo un leggero e perfettamente sopportabile buchino. Molto strano.
E infine rammenta; e quanto avrebbe voluto non farlo? Oh, davvero tanto. Sbarra gli occhi, inspira bruscamente e in una frazione di secondo si mette seduto e si guarda attorno, atterrito e totalmente spaesato.
«Ehi, tranquillo. Non sei in pericolo» lo prende di sorpresa una voce profonda che ha proprio idea di aver già udito in un passato non troppo remoto.
Si volta di scatto e si ritrova osservato dagli occhi scuri del tizio grosso, quello che la donna ha chiamato Hutch. Merda, sembra persino più massiccio di quanto rammentasse, ma forse questo può dipendere dal fatto che non si trova sul ramo di un albero ma piuttosto seduto su… un letto? Qualcosa decisamente non gli torna. Poi il tizio grosso, cioè, Hutch si muove facendoglisi incontro e a quel punto indietreggia bruscamente cozzando contro la parete alle sue spalle e guaisce scombussolato.
«Calma, piccoletto. Non voglio farti del male.»
Oh, sicuro! Questo lo dice lui, comunque. Non ricorda di aver mai firmato da nessuna parte per dividere i suoi ultimi giorni con quel grosso bestione, grazie tante. Sguscia rasente la parete, allontanandosi il più possibile. In fondo alla camera in cui si trovano c'è una porta, che per sua disgrazia è chiusa. A dire il vero, valutando la situazione, non è troppo sicuro di poterla raggiungere e aprire prima che il suo sgradito compagno di stanza decida di averne abbastanza di giocare ad acchiapparella e si risolva a ricorrere alle maniere forti.
«Va bene. Ho capito. Non ti garba avere gente troppo vicina, eh. Ecco, guarda, me ne sto buono qui nel mio lato della stanza e ti lascio tranquillo nel tuo, vedi? Ti sta bene così?»
Volta rapidamente la testa e lo fissa stranito. Batte le palpebre, scoprendo che effettivamente le distanza tra loro è aumentata persino rispetto a quando se lo è ritrovato davanti appena sveglio. Sempre più strano. A che gioco starà giocando? Cauto, si accuccia nell'angolo che è riuscito a raggiungere prima che quell'Hutch cambiasse le carte in tavola, e a quel punto scopre un'altra stranezza che non aveva ancora avuto il tempo di notare: non indossa più le scarpe, e in cambio i suoi piedi sono fasciati in bende candide. Non ci si raccapezza davvero più.
«Io mi chiamo Hutch Bessy» lo distrae di nuovo la voce dell'uomo.
Torna a fissarlo, provando a capire che intenzioni abbia. Gli ha detto il suo nome, d'accordo. Lo conosceva già del resto; la donna lo aveva pronunciato più d'una volta. Nulla di nuovo, quindi. La donna invece si chiama Sandra e ha una famiglia di almeno quattro persone, a giudicare da quanto ha notato nella camera principale della casa. Quindi devono esserci in giro per lo meno due figli e un uomo adulto. Non è troppo sicuro che questa notizia giochi a suo favore; si tratta a quel punto di ben due uomini adulti da cui deve guardarsi le spalle, un po' troppi per i suoi gusti.
«Non mi vorresti dire il tuo nome?» riprova Hutch.
"Certo, come no: sogna!" sbotta nella propria testa. Tra l'altro a che diavolo dovrebbe servirgli sapere come si chiama? Di certo non a qualcosa di buono, non per lui almeno. Stringe le labbra e lo fissa con tutto l'astio che gli riesce di metterci in una sola occhiata. E, perbacco, una volta tanto pare funzionare, perché l'uomo ha un sussulto evidente e poi si raschia persino la gola. Quasi quasi si commuove per quell'ottimo e insperato risultato. Forse potrebbe allenarsi a fulminare la gente con lo sguardo facendo di questo Hutch Bessy la sua cavia personale. Sarebbe perfetto, a patto che non decida di rivoltarglisi contro. A quel punto risulterebbe decisamente meno perfetto.
«Non ti sono molto simpatico, vero?»
Aggrotta la fronte, perplesso. Che cosa intende dire con simpatico? Quell'uomo ritiene di esserlo, di norma? Sta cercando di risultare in qualche modo simpatico ai suoi occhi? Non ne ha la minima idea. Per quel che lo riguarda, l'unico effetto che gli fa è di probabile pericolo. Forse gli risulta anche leggermente noioso a tratti, soprattutto quando si ostina a fare domande per le quali non otterrà alcuna risposta. A che scopo chiedere, se si sa già che non ci sarà alcun riscontro?
«Forse non mi capisci? Vediamo, riesci a comprendere quel che ti sto dicendo ora?» tenta imperterrito.
Perfetto, ora si è messo perfino a insultarlo. Lo ha evidentemente preso per un idiota. Non per la prima volta si ritrova a chiedersi che diamine gli sia passato per la testa quando ha ben pensato di levarlo dai pasticci in quella sua stupida casetta data alle fiamme. Certo, se questi sono i buoni risultati, non ripagano per nulla degli sforzi fatti.
Gli ringhia contro, un suono cupo e rabbioso. Il suo modo più spiccio, diretto e assolutamente non fraintendibile per dargli a intendere di smettere di sottovalutarlo e di gettargli merda addosso. Il prossimo passo sarà infilzarlo con un altro coltello. Cioè, sempre ammesso che non glieli abbiano sottratti mentre era nel mondo dei sogni. Cazzo, non ci aveva ancora pensato! E ora forse si ritrova alla mercé di questa specie di energumeno idiota, senza nemmeno l'ombra di armi con cui difendersi.
Piano, con prudenza e discrezione, si fruga addosso, sperando che il tizio grosso non lo noti. Ma è una speranza vana la sua. Ha uno sgradevole brivido di spavento quando Hutch Bessy gli indirizza un lieve sogghigno e indica qualcosa con una mano: un comodino accanto al giaciglio su cui è accomodato l'uomo, e sopra al mobile…
«Fammi indovinare: cercavi forse questi?» lo deride, occhieggiandolo con uno sguardo strano; sembrerebbe quasi divertito.
Tre dei suoi coltelli! Il quarto ricorda alla perfezione che l'ultima volta lo ha lasciato piantato nel braccio dello stesso uomo che ora si ritrova di fronte. Ha un ansito scombussolato. Merda. È nei guai, vero? Tanto per cambiare, accidenti!
