L'ingovernabile tremito delle mani impedisce a Itachi di seguire, in modo logico, le righe di testo su cui focalizza, invano, l'attenzione. In realtà, si limita a voltare a casaccio le pagine della rivista che tiene sulle gambe senza neanche assimilarne l'argomento, scocca continue occhiate a Sasuke per assicurarsi che stia davvero dormendo.

Steso nel letto e avvolto in un bozzolo di coperte, il suo Otouto non si muove da almeno mezz'ora. Itachi è stato obbligato a convincere Sasuke con la forza e bugie bianche affinché si estirpasse dal prato in cui stava dibattendo come un pesce spiaggiato, lo ha spogliato dei vestiti terrosi, sbattuto sotto la doccia, asciugato e indotto a coricarsi. Itachi non ha battuto ciglio assistendo all'autolesionismo del fratello, ha potuto solo sigillare la sua pena in attesta che la fase acuta della crisi scemasse.

Una volta steso e calmato il più giovane donando bisbigli e carezze, Itachi ha finalmente placato l'ansia esaminando la zona di Sasuke scontratasi col suo ginocchio. Il sospiro di sollievo constatando che il danno fisico inferto a Sasuke non andrà oltre il livido, è rimasto soffocato dalle ondate di rimorso a causa del gesto violento adottato contro il suo Otouto. Fratello maggiore ignobile, avrebbe dovuto studiare un'alternativa più consona.

Itachi, sia pur con il cuore slabbrato, grumi di lacrime da ingollare e la gola infiammata, conosce bene quanto sia tirannico il dolore nelle sue fasi acute.

Itachi esala un sospiro penoso, posa la rivista sul comodino e accarezza i capelli di Sasuke. Si è affezionato a Madara, lo è da sempre, ma è talmente innamorato del suo Nii – san da considerare ogni nuovo legame un potenziale elemento minaccioso che potrebbe allontanarli.

Sasuke prova emozioni e sentimenti in modo così violento da valutarli distruttivi e ostili. Il suo Otouto ama troppo e assai intensamente. Sasuke si è costruito un fragile scudo proprio con questo intenso e delicato affetto; negli ultimi due anni, ha coltivato l'illusoria barriera estesa poi anche a protezione di Itachi.

Itachi gli rimbocca le coperte, si china per baciargli la fronte. Il movimento gli strappa una smorfia di dolore avente origine dalla gola martoriata, emette un sommesso verso gutturale per provare a cancellare, senza esito, il residuo sapore di sangue. Manda giù un conato di nausea sia fisica che emotiva, condanna che lo perseguiterà per chissà ancora quante ore.

Controvoglia, si stacca da Sasuke per raggiungere l'armadio e prepararsi ai prossimi impegni. La pioggia è cessata, perciò Itachi torna ad avvolgersi nell'elegante giaccone di pelle, dono del suo Otouto. Non giudica bastevole il collo alto del dolcevita, il viola degli ematomi crescerà d'intensità nell'arco delle prossime ore col rischio che, entrando troppo in contrasto con la pelle lattea, qualcosa finisca per sgusciare fuori dal maglioncino al minimo movimento. Una sciarpa morbida e ben annodata è l'ideale. Itachi indugia sul riflesso del proprio viso pallido e debilitato, le fosse orbitarie non sono più solo scavate, adesso una sfumatura plumbea è apparsa, inconfutabile, a delinearle. Un impercettibile sospiro accompagna la sua mano mentre sfila l'elastico rosso dai capelli, riavvia quelle ciocche che, tanto, ricadranno sullo sguardo al primo spostamento del capo, rastrella apatico con le dita il resto della chioma, ricompone la coda bassa senza smettere di fissarsi nello sterile vetro.

Ponderata ogni minuzia, controlla l'orario. Dispone ancora di oltre un'ora prima di sostituire Shisui al capezzale di Madara, è più che sufficiente. Con lo stesso cellulare scrive un messaggio.

Fugaku, devo parlarti.

"Gradisci un'altro calice di prosecco?" Senza attendere la risposta di quel padre, a cui però, si rivolge solo interpellandolo per nome, Itachi si alza dal tavolo. Domani avrà la voce arrochita a causa del recente trauma alla gola, ma per adesso continua a cavarsela abbastanza bene.

Ha invitato Fugaku in un impersonale bar, dimenticato in fondo alla più trasandata via del quartiere vicino all'ospedale in cui è ricoverato Madara. Itachi ha chiesto al padre di raggiungerlo con una scusa, il discorso che si accingono ad affrontare turberebbe oltremodo Mikoto.

Itachi, compie uno strategico passo, poi si volta verso Fugaku, stavolta l'uomo è costretto a sborsare un cenno di assenso verso quel figlio considerato un tempo come mera merce.

Itachi ritorna dopo un paio di minuti, i clienti dello sciatto locale, all'insolito orario a ridosso del pranzo, sono davvero esigui. Non sanno cosa si perdono visto il trascurabile prezzo del prosecco. Itachi non interiorizzerà mai l'insensatezza delle mode. I bicchieri che reca in mano sono due, ne posa uno davanti a Fugaku e poi si siede con l'altro tra le dita.

Itachi sbircia l'uomo che ha davanti sopra l'orlo del proprio calice. Fugaku esita, non sa se usufruire del prosecco, analizza il figlio che gli siede di fronte, magari si domanda perché egli non lo chiami papà. Itachi gli scorge un velo di contrizione sul viso.

Itachi assapora un lento sorso, dissimula la deglutizione dolorosa dietro il viso imperturbabile; accoglie la vertigine ottenebrante a cui, ultimamente, sente spesso il bisogno di ricorrere.

"Non ti azzardare a nominare ancora Sasuke" Fugaku lo gela brusco, le sopracciglia aggrottate e le labbra compresse nel disprezzo "Non ho intenzione ascoltarti oltre. Tu e mio figlio resterete sempre dei perfetti estranei, non otterrai mai il suo affetto fraterno, e non illuderti di poter estorcere quello materno a mia moglie."

Mio figlio. Riferito solo a Sasuke. Un'evidente ripicca al rifiuto di Itachi di considerarlo suo padre. Il giovane si rigira, apatico, la coppa tra le dita, ne preleva un altro pigro sorso; l'ennesimo fiotto di nausea gli attanaglia lo stomaco, il gelo che avverte nell'anima gli si riflette nello sguardo.

"Infatti non lo faccio per me stesso." Risoluto a porre una veloce fine a quello strazio, Itachi si accomoda meglio sulla sedia. Intuisce le ferite ancora sanguinanti di Fugaku e lo scudo di acredine dietro cui si annida per non ingigantire la sofferenza, ma Itachi non può permettergli di distoglierlo dagli obiettivi "Hai defraudato Sasuke dell'affetto di un fratello maggiore. Hai indebolito la sua fiducia instillandogli infinite insicurezze mai sanate. Sasuke non sa riconoscere emozioni e sentimenti, non conosce i loro nomi, questo è il risultato della barbarie emotiva a cui un vero padre non lo avrebbe mai sottoposto. Quando, inevitabilmente, Sasuke si scopre affezionato a qualcuno, si perde in uno sconfinato baratro di paura dell'abbandono che rasenta la follia. Se ama con modalità inopportune, è solo perché nessuno gli ha insegnato a distinguere."

Itachi si compiace della propria ragione ormai offuscata, gli consente di esprimersi senza remore e di non vacillare davanti al patimento di un'intera vita trasudato dall'anziano, a cui ora si somma la pena per l'imminente perdita della moglie. Fugaku le ha voluto bene, sia pure a suo modo. Itachi mantiene, irremovibile, l'alterazione causata dall'alcol celata dietro una maschera di impassibilità. Il giovane alza il calice mimando un brindisi, Fugaku lo fissa immobile ormai svuotato di ogni argomentazione ritenuta incorruttibile fino a poc'anzi.

Itachi termina il bicchiere, poi abbandona il tavolo. "Hai trasformato l'immenso cuore di Sasuke nel suo peggior nemico, errore mai affacciatosi nella testa dei miei genitori. Genitori. Io e Sasuke non condividiamo gli stessi, ma questo non mi impedirà di amare e proteggere mio fratello."

"Itachi, sei riuscito a riposare un po'?"

La voce soave lo accarezza appena entrato nella stanza di Madara, qualcuno che aspettava solo lui e che non ha mai smesso di pensarlo.

Itachi non è avvezzo a monopolizzare i pensieri altrui, non si ritiene abbastanza attraente o dotato per giustificare un tale dispendio di energie da parte di qualcuno. Lo imbarazza, si percepisce avvinto da una scomoda inadeguatezza da cui fugge ignorando la fonte delle parole.

Si concentra su Madara, si lascia attirare dal suo sguardo vitreo tenacemente fisso sul soffitto e incurante del nuovo arrivato. Itachi raggiunge il letto del cugino maggiore, Madara è composto in una posa tranquilla, una mano appoggiata sul petto mosso da un respiro lieve e senza scossoni. Non reagisce alla mano di Itachi che gli accarezza la testa e temporeggia gingillandosi con i suoi capelli.

Senza staccare gli occhi dal viso di Madara, Itachi si disfa del cappotto di pelle e si siede. Quella faccia una volta affascinante e altera, è ridotta a poco più che un pezzo di carne, Madara non riesce neanche a godere del gioco di luci e ombre ondeggiante tra le sue guance e le pupille vacue.

"Come sta?" Itachi mantiene basso il volume, il dolore sta peggiorando e si ritrova costretto a camuffare gli esordi dell'alterazione di voce. Più tardi chiederà un antinfiammatorio all'infermiera.

"Non parla. Secondo lo psicologo potrebbe trattarsi di una fase di rimozione dell'evento avverso, un estremo meccanismo di difesa per non crollare, insomma. Tuttavia reversibile." Shisui si appropinqua fermandosi alle spalle di Itachi, tende due dita per sfiorare la guancia inerte di Madara "Resisti, sii forte come sai fare tu, noi abbiamo bisogno di te."

Itachi rivolge lo sguardo grave a Shisui, poi il più grande lo afferra lieve da un'ascella per condurlo in piedi. Lo guida fuori dalla porta. "Madara ha dedicato il suo flebile interesse solo a Sasuke, lo confonde con Izuna."

Itachi sospira e china il capo, lascia che sia il velo dei capelli ad adombrargli lo sguardo. Madara non aveva altri che Izuna. L'unica possibilità di salvezza per Madara, da ora in poi, è trovare una nuova espressione per il suo smisurato affetto convogliato, finora, unicamente sul fratello minore. Sia Madara che Sasuke usciranno dagli imbuti morbosi e senza sbocchi in cui si sono infognati per non soccombere alla follia, solo accettando la realtà e sostenendosi a vicenda.

Itachi non può ostacolare il delicato e lacerante percorso di entrambi, da subito.

"Hai mal di gola?" le dita di Shisui pizzicano giocose il nodo della sciarpa che, inverosimilmente, persiste sul collo di Itachi invece di essere insieme al giaccone sulla spalliera della sedia, data la cappa afosa dell'ambiente.

Shisui, umiliato dal muro di silenzio su cui continua a rimbalzare, insiste tirando appena il tessuto, Itachi contorce il viso in una smorfia di dolore.

Il maggiore cambia espressione, Itachi solleva lo sguardo caustico per analizzare la profonda agitazione di Shisui. Chi conosce Itachi sa che se arriva a rivelare la sofferenza, essa è davvero grave.

"Ma che diavolo ti è successo?" Il carezzevole tono di Shisui diventa così inflessibile, la sua faccia talmente alterata da sembrare un'altra persona.

Itachi si divincola da quelle dita impertinenti e protettive troppo tardi, le punte degli ematomi sono sgusciate fuori, lo legge nelle pupille sconvolte di Shisui. Il maggiore non indaga oltre, non lo richiama e non lo segue quando Itachi si barrica di nuovo nella stanza di Madara sbarrandosi la porta alle spalle.

Itachi si appallottola sulla sedia, le ginocchia avvolte tra le braccia e il viso nascosto tra le cosce, dondola nell'autoconsolazione; le lacrime che Madara non potrà mai contestargli gli infradiciano, calde, i pantaloni, forse davvero il malato non realizza la sua presenza. La gola ormai gonfia anche all'interno, distorce i singhiozzi in informi e sordi versi.

L'assenza di Shisui lo lascia vacuo, uno straziante strappo che porta con sé il cuore di Itachi scavandogli un buco senza fondo al posto del petto. È stato avventato, leggero e ottuso alla stregua di un bambino viziato, ha calcolato soltanto il suo disgraziato egoismo immerso nelle volute di alcol e passione. Cieco alla sofferenza del suo Otouto.

Forse Sasuke ha già perso Madara, dovrà separarsi a breve dalla mamma per la quale non smetterà mai di sentirsi in colpa e responsabile della malattia terminale. Rinunciare di nuovo al suo Nii - san getterebbe Sasuke in un inferno da cui è possibile scappare solo tramite la follia o la morte.

Itachi si colpisce ripetutamente le ginocchia con la fronte, dovrà smettere di lagnarsi e uscire di lì forte di tutta la responsabilità di fratello maggiore di cui è capace.